diario notturno
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martedì 1 febbraio 2005
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caterina va...
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Giancarlo (Sergio Castellitto) è un insegnante frustrato. Ha una moglie che lo sopporta. La presunta brava mogliettina (Margherita Buy). Una figlia molto dolce e con gli occhi spalancati verso il mondo. Finalmente ottiene il trasferimento e crede di lasciarsi alle spalle le frustrazioni tornando con la propria famiglia in città: Roma. E' questa la cornice di una storia nuova. Una storia che presto comincerà a guadagnare in intensità. Caterina è il pretesto per raccontare tutto quanto c'è intorno. O forse quello che non c'è. Caterina va in un Liceo della Roma "bene". Giancarlo vuole che lei abbia compagni di banco "figli di persone importanti"... figli di sottosegretari... registi.. magistrati.
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Giancarlo (Sergio Castellitto) è un insegnante frustrato. Ha una moglie che lo sopporta. La presunta brava mogliettina (Margherita Buy). Una figlia molto dolce e con gli occhi spalancati verso il mondo. Finalmente ottiene il trasferimento e crede di lasciarsi alle spalle le frustrazioni tornando con la propria famiglia in città: Roma. E' questa la cornice di una storia nuova. Una storia che presto comincerà a guadagnare in intensità. Caterina è il pretesto per raccontare tutto quanto c'è intorno. O forse quello che non c'è. Caterina va in un Liceo della Roma "bene". Giancarlo vuole che lei abbia compagni di banco "figli di persone importanti"... figli di sottosegretari... registi.. magistrati... E' il suo metro di misura del valore dell'esistenza. Caterina è "normale" e per questo a scuola non viene riconosciuta né dal gruppo delle "parioline", né dal gruppo delle "alternative/noglobal". Se non hai etichette è un problema. Così Caterina viene tirata per la giacca, in un mondo e poi nell'altro. Ne viene fuori un tagliente e decadente ritratto della società attuale, evidentemente annegata nel proprio egoismo agli occhi del regista (Polo Virzì). Ci sono gli ex sessantottini incapaci di governare i propri figli, immersi egoisticamente nella propria "arte", seduti sulla poca libertà rimasta, certamente sul benessere. C'è la società borghese che vive di mondanità, dove ci sono gli inservienti anche alle feste dei quindicenni. C'è un sistema di valori, forse mai accettato ma certamente subito da Giancarlo. "Non siamo niente... ci considerano meno di niente... Non abbiamo diritto neanche alla dignità". Tutto con un centro di gravità: Caterina. La storia è un crescendo. Bravissimo Castellitto (che ho sempre con superficialità snobbato come attore). Forse un invito a scappare in campagna. O forse un invito a stare attenti a quale sistema di valori accettare.
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[+] edward
(di caterina)
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(di mati)
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brownb
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giovedì 13 aprile 2006
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provinciali in città
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Anche io come Caterina sono un provinciale,uno che è nato e vissuto in un piccolo paese dove i valori sono quello degli amici d'infanzia,della famiglia,del piacere nello stare coi parenti,della vita all'aria aperta.Sono valori diversi da quelli che spingono la "gente di città",diversi ma non necessariamente migliori.Questa differenza fa si che i punti di riferimento del provinciale siano profondamente diversi. Il punto di vista espresso nel film rende bene questo senso di smarrimento di chi si trova a passare da un sistema di valori ad un altro,la difficoltà di adeguarsi,e il dolore interiore provocato da scelte forzate. Alla fine però quello che conta è capire che se anche non si è capiti non significa che si sia necessariamente in errore: in effetti,una volta accettata la propria "particolarità" la vita dona opportunità vere, basta scegliere con il proprio cuore e osare con un pizzico di coraggio.
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Anche io come Caterina sono un provinciale,uno che è nato e vissuto in un piccolo paese dove i valori sono quello degli amici d'infanzia,della famiglia,del piacere nello stare coi parenti,della vita all'aria aperta.Sono valori diversi da quelli che spingono la "gente di città",diversi ma non necessariamente migliori.Questa differenza fa si che i punti di riferimento del provinciale siano profondamente diversi. Il punto di vista espresso nel film rende bene questo senso di smarrimento di chi si trova a passare da un sistema di valori ad un altro,la difficoltà di adeguarsi,e il dolore interiore provocato da scelte forzate. Alla fine però quello che conta è capire che se anche non si è capiti non significa che si sia necessariamente in errore: in effetti,una volta accettata la propria "particolarità" la vita dona opportunità vere, basta scegliere con il proprio cuore e osare con un pizzico di coraggio. Coraggio che chi riesce a scegliere di essere sé stesso matura nel momento di tale scelta.
