Agora |
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Un film di Alejandro Amenábar.
Con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom.
continua»
Avventura,
durata 128 min.
- Spagna 2009.
- Mikado Film
uscita venerdì 23 aprile 2010.
MYMONETRO
Agora
valutazione media:
3,30
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Lezioni per il presente dalla tarda antichitàdi andyZeroSetteSetteFeedback: 1377 | altri commenti e recensioni di andyZeroSetteSette |
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domenica 25 aprile 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Quello di Amenabar è un film “scomodo” e difficile da proporre al grande pubblico. Da un lato (quello di critici e intellettuali) rischia di essere usato come arma anticlericale per impropri paralleli fra i lati oscuri del cristianesimo tardo-antico e quelli attuali, dall’altro (quello dei comuni spettatori) è un film troppo “colto” in rapporto alle abitudini cinematografiche di chi ha vaghi ricordi di un periodo negletto nei programmi scolastici e si aspetta, educato male da recenti effetti speciali e 3D, trame esili ma con molte scene spettacolari, poco importa se non rispettose della verità storica. Da questa duplice impasse però Agorà esce bene, evitando atteggiamenti troppo didascalici nel mostrare fin dove possono condurre i dogmatismi religiosi e non, e rendendo ottimamente l’idea di quale guazzabuglio politico e di potere vi fosse in un’area geograficamente ai margini ma culturalmente al centro del mondo romano classico in disfacimento. Vi sono, certo, delle schematizzazioni troppo semplici: è vero che probabilmente il cristianesimo attecchiva presso il popolo, grazie alla sua promessa di riscatto sociale ultraterreno, mentre le classi dirigenti restavano legate agli antichi culti, ma è forse troppo manicheo non cogliere il sincretismo cultural-religioso del tempo, e lasciar intendere che in pochi anni una vera e propria persecuzione al contrario abbia condotto i cristiani a essere la maggioranza, grazie anche agli indiretti appoggi politici e all’opportunismo di chi si battezzava solo per conservare il potere. Sono sicuramente ammirevoli innanzitutto la rappresentazione anche visiva di un luogo mitico come la Biblioteca di Alessandria, e la voglia di cercare nella tarda antichità alcuni germi che avrebbero infettato i secoli successivi fino ai giorni nostri: in particolare la caccia alle streghe e il confinamento delle donne a ruoli secondari, l’antisemitismo condito da accuse di deicidio, il fanatismo ideologico fino al rogo dei libri come atto simbolico di distruzione di una cultura; e poco importa se nel ventesimo secolo a macchiarsi di simili crimini contro la ragione umana siano stati gruppi non riconducibili al cristianesimo (ma piuttosto i nazisti o gli integralisti islamici). La figura di Ipazia si erge solitaria a difesa di un mondo sconfitto e fisicamente in disfacimento, che non è tanto quello costruito in un millennio da Roma ma quello prodotto dalla cultura e dal sapere del mondo greco-ellenistico. Non la si definisca però una “martire pagana”: l’Ipazia interpretata da Rachel Weisz non si sacrifica in nome di un ideale religioso “politeista” (di difesa del pantheon egizio-ellenico), ma piuttosto rifiuta un finto atto di sottomissione a un Dio che non sarà mai il suo, in nome della coerenza di mettere sempre in discussione ciò in cui crede, a partire dalle conoscenze astronomiche, aborrendo ogni assolutismo ideologico e scientifico. Quella di Ipazia è una sconfitta solo apparente: il mondo in cui viviamo oggi si basa su un sapere scientifico e su una almeno dichiarata volontà di tolleranza ideologica che sono giunte sino a noi dal mondo classico. Agorà è consigliato dunque a tutti coloro che credono che per costruire finalmente un mondo razionale a misura d’uomo, occorra saper fondere assieme quanto di meglio propongono le credenze e le etiche religiose, a partire da quella cristiana, con la filosofie e le culture scientifiche. Come direbbe Ipazia, sono di più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono.
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