La zona

Guardate che non c'avete capito niente; l'idea dlla separazione con un muro e' vista come vincente altro che fallimentare;crudele spietata e immorale ma vincente;e la rivolta dell ragazzino Alejandro,con l'ironico richiamo cristiano dell' evangelico lavaggio dei piedi,e' puramente fittizia;e infatti alla fine del film lui, dopo aver fatto la buona azione del boy scout, se ne va a mangiarsi tranquillamente un succulento taco al chioschetto. Sveglia bambini! Benedetto XVI

entrate nel cinema senza sapere nulla del film che andrete a vedere, entrerete nella zona insieme con miguel, chiamati da quelle voci amiche e assassine, invece dell'amore la caccia. vi perderete in un ambiente asettico, disumano, alieno, e ne uscirete vivi solo dopo essere morti, seguendo alejandro. solo da bambini si può essere innocenti. il fascio luminoso ci fa tornare bambini e ci redime. non si avrà più voglia di essere sicuri ma morti. meglio insicuri e vivi, masticando un panino dentro una favela vestiti da piccolo lord.

Bello, girato bene, ben recitato. Una storia semplice e soffocante, metafora di molte situazioni attuali, ma estremammente efficace anche solo dal punto narrativo. Un quartiere bene vive trincerato dietro un muro che lo separa dall’avanzata della bidonville dei poveracci, all’esterno il caos e la sporcizia, all’interno l’ordine, la quiete, la sicurezza tutelata da guardie e telecamere ovunque. Una sera riescono ad entrare tre ragazzini sbandati, rubano, c’è un omicidio, la situazione precipita, uno dei ragazzini si ritrova in fuga all’interno del quartiere, braccato dagli abitanti, senza poterne uscire. Spoiler Su questo canovaccio il film guarda a tutti gli aspetti che possono scaturirne: l’ossessione della sicurezza, l’idea fallimentare della possibilità di separare l’umanità tramite un muro, la logica folle del branco, il principio della vendetta/giustizia privata, l’ottica della preda e quella del cacciatore, il rapporto con l’ordine pubblico, il potere del denaro, la prevenzione della delazione, la ribellione. [+]

Bello, girato bene, ben recitato. Una storia semplice e soffocante, metafora di molte situazioni attuali, ma estremammente efficace anche solo dal punto narrativo. Un quartiere bene vive trincerato dietro un muro che lo separa dall’avanzata della bidonville dei poveracci, all’esterno il caos e la sporcizia, all’interno l’ordine, la quiete, la sicurezza tutelata da guardie e telecamere ovunque. Una sera riescono ad entrare tre ragazzini sbandati, rubano, c’è un omicidio, la situazione precipita, uno dei ragazzini si ritrova in fuga all’interno del quartiere, braccato dagli abitanti, senza poterne uscire. Spoiler Su questo canovaccio il film guarda a tutti gli aspetti che possono scaturirne: l’ossessione della sicurezza, l’idea fallimentare della possibilità di separare l’umanità tramite un muro, la logica folle del branco, il principio della vendetta/giustizia privata, l’ottica della preda e quella del cacciatore, il rapporto con l’ordine pubblico, il potere del denaro, la prevenzione della delazione, la ribellione. Bello dicevo, robusto, essenziale e potente nelle immagini, c’è un inizio davvero ben fatto, pochi minuti per raccontare quello che accade semplicemente mostrando il quartiere. Sottolineo: molto efficace tutto il rapporto padri figli, è in prospettiva al futuro che sono i giovani che si reificano i comportamenti, che ci si chiede cosa si è, cosa si sta facendo (c’è chi si dissocia, chi è coerente con quel che crede in maniera granitica, chi non accetta ciò che accade, ma non fa nulla), quindi il personaggio peggiore è il padre del protagonista, che applica la logica dei due pesi e due misure, lui a cacciare il ladruncolo, ma il figlio protetto in casa; le riunioni di “condominio” che decidono cosa fare, qui si esplica la logica del gruppo che non ammette contraddittorio, l’opinione diversa che diviene nemica, tanto da scegliere poi la via della delazione da applicarsi agli stessi abitanti del quartiere; l’imperante, irrisolvibile differenza sociale fra chi può e chi non ha nulla, neanche il diritto a vivere, e il denaro che tutto unge, che tutto risolve è la rappresentazione del vero potere, perchè qui si fermano tutti i discorsi sulla giustizia, sull’equità. E’ un film che è anche un percorso di crescita, il protagonista è un adolescente privilegiato, educato dal padre al diritto alla protezione individuale della propria sicurezza, senza che vi sia un limite a questo diritto che viene proposto come un obbligo a causa della corruzione del sistema pubblico (ma appunto chi corrempe?), un percorso di crescita che porta all’immedesimazione con l’altro, il pericolo, incarnato in un ragazzino folle di terrore. E la prospettiva cambia, ne nasce un rapporto simpatetico, paritario. L’unica ribellione realistica è cercare di cambiare, quindi è uscire fuori dalla logica che li ha portati a rinchiudersi nel quartiere e c’è chi lo fa, alla fine, chi più colpevolmente, chi in maniera più propositiva. [-]

