Guest

Nel settembre 2007, il cineasta spagnolo José Luis Guerín presenta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia il film En la ciudad de Sylvia. Da lì, la pellicola e il suo regista attraversano per un intero anno numerosi festival sparsi in tutti i continenti, passando da Parigi a Bogotà, da New York a San Paolo, da Cuba a Macao, dall'Ecuador e dal Perù fino a Gerusalemme. Il diario di viaggio di Guerín si conclude proprio al Lido di Venezia a un anno distanza dalla presentazione del film, quando il regista partecipa come giurato alla Mostra assieme alla cineasta Chantal Akerman.
Tre anni dopo aver presenziato alla Biennale di Venezia in qualità sia di cineasta che di artista visuale con una doppia opera sul tema dello sguardo e della dispersione della città, José Luis Guerín aggiunge un altro frammento per completare il suo girovagare intorno a Sylvia. Grazie a una minicamera digitale, riprende tutto il suo tour di festival in festival e, di volta in volta, dimostra di essere interessato sempre meno alle presentazioni mondane e sempre più al fermento delle piazze e delle strade di tutte le città che attraversa. Difatti, come il protagonista dell'opera che sta mostrando per il mondo, il regista spagnolo si accompagna a un quaderno di appunti su cui annota molti dei volti e degli sguardi che incrocia. E non è un caso che il quaderno cominci a riempirsi di inchiostro solo quando il cineasta passa dal lusso dei tappeti rossi all'ombra dei monumenti delle piazze di tutto il mondo.
Con la luna accecata di Méliès come icona di accompagnamento, Guerìn viaggia all'inverso, in cerca dei lunatici della Terra: saltimbanchi, artisti barboni, ubriachi e predicatori che popolano le varie città del mondo. Dalle diatribe amichevoli sulla figura su Simon Bolivar alle manifestazioni di piazza dei sans-papiers, dalle idee sul regime cubano alla questione israelo-palestinese, è nelle strade e nei vicoli che si trova il miglior ritratto di una popolazione. Se l'ossessione di Sylvia era quella di mappare la città di Strasburgo nella ricerca di sguardi femminili, il percorso di Guest è invece quello di tracciare una mappa socio-politica del mondo intero. La cartografia di Guerín diventa così un tracciato di polemiche e di lotte politiche, di desideri e disillusioni, all'interno del quale una definizione univoca di cinema non aiuta affatto a orientarsi.
I numi tutelari di Jonas Mekas e Chantal Akerman servono a ribadire questa idea-comandamento dell'avanguardia sperimentale: fra la finzione e il documentario i confini sono meno nitidi di un vetro sotto una pioggia battente. 