Agora |
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Un film di Alejandro Amenábar.
Con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom.
continua»
Avventura,
durata 128 min.
- Spagna 2009.
- Mikado Film
uscita venerdì 23 aprile 2010.
MYMONETRO
Agora
valutazione media:
3,30
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Ragione e coraggio contro la banalità del maledi Marco ForlivesiFeedback: 121 |
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domenica 25 aprile 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Agorà” (che significa, in greco, “la piazza principale della città, il luogo da cui si governa”) è certamente un film ben fatto, avvincente e culturalmente importante. Esso narra la storia del crollo della civiltà antica e della conquista del potere da parte dei cristiani in Alessandria d’Egitto tra la fine del quarto e l’inizio del quinto secolo dopo Cristo. Lo fa ponendo al centro dell’attenzione la figura di Ipazia: stimatissima matematica, astronoma e filosofa pagana, insegnante di queste materie in Alessandria, assassinata con orribile ferocia da un banda di cristiani (ispirati, se non addirittura inviati, dal loro vescovo Cirillo) nel marzo dell’anno 415. Sia la storia dell’abile e violenta conquista del potere da parte dei cristiani tra il 391 e il 415, sia il profilo biografico e intellettuale di Ipazia sono molto complessi e il film fa davvero miracoli per percorrere in sole due ore una vicenda tanto densa e drammatica. Gli eventi cruciali che il film presenta sono quasi tutti, nella sostanza, storicamente accertati. Ovviamente, non si può pretendere che un film sostituisca un buon libro di storia. Tra i limiti della pellicola si può notare che Ipazia è presentata come una studiosa di matematica e astronomia: fatto comprensibile, dato che il suo pensiero filosofico è poco noto e molto complesso, ma che spinge lo spettatore a farsi di lei un’immagine non del tutto realistica. Questo non toglie né l’alto valore culturale del film, né la sua bellezza. Esso è realmente capace di introdurre lo spettatore alla realtà del mondo tardo-antico. Un mondo ove cristianesimo e lotta per il potere si fondono in una spirale perversa che porta alla distruzione della cultura e delle istituzioni. Un mondo in cui un nuovo ordine politico e ideologico, quello “cristiano”, sostituisce quello “pagano” senza migliorare in nulla le condizioni di vita degli uomini. Il film è dunque una denuncia, costruita intorno alla toccante figura di Ipazia, del pericolo costituito in ogni tempo dalla presa del potere da parte di chi si pretende detentore dell’unico pensiero lecito e delle vite altrui. “Agorà” non è dunque, in definitiva, un film anti-cristiano, e non è vero che “tutti i cattivi siano dalla parte dei cristiani”. Non sono i singoli “cristiani” a essere “cattivi”; è il moto politico che essi, con chiara ingenuità, animano a essere intrinsecamente violento e distruttore. "Agorà" non è neppure un film anti-religioso. Al suo centro non vi è una banale celebrazione della superiorità della ragione e della filosofia sulla fede e sulla religione. Esso va al cuore di una questione più sottile e fondamentale per comprendere le lotte “religiose” e l’ascesa politica sia del cristianesimo in età antica, sia di ogni fondamentalismo religioso o ideologico: è la questione dell’occupazione del potere – e dei metodi populisti e violenti che rendono tale occupazione possibile – da parte di chi volle (o ancora vuole) essere padrone delle menti, o almeno delle vite, di ogni altro uomo. È in questo la grande lezione di “Agorà”. Detto ciò, è purtroppo un fatto che il fondamentalismo cattolico abbia tentato di evitare che il film venisse distribuito, così come è un fatto che la Chiesa Cattolica veneri tutt’ora come santi dei criminali quali Cirillo d’Alessandria (considerato addirittura “dottore della Chiesa”) o Elia Pucheria, che “insabbiò” l’indagine sull’assasinio di Ipazia. Il lettore e lo spettatore traggano da tali fatti la morale che essi ritengono più appropriata.
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