In Bloom: Everybody's Fight

Film 2025 | Drammatico

Regia di Nicole Teeny, Priyanka Banerjee, Giuliana Monteiro, Voline Ogutu, Dolapo Adeleke. Una serie Da vedere 2025 con Lila Moss, Munroe Bergdorf, Shon Faye, Alok Vaid-Menon. Genere Drammatico 2025, Valutazione: 3,5 Stelle, sulla base di 1 recensione. STAGIONI: 1 - EPISODI: 5

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Ultimo aggiornamento mercoledì 2 luglio 2025

Serie di short doc che vuole esplorare il significato della bellezza, del senso di identità e resistenza in tutto il mondo.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
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Atti creativi di denuncia: cinque sguardi femminili sul mondo, tra lotta, intimità e resistenza.
Recensione di Gabriele Prosperi
mercoledì 2 luglio 2025
Recensione di Gabriele Prosperi
mercoledì 2 luglio 2025

In Bloom è un prodotto antologico nato dalla collaborazione tra MTV Staying Alive Foundation, Paramount Global e la Bill & Melinda Gates Foundation - che ha permesso che le storie fossero distribuite gratuitamente su piattaforme globali. Cinque cortometraggi riuniti in un dispositivo narrativo collettivo di 50 minuti: opere autonome, ciascuna firmata da una regista emergente proveniente da una diversa area del mondo - Stati Uniti, India, Kenya, Nigeria e Brasile. Insieme, questi corti costruiscono un mosaico eterogeneo e profondamente connesso che racconta la condizione femminile nel mondo contemporaneo, tra discriminazioni sistemiche e atti di resilienza quotidiana.

A guidare il progetto è Tope Oshin, regista e produttrice nigeriana impegnata da anni nella promozione di un'industria audiovisiva inclusiva e radicata nei territori.

Sotto la sua direzione creativa, le registe hanno lavorato in sinergia in una sorta di writer's room virtuale, arricchita dal contributo di ricercatrici, esperte di studi di genere e attiviste. Le storie sono state concepite a partire da contesti locali ma con l'intenzione esplicita di raggiungere una risonanza globale. I cinque episodi affrontano infatti temi che, pur radicati in specifiche culture, riverberano in tutte le società, come la stigmatizzazione mestruale, i matrimoni precoci, la violenza di genere, l'autonomia economica e l'autodiagnosi dell'HIV.

Pur trattandosi di film girati in lingua originale e ambientati in culture molto diverse, tutti i cortometraggi sono stati realizzati fisicamente a Johannesburg, in Sudafrica. Questa scelta logistica non ha omologato le narrazioni ma, al contrario, ha permesso di mantenere la vividezza e l'autenticità dei singoli mondi raccontati, che si traducono in scelte registiche, estetiche e linguistiche radicalmente differenti.

Ad aprire il film è Period di Nicole Teeny (Stati Uniti), una commedia agrodolce che trasforma l'emergenza della povertà mestruale in una crociata adolescenziale. La protagonista, Fay, è una studentessa determinata a ribaltare la normalizzazione della mancanza di accesso ai prodotti igienici nelle scuole svantaggiate. Con leggerezza ma senza edulcorazioni, il corto mette in discussione l'ingiustizia sistemica che grava sul corpo femminile fin dalla pubertà.

Dal linguaggio frizzante e diretto si passa al silenzio inquietante di Alta, scritto e diretto da Priyanka Banerjee (India). In un interno claustrofobico, una ragazza si barrica nel bagno, rifiutandosi di uscire, mentre il padre cerca disperatamente un contatto. Il confronto tra i due scivola in territori disturbanti, in cui l'innocenza cede il passo a una verità scomoda.

Con Maré, la regista brasiliana Giuliana Monteiro porta invece sullo schermo una maternità lacerata, in una narrazione sospesa tra realismo sociale e introspezione visiva, raccontando il burnout domestico, spesso ignorato nelle società patriarcali.

Molto interessante anche Kifungo, un horror psicologico scritto da Voline Ogutu (Kenya). La protagonista è una giovane donna che scopre di essere sieropositiva e affronta un incubo interiore fatto di auto-repulsione, colpa e paura. Il film esplora l'isolamento mentale e sociale che deriva dal vivere con l'HIV, in un contesto dove lo stigma può essere più letale del virus.

Infine, Aféfé di Dolapo 'LowlaDee' Adeleke (Nigeria) chiude l'antologia con una narrazione sospesa tra tradizione e modernità: una parrucchiera si ritrova improvvisamente a convivere con la suocera anziana e malata; quella che sembra inizialmente una comune convivenza obbligata si trasforma però presto in un incubo quotidiano.

La forza di In Bloom risiede soprattutto nella modalità con cui affronta i temi scelti: ogni episodio è un atto creativo di denuncia, ma anche uno strumento pedagogico e politico, capace di aprire spazi di ascolto, empatia e consapevolezza. Cinque corti che parlano di donne e che si affidano alle donne per farlo, rivendicando il potere dell'immaginazione come leva di trasformazione. Un bel progetto, capace di tenere insieme estetica e militanza, emozione e informazione, in una forma breve ma anche molto densa, che si traduce perciò in un valido supporto educativo e divulgativo.

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