pietro berti
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venerdì 4 dicembre 2009
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agora
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Uno dei migliori film degli ultimi anni per ambientazione, indagine storica, costumi, attori perfettamente identificati nei personaggi. La trama interseca la storia vera di Ipazia, un’insegnante di matematica, astronomia e filosofia in Alessandria - nel momento in cui la celeberrima biblioteca conteneva tesori di inestimabile valore e il famoso faro costituiva una delle allora meraviglie del mondo - con il tentativo dei Tolemaici di spiegare i movimenti ciclici della terra e del sole arrivando a delle conclusioni fondamentali . La tematica si complica a seguito dell’inferocirsi dei rapporti tra cristiani (monoteisti) e politeisti (dediti ai culti più vari, che tuttavia gestivano la biblioteca) che sfoceranno in una vera e propria guerra con il coinvolgimento dell’Impero romano che cercherà di gestire il conflitto a suo vantaggio.
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Uno dei migliori film degli ultimi anni per ambientazione, indagine storica, costumi, attori perfettamente identificati nei personaggi. La trama interseca la storia vera di Ipazia, un’insegnante di matematica, astronomia e filosofia in Alessandria - nel momento in cui la celeberrima biblioteca conteneva tesori di inestimabile valore e il famoso faro costituiva una delle allora meraviglie del mondo - con il tentativo dei Tolemaici di spiegare i movimenti ciclici della terra e del sole arrivando a delle conclusioni fondamentali . La tematica si complica a seguito dell’inferocirsi dei rapporti tra cristiani (monoteisti) e politeisti (dediti ai culti più vari, che tuttavia gestivano la biblioteca) che sfoceranno in una vera e propria guerra con il coinvolgimento dell’Impero romano che cercherà di gestire il conflitto a suo vantaggio.
L’imperatore Teodosio impartisce l’ordine al Prefetto di Alessandria di far abbandonare la biblioteca da tutti coloro che ne avevano cura. Da qui la distruzione della biblioteca mentre i suoi custodi cercheranno di portare in salvo invano i suoi tesori. Tutti i custodi fuggiranno salvo Ipazia e pochissimi altri. Da lì inizierà una diatriba violentissima tra cristiani ed ebrei che porterà alla cacciata degli ebrei da Alessandria.
Il film è costellato da scene crude e dall’intensissima storia d’amore tra un ex schiavo e la sua ex padrona e maestra, amore tuttavia non corrisposto. Colpisce molto il razionalismo della maestra di filosofia che tenta di spiegare in tutti i modi a se stessa prima che agli altri che i principi tolemaici avevano un fondo di verità: ella infatti riesce a capire che se un oggetto lanciato da una determinata altezza non cade perpendicolarmente al punto da cui è stato lanciato ma oltre a questo è proprio perché la terra si muove. La studiosa è disposta a sacrificarsi per le sue idee e non rinuncia per nulla non solo a portarle avanti continuando a studiare le applicazioni possibili del principio ma soprattutto – in maniera spiazzante – lo farà senza alcuna paura delle conseguenze a cui consapevolmente sa di esporsi.
Da notare la figura squallida del Prefetto romano (ex allievo della studiosa) che alla fine si inginocchierà al potere.
Una brava e bella Rachel Weisz. Pietro Berti
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andyzerosettesette
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domenica 25 aprile 2010
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lezioni per il presente dalla tarda antichità
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Quello di Amenabar è un film “scomodo” e difficile da proporre al grande pubblico. Da un lato (quello di critici e intellettuali) rischia di essere usato come arma anticlericale per impropri paralleli fra i lati oscuri del cristianesimo tardo-antico e quelli attuali, dall’altro (quello dei comuni spettatori) è un film troppo “colto” in rapporto alle abitudini cinematografiche di chi ha vaghi ricordi di un periodo negletto nei programmi scolastici e si aspetta, educato male da recenti effetti speciali e 3D, trame esili ma con molte scene spettacolari, poco importa se non rispettose della verità storica.
Da questa duplice impasse però Agorà esce bene, evitando atteggiamenti troppo didascalici nel mostrare fin dove possono condurre i dogmatismi religiosi e non, e rendendo ottimamente l’idea di quale guazzabuglio politico e di potere vi fosse in un’area geograficamente ai margini ma culturalmente al centro del mondo romano classico in disfacimento.
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Quello di Amenabar è un film “scomodo” e difficile da proporre al grande pubblico. Da un lato (quello di critici e intellettuali) rischia di essere usato come arma anticlericale per impropri paralleli fra i lati oscuri del cristianesimo tardo-antico e quelli attuali, dall’altro (quello dei comuni spettatori) è un film troppo “colto” in rapporto alle abitudini cinematografiche di chi ha vaghi ricordi di un periodo negletto nei programmi scolastici e si aspetta, educato male da recenti effetti speciali e 3D, trame esili ma con molte scene spettacolari, poco importa se non rispettose della verità storica.
