Anno | 2012 |
Genere | Documentario |
Produzione | Francia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Thierry Donard |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 12 febbraio 2014
Un documentario dedicato all'affascinante mondo dei "freerider" capaci di affrontare i pericoli della natura selvaggia, andando oltre i propri limiti umani tutti i giorni.
CONSIGLIATO SÌ
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Un gruppo estremamente eterogeneo di freerider si racconta, oscillando tra la filosofia dietro la loro attività e la maniera in cui fanno quel che fanno, sempre intervallati dalle riprese degli sport estremi in cui si misurano.
È un ibrido tra il documentario naturalistico nella tradizione magniloquente del National Geographic (immagini dai colori molto saturi, videocamere montate sugli attrezzi per riprese poco convenzionali e grandissimo splendore fotografico) e la ripresa degli eventi live Pushing the limits, in cui ad interviste a diversi freerider si affiancano le loro imprese, sempre incastonate nello scenario naturalistico in cui hanno luogo.
Neve, acqua, boschi ecc. ecc. il pianeta è ampiamente rappresentato nella sua varietà mentre gli uomini lo attraversano alla ricerca della maggiore libertà possibile. Dallo sci estremo ai tentativi di volo in planata con le tute alari, tutto ciò che viene raccontato e mostrato in Pushing the limits è un inno al liberarsi degli schemi e delle maniere che conosciamo di relazionarci e vivere il mondo.
Si tratta di sport estremi praticati da veri atleti, tuttavia il documentario di Thierry Donard vuole inserire questa pratica nella filosofia da cui nasce, collegare l'esercizio di questo tipo di attività non competitive con le sensazioni che procura e le ambizioni a cui corrisponde. Se l'alpinismo della prima parte del novecento era una maniera di sfidare la natura per conoscerla tutta, raggiungere le vette estreme teoricamente fuori dalla portata dell'uomo come maniera per dominare il pianeta, il freeride, nelle parole degli atleti è il contrario, una disciplina fatta di diverse pratiche legate dall'essere modi altamente rischiosi di battere percorsi non convenzionali. L'ideale dunque non è più quello di dimostrare che l'uomo può conoscere tutto il pianeta e conquistarne anche i luoghi meno accessibili, ma cercare una maniera differente di viverlo.
Il volo, la discesa e le emozioni forti del confronto con l'acqua e la terra sono condotte in maniere che sempre meno appartengono all'uomo ma sembrano mutuate da altri animali. In questo senso sembra molto coerente la scelta di riprendere i freerider come soggetti di un documentario naturalistico.