Un film che ti fa sentire triste, che ti tiene inchiodata alla sedia fino all'ultimo e dove la speranza è la trama conduttrice...il punto forte è che favelas sono reali e certe storie accadono dappertutto. Un abbraccio a tutti i Miguel...

un film sulla "sicurezza",come da mesi rimbomba la parola d'ordine della campagna elettorale appena conclusa.e dimostra che nell'orrore e nella miseria morale non ci sono diritti inviolabili cui appellarsi,se separati da principi morali invalicabili.la sicurezza anche al prezzo dell'omicidio e del tradimento nei confronti dei figli. non c'è possibilità di riscatto, nè per il figlio che alla fine si piega alla crudeltà dei padri e si sbarazza del morto pagando, nè per la legge piegata dal potere corruttivo del denaro, nè per i miserabili fuori dalla zona,convinti a suon di botte alla resa.Senza speranza,perchè questa è la verità ultima del film.un ricordo prossimo venturo:"Fuga da New York".

Non vedevo da tempo un film di questo tipo, di quelli che si definiscono "civili".Sono d'accordo con quanti hanno visto nella vicenda rappresentata una realtà comune ad altre società e anche con chi ha ricordato "Io non ho paura",per il rapporto tra i due adolescenti.Alejandro è ,tra gli abitanti della "zona", quello che (non solo per ragioni generazionali ,basti pensare al diverso atteggiamento dei suoi coetanei) più di altri supera il muro dei pregiudizi,dei privilegi, della paura, dell'aridità.Forse l'età(anche questa,certo )e l'incontro diretto, lo scambio dei nomi,la voglia di pensare con la propria testa, il caso che crea, nella zona, un'area franca(senza controlli,telecamere, proibizioni) sono elementi vitali,concreti per il superamento della diffidenza e la scoperta di una possibile libertà.

Grande film sotto tanti punti di vista. E' un film da cui si esce muti: impossibile subito trovare parole per dire l'ignominia di questi ricchi barricati e pronti a diventare assassini per difendere i propri privilegi. Poi pensiamo che da noi, per fortuna, non è così. E le nostre ronde padane? Saranno diverse dite? Ma da cosa si comincia per "difendersi" dagli altri che vorrebbero semplicemente avere più giustizia?

Film deludente, vale molto di più a raccontarlo che a vederlo. La storia è interessante ma è fatta veramente male. Se si riesce a non addormentarsi, verso il finale il film migliora. Voto 4

Secondo me non si riesce bene a capire dove il regista voglia andare a parare, tante cose non sono spiegate ed il film è anche un po' noioso...

mi ha fatto pensare che anche noi occidentali viviamo (ognuno a modo nostro) nella ZONA , attenti ad i nostri affetti e privilegi senza curarci di quelli che stanno fuori , rafforzando così le nostre insicurezze e solitudini indicativa secondo me l'ultima scena dove Alejandro mangia un tacos per strada..come se avesse avuto la patente per stare in mezzo agli altri