Pater familias |
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Un film di Francesco Patierno.
Con Domenico Balsamo, Ernesto Mahieux, Marina Suma, Maria Pia Calzone.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 90 min.
- Italia 2003.
MYMONETRO
Pater familias
valutazione media:
3,11
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Mistica alla Scorsese dalle parti di Casoriadi gianleo67Feedback: 61377 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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sabato 1 giugno 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Matteo ritorna nel suo paese della cintura di Napoli con un permesso dal carcere per una visita al padre morente e soprattutto per riscattare la vita di Rosa, sua innamorata e moglie infelice di un uomo violento, e con essa la sua stessa esistenza tra il ricordo dei tanti amici scomparsi in tragiche circostanze e l'espiazione di una colpa che grava sulla sua coscienza di ragazzo bruciato. Dramma sociale dal taglio intimista, il racconto di Patierno è tratto da un soggetto di Massimo Cacciapuoti (da questo sceneggiato insiema al regista) che scandaglia con crudo realismo una realtà ed una ambiente avvinti dal degrado etico e culturale, in balia di una dimensione di irredimibile fatalismo, dove il riscatto e la redenzione passano attraverso una dolorosa rievocazione di un vissuto doloroso e le macerie esistenziali di un presente da cui ricominciare una faticosa ricostruzione di sè. Forse proprio questa pesantezza letteraria ed emotiva sembrano gravare su di un film che pare schiacciato sotto il peso di un'ambizione più grande delle sue reali possibilità, pur rivelando la buona volontà di una messa in scena che assecondi tanto un registro di aspro realismo nella ricostruzione d'ambiente quanto ricerchi all'interno della coscienza frammentata del protagonista una chiave di lettura che restituisca un senso alla deriva umana e materiale di esistenze senza scopo, tra l'insostenibile degrado etico di realtà familiari difficili e la rabbia violenta di una gioventù balorda e senza ideali. Dire che Patierno non abbia il senso di una coerente elaborazione cinematografica del soggetto trattato sarebbe oltemodo ingeneroso, tuttavia risulta manifesto uno scollamento tra il rigore della cifra estetica con cui viene rappresentata una realtà di degrado sociale e umano come quella della cintura partenopea e la verosimiglinza di caratteri e situazioni sempre al di là di una credibile misura della dimensione antropologica. Ne riesce un film articolato dove alla complessità della struttura ellittica (la costante diagenesi di una interpolazione cronologica tra presente e passato), il naturalismo di un linguaggio documentaristico (obiettivo fuori fuoco, fuori quadro, camera mobilissima), la fotografia sovraesposta e sporca di una visione in presa diretta, si contrappone l'esilita' pretestuosa di una drammaturgia d'accatto, una inverosimile dialettica della violenza (l'orrida galleria di uno squallore suburbano esasperato e promiscuo) e gli accenti pretenziosi di una tragedia greca che si risolve nel ridicolo involontario di azioni sconclusionate (vandali balordi che finiscono impalati, stupri incestuosi, suicidi inspiegabili, esecuzioni e accoltellamenti assortiti) ma sprattutto le ragioni misteriose e inspiegate di una drammatica storia d'amore quale futile pretesto di un riscatto etico ed umano (lui bello e mite figlio di buona famiglia, lei bruttina e irrequieta ragazza madre) attraverso le ragioni salvifiche di una poetica confessionale, tra preti di strada votati alla trincea di un insostenibile degrado sociale e madri superiore animate da un impagabile spirito caritatevole.Il sud che ci viene presentato è la teatraleggiante esibizione di una mistica alla Scorsese dalle parti di Casoria. Imbarazzante.
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