maxs.
|
venerdì 16 febbraio 2024
|
noia…
|
|
|
|
Sembra un film bulgaro ambientato negli oscuri anni ''70 (per quello sfortunato Paese).
|
|
[+] lascia un commento a maxs. »
[ - ] lascia un commento a maxs. »
|
|
d'accordo? |
|
fabri
|
lunedì 16 novembre 2020
|
poetico
|
|
|
|
Primo film che vedo di Kaurismaki e, devo dire, molto bello, persino poetico.
La storia non sprizza di originalità, tuttavia l'atmosfera, i dialoghi e il taglio retrò delle immagini lo elevano di molto rispetto alla media.
Lo consiglio, adatto a tutti.
|
|
[+] lascia un commento a fabri »
[ - ] lascia un commento a fabri »
|
|
d'accordo? |
|
achab50
|
sabato 22 agosto 2020
|
tutti d''accordo
|
|
|
|
Inutile accennare alla trama, ormai raccontata da tutti e che in sintesi è la parte meno importante del film. Tutta la vicenda si svolge, praticamente, in un quartiere periferico e decadente di le Havre, il particolare viraggio dei colori contribuisce a dare quel tono di serena dimestichezza di un periodo d'antan, ma a giudicare dalle auto che si vedono (una vetusta Renault 16 od una Peugeot 403) si direbbe ambientata nei primi anni '70. Il problema dei clandestini è una piaga aperta anche oggi, più di ieri, e dunque vederla affrontata in questo modo, un po' favolistico, ci riempie il cuore. C'è una bomtà diffusa in tutti i personaggi, che vengono visti con l'occhio del lustrascarpe protagonista, dove persino la legge, rappresentata da un commissario apparentemente impassibile, viene interpretata in maniera umanitaria anche se entro i limiti formali (come non ricordare la vicenda di Mimmo Lucano?).
[+]
Inutile accennare alla trama, ormai raccontata da tutti e che in sintesi è la parte meno importante del film. Tutta la vicenda si svolge, praticamente, in un quartiere periferico e decadente di le Havre, il particolare viraggio dei colori contribuisce a dare quel tono di serena dimestichezza di un periodo d'antan, ma a giudicare dalle auto che si vedono (una vetusta Renault 16 od una Peugeot 403) si direbbe ambientata nei primi anni '70. Il problema dei clandestini è una piaga aperta anche oggi, più di ieri, e dunque vederla affrontata in questo modo, un po' favolistico, ci riempie il cuore. C'è una bomtà diffusa in tutti i personaggi, che vengono visti con l'occhio del lustrascarpe protagonista, dove persino la legge, rappresentata da un commissario apparentemente impassibile, viene interpretata in maniera umanitaria anche se entro i limiti formali (come non ricordare la vicenda di Mimmo Lucano?). Straordinari gli attori perfettamente nella parte, commovente l'ottimismo di Marcel, che ci fa pensare che il mondo reale dipende da quali occhiali usiamo per vederlo. Omnia munda mundis, per citare Fra' Cristoforo.
Una citazione a parte merita il movimento della macchina da ripresa.... che è statico, e questo consente inquadrature che non è esagerato definire Caravaggesche.
In questo contesto favolistico dove tutti fanno ciò che il cuore gli detta, il finale è amaro ed a mio giudizio Arletty muore (basti vedere il pacchetto col vestito giallo intatto sul letto, e lei che si presenta ciò nonostante con lo stesso abito ed in perfetta forma) ma il miracolo sta nel fatto che Marcel la vede viva , sana e presente, e dunque è felice. Una interpretazione forse non corretta ma coerente con tutta la struttura del film.
