Il discorso del re |
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Un film di Tom Hooper.
Con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Jennifer Ehle.
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Titolo originale The King's Speech.
Storico,
durata 111 min.
- Gran Bretagna, Australia 2010.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 28 gennaio 2011.
MYMONETRO
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Una storia da ascoltare
di EverlongFeedback: 3730 | altri commenti e recensioni di Everlong |
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mercoledì 16 febbraio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un bellissimo film di sceneggiatura. Un film che racconta una parte commovente della recente storia britannica sebbene poco conosciuta e quasi dimenticata. Un film la cui regia si presta alla narrazione silenziosamente, senza artifici e senza manierismi, naturale nel suo essere al servizio della vicenda interiore di Re Giorgio VI e dei travagli causati dalla sua balbuzie. Un film semplice, senza costruzioni scenografiche da colossal, che colpisce per l'aspetto umano che viene scandagliato e approfondito in tutte le sue dinamiche, indugiando sui singoli dettagli e sulle conseguenze di un impedimento difficile da accettare e da affrontare. La delicatezza con cui viene descritto lo stato d'animo del re e il dramma umano che consegue dall'essere sovrano ma con la paura di non poter apparire tale agli occhi dei sudditi sono gli elementi che trovano la loro più tenera espressione nel rapporto tra Giorgio VI e Lionel Logue, un logopedista di origine australiana che si occuperà di aiutare il duca di York ad oltrepassare barriere sedimentatesi nel tempo e apparentemente insormontabili. In questo rapporto c'è tutto: c'è fiducia, conflitto, orgoglio, timore, il desiderio di comprendere le manifestazioni di traumi familiari profondi, forse lontani ma così semplici e umani nel loro essere frutto di un'educazione di corte severa, rigida e compromessa da rapporti umani duri. Colpiscono le interpretazioni di Geoffrey Rush e di Colin Firth, davvero impeccabili e affiatati; come colpisce la performance della Bonham Carter, sempre all'altezza delle aspettative, versatile ed espressiva. Viene naturale l'attualizzazione di questa vicenda, in un'epoca in cui la funzione mediatrice delle comunicazioni di massa è diventata un più che consolidato strumento di controllo nonché causa prima delle derive populistiche di certa politica. Per questo appare quasi infantile la figura di Giorgio VI, nella sua ingenuità, nel suo timore di entrare in contatto con gli altri, nel suo pudore ad addentrarsi nelle case altrui anche se soltanto attraverso il suono della sua voce. Il microfono diventa una figura incombente, che copre il volto di un sovrano così debole al suo cospetto. Un ribaltamento quasi inverosimile, verrebbe da dire, ma che, essendo accaduto, induce ad una riflessione profonda sull'attualità politica e sociale.
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