Da questa duplice impasse però Agorà esce bene, evitando atteggiamenti troppo didascalici nel mostrare fin dove possono condurre i dogmatismi religiosi e non, e rendendo ottimamente l’idea di quale guazzabuglio politico e di potere vi fosse in un’area geograficamente ai margini ma culturalmente al centro del mondo romano classico in disfacimento. Vi sono, certo, delle schematizzazioni troppo semplici: è vero che probabilmente il cristianesimo attecchiva presso il popolo, grazie alla sua promessa di riscatto sociale ultraterreno, mentre le classi dirigenti restavano legate agli antichi culti, ma è forse troppo manicheo non cogliere il sincretismo cultural-religioso del tempo, e lasciar intendere che in pochi anni una vera e propria persecuzione al contrario abbia condotto i cristiani a essere la maggioranza, grazie anche agli indiretti appoggi politici e all’opportunismo di chi si battezzava solo per conservare il potere.
Sono sicuramente ammirevoli innanzitutto la rappresentazione anche visiva di un luogo mitico come la Biblioteca di Alessandria, e la voglia di cercare nella tarda antichità alcuni germi che avrebbero infettato i secoli successivi fino ai giorni nostri: in particolare la caccia alle streghe e il confinamento delle donne a ruoli secondari, l’antisemitismo condito da accuse di deicidio, il fanatismo ideologico fino al rogo dei libri come atto simbolico di distruzione di una cultura; e poco importa se nel ventesimo secolo a macchiarsi di simili crimini contro la ragione umana siano stati gruppi non riconducibili al cristianesimo (ma piuttosto i nazisti o gli integralisti islamici).
La figura di Ipazia si erge solitaria a difesa di un mondo sconfitto e fisicamente in disfacimento, che non è tanto quello costruito in un millennio da Roma ma quello prodotto dalla cultura e dal sapere del mondo greco-ellenistico. Non la si definisca però una “martire pagana”: l’Ipazia interpretata da Rachel Weisz non si sacrifica in nome di un ideale religioso “politeista” (di difesa del pantheon egizio-ellenico), ma piuttosto rifiuta un finto atto di sottomissione a un Dio che non sarà mai il suo, in nome della coerenza di mettere sempre in discussione ciò in cui crede, a partire dalle conoscenze astronomiche, aborrendo ogni assolutismo ideologico e scientifico. Quella di Ipazia è una sconfitta solo apparente: il mondo in cui viviamo oggi si basa su un sapere scientifico e su una almeno dichiarata volontà di tolleranza ideologica che sono giunte sino a noi dal mondo classico. Agorà è consigliato dunque a tutti coloro che credono che per costruire finalmente un mondo razionale a misura d’uomo, occorra saper fondere assieme quanto di meglio propongono le credenze e le etiche religiose, a partire da quella cristiana, con la filosofie e le culture scientifiche. Come direbbe Ipazia, sono di più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono.
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f.cambiaso
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domenica 25 aprile 2010
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ipazia di alessandria tra fede e ragione
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Agorà è una sontuosa ricostruzione storica ambientata nel IV secolo dopo Cristo nella città di Alessandria d'Egitto, santuario della scienza e della cultura del mondo antico e centro di convivenza di tre religioni, culto pagano di Serapide, ebraismo e cristianesimo. Ipazia, figlia del direttore della famosa Biblioteca, trasmette i suoi insegnamenti filosofico-scientifici ad un gruppo di allievi di diversa estrazione sociale e religiosa, e alimenta la sua fame di conoscenza e passione per la ricerca sulle verità astronomiche che la porteranno ad indirizzare il pensiero dalla teoria geo-centrica a quella elio-centrica. Sullo sfondo una città sempre più in preda ad un fervente aumento del cristianesimo, appoggiato dall'impero romano nella figura di Teodosio, ormai in declino, a scapito dei culti pagani e ebraici.
