Il matrimonio di Maria Braun |
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Un film di Rainer Werner Fassbinder.
Con Günter Lamprecht, Ivan Desny, Hanna Schygulla, Gisela Uhlen, Gottfried John.
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Titolo originale Die Ehe der Maria Braun.
Drammatico,
durata 120 min.
- Germania 1978.
MYMONETRO
Il matrimonio di Maria Braun
valutazione media:
4,17
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Maria Braun novella Pentesileadi carloalbertoFeedback: 51015 | altri commenti e recensioni di carloalberto |
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venerdì 17 luglio 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Maria Braun, metafora del Cinema tedesco e novella Pentesilea, l’Amazzone di Heinrich von Kleist, che sbrana e divora l’amato Achille, coniugati in una ardita operazione artistica, che, mediante una doppia rappresentazione simbolica e con stile neorealistico, contaminato da incursioni espressioniste, esprime, al contempo, cerebrali analisi marxiste sul rapporto tra settima arte e potere nella società nel secondo dopoguerra in Germania e poetiche neoromantiche sul dramma umano, ispirate alla mitologia classica, dell’amore passionale che travolge ogni cosa, fino all’annientamento di sé stesso e di ciò che ama, come in Querelle de Brest canterà Jeanne Moreau con Each man kills the things he love, tratta da “La ballata del carcere di Reading” di Oscar Wilde. Il Cinema in Germania è stato sposo dell’Arte soltanto per due giorni, metafora temporale del ventennio della Repubblica di Weimar, quando all’opera v’erano registi come Wilhelm Murnau e Fritz Lang, poi, era caduto nelle mani, prima, del potere nazista ed usato come macchina di propaganda o di distrazione delle masse, e, dopo il conflitto, del nuovo potere americanizzato, al servizio del capitale in funzione commerciale ed edonistica. Non a caso Maria Braun, interpretata da Hanna Schygulla, utilizza spesso, nel suo lavoro di ancella e consigliera dell’imprenditore gentile, una macchina da calcolo ed ha un rapporto di amore ed odio con il contabile della ditta del suo amante-benefattore. Cinema e Potere rappresentati in un rapporto di reciproca seduzione, amanti senza amore, perché il primo, Maria Braun, pur prostituendosi, proclama retoricamente la propria fedeltà ad un ideale di purezza artistica, il marito, dato per morto in guerra, per disperso in Russia, poi imprigionato in Patria, infine emigrato all’estero, mai presente e libero, se non nell’ultima scena, quando, abulico ed assente, prende atto della trasformazione irreversibile della più giovane delle sue muse. In un cammeo compare Fassbinder nei panni di un venditore della borsa nera di Berlino che procura alla protagonista un vestito elegante, che le servirà per attrarre gli americani in un dancing-bordello, ma le offre anche una preziosa edizione di un libro di von Kleist. Il cinema rifiuta la cultura e prende il vestito, simbolo degli strumenti di seduzione utilizzati per conquistare il pubblico e mercificare sé stesso in modo più efficace al solo fine di fare più soldi. Quando il cinema ritroverà la grande ispirazione artistica, che aveva creduta morta con la guerra, nel Nuovo Cinema Tedesco del manifesto di Oberhausen, scoprirà con orrore che il capitalismo ha comprato tutto anche l’Arte e l’ha messa, inconsapevole, al suo servizio, e allora l’unica scelta possibile in un mondo di folli e di contabili, in cui predomina la ratio divenuta oramai pura attività del calcolare, sarà lasciarsi travolgere dalla passione, dall’irrazionalità bestiale di Pentesilea e farsi esplodere, dilaniandosi come corpo sbranato, con l’amato sposo. Come nell’opera successiva del 1982, Veronika Voss il regista sembra preannunciare al mondo la terribile conclusione cui era giunto e cioè che l’Arte e l’Artista per riscattarsi e sottrarsi alla mercificazione imperante hanno un’unica possibilità. In un’intervista, alla domanda “a quale personaggio si ispira e perché?” Fassbinder rispose “a Heinrich von Kleist perché è riuscito a trovare qualcuno che volesse morire con lui”.
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