The Brutalist

   
   
   

un (parziale) capolavoro Valutazione 2 stelle su cinque

di JonnyLogan


Feedback: 32993 | altri commenti e recensioni di JonnyLogan
domenica 23 febbraio 2025

Dieci candidature agli Oscar per una pellicola firmata dal 37enne regista, e ancor prima attore; Brady Corbet, che nel 2007 appariva fra i protagonisti del remake, shot-for-shot, di Funny Games (id.; 2007). Per l’occasione Corbet crea una personale crasi fra una branca dell’architettura e le testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto. Vergando una sceneggiatura a quattro mani con la moglie Mona Fastvold, che affonda le proprie radici in una vicenda umana che ricorda quella di migliaia di altri scampati alla furia nazista e che con fatica si sono mossi verso il ‘nuovo mondo’ alla ricerca di una vita migliore, pur senza dimenticarsi quello che li aveva psicologicamente segnati in maniera irrimediabile.
 
L’epopea dell’immaginario architetto Toth diventa fra le mani di Corbet una peregrinazione fra le sue fobie e i suoi vizi. Impossibile non notarne la dipendenza da stupefacenti, dall’alcool e dalle sigarette. Il cui romanzo di vita è scomposto in tre capitoli: L’enigma dell’arrivo. Il nocciolo duro della bellezza, fino a una conclusione (Epilogo) che spiega molto, ma non tutto, delle scelte di vita e professionali di un uomo che come tutti è pieno di dubbi, incertezze e punti oscuri, che a fine film saranno solo in parte svelati.
 
Adrien Brody, nel ruolo di un protagonista dotato di un talento inaudito per la progettazione di ambienti, e dopo il ruolo di Władysław Szpilman ne Il Pianista (The Pianist; 2002) di Roman Polanski, prenota una seconda statuetta per il ruolo di un nuovo sopravvissuto ai campi di sterminio. Al suo fianco un cast di alto profilo, nel quale svetta Guy Pearce nella parte del mecenate Van Buren, per una pellicola nel complesso osannata da critica e incassi e capace di prenotare altre nove possibili statuette. Ma anche film la cui lunghezza può rappresentarne un handicap. In cui la narrazione si perde in elucubrazioni probabilmente superflue e il cui intento del regista era di certo quello di narrare una storia universale ma nella quale, per quanto le buone intenzioni iniziali sono in parte rispettate, la fanno principalmente da padrone la capacità di ottenere un prodotto curato nei dettagli e spendibile come film di cassetta dal facile successo commerciale.
 
Film consigliabile a chi ama le passioni vissute nella loro forma più pura e viscerale. Ma film che ci sentiamo di sconsigliare a chi non apprezza le pellicole fiume che si perdono nei meandri mentali dell’autore e del suo protagonista.

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