
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Palestina, Germania, Portogallo |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Arab Nasser, Tarzan Nasser |
Attori | Nader Abd Alhay, Majd Eid, Ramzi Maqdisi . |
Tag | Da vedere 2025 |
MYmonetro | 3,17 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 21 maggio 2025
Gaza, 2007: tra blocco israeliano e potere di Hamas, Osama traffica farmaci sotto copertura. Un film d'azione riapre vecchie ferite due anni dopo.
CONSIGLIATO SÌ
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Gaza, 2007. Hamas ha appena consolidato il potere sul territorio, mentre dall'esterno il blocco totale da parte di Israele esaspera le condizioni di vita degli abitanti. Tra loro Osama è un trafficante di farmaci illeciti sotto la copertura del suo piccolo locale che vende falafel. Al bancone lavora il giovane Yahya, che vede Osama entrare in conflitto con il poliziotto corrotto Abou Sami finché la situazione non raggiunge un punto di non ritorno. Due anni dopo, un film d'azione ambientato a Gaza, e pensato per rendere omaggio alla memoria di un martire palestinese, trova a sorpresa un attore principale che possa prestare il volto alla leggenda.
In un'epoca in cui le immagini provenienti da Gaza si rincorrono strazianti e quotidiane come testimonianza del genocidio, il cinema rischia a volte di sembrare impotente, soverchiato nei suoi pur preziosi tentativi (spesso documentari) di riflettere il reale.
Ecco allora che operazioni sui generis come questo dramedy metatestuale e crepuscolare dei fratelli Arab e Tarzan Nasser - nel loro essere atipiche e persino ingenue - diventano tanto più significative. Al suo interno ci sono gli elementi di genere di un thriller sporco e criminale, c'è un "film nel film" che attraverso l'implicita assurdità del mestiere del cinema riflette su dove siano le linee di demarcazione di conflitti ben più ampi, e ci sono pure delle riflessioni non banali sul valore iconografico e mediatico della costruzione di un eroe popolare attraverso la satira. Soprattutto ci sono squarci di vita quotidiana nella striscia di Gaza, l'elemento di maggior interesse per lo spettatore contemporaneo: nel tornare indietro al 2007 i registi si distanziano dall'emergenza del presente e al tempo stesso ricordano che l'emergenza c'è sempre stata. Intanto però le aspirazioni, difficoltà e piccoli drammi di un popolo continuano come meglio possono, disillusi e a suo modo resilienti mentre da dietro al bancone di un locale si dispensa una pita dietro l'altra.
Anche i gemelli Nasser (che a Gaza sono nati) e la loro sensibilità autoriale ci sono sempre stati, almeno fin dai tempi di Dégradé e di Gaza mon amour, dai quali il nuovo Once Upon a Time in Gaza prende le mosse. Il loro è un cinema eterogeneo, che specialmente in questa nuova opera fatica a contenere i suoi stessi, molteplici elementi e sembra sempre sul punto di sfaldarsi alle giunture. Un cinema che affonda nel passato eppure risponde d'istinto al presente, aggiungendo ad esempio sui titoli di testa l'audio di Trump su come trasformare Gaza in una riviera di lusso; è il tipo di scelte che forse, più che nell'immediato, pagherà tra vent'anni, quando la prospettiva futura renderà l'oltraggioso ancor più evidente. Come la colonna sonora di Amine Bouhafa, il film si divide tra scelte ammiccanti e altre che sono sinceramente originali e contro-intuitive. La componente metatestuale non è mai sterile e compiaciuta, ma amplifica la complessità politica e umana dell'ambientazione, così come i volti degli attori principali, Majd Eid e Nader Abd Alhay, sono un ricco campo d'indagine per un'opera che trova una sua via originale e inaspettata per parlare della Palestina.