Paradise

Una serie che intercetta lo spirito del tempo. Siamo in una fantascienza distopica ma l'attualità risuona fortissima

Recensione di Andrea Fornasiero
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L'agente speciale Xavier Collins, prima guardia del corpo del Presidente degli Stati Uniti Cal Bradford, deve indagare sul brutale omicidio di quest'ultimo. Il Presidente non si trovava però alla Casa Bianca, bensì in una villa, al centro di una piccola comunità, che si scoprirà presto essere il rifugio di quel che resta della popolazione americana: il mondo è stato infatti sconvolto da una inizialmente imprecisata catastrofe e pare caduto in un inverno nucleare. Dopo la morte del Presidente il potere viene preso in mano da "Sinatra", una ricchissima donna decisa a tutto pur di proteggere la sua famiglia e la comunità che ha creato. È lei a scegliere il nuovo Presidente, a tenere sotto controllo il resto dell'oligarchia dei miliardari e a gestire i segreti e gli assassini che lavorano in città.

La nuova serie dell'autore di This Is Us ha ancora una volta una struttura che incastra ingegnosamente presente e passato, spostandosi però nel genere della fantascienza distopica.

Dan Fogelman pecca di enfasi, ma affidandosi di nuovo all'ottimo Sterling K. Brown trova un protagonista intenso e carismatico, che regge anche i rallentamenti di Paradise. La serie intercetta lo spirito del tempo, non solo per gli spettri del riscaldamento climatico e del ritorno della paranoia per la guerra nucleare, ma soprattutto per una Presidenza che è quasi solo la facciata di una oligarchia di miliardari vecchi e nuovi. L'eco dell'attualità americana, con Elon Musk onnipresente, risuona fortissima in Paradise e ha reso la serie uno dei titoli più commentati dalle pubblicazioni statunitensi, velocemente rinnovata per la seconda stagione.

Dal punto di vista della struttura, come già faceva anche Lost, Paradise utilizza abbondanti flashback per costruire narrazioni verticali che diano una spina dorsale forte ai singoli episodi, arrivando a raccontare la storia compiuta su un fatto o un personaggio nel giro di una puntata. Allo stesso tempo segue una narrazione orizzontale che si dipana di episodio in episodio, tra colpi di scena e misteri. Da una parte ci racconta come si è arrivati a questa comunità sotterranea e dall'altra ci si chiede come può andare avanti l'umanità: resterà schiava di una enclave di miliardari il cui potere economico è per altro privo di valore nel nuovo mondo? E cosa è successo davvero in superficie mentre i protagonisti si sono rifugiati nel sottosuolo?

Tra le idee più interessanti c'è l'aver dato un ruolo importante a una psicologa, incaricata di aver gestito la creazione e l'organizzazione della nuova comunità perché risultasse il meno traumatica possibile ai sopravvissuti. L'episodio a lei dedicato è una speculazione su come la normalità, o la sua illusione, siano un oppiaceo per il potere. Subito dopo però l'attenzione della serie si sposta invece su un personaggio dalla psiche del tutto instabile, che è stato introdotto in questo mondo per svolgere il lavoro sporco dei potenti, mostrando così l'altra faccia della medaglia delle manipolazioni psicologiche. Il potere si serve così da una parte del bastone e dall'altra della carota, nascondendo il primo mentre agita il secondo. La democrazia stessa qui non è altro che un gioco di prestigio e che la serie si apra sulla morte di un Presidente, di cui i flashback ci mostreranno frequentemente l'impotenza, è chiaramente simbolico.

Paradise è pensata per commentare il presente ma pure per intrigare un pubblico ampio, cercando di avvincere gli spettatori sia con i misteri legati alla fantascienza, sia con il più classico mystery di un delitto da risolvere, sia con i tormenti interiori del mélo famigliare - in cui Fogelman è ormai uno specialista. L'ampiezza di questo approccio rende la serie a volte didascalica o prevedibile, ma se gli episodi risultano tendenzialmente più lunghi del necessario, la stagione nel complesso ha invece il dono della sintesi. Costituita da sole otto puntate non perde mai di concentrazione, non divaga su sottotrame poco rilevanti e anzi arriva a una chiusura che risolve la gran parte delle situazioni in corso, promettendo una seconda stagione dal taglio piuttosto diverso.