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Agorà è una sontuosa ricostruzione storica ambientata nel IV secolo dopo Cristo nella città di Alessandria d'Egitto, santuario della scienza e della cultura del mondo antico e centro di convivenza di tre religioni, culto pagano di Serapide, ebraismo e cristianesimo. Ipazia, figlia del direttore della famosa Biblioteca, trasmette i suoi insegnamenti filosofico-scientifici ad un gruppo di allievi di diversa estrazione sociale e religiosa, e alimenta la sua fame di conoscenza e passione per la ricerca sulle verità astronomiche che la porteranno ad indirizzare il pensiero dalla teoria geo-centrica a quella elio-centrica. Sullo sfondo una città sempre più in preda ad un fervente aumento del cristianesimo, appoggiato dall'impero romano nella figura di Teodosio, ormai in declino, a scapito dei culti pagani e ebraici. La feroce battaglia è rappresentata su pellicola con il distacco di un reportage di guerra, senza concedere troppi primi piani e senza, purtroppo, offrire un'analisi completa del carattere e dei personaggi, che rimangono nella maggior parte dei casi solo superficialmente tratteggiati. Il film di Amenabar è comunque apprezzabile, al di là delle precisioni veritiere della ricostruzione storica, per la sua compattezza concettuale e per la capacità del regista spagnolo di associare le scelte visive agli elementi di sceneggiatura in maniera spesso illuminante (Premio Goya per la sceneggiatura originale 2010). Esempi ne sono l'uso di numerose carrellate che, dalla baia di Alessandria, si allontanano dalla superficie terrestre nell'universo: splendide immagini astronomiche che 'ridimensionano' la portata degli eventi narrati, delle guerre di potere e dei conflitti religiosi, come se la perfezione del cosmo si contrapponesse all'imperfezione umana, o come se un Dio o Dei, distanti e indifferenti nella serenità del cosmo, scrutassero le umane questioni nella loro piccolezza. O come il capovolgimento di immagine nella distruzione della Biblioteca di Alessandria, sovvertimento delle credenze e antiche tradizioni. Agorà non è quindi soltanto la storia di Ipazia di Alessandria, intellettuale perseguitata dai cristiani per il suo rifiuto di piegare le proprie idee alle mire politico-religiose, ma anche un' interessante esplorazione del legame tra religione e progresso, tra tolleranza, solidarietà umana e sapere scientifico. E' un meritevole non solo per il grande sforzo tecnico e produttivo, ma anche per l'equanimità con cui si affronta il tema attualissimo delle tensioni religiose, e per l'equilibrio e l'intelligenza con cui celebra, nella figura della martire pagana, l'inestimabile e irrinunciabile valore della libertà di pensiero, al di là di ogni fanatismo religioso e culturale.
Bella e espressiva l'interpretazione di Rachel Wiesz.
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giovedì 11 marzo 2010
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scontro tra fede e ragione.
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Agora è un film potente perché sa armonizzare la ricostruzione storica, che dà identità a figure del IV secolo e ci trasporta in vicende lontane e definite, con la forza di un soggetto dal valore universale, contemporaneo e ideologico. Amenábar (anche sceneggiatore, con Mateo Gil) racconta la storia di Ipazia (una splendida Rachel Weisz), astronoma, matematica e filosofa a capo della scuola di Alessandria; questa è una città culturalmente attiva, dove s’incrociano genti e pensieri, stravolta dall’imposizione violenta del cristianesimo come religione unica. A guidare la chiesa il vescovo Cirillo; sostenuto dai decreti teodosiani, si scontra prima con i pagani, che vengono in parte assorbiti, quindi rigetta gli ebrei.
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Agora è un film potente perché sa armonizzare la ricostruzione storica, che dà identità a figure del IV secolo e ci trasporta in vicende lontane e definite, con la forza di un soggetto dal valore universale, contemporaneo e ideologico. Amenábar (anche sceneggiatore, con Mateo Gil) racconta la storia di Ipazia (una splendida Rachel Weisz), astronoma, matematica e filosofa a capo della scuola di Alessandria; questa è una città culturalmente attiva, dove s’incrociano genti e pensieri, stravolta dall’imposizione violenta del cristianesimo come religione unica. A guidare la chiesa il vescovo Cirillo; sostenuto dai decreti teodosiani, si scontra prima con i pagani, che vengono in parte assorbiti, quindi rigetta gli ebrei.
Agora si muove sul doppio binario dell’ascesa sanguinosa della nuova religione e della descrizione delle ricerche di Ipazia. Sono numerosi gli scontri violenti, le lapidazioni, decapitazioni e assedi, e vengono mostrate nel dettaglio rozze mutilazioni e ferite. Tutto contribuisce a dare una dimensione animale dell’essere umano, mentre la folla in tunica nera viene ripresa dall’alto, in una plongée velocizzata che mostra i cristiani, come insetti, distruggere freneticamente i tesori della Biblioteca. È il raccordo col punto di vista di Ipazia, che nel suo studio indaga sulla posizione della Terra nell’Universo, e giunge alla teorizzazione di un sistema eliocentrico, con il Mondo a descrivere un’orbita ellittica attorno al sole. Più volte lo sguardo dello spettatore viene portato a distanze tali da rendere invisibile la stessa Alessandria, svuotando d’effetto le violenze che infettano il suolo. Ipazia, donna colpevole di questo distacco, e quindi del mancato riconoscimento di un potere che, al contrario degli astri, non segue alcuna legge né logica, andrà incontro ad una fine atroce, corrispondente alla definitiva negazione della ragione.