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enrico
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martedì 21 agosto 2007
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omologazione e ingiustizia
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Fascisti e comunisti sono omologati dai tempi di Pasolini, probabilmente anche da prima. Tuttavia, penso sia un concetto che merita di essere continuamente ribadito, soprattutto perchè la società e la politica sono in continuo mutamento. Infatti, i fascisti (o sedicenti ex-fascisti) al tempo di Pasolini non erano a Palazzo Chigi e la loro influenza sulla vita politica del paese era occulta e "deviata". Oggi sono al potere, e devono fare i conti con il proprio passato, proprio come capita all'onorevole Germano (Amendola). Anche i comunisti ai tempi di Pasolini erano all'opposizione. Oggi, comunisti e sedicenti ex-comunisti sono al governo ma, contemporaneamnte, all'opposizione (sic!) e vivono contraddizioni che al tempo di Pasolini non esistevano.
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Fascisti e comunisti sono omologati dai tempi di Pasolini, probabilmente anche da prima. Tuttavia, penso sia un concetto che merita di essere continuamente ribadito, soprattutto perchè la società e la politica sono in continuo mutamento. Infatti, i fascisti (o sedicenti ex-fascisti) al tempo di Pasolini non erano a Palazzo Chigi e la loro influenza sulla vita politica del paese era occulta e "deviata". Oggi sono al potere, e devono fare i conti con il proprio passato, proprio come capita all'onorevole Germano (Amendola). Anche i comunisti ai tempi di Pasolini erano all'opposizione. Oggi, comunisti e sedicenti ex-comunisti sono al governo ma, contemporaneamnte, all'opposizione (sic!) e vivono contraddizioni che al tempo di Pasolini non esistevano. La contraddizioni più grande che la sinistra doveva affrontare negli anni Settanta era quella tra padri "stalinisti" e figli "sessantottini". Oggi, all'interno della sinistra post-comunista, c'è una diversa contrapposizione tra genitori e figli : quella tra i padri girotondini (i pochi sessantottini di un tempo che non sono passati con Berlusconi, ma che fanno il tifo per le scalate alle banche) e i propri figli no-global, "sfattoni", punkettari e/o anarchici, privi di qualsiasi ideale e omologati ai modelli anglo-americani più dei loro coetanei "pariolini". Il merito di Virzì è quello di descrivere queste novità del panorama politico-sociale italiano. E' ovvio che si imbatta in stereotipi e luoghi comuni, ma ha la capacità di rinnovarli attualizzandoli. Quanto ai personaggi, questi sono dipinti in modo magistrale dal regista, su tutti l'onorevole Germano (padre di Daniela, l'amica pariolina e viziata di Caterina) a metà strada tra Fini e Storace ma sposato con un clone di Veronica Lario, e la madre di Margherita (l'amica - sedicente anticonformista - di Caterina), scrittrice-girotondina nevrotica e disordinata, che sembra più reale delle vere intellettuali piccolo-borghesi di sinistra. Il merito di ciò va alla bravissima Galatea Ranzi, cui va la palma per la miglior interpretazione del film. Quando un'attrice lavora tanti anni con Ronconi, il risultato non può che essere questo.
Il rapporto tra provincia e città, invece, può essere tradotto nella differenza tra le élites di poetere e la gente comune, ovvero, tra le conventicole, denunciate dal padre di Caterina (un Castellitto volutamente sopra le righe), di cui fanno parte i genitori delle presunte amiche della protagonista e le famiglie escluse dal potere, come quella in cui è cresciuta Caterina. Famiglie di cui la maggior parte di noi fa parte e che sanno, come ricorda il padre della protagonista, di non poter contare neppure sulle proprie forze: ciò che conta sono le conoscenze.
Da ultimo, merita una menzione Alice Teghil, la giovane attrice non professionista che interpreta il ruolo di Caterina. La spontaneità, lo stupore e il disorientamento con cui affronta le difficoltà della vita in questo racconto di formazione sono veramente commoventi e danno la forza di andare avanti a chi sa che, nella propria esistenza, non può più contare neppure sulle proprie forze.