Se non è un capolavoro, davvero poco o nulla ci manca.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a achab50 »
[ - ] lascia un commento a achab50 »
|
|
d'accordo? |
|
elgatoloco
|
martedì 7 gennaio 2020
|
di rara bellezza, questo"le havre"
|
|
|
|
Film veramente di rara bellezza, questo"Le Havre"(2011 , Aki Kaurismaki), dove il"come"della e nella narrazione filmica è decisamente più importante del"che cosa"o meglio il"come"accompagna il"che cosa". Due vicende, dove il lustrascarpe ex-scrittore da un lato aiuta un ragazzino africano a raggiungere la madre a London, dall'altro la moglie dello stesso lustrascarpe acculturato guarisce(dopo varie cure, in realtà)da una forme grave di tumore-qualcosa di"inaspettato", ciò che viene definito appunto"miracolo"nel titolo italiano-non in quello originale. Il tutto, con i passaggi tra le strade di Le Havre(il"porto"per eccellenza, anche lingusticamente).
[+]
Film veramente di rara bellezza, questo"Le Havre"(2011 , Aki Kaurismaki), dove il"come"della e nella narrazione filmica è decisamente più importante del"che cosa"o meglio il"come"accompagna il"che cosa". Due vicende, dove il lustrascarpe ex-scrittore da un lato aiuta un ragazzino africano a raggiungere la madre a London, dall'altro la moglie dello stesso lustrascarpe acculturato guarisce(dopo varie cure, in realtà)da una forme grave di tumore-qualcosa di"inaspettato", ciò che viene definito appunto"miracolo"nel titolo italiano-non in quello originale. Il tutto, con i passaggi tra le strade di Le Havre(il"porto"per eccellenza, anche lingusticamente). ma anche poi di Calais, all'imbarco per Dover. Mezzi di sussistenza, in un ambiente povero anzi poverissimo, trucchi, ma anche un concerto per finanziare l'espatrio del"jeun garçon", figlio, tra l'altro, di un prof. Benissimo gli/le interpreti, André Willms e Kali Oulinen(la coppia protagonista), Roberto Piazza, alias"libero", con il gruppo rock"Little Bob", ma anche tante altre musiche(Gardel, tra l'altro, la Piaf...!), Elina Salo. Un grande cadeau di Kaurismaki, ormai da anni una garanzia del cinema finnico e mondiale- El Gato
[-]
|
|
[+] lascia un commento a elgatoloco »
[ - ] lascia un commento a elgatoloco »
|
|
d'accordo? |
|
"joss"
|
mercoledì 26 dicembre 2018
|
accadde a le havre...
|
|
|
|
Kaurismaki e il suo "malinconico ottimismo". Quasi un marchio di fabbrica per il regista finlandese, qua in azione in territorio francese. Un altro capolavoro dove i pochi personaggi ricordano molto un'altra sua pellicola, "L'uomo senza passato", anche quella arricchita dalla brava Kati Outinen. Si nota in ambedue i lavori la passione del regista per il rock melodico anni '60, e a noi sta bene così. Il protagonista è Marcel (André Wilms), un anziano lustrascarpe che vive e lavora a Le Havre, sposato con Arletty con cui condivide un'esistenza modesta in un quartiere povero della città. Tra i due c'è stima reciproca e soprattutto Marcel ha una innata serenità davvero granitica, che gli consente di affrontare le avversità sempre con un punto a favore.
