davide giampellegrini
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venerdì 25 febbraio 2005
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così crudo, così bello, così ignoto
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Scavato nelle facce di strada di Casoria, questo film-documentario è stato colpevolmente ignorato da un'italietta scemetta che come al solito preferisce finanziare le cazzate natalizie. Un film di pietra durissima fatto da ragazzi, con i ragazzi, e per i ragazzi di un luogo ai confini del surreale visti fra le mura delle loro famiglie cui sono incatenati in un intreccio di violenza, coraggio dovuto e mancato, bestialità vissuta e pagata con l'intera vita, colpevolezza e innocenza.
Ogni sequenza è una frustata in cui il regista non giudica ma coglie e ti fa cogliere, in cui l'unico bagno caldo che ci è concesso è negli occhi dell'amicizia e nelle pietose parole di verità sussurrate della monaca.
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Scavato nelle facce di strada di Casoria, questo film-documentario è stato colpevolmente ignorato da un'italietta scemetta che come al solito preferisce finanziare le cazzate natalizie. Un film di pietra durissima fatto da ragazzi, con i ragazzi, e per i ragazzi di un luogo ai confini del surreale visti fra le mura delle loro famiglie cui sono incatenati in un intreccio di violenza, coraggio dovuto e mancato, bestialità vissuta e pagata con l'intera vita, colpevolezza e innocenza.
Ogni sequenza è una frustata in cui il regista non giudica ma coglie e ti fa cogliere, in cui l'unico bagno caldo che ci è concesso è negli occhi dell'amicizia e nelle pietose parole di verità sussurrate della monaca. Imperdibile: meno poetico forse di Pasolini e sicuramente meno politico, sulla scia meno retorica ma più cruda ancora del Marco Risi di Ragazzi Fuori.
I ragazzi, che ho letto non aver percepito compensi per la mancanza di sponsor, devono essere ancora là, in quelle strade, a quelle finestre. Vergognamoci, cari produttori di culi e tette: questo film è una fotografia d'arte.
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enoc
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mercoledì 20 aprile 2005
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il più bel film italiano del 2003
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Vibrante e sorvegliata opera prima di Francesco Patierno, "Pater Familias" segnala la presenza - insieme al bellissimo "L'imbalsamatore" di Matteo Garrone - di un cinema italiano ancora in grado di giustificare la propria esistenza. Muovendo da una solida e limata sceneggiatura scritta a quattro mani con Massimo Cacciapuoti (autore del romanzo omonimo), Patierno elabora un universo figurativo energicamente teso alla trasfigurazione della realtà. Lo stile visivo è sì nervoso, spezzato, paratattico, incline ai passaggi fulminanti e agli abbandoni improvvisi, ma anche capace di distendersi in pause di pensosità dolorosa, dilatarsi in ralenti reiterati e mai gratuiti (o peggio estetizzanti). Fino a cristallizzarsi in freeze frame di lacerante e sospesa (auto)riflessività.
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Vibrante e sorvegliata opera prima di Francesco Patierno, "Pater Familias" segnala la presenza - insieme al bellissimo "L'imbalsamatore" di Matteo Garrone - di un cinema italiano ancora in grado di giustificare la propria esistenza. Muovendo da una solida e limata sceneggiatura scritta a quattro mani con Massimo Cacciapuoti (autore del romanzo omonimo), Patierno elabora un universo figurativo energicamente teso alla trasfigurazione della realtà. Lo stile visivo è sì nervoso, spezzato, paratattico, incline ai passaggi fulminanti e agli abbandoni improvvisi, ma anche capace di distendersi in pause di pensosità dolorosa, dilatarsi in ralenti reiterati e mai gratuiti (o peggio estetizzanti). Fino a cristallizzarsi in freeze frame di lacerante e sospesa (auto)riflessività. Una scrittura filmica secca e tormentata, asciutta e trattenuta, solcata da scatti brucianti e aspre sottrazioni. Nel continuo tentativo di scovare, al di là del visibile concreto, l'identità di trasfigurazione e autenticità estetica. Secondo chi scrive, il più bel film italiano del 2003. Senza ombra di dubbio.