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raffaellolamarca_donrafla
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giovedì 30 agosto 2007
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caterina vive ...
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Gli occhi di una ragazzina di provincia assaggiano la capitale e il suo cuore e la sua personalità ne escono rinnovati e maturati. Ora lei saprà scegliere la sua vita e la sua linea. Ecco come minimizzerei questa commedia di Virzì ( non nuovo a questo genere) che ha dato spazio come pochi al conflitto che i ragazzi vivono al loro interno divisi tra sfarzo e cultura non sapendo scegliere. L'ottimo Castellito da professore isterico non sa più scegliere non sa più trovare una via per avere un pò di rispetto dal prossimo e perde anche le attenzioni della moglie.mi ha colpito molto la ragazzina Margherita Mazzola che ha interpretato il ruolo della giovane alternativa comunista avvolta da robe usate e una kefia amante della posia e alla ricerca della verità e della felicità
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molinari marco
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venerdì 29 luglio 2011
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caterina va alle urne
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Terzo capitolo virziniano dei film ascrivibili alla corrente letteraria del romanzo di formazione. Dopo l’eccezionale Ovosodo e l’irriverente My name is Tanino, in questo film Virzì sceglie di affidarsi a degli attori di gran talento per alcuni dei personaggi principali, pur non rinunciando ad un’esordiente per il ruolo della protagonista. E i risultati si vedono. Basti pensare al grande Castellitto che, nei panni del padre della ragazzina del titolo, riesce a dar vita ad uno dei personaggi più complessi e riusciti dell’intera filmografia virziniana. Lo schema di fondo è quello de La dolce vita di Fellini, con il provinciale che si trasferisce nella capitale e che venendo in contatto con i vizi che circolano per le sue strade entra in crisi d’identità (il capolavoro del maestro romagnolo nella sua prima stesura si chiamava proprio Montaldo va in città).
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Terzo capitolo virziniano dei film ascrivibili alla corrente letteraria del romanzo di formazione. Dopo l’eccezionale Ovosodo e l’irriverente My name is Tanino, in questo film Virzì sceglie di affidarsi a degli attori di gran talento per alcuni dei personaggi principali, pur non rinunciando ad un’esordiente per il ruolo della protagonista. E i risultati si vedono. Basti pensare al grande Castellitto che, nei panni del padre della ragazzina del titolo, riesce a dar vita ad uno dei personaggi più complessi e riusciti dell’intera filmografia virziniana. Lo schema di fondo è quello de La dolce vita di Fellini, con il provinciale che si trasferisce nella capitale e che venendo in contatto con i vizi che circolano per le sue strade entra in crisi d’identità (il capolavoro del maestro romagnolo nella sua prima stesura si chiamava proprio Montaldo va in città). Ma a differenza di Marcello, la giovanissima Caterina, interpretata da una tenerissima Alice Teghil che porta con sé un candore in grado di far innamorare lo spettatore sin dal primo fotogramma che le viene concesso, non rinnega l’aiuto offertole dal suo personale angelo custode (in questo film nelle vesti di uno scapigliato teenager proveniente da un altro mondo) e così riuscirà a salvarsi dalla perdizione. Il finale di questo film, infatti, è forse il più positivo e il più lieto di tutti quelli di Virzì e fa piacere constatare come ciò avvenga proprio grazie allo zampino della musica, qui nelle vesti di ancora di salvataggio nel processo di crescita dell’adolescente. Dopo aver proposto, infatti, la cultura in Ovosodo, e la voglia di avventura e di girare il mondo in Tanino, Virzì in questo film fornisce alla sua protagonista proprio la musica come arma di difesa contro gli attacchi della società che vuole inghiottirla al suo interno. Superlativa la chiave di lettura metaforica del film, con Caterina che simboleggia l’elettorato medio della nostra Italia e che viene stordita dalle chiacchiere intellettuali del popolo di sinistra, fatte di girotondi e di stili di vita alternativi, e dalla giocosità sbarazzina e goliardica del popolo di destra, fatta di vestiti all’ultima moda e feste da rotocalco. Un’Italia che non è in grado di schierarsi da nessuna delle parti, data la grande confusione che le circola intorno e alla quale non viene concessa alcuna possibilità di inserimento visto che gli alti rappresentanti degli schieramenti politici (a differenza dei giovani) sono disposti a scendere a patti e a cordiali strette di mano, purché non venga sconquassato lo status quo in cui si trovano perfettamente a loro agio. E le conseguenze di tutto ciò sono tutt’altro che comiche. A risentirne maggiormente è la famiglia che si vede costretta a smembrarsi perché non è più in grado di educare i figli presenti al suo interno, visto che gli stessi genitori non sembrano poi così maturi. Tutti i genitori, in effetti, fanno una pessima figura. O sono deboli ed incapaci di instaurare un dialogo costruttivo con i propri figli, o sono del tutto assenti in quanto completamente assorbiti dalla loro carriera, delegando di conseguenza a qualcun altro il ruolo di educatore (si pensi allo schiaffo che l’autista dà alla figlia del ministro). Ed è inutile dire che quando è la famiglia a non funzionare, ad andare a rotoli è tutto il Paese. Il film andrebbe fatto vedere all’interno delle scuole sia per lo splendido linguaggio cinematografico utilizzato, sia perché è una concreta lezione di politica contemporanea.