Amenábar dà forma ad un film pienamente “commerciale” (si tratta di una delle più grandi produzioni europee, di certo è stato costruito nella speranza che voglia vederlo il maggior numero possibile di persone), e lo fa plasmando gli elementi e le immagini del dramma, della violenza e della passione, senza rinunciare ad una forza che rende il racconto realistico e significativo, e sapendo evitare la facilità dell’enfasi e del coinvolgimento acritico. slowfilm.splinder.com
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marco forlivesi
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domenica 25 aprile 2010
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ragione e coraggio contro la banalità del male
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“Agorà” (che significa, in greco, “la piazza principale della città, il luogo da cui si governa”) è certamente un film ben fatto, avvincente e culturalmente importante. Esso narra la storia del crollo della civiltà antica e della conquista del potere da parte dei cristiani in Alessandria d’Egitto tra la fine del quarto e l’inizio del quinto secolo dopo Cristo. Lo fa ponendo al centro dell’attenzione la figura di Ipazia: stimatissima matematica, astronoma e filosofa pagana, insegnante di queste materie in Alessandria, assassinata con orribile ferocia da un banda di cristiani (ispirati, se non addirittura inviati, dal loro vescovo Cirillo) nel marzo dell’anno 415. Sia la storia dell’abile e violenta conquista del potere da parte dei cristiani tra il 391 e il 415, sia il profilo biografico e intellettuale di Ipazia sono molto complessi e il film fa davvero miracoli per percorrere in sole due ore una vicenda tanto densa e drammatica.
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“Agorà” (che significa, in greco, “la piazza principale della città, il luogo da cui si governa”) è certamente un film ben fatto, avvincente e culturalmente importante. Esso narra la storia del crollo della civiltà antica e della conquista del potere da parte dei cristiani in Alessandria d’Egitto tra la fine del quarto e l’inizio del quinto secolo dopo Cristo. Lo fa ponendo al centro dell’attenzione la figura di Ipazia: stimatissima matematica, astronoma e filosofa pagana, insegnante di queste materie in Alessandria, assassinata con orribile ferocia da un banda di cristiani (ispirati, se non addirittura inviati, dal loro vescovo Cirillo) nel marzo dell’anno 415. Sia la storia dell’abile e violenta conquista del potere da parte dei cristiani tra il 391 e il 415, sia il profilo biografico e intellettuale di Ipazia sono molto complessi e il film fa davvero miracoli per percorrere in sole due ore una vicenda tanto densa e drammatica. Gli eventi cruciali che il film presenta sono quasi tutti, nella sostanza, storicamente accertati. Ovviamente, non si può pretendere che un film sostituisca un buon libro di storia. Tra i limiti della pellicola si può notare che Ipazia è presentata come una studiosa di matematica e astronomia: fatto comprensibile, dato che il suo pensiero filosofico è poco noto e molto complesso, ma che spinge lo spettatore a farsi di lei un’immagine non del tutto realistica. Questo non toglie né l’alto valore culturale del film, né la sua bellezza. Esso è realmente capace di introdurre lo spettatore alla realtà del mondo tardo-antico. Un mondo ove cristianesimo e lotta per il potere si fondono in una spirale perversa che porta alla distruzione della cultura e delle istituzioni. Un mondo in cui un nuovo ordine politico e ideologico, quello “cristiano”, sostituisce quello “pagano” senza migliorare in nulla le condizioni di vita degli uomini. Il film è dunque una denuncia, costruita intorno alla toccante figura di Ipazia, del pericolo costituito in ogni tempo dalla presa del potere da parte di chi si pretende detentore dell’unico pensiero lecito e delle vite altrui. “Agorà” non è dunque, in definitiva, un film anti-cristiano, e non è vero che “tutti i cattivi siano dalla parte dei cristiani”. Non sono i singoli “cristiani” a essere “cattivi”; è il moto politico che essi, con chiara ingenuità, animano a essere intrinsecamente violento e distruttore. "Agorà" non è neppure un film anti-religioso. Al suo centro non vi è una banale celebrazione della superiorità della ragione e della filosofia sulla fede e sulla religione. Esso va al cuore di una questione più sottile e fondamentale per comprendere le lotte “religiose” e l’ascesa politica sia del cristianesimo in età antica, sia di ogni fondamentalismo religioso o ideologico: è la questione dell’occupazione del potere – e dei metodi populisti e violenti che rendono tale occupazione possibile – da parte di chi volle (o ancora vuole) essere padrone delle menti, o almeno delle vite, di ogni altro uomo. È in questo la grande lezione di “Agorà”. Detto ciò, è purtroppo un fatto che il fondamentalismo cattolico abbia tentato di evitare che il film venisse distribuito, così come è un fatto che la Chiesa Cattolica veneri tutt’ora come santi dei criminali quali Cirillo d’Alessandria (considerato addirittura “dottore della Chiesa”) o Elia Pucheria, che “insabbiò” l’indagine sull’assasinio di Ipazia. Il lettore e lo spettatore traggano da tali fatti la morale che essi ritengono più appropriata.
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[+] nessun padrone x la mia mente !
(di zelindafel)
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nino pell.
