La macchia umana

Franco Montini

C’era una volta il western: oggi c’è l’eastern. Il cinema americano guarda a Oriente. Dimenticati i cowboys e le colt, vanno di moda i samurai e le katane. Cambiano gli scenari, con l’ombra dei Fujiama al posto dei Grand Canyon, i combattimenti all’arma bianca invece delle sparatorie, ma emozioni ed avventure sono molto simili, come l’ambientazione temporale, sempre la stessa: il XIX secolo.
L’esempio più emblematico di questo filone è The Last Samurai, prodotto, oltre che interpretato, da Tom Cruise. Il divo americano vi recita il ruolo dei capitano Nathan Algreen che, reduce dalla guerra civile e dalle sanguinose battaglie contro i pellerossa, nel 1876 si trasferisce in Giappone, chiamato dal giovane imperatore Mutsuhito ad addestrare il nuovo esercito nipponico. Il grande paese asiatico è impegnato in un difficile processo di trasformazione, che punta verso l’industrializzazione e la modernizzazione.
Un gruppo di samurai ribelli, fedeli alle tradizioni, si oppone ai progetti dell’imperatore e cerca di contrastarli. Il capitano Algreen è chiamato a combatterli. Ferito durante uno scontro, l’ufficiale americano è salvato dai suoi nemici e costretto, in attesa che le nevi si sciolgano, a trascorrere con i samurai un lungo inverno. Così Algreen scopre la cultura di questa casta, formata da coraggiosi guerrieri che sono anche poeti, filosofi ed artisti. Soggiogato dal codice dell’onore dei samurai, pronti a morire, pur di rispettare la parola data, Algreen vacilla: alla ripresa dei combattimenti deve decidere da che parte stare.
Sette mesi di riprese, con la lavorazione svoltasi prevalentemente in Nuova Zelanda, un budget da 100 milioni di dollari:
L’ultimo samurai, affidato alla regia di Edvvard Zvvick, che aveva già mostrato di sapere raccontare bene la guerra con il film Glory, si annuncia come un kolossal epico e spettacolare, intriso di eroismo (“In Giappone ci sono 27 differenti parole per dire guerra e nessuna per dire resa”) e molte scene belliche, cariche di cavalleria e duelli, ma anche di riflessioni. Per Hollywood, infatti, questo è il più approfondito tentativo di comprendere la filosofia di vita dei samurai.
Da Il Venerdì di Repubblica, 5 dicembre 2003


di Franco Montini, 5 dicembre 2003