[+]
Kaurismaki e il suo "malinconico ottimismo". Quasi un marchio di fabbrica per il regista finlandese, qua in azione in territorio francese. Un altro capolavoro dove i pochi personaggi ricordano molto un'altra sua pellicola, "L'uomo senza passato", anche quella arricchita dalla brava Kati Outinen. Si nota in ambedue i lavori la passione del regista per il rock melodico anni '60, e a noi sta bene così. Il protagonista è Marcel (André Wilms), un anziano lustrascarpe che vive e lavora a Le Havre, sposato con Arletty con cui condivide un'esistenza modesta in un quartiere povero della città. Tra i due c'è stima reciproca e soprattutto Marcel ha una innata serenità davvero granitica, che gli consente di affrontare le avversità sempre con un punto a favore. Un giorno conosce Idrissa, un ragazzino africano che vuole andare a Londra dove lavora la madre. Purtroppo lì è un clandestino e la Polizia è mobilitata per trovarlo e rimpatriarlo. Marcel decide di aiutarlo e lo nasconde in casa sua, con la complicità di tutti i suoi amici del quartiere: la fornaia, la proprietaria del bar, il droghiere e un fruttivendolo. Lì a Le Havre lavora anche il commissario Monet (Jean-Pierre Darroussin), un uomo di poche parole, determinato ma anche con un debole per chi soffre ed è disagiato. Lui non si occupa di immigrazione clandestina ma osserva tutto e non gli sfugge niente. Guida un'auto ormai obsoleta, una Renault 16 degli anni '70, e non disdegna un bicchiere di Calvados in compagnia, ma è un vero intenditore di vini. Proprio in occasione di un colloquio informale con Marcel al bar chiede un calice di "Domaine de Courbissac" del 2005... Intanto un altro problema attanaglia Marcel: sua moglie non sta bene, va in ospedale e gli esami danno un riscontro drammatico. Qualche mese ancora di vita ma, come dice il dottore -"cominciamo le cure e poi vediamo"-. Ci vogliono tremila euro per traghettare Idrissa a Londra e Marcel si ingegna per trovare i soldi. Un anziano rocker, tale Little Bob, potrebbe esibirsi in un concerto di beneficenza ma solo a patto che la sua ex ritorni insieme a lui. I soldi raccolti, insieme ai pochi risparmi di Arletty e Marcel, potrebbero bastare per Idrissa. Il lustrascarpe, aiutato dal suo incrollabile ottimismo, riesce a riunire Little Bob e la sua amata e così l'evento musicale ha inizio. La gente accorre con entusiasmo e si diverte ballando, con un grande successo e un buon incasso. In certe scene Kaurismaki rende formidabile il contrasto tra la zona del porto, strapiena di container provenienti da tutto il mondo, e il piccolo quartiere dove vive Marcel con il suo microcosmo, fatto di persone semplici, genuine, pronte a farsi in quattro per aiutarsi. Ma tra loro c'è un uomo malvagio, un vicino di casa che avvisa la Polizia dopo avere visto il ragazzino africano uscire dalla casa di Marcel. Questo viscido personaggio è interpretato da Jean-Pierre Leaud, in un ruolo che più distante non si potrebbe dall'amabile, anche se bizzoso, Antoine Doinel protagonista dei film di François Truffaut. Marcel organizza un escamotage e Idrissa viene nascosto nel carretto del fruttivendolo, riuscendo così ad arrivare al porto per imbarcarsi. Ma proprio all'ultimo istante arriva la Polizia per perquisire la nave. Giunge però anche il commissario Monet che, aprendo l'accesso per la cambusa, vede Idrissa nascosto. Monet si siede sulla botola fumando una sigaretta, impedendo così a un solerte gendarme di vedere il clandestino. Idrissa parte così per Londra, mentre Marcel si reca al bar con il commissario Monet e gli offre un Calvados. Le sorprese non sono finite: Marcel va in ospedale a trovare Arletty e il dottore, scusandosi, gli dice che il male di Arletty è misteriosamente scomparso e aggiunge: "Siamo a conoscenza solo di un altro caso simile, molto distante da qui". I due tornano a casa con un vecchio taxi e, quando scendono, vedono il ciliegio già in fiore. Sorridenti e sereni entrano nella loro casa pronti a ricominciare la vita di sempre. Un bel film, un grande Kaurismaki che si conferma uno dei registi più validi attualmente. - di "Joss" -
[-]
|
|
[+] lascia un commento a "joss" »
[ - ] lascia un commento a "joss" »
|
|
d'accordo? |
|
great steven
|
mercoledì 22 giugno 2016
|
un messaggio di pace tranquillo e solidale.
|
|
|
|
MIRACOLO A LE HAVRE (FINL/FR/GERM, 2011) diretto da AKI KAURISMAKI. Interpretato da ANDRé WILMS, KATI OUTINEN, JEAN-PIERRE DARROUSSIN, BLONDIN MIGUEL, ELINA SALO, EVELYNE DIDI, JEAN-PIERRE LéAUD, PIERRE éTAIX, FRANçOIS MONNIè, QUOC DUNG NGUYEN
Marcel Marx ha abbandonato la sua carriera di scrittore bohémien per trasferirsi a Le Havre, dove lavora come lustrascarpe. Ha come aiutante il vietnamita Chang (che però si spaccia per cinese) e vive in una modesta abitazione con la moglie Arletty. Ha per amiche la panettiera Yvette e la barista Claire, mentre fra lui e il fruttivendolo non corre buon sangue. Un giorno incontra casualmente un bambino nero di nome Idrissa, arrivato dal Gabon a bordo di un container dal quale è poi scappato su invito del nonno.