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domenica 25 aprile 2010
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il progresso della scienza tra fanatismo religioso
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Il talentuoso regista Alejandro Amenàbar sembra non sbagliare un film. E il suo ultimo film, "AGORA'", sicuramente sembra non discostarsi da questa sua favorevole tradizione. Siamo nella seconda metà del IV° secolo dopo Cristo e la storia si svolge in Alessandria D'Egitto dove la giovane e bella Ipazia, esperta di astronomia e filosofia, insegna la sua dottrina ad un gruppo di allievi e, allo stesso tempo, sta effettuando importanti scoperte in campo astronomico le cui conclusioni anticiperanno di diversi secoli la famosa teoria di Keplero dei movimenti che la Terra effettua intorno al sole nel corso di un anno. Ipazia, figura nobile ed elegante, (interpretata dalla brava attrice Rachel Weisz che già mi ha convinto anni fa quando ella ha interpretato il ruolo di una giovane russa in lotta per la libertà del suo popolo contro i nazisti nel film "IL NEMICO ALLE PORTE") vive purtroppo in un'epoca difficile nella quale regna sovrano il fanatismo religioso tra gruppi di ebrei,pagani e cristiani che sovente combattono tra loro in nome di una giustizia divina che probabilmente sta da tutta altra parte.
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Il talentuoso regista Alejandro Amenàbar sembra non sbagliare un film. E il suo ultimo film, "AGORA'", sicuramente sembra non discostarsi da questa sua favorevole tradizione. Siamo nella seconda metà del IV° secolo dopo Cristo e la storia si svolge in Alessandria D'Egitto dove la giovane e bella Ipazia, esperta di astronomia e filosofia, insegna la sua dottrina ad un gruppo di allievi e, allo stesso tempo, sta effettuando importanti scoperte in campo astronomico le cui conclusioni anticiperanno di diversi secoli la famosa teoria di Keplero dei movimenti che la Terra effettua intorno al sole nel corso di un anno. Ipazia, figura nobile ed elegante, (interpretata dalla brava attrice Rachel Weisz che già mi ha convinto anni fa quando ella ha interpretato il ruolo di una giovane russa in lotta per la libertà del suo popolo contro i nazisti nel film "IL NEMICO ALLE PORTE") vive purtroppo in un'epoca difficile nella quale regna sovrano il fanatismo religioso tra gruppi di ebrei,pagani e cristiani che sovente combattono tra loro in nome di una giustizia divina che probabilmente sta da tutta altra parte. Ritengo "AGORA'" un film che si erge senza difficoltà su livelli ottimali in quanto considero soddisfacenti gli aspetti che ne hanno costituito l'ambientazione storica, i costumi, il livello interpretativo ed il piglio acuto del regista nel riuscire a metterci egregiamente in evidenza secoli e secoli di brutalità e di rozzezza comportamentale degli uomini anche in nome della religione. E poi il finale così duro, essenziale e allo stesso tempo commovente nel quale la giovane Ipazia sarà costretta a capitolare non riuscendo a far conoscere l'importante scoperta da lei compiuta ,appunto, in campo astronomico. Raramente non mi sento d'accordo con la consueta recensione della critica su questo interessante sito di mymovies. Purtroppo devo rilevare che questa circostanza ne rappresenta un esempio tipico. Il giornalista Giancarlo Zappoli parla di perplum, di film finto. Mi dispiace, ma non riesco ad essere in sintonia col suo pensiero. Gli effetti speciali naturalmente ci sono, eccome. Ma in questo caso essi sono solamente un elegante e magnifico "rivestimento estetico" nei riguardi di un film che dimostra di avere alla base una solidità di contenuti e di concetti che sicuramente lo rendono uno dei film più belli ed importanti di questa stagione cinematografica. Assolutamente da collezionare quando esso uscirà in DVD. Sono straconvinto della mia opinione.
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poetadark
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giovedì 29 aprile 2010
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agora - un film che tocca le corde dell'assoluto
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Agora è un film che, tecnicamente, visivamente e narrativamente sfiora la perfezione. Vi è un accurato intreccio di personaggi; un intenso e violento incontro di passioni, di conoscenza, di opportunismi, di assolutezza, di amore, di fanatismo e follia. Ipazia, la filosofa e astronoma intorno alla quale ruota la vicenda, è una donna che, stimata e ascoltata nel mondo pagano, con l'avvento brutale delle sette cristiane perde la propria funzione di guida e di sapiente, venendo considerata una strega e un'eretica. Ella, dopo una appassionata ricerca, anticipa di più di mille anni le teorie di Keplero, elaborando una concezione eliocentrica dell'universo, e gungendo finanche a comprendere che l'orbita compiuta dalla Terra intorno al sole non è circolare, bensì ellittica.