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daniela macherelli
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martedì 30 luglio 2013
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caterina va in città: illusione e frustrazione
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Il professor Giancarlo Iacovoni, il padre protagonista del film, lascia Montalto di Castro per Roma, dove ha ereditato una casa dai genitori, insieme a sua moglie Agata e a sua figlia Caterina, perchè frustrato nella sua esperienza quotidiana di insegnante; il suo intento, segreto ma non troppo, è però anche quello di cessare di essere un invisibile agli occhi degli altri, e di trovare conferme del suo valore nel nuovo ambiente metropolitano, avendo anche ambizioni di scrittore. Mosso da questi intenti, iscrive la figlia quattordicenne nella scuola che lui stesso aveva frequentato da ragazzo, dove si trovano numerosi figli di famiglie ricche e in vista. Giancarlo è ingenuo, crede che basti essere il padre di una compagna di classe di un'alunna vip, per entrare in qualche modo nel loro mondo, per godere dei favori dei genitori "che contano"; idealizza queste persone e ritiene che possano spianargli la strada.
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Il professor Giancarlo Iacovoni, il padre protagonista del film, lascia Montalto di Castro per Roma, dove ha ereditato una casa dai genitori, insieme a sua moglie Agata e a sua figlia Caterina, perchè frustrato nella sua esperienza quotidiana di insegnante; il suo intento, segreto ma non troppo, è però anche quello di cessare di essere un invisibile agli occhi degli altri, e di trovare conferme del suo valore nel nuovo ambiente metropolitano, avendo anche ambizioni di scrittore. Mosso da questi intenti, iscrive la figlia quattordicenne nella scuola che lui stesso aveva frequentato da ragazzo, dove si trovano numerosi figli di famiglie ricche e in vista. Giancarlo è ingenuo, crede che basti essere il padre di una compagna di classe di un'alunna vip, per entrare in qualche modo nel loro mondo, per godere dei favori dei genitori "che contano"; idealizza queste persone e ritiene che possano spianargli la strada. Quando, attraverso le esperienze che Caterina vive nel contesto scolastico, dove non si inserisce e subisce esperienze mortificanti, si rende conto dell'inconsistenza e dell'ipocrisia che domina quel mondo, si ribella in maniera plateale. Giancarlo è sostanzialmente solo, si sente, ed in effetti è, altro rispetto a quell'ambiente, che inizialmente blandisce, ma che successivamente disprezza; nella sua scontentezza e disadattamento, si erge a giudice severo di chi lo circonda, forse sopravvalutandosi un po'. L'esperienza romana di Giancarlo si traduce in una sconfitta: non è riuscito infatti ad uscire dall'anonimato, la sua vit non è cambiata nè economicamente, nè socialmente. Quando poi scopre che la moglie lo tradisce e deve prendere atto della sua totale solitudine anche in àmbito familiare, scompare senza più dare notizie di sè. Forse avrà trovato un altrove dove essere più felice, anche se, probabilmente, potrà trovare la sua serenità in una maggiore accettazione di se stesso e della sua condizione umana.