[+]
MIRACOLO A LE HAVRE (FINL/FR/GERM, 2011) diretto da AKI KAURISMAKI. Interpretato da ANDRé WILMS, KATI OUTINEN, JEAN-PIERRE DARROUSSIN, BLONDIN MIGUEL, ELINA SALO, EVELYNE DIDI, JEAN-PIERRE LéAUD, PIERRE éTAIX, FRANçOIS MONNIè, QUOC DUNG NGUYEN
Marcel Marx ha abbandonato la sua carriera di scrittore bohémien per trasferirsi a Le Havre, dove lavora come lustrascarpe. Ha come aiutante il vietnamita Chang (che però si spaccia per cinese) e vive in una modesta abitazione con la moglie Arletty. Ha per amiche la panettiera Yvette e la barista Claire, mentre fra lui e il fruttivendolo non corre buon sangue. Un giorno incontra casualmente un bambino nero di nome Idrissa, arrivato dal Gabon a bordo di un container dal quale è poi scappato su invito del nonno. Il pargolo, giunto in Normandia per caso, vorrebbe raggiungere i parenti a Londra, e Marcel non può tirarsi indietro: decide di fare l’impossibile per aiutarlo. Nel frattempo Arletty si ammala e viene ricoverata in ospedale: le viene diagnosticato un tumore maligno che, però, i medici riferiscono come benigno a Marcel per non allarmarlo. Peccato che si metta di mezzo il commissario Monet, agente della polizia giudiziaria di frontiera, che parte alla caccia di Idrissa. Ma Marcel si accorgerà di essersi sbagliato sul suo conto: alla fine il commissario appoggerà attivamente le azioni del lustrascarpe. Con la collaborazione degli amici del quartiere, Marcel riuscirà a far imbarcare il bambino africano per l’Inghilterra, e sarà contentissimo quando la moglie guarirà sorprendentemente dalla malattia, ritornando in piena salute. Un piccolo capolavoro di felicità e speranza splendidamente coniugate, e non nel suo genere: il suo profondo discorso umanitario, tramite una storia che almeno per una volta non veicola sé stessa come pretesto, abbraccia l’ambito delle relazioni sociali toccando temi enormemente importanti con una gentilezza e una delicatezza ammirevoli, soprattutto per la grazia e leggiadria con cui il combattimento millenario dell’uomo contro le miserie, la povertà, gli stenti e il razzismo viene rappresentato attraverso le peripezie di un uomo anziano che magari non è realizzato appieno nella sua esistenza, ma sa rendersi rilevante compiendo un eccellente atto di benevolenza e carità. Una stupenda fotografia che ritrae i paesaggi marini e curiosamente lagunari della Normandia settentrionale, con le tipiche case e i quartieri caratteristici in cui la vita di periferia è ambientata senza forzature né campanilismi. Un repertorio di interpretazioni tutte di prima classe: fra il magnanimo e costante lustrascarpe con passato da scrittore di Wilms (cui giova in modo assoluto la voce italiana di Rodolfo Bianchi, navigato ed esperto direttore del doppiaggio) e la dolce moglie Arletty (K. Outinen, assidua collaboratrice del regista finlandese), ci si diverte e commuove con la fornaia dal cuore d’oro, il chitarrista/cantante col cuore spezzato che ritorna ai vecchi fasti quando la compagna gli perdona un torto, il saggio nonno di Idrissa col vestito tradizionale, l’accorto aiutante asiatico del protagonista, la comprensiva barista che serve i bicchieri di sherry a Marcel, il fruttivendolo un po’ sospettoso (un Léaud completamente diverso dall’Antoine Doinel del truffautiano I quattrocento colpi) che poi si rivela personaggio dinamico come anche il commissario dallo sguardo severo, e qui va un grandissimo merito agli sceneggiatori per non averlo convertito in un antagonista: il suo cambio di rotta finale lo eleva come esempio morale ed etico di sincera e veritiera umanità. Contributi tecnici meravigliosi, fra cui primeggia una fotografia ineccepibile e una colonna sonora che sciorina