Il film uscito nel 1955 di produzione inglese come il regista Peter Glenville che ha all'attivo la direzione di pellicole pregevoli quali ad esempio: Io e il colonnello (con Danny Kaye) e Becket e il suo Re (con Peter O'Toole e Richard Burton).
Il soggetto è ispirato alla figura del cardinale Jòzsef Mindszenty primate della Chiesa cattolica ungherese, già imprigionato nel 1919 durante la dittatura comunista di Bela Kun, durante l'occupazione nazista venne arrestato e torturato dalla Gestapo, instaurato nel 1948 la dittatura comunista il 26/12/1948 venne arrestato, torturato fisicamente e psicologicamente, drogato, sottoposto ad oscenità (nelle memorie scrisse che non poteva raccontarle per la sua dignità sacerdotale), costrettoa una confessione scritta assurda: di essere stato una spia dei nazisti, di avere complottato per un colpo di stato con gli USA, prima dell'arresto aveva confidato agli amici che se costretto avrebbe aggiunto al nome la sigla cf (coactus feci sono costretto) cosa che fece. Dopo un processo farsa fu per 8 anni prigioniero in condizioni durissime non poteva pregare o dire messa, nell'ottobre 1956 durante la rivoluzione ungherese fu liberato dagli insorti, parlò alla radio, ma repressa la rivoluzione dai carri armati sovietici, si rifugiò nell'ambasciata americana dove rimase fino al 1968, per poi andare a Vienna.
La trama del film è ambientato in un generico paese dell'Est in cui si sta instaurando la tirannia comunista, incomincia con l'arresto di un cardinale (Alec Guinnes) al termine di una funzione religiosa; suo interlocutore è un giudice istruttore (Jack Hawkins) convinto comunista e ateo che cerca di piegare il cardinale fisicamente: una luce abbagliante in cella per impedirgli di dormire anche con frastuoni improvvisi, farlo camminare in continuazione, fargli saltare il pranzo per giorni, per poi dargli 2 pasti di seguito. questo al fine di indebolire la cognizione del tempo. Interrogatori continui che poi si traformano in chiacchierate tranqulle per capire il punto debole del cardinale., che poi scopre essere il rapporto con la madre che vendeva pesce al mercato, atea e con numerosi amanti, il giovane bravissimo a scuola grazie a borse di studio è indeciso se andare all'Università o scegliere il sacerdozio. L'istruttore insinua che scelse il sacerdozio per orgoglio e non per vocazione, il cardinale stremato e distrutto psicologicamente confessa le accuse: collaborazionismo con i nazisti e complicità con gli USA e utilizzo delle offerte dei fedeli per il colpo di stato. Condannato a morte viene graziato e lasciato libero, esce dalla prigione e nella piazza passa tra 2 ali di folla muta, allora si ricorda che prima dell'arresto aveva detto ai presenti "ricordatevi qualunque cosa diranno che ho confessato, che il corpo è debole".
E' un film asciutto e stringato, l'ora e mezza di proiezione non annoia, è una storia di dialoghi quasi teatrali intelligenti ed acuti psicologicamente con 2 protagonisti assoluti: Alec Guinnes e Jack Hawkins, con poche figure di contorno: il carceriere volgare e brutale (Wilfrid Lawson), il generale ottuso e crudele (Raymond Hutley) e pochi altri. i 2 protagonisti reggono bravamente tutto il film: Alec Guinnes era ormai diventato una star e di lì a poco riceverà l'Oscar (Il ponte sul fiume Kwai dove interpreta in modo eccezionale il colonnello prigioniero dei giapponesi) a mio giudizio è stato il migliore attore cinematografico della seconda metà del '900 e poi Jack Hawkins solido attore inglese (La rosa nera, Lawrence d'Arabia, 24 ore a Scotland Yard) che affronta coraggiosamente e bene il confronto con un attore di tutto rispetto. L'impostazione scenica scarna non va detrimento dell'interesse per lo spettatore sull'esito della vicenda se e come il cardinale cederà, ma alla fine lui sarà il vincitore e l'istruttore ha il dubbio di essere il perdente.
Il film ebbe diverse recensioni positive ma per comprendere qual'era il clima culturale politico di allora dominato dalla sinistra comunista (ma ora è cambiato poco con la dittatutura radical chic, woke e cancel culture) il film non potè andare al festival di Cannes, quanto a quello di Venezia 1956 non fu ammesso "perché anticomunista e offensivo per i paesi comunisti (!)"; pochi mesi dopo il popolo ungherese insorse contro la dittatura comunista, la repressione operata dai carri armati sovietici causò migliaia di morti tra gli insorti, 500 vennero giustiziati, decine di migliaia incarcerati o avviati nei gulag, 250.000 fuggirono all'estero.
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