Angel Heart - Ascensore per l'inferno |
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Un film di Alan Parker.
Con Mickey Rourke, Charlotte Rampling, Robert De Niro, Pruitt Taylor Vince.
continua»
Titolo originale Angel Heart.
Drammatico,
durata 113 min.
- USA 1987.
- VM 14 -
MYMONETRO
Angel Heart - Ascensore per l'inferno
valutazione media:
3,90
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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UN FILM CHE RUBA L'ANIMAdi molinari marcoFeedback: 2225 | altri commenti e recensioni di molinari marco |
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lunedì 18 luglio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se vi cimenterete con questo film, in seguito sarete costretti probabilmente a salutare l’iconografia tradizionale che tanti racconti e illustrazioni da sempre vi hanno fornito riguardo alla natura del diavolo. Quella, per intenderci, fatta di forcone, zampe caprine, corna enormi che spuntano dal capo, il tutto avvolto in un’atmosfera zolfigna dominata da fiamme indomabili. Dopo aver visto questa memorabile opera, infatti, il vostro immaginario non potrà fare a meno di richiamare l’effige di Sua Maestà Robert De Niro, al fine di poter dare un volto al signore degli inferi. E il tutto accade grazie a dei semplicissimi tocchi:delle unghie affilatissime, un bastone sempre a portata di mano a suggerire il suo proverbiale andamento zoppo (anche se a dire il vero qui non cammina mai) ed una barba e dei capelli lunghi che serviranno a conferirgli nel finale il giusto aspetto inquietante, nel momento in cui il grande attore è costretto a buttare giù la sua maschera, sfoderando contemporaneamente uno sguardo talmente terrificante che per un attimo ci fa credere di ritrovarci a fare i conti con un film horror. Che abbiamo a che fare col diavolo in persona, tuttavia, non è di certo un segreto o il punto più sorprendente del film, dal momento che già dalla sua prima entrate in scena il personaggio interpretato da De Niro si presenta col nome non di certo enigmatico di Louis Cypher. Il magnifico colpo di scena finale, in effetti, cade alla stregua di un pesante macigno tutto sulle spalle del vero protagonista della pellicola, vale a dire Mickey Rourke, facendolo precipitare dritto all’inferno suggerito dal titolo italiano senza bisogno di alcun ascensore. Pur essendo costretto dalla esigenze della sceneggiatura a cimentarsi in una caratterizzazione del personaggio che, per quasi tutta la durata del film, non ha niente a che vedere con lo spessore psicologico che viene richiesto ai detective del genere noir (a parte una fobia per le galline che solo alla fine capiremo da dove nasce), attraverso la sua splendida interpretazione Rourke riesce ugualmente, grazie a dei piccoli gesti e alla faccia da canaglia che si ritrova, ad entrare in empatia con lo spettatore. E così facendo la sua finale perdita di identità diventa ancora più traumatica, creando per alcuni intensissimi istanti uno smarrimento quasi totale nello spettatore. E la magia, non quella nera della trama in questo caso bensì cinematografica, è possibile grazie al fatto che l’attore è chiamato a rivestire il ruolo che da sempre gli è più congeniale, vale a dire quello del bello e dannato (in questo film da prendersi nel vero senso della parola). Perfetta anche l’ambientazione che fa da sfondo a gran parte della narrazione: la Louisiana. Vale a dire, lo Stato passato agli annali della storia americana oltre che per essere stata la culla della musica jazz, anche per la magia nera e i rituali voodoo ad essa collegati. Tutti elementi, questi, ampiamente sfruttati da Parker che così regala al nostro sguardo un’America contadina e rurale ben lontana da quella delle metropoli dell’american dream, e nella quale prende vita un indimenticabile noir in cui il colore che sembra dominare è proprio il rosso sangue che sembra sgorgare da ogni angolo (indimenticabile, in tale direzione, la scena dell’accoppiamento tra il protagonista e la sensuale Lisa Bonet). Un film che è in grado di rubare l’anima nel giro di una sequenza. Da vedere assolutamente (o da evitare se si è facilmente impressionabili.
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