brani moderni capacissimi di sottolineare la poeticità della storia nel suo lento e magico sviluppo. Una prova perfettamente superata da parte di Kaurismaki, cineasta scandinavo che si conferma una volta di più come uno dei più illustri e abili professionisti della settima arte della sua zona geografica, anche per quanto riguarda la scelta decisamente intelligente di scegliere come habitat della vicenda un paesino della Francia che funge da crocevia per mezzi di trasporto che viaggiano con cose ed esseri umani a bordo. Nessuna caduta di tono, molti momenti sognanti, alcune scene azzeccate di deliziosa comicità, una tensione drammatica mantenuta quanto basta e calibrata a dovere, un copione stupendamente architettato sia nei tempi attivi che nelle pause, un tocco autoriale che fa sentire la mano del regista in modo non pesante, ma presente. Simpatica la scelta di annoverare anche la cagnolina Laika nel cast del film, sia nei titoli di testa che in quelli di coda! Prodotto dalla compagnia finlandese di Kaurismaki (la Sputnik), insieme co-produttori nazionali in Francia e Germania. Budget di 3,8 milioni di euro. Vincitore del premio FIPRESCI a Cannes 2011, con menzione speciale della giuria ecumenica. Giustamente lodato dalla critica per i tre aspetti che abbina senza perderne di vista nemmeno uno e traendo da ciascuno un significato alquanto succoso: il villaggio nella città, un incontro fra due mondi apparentemente inconciliabili, il miracolo della solidarietà.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a great steven »
[ - ] lascia un commento a great steven »
|
|
d'accordo? |
|
darkovic
|
mercoledì 10 febbraio 2016
|
patetico
|
|
|
|
lascia l'arte a qualcun altro
|
|
[+] lascia un commento a darkovic »
[ - ] lascia un commento a darkovic »
|
|
d'accordo? |
|
darkovic
|
mercoledì 10 febbraio 2016
|
poesia allo stato puro
|
|
|
|
Il primo film che vedo di Kaurismaki e devo dire che mi sono innamorato del regista.in questo film che per me e' un opera d'arte ,Personaggi di un passato dove ancora la dignita',la morale,l'onesta'intellettuale ,si mescolano ai problemi di una societa' moderna ,che,senza piu i valori prima citati ,non riesce ad affrontare nessun problema si presenti davanti.
DA NON PERDERE
|
|
[+] lascia un commento a darkovic »
[ - ] lascia un commento a darkovic »
|
|
d'accordo? |
|
sverin
|
martedì 14 aprile 2015
|
troppa retorica buonista
|
|
|
|
Patetico per il ragazzo clandestino...dopo l'invasione di 8500 clandestini di questi ultimi 3 giorni in Sicilia...mi rimane difficile approvare il contenuto di questo film. Il solito governo cattivo che "perseguita" il povero bambino negro immigrato....ci siamo stufati di questo autolesionismo, di questa continua critica alla nostra società occidentale!Viva la nostra identità, la nostra cultura, la nostra civiltà...prima che "qualcuno"..... ci obblighi ad osservarne ....un'altra!
|
|
[+] lascia un commento a sverin »
[ - ] lascia un commento a sverin »
|
|
d'accordo? |
|
theophilus
|
lunedì 10 febbraio 2014
|
una favola futura
|
|
|
|
LE HAVRE
La stagione del neorealismo è solo un ricordo, un momento importante e felice del cinema, italiano e non, che seguì la fine dell’ultima guerra mondiale. Oggi è molto più difficile realizzare un film ‘politico’, è più complicato addentrarsi per strade che percorrano i temi sociali. La politica sembra essere, come tante altre componenti della vita dell’uomo, ‘post’, sospesa in un vortice che la fa galleggiare per aria, in attesa di risoluzioni che si spera non inevitabili, ma guidate, coordinate dalla mano dell’uomo. Anche l’estetica è figlia di questo pulviscolo inconcludente, non sa dove andarsi a posare, come e dove incidere.
