Alice è una bambina che immagina di lanciare sassi sulla riva di un fiume ma che, in realtà, vive in vecchio condominio circondata da bambole decrepite, cianfrusaglie scrostate ed animali imbalsamati. Quando un coniglio impagliato, all'improvviso, si anima fuggendo dalla teca di vetro nella quale era rinchiuso, Alice lo insegue a perdifiato, non esitando ad infilarsi all'interno del cassetto di una scrivania pur di raggiungerlo. Comincia così quest'opera monumentale del maestro Jan Svankmajer, forse l'ultimo vero surrealista ancora vivente in Europa, purtroppo ancora troppo poco conosciuto dal grande pubblico.
"Qualcosa di Alice", girato nel 1987, a pochi anni dalla Rivoluzione di Velluto cecoslovacca, oltre ad essere la summa dell'animazione in stop motion (o "a passo uno") che ha caraterizzato l'infanzia di molti bambini sovietici (e non solo), è sopratutto una escursione psiconalitica nelle fiabe di Lewis Carrol e nell'inconscio di ognuno di noi.
Svankmajer ammette, a cominciare dal titolo, che il suo film possiede solo "qualcosa" dell'Alice originale; eppure gli amanti dell'Alice libresca (ben diversa da quella disneyana o, più recentemente, burtoniana) non potranno non apprezzare questa rivisitazione macabra della favola inglese: il Bianconiglio è un simulacro impagliato costantemente intento ad ingoiare segatura per non afflosciarsi al suolo, il Bruco è un calzino rammendato dotato di protesi oculari ed una inquietante dentiera, per non parlare di un Cappelaio Matto ridotto ad una sverniciata marionetta e ad un Leprotto Marzolino, paraplegico, costretto su una orribile sedia a rotelle.
Gli altri animali, d'altronde, sono a loro volta ben poco rassicuranti: scheletri di uccelli, rettili mummificati o pesci essiccati vestiti come damerini ottocenteschi, un trionfo di corpi morti che grazie alla magia del cinema si animano, più vitali che mai.
E la protagonista? Alice, nel pieno rispetto della favola carrolliana, è interpretata da una vera bambina di sette anni, totalmente inespressiva, che solo raramente tradisce qualche emozione. E' capace di affrontare efficacemente le minacce del luogo con gelida freddezza e non si spaventa se da una scatola di sardine appena aperta, fuoriescono orribili scarafaggi o se oggetti familiari, come le uova conservate in un armadio, si schiudono e vomitano all'esterno pulcini già scheletriti.
Alice ci rivolgerà la parola sempre attraverso un primo piano della sua bocca e, nel farlo, ci descriverà non solo l'azione ma anche il pensiero e i dialoghi di tutti i protagonisti. Lo spettatore viene, quindi, sopraffatto da questa fantasmagoria di immagini, di suoni e di contraddizioni che gli infonderanno quel senso di assurdo "spiazzamento" tanto caro ad artisti quali Magritte o Max Ernst.
In sintesi se, nel guardare questo film, sarete capace di abbandonarvi un pò alla fantasia, sarete riportati indietro nel tempo, colti da una sorta di ipnosi regressiva grazie alla quale potrete rivivere i mondi terribilmente fantastici e le paure meravigliose della vostra infanzia. Quando dopo il bacio della buonanotte, eravate felici nell'immaginare il vostro letto come una zattera in mezzo al mare. Quando, con occhio inquieto, controllavate che ai vostri giocattoli non fosse venuto in mente di spostarsi durante la notte.
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