Daniela Macherelli
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fabio57
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mercoledì 23 dicembre 2015
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ottimo virzì
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Bella e attuale questa storia,lo straniamento della piccola protagonista in un contesto nuovo e inaspettato è di un realismo disarmante.Sorprendente nel film è la fotografia precisa che riesce a darci Virzì del paese e della nostra classe politica,La contrapposizione destra-sinistra è solo di facciata ,quando si tratta di spartirsi denaro e poltrone vanno tutti d'accordo,sotto i riflettori fingono di scontrarsi, ma è solo una recita per il pubblico credulone.Questa consapevolezza crescente rende il personaggio di Castellitto,sempre più fragile a mano a mano che tutte le sue certezze vengono meno,fino a metterlo in una condizione di assoluta alienazione.
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Bella e attuale questa storia,lo straniamento della piccola protagonista in un contesto nuovo e inaspettato è di un realismo disarmante.Sorprendente nel film è la fotografia precisa che riesce a darci Virzì del paese e della nostra classe politica,La contrapposizione destra-sinistra è solo di facciata ,quando si tratta di spartirsi denaro e poltrone vanno tutti d'accordo,sotto i riflettori fingono di scontrarsi, ma è solo una recita per il pubblico credulone.Questa consapevolezza crescente rende il personaggio di Castellitto,sempre più fragile a mano a mano che tutte le sue certezze vengono meno,fino a metterlo in una condizione di assoluta alienazione.Efficace la sua interpretazione come quella della Buy.
Virzì con i toni della commedia punta il dito su una società sostanzialmente corrotta,incolta e incline alle lusinghe del potere.
Ottimo Virzì
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stefano capasso
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mercoledì 18 maggio 2016
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sbagliando si impara
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Caterina ha 13 anni, vive a Montalto di Castro e sta per trasferirsi con la famiglia, papa Professore di liceo e mamma casalinga.
Per tutti c’è una grande aspettativa e un po' di paura al pensiero del grande passo nella metropoli.
Caterina viene catapultata in una scuola media frequentata da ragazzi figli di gente importante, che fanno a gara per conquistarla, spinti dalle rivalità sociale e politiche e attratti dalla sua semplicità. E anche per suo papà è occasione per tentare di dare respiro alle sue ambizioni letterarie sempre tenute in un cassetto.
La crisi che coinvolge tutta la famiglia porterà ad una crescita di tutti i personaggi che con alterne fortune ricostruiscono la loro storia.
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Caterina ha 13 anni, vive a Montalto di Castro e sta per trasferirsi con la famiglia, papa Professore di liceo e mamma casalinga.
Per tutti c’è una grande aspettativa e un po' di paura al pensiero del grande passo nella metropoli.
Caterina viene catapultata in una scuola media frequentata da ragazzi figli di gente importante, che fanno a gara per conquistarla, spinti dalle rivalità sociale e politiche e attratti dalla sua semplicità. E anche per suo papà è occasione per tentare di dare respiro alle sue ambizioni letterarie sempre tenute in un cassetto.
La crisi che coinvolge tutta la famiglia porterà ad una crescita di tutti i personaggi che con alterne fortune ricostruiscono la loro storia.
Bello questo commedia dalle tinte drammatiche di Paolo Virzì caratterizzata dai ritmi frenetici e dalle posizioni estreme e assolute che tutti assumono, e che descrivono bene gli stati emotivi del periodo dell’adolescenza. Non sarà solo Caterina ad affrontare un difficile processo di crescita ma tutta la famiglia che esce dall’adolescenza di una vita sempre uguale vissuta in campagna per misurarsi con le ambizioni e la competizione che la metropoli offre loro.
E’ necessario vivere le esperienze, anche sbagliate, in qualche modo anche procedere per tentativi per poter trovare la strada che ci appartiene e che può portare quelle gratificazioni che ci aspettiamo,
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luca
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domenica 16 novembre 2003
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la novità è caterina
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Caterina mi piace molto, è simpaticissima ma meritava maggiore attenzione. L'impressione generale è che il film dica poco di nuovo e voglia colpire di più. Ovosodo era un grandissimo, Ferie d'agosto a tratti delizioso, ora Virzì deve cambiare
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alberto
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venerdì 25 marzo 2005
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aridatece ovosodo!
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Pieno di luoghi comuni. Le ragazzine di destra vestite come veline, quelle di sinistra con la kefia, i capelli colorati e gli occhiali. Una visione della provincia italiana allucinante. Finale scontatissimo. Per non parlare poi dei ruoli "inediti" di Castellito e la Buy: il maestro frustrato e nevrotico lui; la casalinga frustrata e nevrotica lei. E basta!
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(di ....)
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