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Agora è un film che, tecnicamente, visivamente e narrativamente sfiora la perfezione. Vi è un accurato intreccio di personaggi; un intenso e violento incontro di passioni, di conoscenza, di opportunismi, di assolutezza, di amore, di fanatismo e follia. Ipazia, la filosofa e astronoma intorno alla quale ruota la vicenda, è una donna che, stimata e ascoltata nel mondo pagano, con l'avvento brutale delle sette cristiane perde la propria funzione di guida e di sapiente, venendo considerata una strega e un'eretica. Ella, dopo una appassionata ricerca, anticipa di più di mille anni le teorie di Keplero, elaborando una concezione eliocentrica dell'universo, e gungendo finanche a comprendere che l'orbita compiuta dalla Terra intorno al sole non è circolare, bensì ellittica. E' una donna che fugge gli uomini, poiché vive in un rapporto altissimo con la conoscenza e con la filosofia: durante il film, malgrado l'amore dichiarato di un ragazzo che assiste alle sue spiegazioni, e malgrado l'amore - ben nascosto - di uno schiavo, Ipazia non si concederà a nessuno, ma consacrerà la sua esistenza alla Verità.
Quest'ultimo aspetto emerge ancor più chiaro quando, stando distesa accanto all'uomo che di lei è innamorato, ella continua ad osservare il cielo stellato e prova quasi a stringerlo tra le dita, affermando che potrà morire felice solo dopo aver compiuto quel passo finale - che di fatto compierà - col quale concludere la propria teoria astronomica: una parte che, nella sua semplicità, è di grande fascino.
Per il resto, il film è costellato di scene d'una grande drammaticità, alle quali si alternano altre dialogate mai banali o supeficiali: si evita cioè una superficialità da kolossal, e al contempo il film non diviene una pura trasposizione scolastica; ma si va ben oltre, mirando ad una compenetrazione dei livelli visivi-divulgativi-narrativi. Le telecamere mutano quasi in "occhi poetici" quand'ecco offrono allo spettatore alcune inquadrature che riflettono l'interiorità del personaggio (splendida quella finale: Ipazia fissa gli occhi sul soffitto della sala nella quale sta per morire, laddove un varco nella pietra le si presenta come un'ellissi, ed eccola dunque cogliere l'Assoluto prima della Morte; ella vede quella forma geometrica, che poi, dopo la sua morte, si rivelerà invece un cerchio, segno dunque del ritorno alla concezione geocentrica e circolare, quanto all'orbita, che ossia caratterizzerà i secoli successivi fino a Keplero).
I personaggi, rispetto al parere espresso da altri, non sono affatto bidimensionali, bensì approfonditi in ogni sfumatura: Ipazia, come si è detto, sprofonda nella ricerca e diviene quasi un simbolo; lo schiavo compie un percorso di amore-odio-amore, dapprima amandola nell'ombra, poi allontanandosene bruscamente, e infine, dopo aver cercato invano di dimenticarla, rincorrendola, tentando di salvarla, e costretto a imporle lui stesso la morte. Il prefetto è combattuto dall'amore, dall'opportunismo, dalla debolezza e dalla paura. Il vescovo, vera e propria figura politica, che abilmente travisa le Sacre Scritture e manipola il gregge cristiano.
Senza dilungarmi oltre, concludo col dire che Agora è un film bellissimo, la cui uscita è stata vergognosamente ritardata. Sono stato lieto di vedere che esso sia molto piaciuto anche al grandissimo Umberto Eco.
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[+] e' proprio vero!
(di raistlin86)
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(di wicca87)
[ - ] concordo
[+] la vera lezione di ipazia
(di mariangelaimbrenda)
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(di edward teach)
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(di poetadark)
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[+] non mancherò
(di mariangelaimbrenda)
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[+] concordo. bellissimo!
(di kurtzman)
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ilpredicatore
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martedì 4 maggio 2010
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la filosofia contro l'intolleranza.
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Alessandria, 391 D.C, culla della filosofia e punto d'incontro tra religioni diverse, antiche e nuove. Con l'arrivo del cristianesimo che impone il proprio amore verso il dio unico termina la pace e arrivano gli scontri carichi di gravi conseguenze. La storia ruota attorno alla filosofa Ipazia, ma anche al suo schiavo Davus e al discepolo Oreste, entrambi innamorati di lei, entrambi convertiti ma destinati a strade diverse. Film suggestivo e sensazionale che si divide sostanzialmente in due trame: da una parte racconta l'intolleranza, le conversioni ingannevoli o forzate e la tenace incapacità di libero pensiero degli uomini, dall'altra l'ostinata indagine di Ipazia sul movimento dei pianeti e il suo pensiero fortemente indipendente e “laico”.
