
Anno | 2025 |
Genere | Azione |
Produzione | Italia |
Regia di | Michele Alhaique |
Attori | Marco Giallini, Adriano Giannini, Valentina Bellè, Cristian Di Sante, Julia Messina Francesco Buttironi, Aiman Machhour, Pierluigi Gigante, Fabrizio Nardi (II), Flavia Leone, Giorgia Morizzo. |
Tag | Da vedere 2025 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 31 gennaio 2025
CONSIGLIATO SÌ
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In Val di Susa, durante una protesta contro il progetto No Tav, un violento scontro lascia gravemente ferito Pietro Fura (Fabrizio Nardi), il comandante della squadra del Reparto Mobile di Roma. La reazione della squadra è immediata e brutale, con un'azione di forza che finirà sotto indagine. Tra le conseguenze, anche l'arrivo del nuovo comandante Michele Nobili (Adriano Giannini), noto per il suo approccio più moderato, il quale creerà tensioni all'interno del gruppo. Tra i membri della Celere, spiccano Mazinga (Marco Giallini), disilluso veterano della squadra, e feroce difensore del cameratismo, Marta (Valentina Bellè), madre single che cerca di bilanciare il suo ruolo di poliziotta con quello di genitore, e Salvatore (Pierluigi Gigante), un ex militare ancora segnato dal suo passato.
Cattleya è decisamente una delle case di produzione italiane più all'avanguardia, capace di valorizzare cast tecnico e artistico nelle sue più recenti produzioni. La supervisione, poi, di Stefano Sollima è decisiva in questo prodotto: già autore del film ACAB - All Cops Are Bastards nel 2012, di cui la serie è uno spin-off, Sollima diede inizio con esso a una trilogia focalizzata sulla Roma capitale.
Trilogia fondamentale per comprendere
l'evoluzione del cinema italiano nel nuovo millennio, ACAB fu seguito da Suburra (2015) e
Adagio (2023). Non è la prima volta che un prodotto di Sollima si estende alla serialità,
come sappiamo: già Suburra vide estendere la sua narrazione con Suburra - La serie nel
2017 - prima serie originale italiana distribuita da Netflix - che dopo tre stagioni fu
"premiata", nel 2023, anche con la produzione di una serie spin-off, Suburræterna. Minimo
comun denominatore di quello che, a tutti gli effetti e non del tutto consciamente, sta
diventando un vero e proprio universo narrativo, è il fondamentale lavoro di cronaca di
Carlo Bonini, autore dei testi da cui ACAB e Suburra sono adattati, e ovviamente
l'intuizione e lo stile di Sollima che ben si adattano e sanno leggere la realtà romana.
La regia di ACAB - La serie è affidata a Michele Alhaique (Romulus, Bang Bang Baby),
capace qui di fondere dinamismo e introspezione. La sceneggiatura di Filippo Gravino,
Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini, coniuga molto bene l'azione con gli
elementi di riflessione sociale. Da notare quindi questa capacità generale di alternare
sequenze d'azione molto forti e violente, che raccontano dal centro dell'azione stessa
alcuni degli episodi più attenzionati dall'opinione pubblica, quali gli scontri tra forze
dell'ordine e manifestanti, a momenti di quiete che non lasciano però mai spazio a
sensazioni di tranquillità.
La tensione è palpabile anche nei momenti di maggior
introspezione, tanto nelle scene di sesso quanto nei rapporti intrafamiliari. Tutto amplifica
piacevolmente l'impatto emotivo, che viene sottolineato da una fotografia cupa, in cui
prevalgono toni freddi e oppressivi.
Una serie molto realistica nel mettere in scena l'azione della squadra di celerini, dove,
però, tutto viene "sporcato" per raccontare qualcosa che striscia dal di dentro; troviamo
un'estetica volutamente difettosa, anche nei dialoghi o nell'uso di un dialetto romano
centellinato, quasi irreale, paradossalmente, che rende talvolta incomprensibili i discorsi -
non perché mal pronunciati, ma perché fatti a mezza bocca, come se ogni personaggio
dovesse nascondere qualcosa, un segreto celato dietro le uniformi e il proprio status.
Regia e fotografia intendono evidentemente amplificare lo scontro tra forze dell'ordine e
piazza, e, parallelamente, quello tra una violenza supportata dal cameratismo e una
riflessione personale, intima e soggettiva, di ognuno dei personaggi. Ognuno, infatti,
seppur coinvolto umanamente in una squadra fondamentalmente unita e "quadrata",
risulta estremamente solo o sola, tutti alienati nella propria e inesprimibile individualità.
Marco Giallini torna nel ruolo iconico di Mazinga: magnetico, duro e vulnerabile, sporco e
intellettuale nel suo estremismo pratico; Adriano Giannini, nel ruolo del nuovo comandante
Michele Nobili, porta nel racconto una complessità capace di bilanciare il machismo
dominante, e la sua evoluzione narrativa è la vera chiave di lettura di tutti i sei episodi
della serie, che raccontano cosa agisce e si insinua in un contesto caratterizzato dal
virilismo estremo, dalla cecità d'azione, e dalla preponderanza del maschile. Un contesto
in cui la presenza femminile avrebbe fatto fatica a emergere, se non fosse per un
personaggio molto ben costruito, quello di Marta (Valentina Bellè) che aggiunge una
dimensione inedita rispetto al film di derivazione e che permette alla narrazione di
esplorare le contraddizioni di una madre che cerca di conciliare il suo lavoro violento con il
desiderio di proteggere sua figlia.
Ognuno di questi personaggi diventa, così, il granello di un terreno in cui striscia, come
dicevamo, un verme molto subdolo: quello del populismo, della cecità emotiva, e della
violenza interiorizzata che non fa prigionieri, ma si insinua silenziosamente nelle pieghe
della società. Un'amara contaminazione che, sembra raccontarci la serie, connota una
romanità sempre più soggetta a derive autoritarie - lettura, forse, del contemporaneo - e
dove l'umanità si perde sotto il peso di ideologie che alimentano divisioni, disillusione e
sopraffazione.