| Anno | 2024 |
| Genere | Commedia, |
| Produzione | Austria, Germania |
| Durata | 102 minuti |
| Regia di | Bernhard Wenger |
| Attori | Albrecht Schuch, Nina Fog . |
| Tag | Da vedere 2024 |
| Distribuzione | I Wonder Pictures |
| MYmonetro | 3,25 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 1 settembre 2024
Matthias sembra essere perfetto ma la sua vera sfida è essere se stesso. Presentato in concorso alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia 81. Al Box Office Usa Peacock ha incassato nelle prime 8 settimane di programmazione 18,2 mila dollari e 5,2 mila dollari nel primo weekend.
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CONSIGLIATO SÌ
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Un fidanzato da portare con te il weekend se non desideri che i vecchi amici ti credano ancora single? Un figlio che ti faccia fare bella figura a una cena aziendale e magari ottenere una promozione? Un compagno per andare a teatro o anche solo per fare conversazione? Matthias è il candidato perfetto per tutti questi ruoli e altri ancora. Basta noleggiarlo, pagare, e si può stare certi che tutto filerà liscio.
Giovanile, di bell'aspetto, ha sempre la battuta pronta, una gentilezza invidiabile e un'opinione su tutto, che si tratti di arte contemporanea o di comportamento animale. Compiacere è la sua arte, fingere è il suo mestiere. Cosa pensa veramente? Cosa prova intimamente?
Matthias non lo sa più, tanto si è abituato a offrire un'immagine di sé studiata per impressionare gli altri, che del vero se stesso non ha memoria, non lo trova più, e la cosa comincia a metterlo a disagio.
Se lo spunto del film, che dovrebbe suonare paradossale, non ci sorprende poi così tanto, è perché le agenzie di amici in affitto sono già una realtà, ad esempio in Giappone, dove la solitudine è una problematica sociale conclamata. Il giovane regista austriaco Bernhard Wenger ha infatti preso spunto dall'incontro reale che gli è capitato di fare con un impiegato in un'agenzia di amici a noleggio, il quale lamentava l'incapacità di provare emozioni autentiche, avendo indossato troppe maschere, visitato per finta troppe località, letto per finta troppi testi (e come non pensare alla grande maschera dei social network, che copre miliardi di piccole e grandi bugie in ogni momento del giorno, in ogni angolo della Terra?).
L'opera prima di Bernhard Wenger affonda in un humus riconoscibile, lo stesso del suo conterraneo Seidl (più che altro formalmente, nella predilezione di inquadrature fisse) ma anche del norvegese Trier (in particolare La persona peggiore del mondo) e poi, su tutti, dello svedese Ostlund, il cantore dell'ipocrisia della borghesia intellettuale contemporanea; anche se quest'ultimo resta più un modello aspirazionale che altro, una citazione da un piano inferiore.
Perché Wenger è più preoccupato che cinico, più malinconico che divertito, partecipe di una sofferenza tangibile del personaggio. La ruota del pavone (con quel suo manto che apre mille occhi) è, in Peacock una figura dell'angoscia, un circolo vizioso, un tunnel che, una volta imboccato, si dirama in gallerie laterali ma non porta ad alcuna uscita. Tutto è performance, anche l'esaurimento nervoso. Tutto è spettacolo, perché lo spettacolo è (ormai) nell'occhio di chi guarda.
Sarà il tempo a dire se Wenger saprà personalizzare il suo cinema, e se affonderà maggiormente i piedi nello stagno dalle sabbie mollicce e fagocitanti o se il suo gesto si farà al contrario carezza, utopia di empatia.
«Il pavone ha troppo poca testa e troppa coda» dice un proverbio inglese. Ma qui siamo in Austria (con tutto quel che ne consegue a livello di stile freddo e umorismo nero), la questione si fa satira sociale (e social, direi) e il pavone del titolo è un esempio, una parte per il tutto. Ovvero un trentenne impiegato in una ditta di persone in prestito, proprio come in Alps, Family Romance, LLC (l'idea [...] Vai alla recensione »
Salisburghese di nascita, studente della scuola di cinema di Vienna, Bernhard Wenger (1992) arriva a dirigere il suo primo lungometraggio, dopo essersi già fatto notare, negli ultimi anni, come autore di ottimi corti. Diciamo subito che l'esordio è di quelli che lasciano intravedere un notevole talento, in perfetta linea con il miglior cinema austriaco degli ultimi decenni (Haneke, Seidl, Albert, Hausner), [...] Vai alla recensione »
il Peacock, ovvero il pavone, del titolo è Matthias, che fa un lavoro molto particolare: si trasforma in qualunque persona il cliente di turno abbia bisogno. Può essere il figlio perfetto di un ricco mecenate, un fidanzato intellettuale per un concerto di musica contemporanea, addirittura un padre pilota nel giorno genitori e figli. È così dedicato alla professione che ha smarrito la sua personalità, [...] Vai alla recensione »
Chissà se Bernhard Wenger, il trentaduenne regista di Peacock, ha avuto modo di imbattersi nella visione di Family Romance, LLC., nel quale Werner Herzog per l'occasione in trasferta in Giappone raccontava la vita quotidiana e le esperienze lavorative di tal Yuichi Ishii, la cui attività imprenditoriale ruota attorno all'idea di fornire "familiari in affitto" per ogni evenienza, pubblica o privata. [...] Vai alla recensione »
Cosa potrebbe succedere se un uomo, giorno dopo giorno, interpretasse per lavoro la parte di un marito, di un figlio, di un allenatore alla comunicazione, "affittato" da sconosciuti? Questa è la storia di Matthias, un giovane uomo che, a furia di essere costantemente qualcun altro non riesce più a comprendere chi sia davvero. "Peacock" racconta di come la finzione possa farsi strada nella realtà, plasmando [...] Vai alla recensione »
Matthias eccelle nel suo lavoro, è il classico uomo per tutte le stagioni, punta di diamante di un'azienda che fornisce ai propri clienti la giusta compagnia per qualsiasi occasione. Camaleontico, straordinario nell'impersonare chiunque, Matthias un giorno è il figlio perfetto per influenzare l'opinione dei soci di un circolo esclusivo, un altro è il fidanzato colto per far colpo sugli amici, un altro [...] Vai alla recensione »
Per Matthias (Albrecht Schuch) sembra quasi impossibile discernere tra ciò che è reale e quel che è banalmente falso. Dovendo gestire un'agenzia di "supplenze umane" che permette ai singoli clienti di "affittare" un attore come proprio coniuge, figlio o semplice interlocutore, l'uomo si trova a vivere in uno stato costante di finzione, che filtra in ogni angolo della sua esistenza.