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Alessandria, 391 D.C, culla della filosofia e punto d'incontro tra religioni diverse, antiche e nuove. Con l'arrivo del cristianesimo che impone il proprio amore verso il dio unico termina la pace e arrivano gli scontri carichi di gravi conseguenze. La storia ruota attorno alla filosofa Ipazia, ma anche al suo schiavo Davus e al discepolo Oreste, entrambi innamorati di lei, entrambi convertiti ma destinati a strade diverse. Film suggestivo e sensazionale che si divide sostanzialmente in due trame: da una parte racconta l'intolleranza, le conversioni ingannevoli o forzate e la tenace incapacità di libero pensiero degli uomini, dall'altra l'ostinata indagine di Ipazia sul movimento dei pianeti e il suo pensiero fortemente indipendente e “laico”. Grande ricostruzione di un'Alessandria multietnica, splendente e accorata, delle sue atmosfere, dei confronti filosofici e del rapporto insostenibile tra culti differenti ma al contempo accomunati dai reciproci difetti. Da incanto la sequenza del dibattito su Aristarco. Amenàbar, regista del sorprendente The Others, ci mostra la follia della violenza in nome di un credo ed è azzeccato per molte ragioni: innanzitutto la sua regia è partecipe, motivata e ispirata e Agora non avrebbe potuto chiedere di meglio. È capace di addentrarsi(ci) nel pensiero e nel mondo che ci racconta, dote di cui gode nel cinema solo Mel Gibson. Se la Terra è considerata a quell'epoca il centro del cosmo la telecamera ci si plasma con le riprese fatte nello spazio infinito, che zoommano fino ad Alessandria, come se il regista intendesse immedesimarsi in questo pensiero arcaico ma non privo di fascino. Dopo gli scontri sanguinosi tra parabolani ed ebrei le grida di sofferenza riecheggiano fino alle stelle, aggiungendo al film un'atmosfera originale e intensamente surreale, ma le inquadrature nello spazio servono anche a trasportarci nel fulcro delle indagini astronomiche di Ipazia. Il film riesce pregevolmente a seguire la filosofa nelle sue ricerche, senza che quest'ultime cadano in secondo piano, passando dal dramma storico all'avventura-giallo-filosofico. Altra qualità del regista spagnolo risiede nel mostrarci gli scontri e la violenza usata in nome della religione, facendoci ben intendere non solo quanto esse siano gravi e sbagliate, ma così ridicole da incutere rabbia. È difficile sopportare Ammonio con le sue manipolazioni, Cirillo con il suo dispotismo, i pagani e gli ebrei con la loro cecità, d'altronde qui non si tratta di anticristianesimo come qualcuno facilmente ha già pensato, né ci si schiera contro le religioni. Il dito è fondamentalmente puntato contro chiunque mini la libertà di pensiero, cerchi di convertire il prossimo e ostacoli la ragione e il sapere. Bravi tutti gli interpreti a cominciare da Rachel Weisz, unica vera star del film, che si cala nei panni della forte e complessa filosofa con pacata bravura, dando volto ad una Ipazia toccante ma allo stesso tempo intoccabile, che, ironia, subirà la stessa fine di un Gesù martire. Interessanti anche Max Minghella e Oscar Isaacs, che forgiano due personaggi dal grande spessore. Buone le musiche di Marianelli, i costumi di Pescucci e i pochi effetti speciali al servizio della storia. Solida e stimolante la regia che realizza un film talmente innovativo e così eccelso da raggiungere vette di intensità inarrivabili. Siamo nell'Alessandria di 1600 anni fa, ma si ha l'inquietante sensazione che tutto ciò che vi accade rispecchi il nostro mondo attuale.
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honestabe
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mercoledì 4 maggio 2011
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un po' di comprensione
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I paragoni con i peplum e con Empire mi sembrano fuorvianti. Quanto alla inappuntabilità del vestiario, poi, si trova in quasi tutti i film in costume. Condoniamo tranquillamente anche qualche sbavatura (Ipazia era probabilmente anziana quando venne uccisa, Sinesio morì prima di lei etc.). Il film ricorda a tutti che le intolleranze e i fanatismi non hanno una sola etichetta (Islam, tanto per non far nomi), ma che un passato talebano ce l'hanno tutte le fedi: nel film sia i pagani sia gli eberei sia infine i cristiani vincitori ricorrono alla violenza. E il fatto che una religione dell'amore e del perdono una volta divenuta religione di stato si sia rapidamente rivelata intollerante e presecutrice e pronta a dividersi al proprio interno e a stigmatizzare eretici e fulminare scomuniche è un fatto, un dato di realtà.
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I paragoni con i peplum e con Empire mi sembrano fuorvianti. Quanto alla inappuntabilità del vestiario, poi, si trova in quasi tutti i film in costume. Condoniamo tranquillamente anche qualche sbavatura (Ipazia era probabilmente anziana quando venne uccisa, Sinesio morì prima di lei etc.). Il film ricorda a tutti che le intolleranze e i fanatismi non hanno una sola etichetta (Islam, tanto per non far nomi), ma che un passato talebano ce l'hanno tutte le fedi: nel film sia i pagani sia gli eberei sia infine i cristiani vincitori ricorrono alla violenza. E il fatto che una religione dell'amore e del perdono una volta divenuta religione di stato si sia rapidamente rivelata intollerante e presecutrice e pronta a dividersi al proprio interno e a stigmatizzare eretici e fulminare scomuniche è un fatto, un dato di realtà. Se il messaggio di Amenabar è che la filosofia, ovvero lo spirito critico e indagatore, è meglio delle religioni (ma potremo dire di tutte le ideologie salvifiche), beh, dando un'occhiata agli opposti integralismi persistenti anche oggi è un messaggio da non disprezzare. E pazienza se il film non è un capolavoro. Forse neppure voleva esserlo.