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gianleo67
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sabato 1 giugno 2013
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mistica alla scorsese dalle parti di casoria
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Matteo ritorna nel suo paese della cintura di Napoli con un permesso dal carcere per una visita al padre morente e soprattutto per riscattare la vita di Rosa, sua innamorata e moglie infelice di un uomo violento, e con essa la sua stessa esistenza tra il ricordo dei tanti amici scomparsi in tragiche circostanze e l'espiazione di una colpa che grava sulla sua coscienza di ragazzo bruciato.
Dramma sociale dal taglio intimista, il racconto di Patierno è tratto da un soggetto di Massimo Cacciapuoti (da questo sceneggiato insiema al regista) che scandaglia con crudo realismo una realtà ed una ambiente avvinti dal degrado etico e culturale, in balia di una dimensione di irredimibile fatalismo, dove il riscatto e la redenzione passano attraverso una dolorosa rievocazione di un vissuto doloroso e le macerie esistenziali di un presente da cui ricominciare una faticosa ricostruzione di sè.
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Matteo ritorna nel suo paese della cintura di Napoli con un permesso dal carcere per una visita al padre morente e soprattutto per riscattare la vita di Rosa, sua innamorata e moglie infelice di un uomo violento, e con essa la sua stessa esistenza tra il ricordo dei tanti amici scomparsi in tragiche circostanze e l'espiazione di una colpa che grava sulla sua coscienza di ragazzo bruciato.
Dramma sociale dal taglio intimista, il racconto di Patierno è tratto da un soggetto di Massimo Cacciapuoti (da questo sceneggiato insiema al regista) che scandaglia con crudo realismo una realtà ed una ambiente avvinti dal degrado etico e culturale, in balia di una dimensione di irredimibile fatalismo, dove il riscatto e la redenzione passano attraverso una dolorosa rievocazione di un vissuto doloroso e le macerie esistenziali di un presente da cui ricominciare una faticosa ricostruzione di sè. Forse proprio questa pesantezza letteraria ed emotiva sembrano gravare su di un film che pare schiacciato sotto il peso di un'ambizione più grande delle sue reali possibilità, pur rivelando la buona volontà di una messa in scena che assecondi tanto un registro di aspro realismo nella ricostruzione d'ambiente quanto ricerchi all'interno della coscienza frammentata del protagonista una chiave di lettura che restituisca un senso alla deriva umana e materiale di esistenze senza scopo, tra l'insostenibile degrado etico di realtà familiari difficili e la rabbia violenta di una gioventù balorda e senza ideali.
Dire che Patierno non abbia il senso di una coerente elaborazione cinematografica del soggetto trattato sarebbe oltemodo ingeneroso, tuttavia risulta manifesto uno scollamento tra il rigore della cifra estetica con cui viene rappresentata una realtà di degrado sociale e umano come quella della cintura partenopea e la verosimiglinza di caratteri e situazioni sempre al di là di una credibile misura della dimensione antropologica.
Ne riesce un film articolato dove alla complessità della struttura ellittica (la costante diagenesi di una interpolazione cronologica tra presente e passato), il naturalismo di un linguaggio documentaristico (obiettivo fuori fuoco, fuori quadro, camera mobilissima), la fotografia sovraesposta e sporca di una visione in presa diretta, si contrappone l'esilita' pretestuosa di una drammaturgia d'accatto, una inverosimile dialettica della violenza (l'orrida galleria di uno squallore suburbano esasperato e promiscuo) e gli accenti pretenziosi di una tragedia greca che si risolve nel ridicolo involontario di azioni sconclusionate (vandali balordi che finiscono impalati, stupri incestuosi, suicidi inspiegabili, esecuzioni e accoltellamenti assortiti) ma sprattutto le ragioni misteriose e inspiegate di una drammatica storia d'amore quale futile pretesto di un riscatto etico ed umano (lui bello e mite figlio di buona famiglia, lei bruttina e irrequieta ragazza madre) attraverso le ragioni salvifiche di una poetica confessionale, tra preti di strada votati alla trincea di un insostenibile degrado sociale e madri superiore animate da un impagabile spirito caritatevole.Il sud che ci viene presentato è la teatraleggiante esibizione di una mistica alla Scorsese dalle parti di Casoria. Imbarazzante.
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