Caterina va in città |
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Un film di Paolo Virzì.
Con Sergio Castellitto, Alice Teghil, Margherita Buy, Claudio Amendola, Antonio Carnevale, Paola Tiziana Cruciani.
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Commedia drammatica,
Ratings: Kids+13,
durata 90 min.
- Italia 2003.
- 01 Distribution
uscita venerdì 24 ottobre 2003.
MYMONETRO
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Caterina va alle urne
di molinari marcoFeedback: 2225 | altri commenti e recensioni di molinari marco |
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venerdì 29 luglio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Terzo capitolo virziniano dei film ascrivibili alla corrente letteraria del romanzo di formazione. Dopo l’eccezionale Ovosodo e l’irriverente My name is Tanino, in questo film Virzì sceglie di affidarsi a degli attori di gran talento per alcuni dei personaggi principali, pur non rinunciando ad un’esordiente per il ruolo della protagonista. E i risultati si vedono. Basti pensare al grande Castellitto che, nei panni del padre della ragazzina del titolo, riesce a dar vita ad uno dei personaggi più complessi e riusciti dell’intera filmografia virziniana. Lo schema di fondo è quello de La dolce vita di Fellini, con il provinciale che si trasferisce nella capitale e che venendo in contatto con i vizi che circolano per le sue strade entra in crisi d’identità (il capolavoro del maestro romagnolo nella sua prima stesura si chiamava proprio Montaldo va in città). Ma a differenza di Marcello, la giovanissima Caterina, interpretata da una tenerissima Alice Teghil che porta con sé un candore in grado di far innamorare lo spettatore sin dal primo fotogramma che le viene concesso, non rinnega l’aiuto offertole dal suo personale angelo custode (in questo film nelle vesti di uno scapigliato teenager proveniente da un altro mondo) e così riuscirà a salvarsi dalla perdizione. Il finale di questo film, infatti, è forse il più positivo e il più lieto di tutti quelli di Virzì e fa piacere constatare come ciò avvenga proprio grazie allo zampino della musica, qui nelle vesti di ancora di salvataggio nel processo di crescita dell’adolescente. Dopo aver proposto, infatti, la cultura in Ovosodo, e la voglia di avventura e di girare il mondo in Tanino, Virzì in questo film fornisce alla sua protagonista proprio la musica come arma di difesa contro gli attacchi della società che vuole inghiottirla al suo interno. Superlativa la chiave di lettura metaforica del film, con Caterina che simboleggia l’elettorato medio della nostra Italia e che viene stordita dalle chiacchiere intellettuali del popolo di sinistra, fatte di girotondi e di stili di vita alternativi, e dalla giocosità sbarazzina e goliardica del popolo di destra, fatta di vestiti all’ultima moda e feste da rotocalco. Un’Italia che non è in grado di schierarsi da nessuna delle parti, data la grande confusione che le circola intorno e alla quale non viene concessa alcuna possibilità di inserimento visto che gli alti rappresentanti degli schieramenti politici (a differenza dei giovani) sono disposti a scendere a patti e a cordiali strette di mano, purché non venga sconquassato lo status quo in cui si trovano perfettamente a loro agio. E le conseguenze di tutto ciò sono tutt’altro che comiche. A risentirne maggiormente è la famiglia che si vede costretta a smembrarsi perché non è più in grado di educare i figli presenti al suo interno, visto che gli stessi genitori non sembrano poi così maturi. Tutti i genitori, in effetti, fanno una pessima figura. O sono deboli ed incapaci di instaurare un dialogo costruttivo con i propri figli, o sono del tutto assenti in quanto completamente assorbiti dalla loro carriera, delegando di conseguenza a qualcun altro il ruolo di educatore (si pensi allo schiaffo che l’autista dà alla figlia del ministro). Ed è inutile dire che quando è la famiglia a non funzionare, ad andare a rotoli è tutto il Paese. Il film andrebbe fatto vedere all’interno delle scuole sia per lo splendido linguaggio cinematografico utilizzato, sia perché è una concreta lezione di politica contemporanea.
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