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pecus
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domenica 25 aprile 2010
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il cerchio e l'ellisse
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Alessandria d'Egitto, alla fine del IV secolo d.C., è un attivo centro di ricerca scientifica e astronomica, erede della vasta cultura greca approdata nei regni ellenistici. Hypatia, l'unica filosofa dell'antichità a noi nota, istruisce i giovani alessandrini benestanti nella scuola della grande Biblioteca, gestita da suo padre Teone. Ma, appena fuori le porte di questo bastione di scienza e culti misterici greco-egizi, la città è in fermento, sempre più divisa dai contrasti tra diverse fedi religiose, pagana, ebrea e cristiana. Nell'esotico e caotico scenario di una provincia ai margini dell'Impero, i cristiani, vista recentemente riconosciuta la loro fede da Roma, diventano sempre più numerosi, si radunano nelle piazze e diffondono la Parola del Signore.
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Alessandria d'Egitto, alla fine del IV secolo d.C., è un attivo centro di ricerca scientifica e astronomica, erede della vasta cultura greca approdata nei regni ellenistici. Hypatia, l'unica filosofa dell'antichità a noi nota, istruisce i giovani alessandrini benestanti nella scuola della grande Biblioteca, gestita da suo padre Teone. Ma, appena fuori le porte di questo bastione di scienza e culti misterici greco-egizi, la città è in fermento, sempre più divisa dai contrasti tra diverse fedi religiose, pagana, ebrea e cristiana. Nell'esotico e caotico scenario di una provincia ai margini dell'Impero, i cristiani, vista recentemente riconosciuta la loro fede da Roma, diventano sempre più numerosi, si radunano nelle piazze e diffondono la Parola del Signore. Al tempo stesso, diventano più audaci nella rivalsa sui pagani, dai quali erano stati oppressi e perseguitati.
La Biblioteca, inizialmente e apparentemente estranea, nel suo fervore culturale, a queste dinamiche, diventa ben presto punto di riferimento dei pagani, sempre più insofferenti all'arroganza dei cristiani. L'occhio attento del regista Amenàbar, però, lungi dal demonizzare gli adepti dell'era paleocristiana, relegandoli nel ruolo di "cattivi" del film, guarda la cose dall'alto, in modo realistico e disincantato: parole ed episodi di intolleranza si vedono sia ad opera dei cristiani che dei pagani. E' una visione umana di un cristianesimo fanatico, visto dai più poveri come rivalsa sociale, e di un paganesimo ormai chiuso in antiche e vuote cerimonie formali. Due mondi che non possono non entrare in collisione. Gli scontri armati sono presentati nella cruda ma vera ottica in cui non ci sono buoni e cattivi, ma solo uomini che, a ragione o a torto, si massacrano invocando Cristo o Serapide.
Hypatia, fallito il suo tentativo di evitare la strage, si dedica agli studi, assorta nel suo dilemma: come conciliare la teoria eliocentrica, già formulata dai pitagorici, con l'apparente variazione nelle dimensioni del sole tra l'estate e l'inverno? Con questa domanda, apparentemente estranea al contesto del film, Hypatia metterà in discussione le orbite circolari in cui aveva sempre creduto per dedicarsi ad un'intensa ricerca astronomica. Magistrale e permeata da un malinconico lirismo la scena in cui Hypatia trova in un'altra forma geometrica, l'ellisse, la soluzione che cercava.
Gli altri personaggi, dei giovani un tempo radunati nella scuola di Hypatia, per motivi diversi ma tutti ugualmente opportunistici abbracciano la fede cristiana. Essi, da cristiani, non possono, come dice Hypatia in una frase-chiave davvero emblematica, mettere in discussione ciò in cui credono, mentre lei, da scienziata, deve.
A dispetto del ritmo non incalzante, le scene si susseguono con un ordine studiato e intelligente che, a ben guardare, tiene vivo l'interesse. Buona la parte tecnica, a eccezione delle lunghe, lente inquadrature della Terra dall'alto che, in quasi tutti i casi, stridono eccessivamente con il resto.
E' un film attento e sincero, libero da ogni perbenismo o visione manichea degli eventi storici. Un film che, in definitiva, ci parla di prospettiva: a testimoniarlo, una sapiente inquadratura dagli occhi di Hypatia ci mostra un lucernario del soffitto, rotondo senza dubbio, ma per la filosofa, in prospettiva appunto, un'ellisse.
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