[+]
LE HAVRE
La stagione del neorealismo è solo un ricordo, un momento importante e felice del cinema, italiano e non, che seguì la fine dell’ultima guerra mondiale. Oggi è molto più difficile realizzare un film ‘politico’, è più complicato addentrarsi per strade che percorrano i temi sociali. La politica sembra essere, come tante altre componenti della vita dell’uomo, ‘post’, sospesa in un vortice che la fa galleggiare per aria, in attesa di risoluzioni che si spera non inevitabili, ma guidate, coordinate dalla mano dell’uomo. Anche l’estetica è figlia di questo pulviscolo inconcludente, non sa dove andarsi a posare, come e dove incidere.
In attesa di questo avvento, Aki Kaurismäki – forse facendosi forza proprio del clima indistinto che ci avvolge – opta per il coraggio dell’immaginazione. Rovista nella scatola dei suoi sogni e sembra voler sfidare il secolo XXI a seguirlo per quella strada.
Per sgombrare il terreno da ogni dubbio, affermiamo subito di non ritenere Le Havre un inno alla solidarietà, o che il regista finnico sia partito da una situazione sociale per ricamarci una storia dalle tinte fortemente intrise d’impegno civile. Quello sarebbe stato il percorso dei cineasti della stagione che abbiamo ricordato o di quelli engagés figli di un ’68 già attraversato da ideologismi rimasti senza risposta.
Il cammino di Kaurismäki c'è parso esattamente opposto. In Le Havre non mancano certo i riferimenti al cinema di De Sica o Rossellini. Vi abbiamo trovato espresso, però, il bisogno di rappresentare una storia i cui canoni estetici possano essere rappresentati solo da quei visi, da quei ritmi, da quell’ambientazione, da quei contenuti. L’estetica crea il sociale convolando a felici nozze con la favola. Miracolo a Le Havre – così nelle nostre sale – è opera poetica che sa tenersi lontana dal livore e dalla rabbia, troppo spesso motori primi e unici, talora tristemente inconcludenti dal punto di vista cinematografico. Per questo, il protagonista principale del film, Marcel Marx, ci sembra riflettere nel nome il desiderio di premettere alle necessarie considerazioni economiche le altrettanto indispensabili motivazioni letterarie, filosofiche, poetiche.
C’è un bel contrappasso fra la fotografia spesso fredda, quasi livida, e la calma purezza del dolore della storia, che ha la meglio sulle vigenti regole contemporanee. Kaurismäki se ne infischia del ‘reale’ e si rifugia in un passato forse avveniristico. Il tema trattato in Le Havre è lo stesso di Welcome, il riuscitissimo film girato da Philippe Lioret nel 2009. Del tutto diverse, invece, le strade seguite dai due registi. Quanto Lioret resta ancorato con estrema lucidità ai nostri tempi, altrettanto fortemente Kaurismäki ne prescinde. Quelle facce semplici e nobili (Marcel e la moglie) o quelle, al contrario, segnate da caratteri fisionomici così forti da rimandarci al mondo di miserie descritto nelle vicende ottocentesche narrate da Victor Hugo, ci tengono distanti dall’estetica odierna dove tutto si confonde, tutto è conforme a canoni guidati, imposti, vuoti.
Così, anche l’eroe rock che realizza uno dei tasselli del miracolo, appare fuori del mondo. Con quei tratti così improbabili, privo com’è del fisique du rôle, appare più Babbo Natale, come del resto suggerisce il suo giubbotto rosso sgargiante.
Fra gli interpreti segnaliamo André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin.
Enzo Vignoli
28 dicembre 2011
[-]
|
|
[+] lascia un commento a theophilus »
[ - ] lascia un commento a theophilus »
|
|
d'accordo? |
|
|