anna rosa
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sabato 9 novembre 2024
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sicilia paese sicuro ... (come per esempio l'egitto)
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Film complesso, avvincente nonostante qualche pecca (dialetto rabberciato), ed estremamente pessimista per quanto riguarda il potere della mafia in Italia, o quantomeno in Sicilia, una Sicilia di cui fin dai primi momenti è mostrata l'arretratezza: "Da qualche parte in Sicilia, all'inizio degli anni 2000" (non 2000 anni fa) - questo l'esergo - un potente capomafia muore nell'ovile in cui è nascosto da chissà quanto tempo. A conferma di ciò, subito dopo ci viene mostrata con un flashback l'iniziazione del figlio minore, Matteo Messina Denaro, il nuovo capoclan, alla spietatezza mediante lo sgozzamento di una pecora, tipico atto di una civiltà ancora pastorale o meglio, nel caso specifico, primitiva quanto a grado di civiltà.
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Film complesso, avvincente nonostante qualche pecca (dialetto rabberciato), ed estremamente pessimista per quanto riguarda il potere della mafia in Italia, o quantomeno in Sicilia, una Sicilia di cui fin dai primi momenti è mostrata l'arretratezza: "Da qualche parte in Sicilia, all'inizio degli anni 2000" (non 2000 anni fa) - questo l'esergo - un potente capomafia muore nell'ovile in cui è nascosto da chissà quanto tempo. A conferma di ciò, subito dopo ci viene mostrata con un flashback l'iniziazione del figlio minore, Matteo Messina Denaro, il nuovo capoclan, alla spietatezza mediante lo sgozzamento di una pecora, tipico atto di una civiltà ancora pastorale o meglio, nel caso specifico, primitiva quanto a grado di civiltà. E a questo proposito noto che ai due registi sembra quasi sfuggire l'unica nota positiva della storia, proprio unica tanto da non essere credibile: il figlio di MMD salverà la pecora caduta in un pozzo nell'incontro fatidico col padre, che in realtà in quell'incontro vuole spezzare la catena della trasmissione del potere della "famiglia", che appunto alla fine è una catena di un peso sempre più insopportabile, che si paga con l'isolamento fisico dal mondo. Un mondo che ormai si è ridotto ad un puzzle sul tavolo di un salone in una stanza senza aperture in un brutto paese di case sgarrupate. Non a caso in diversi momenti del film si vede vicino a dove MMD è seduto una gabbia con un canarino, canarino che se non ho visto male in quella gabbia non ci sarà più quando il boss avrà lasciato il vecchio rifugio per riparare in un altro sottraendosi ad una cattura che sembrava veramente essere stata preparata, e invece no, era tutto finto: molto gattopardescamente, grazie anche a mirati interventi dei servizi segreti il consiglio comunale cambierà, ma per favorire finanziamenti pubblici che foraggeranno la mafia, compreso MMD, il quale infatti non viene catturato. Quanto allo stile del film, mi sembra che lo si possa qualificare un film giallo con un buon impianto letterario (i due protagonisti comunicano tra loro con lettere pensate per far breccia nel cuore e nel cervello dell'altro, ovviamente perseguendo ognuno i propri scopi, nonché un buon livello di studio psicologico dei personaggi: più dei personaggi maschili che di quelli femminili, tra i quali solo la più crudele, la moglie del "preside" mi sembra credibile, mentre la sorella del boss la trovo un po' stereotipata e l'ispettrice troppo poco verisimile come personaggio. I personaggi maschili che rappresentano lo stato, nella fattispecie i servizi segreti, sono sì un po' teatrali nella loro recitazione, ma ciò non fa che accentuare la falsità degli intenti dichiarati della loro azione.
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ivan il matto
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martedì 22 ottobre 2024
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un film discreto per due grandi solisti
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"Da qualche parte in Sicilia agli inizi degli anni 2000" recita l'incipit di "Iddu, l'ultimo padrino" recente film del duo di registi/sceneggiatori Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, in concorso all'81° mostra del cinema di Venezia. Liberamente ispirato alla figura di Matteo Messina Denaro, anche se questi non si identifica mai come tale, l'opera sembra voler ricostruire per singoli tasselli, come un enorme puzzle, l'identità e alla fine l'esistenza di un moderno capomafia. Così come lo stesso Elio Germano (un impeccabile "Matteo") fa nella sua latitanza presso la servizievole vedova Russo, i due autori, tassello dopo tassello, lasciano emergere il quadro di un uomo sospeso sul baratro e votato al declino perché braccato, incapace di maturare un'identità autonoma rispetto all'ingombrante figura paterna.
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"Da qualche parte in Sicilia agli inizi degli anni 2000" recita l'incipit di "Iddu, l'ultimo padrino" recente film del duo di registi/sceneggiatori Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, in concorso all'81° mostra del cinema di Venezia. Liberamente ispirato alla figura di Matteo Messina Denaro, anche se questi non si identifica mai come tale, l'opera sembra voler ricostruire per singoli tasselli, come un enorme puzzle, l'identità e alla fine l'esistenza di un moderno capomafia. Così come lo stesso Elio Germano (un impeccabile "Matteo") fa nella sua latitanza presso la servizievole vedova Russo, i due autori, tassello dopo tassello, lasciano emergere il quadro di un uomo sospeso sul baratro e votato al declino perché braccato, incapace di maturare un'identità autonoma rispetto all'ingombrante figura paterna. Il boss è inesorabilmente rimasto un bambino che continua a riflettersi ne "u pupu", l'efebo di Selinunte, statua greca effettivamente conservata presso il museo di Castelvetrano, vero oggetto di culto nell'ambiente, che compare spesso nel film. Se tutto questo limita un po l'enorme potenziale recitativo di Elio Germano (potenziale pienamente espresso in "Berlinguer, la grande ambizione' di Andrea Segre ora in circolazione) non si può dire la stessa cosa del co/protagonista Tony Servillo alias Catello Palumbo. Tutta la gamma infinita delle sue caricature viene messa in campo dall'attore di Afragola: istrionico, provocatore, allusivo, "il preside", immigrato in Sicilia da Torre Annuziata, forse il vero protagonista di "Iddu' fa muovere tutto il racconto. Attraverso i suoi rapporti ambigui coi servizi segreti, l'ex sindaco, assessore e consigliere comunale tenta di risollevare la sua disastrosa situazione,costruendo una ragnatela intorno a quello che fu una sorta di figlioccio per lui (al fine di incastrarlo), ora boss incontrastato, seppur segregato. Pur non privo di evidenti inverosimiglianze (il ruolo dell'agente segreto Rita Mancuso appare del tutto privo di "coperture" credibili nel contesto siculo) la pellicola mostra un'autentica originalità nell'innumerevole repertorio di film dedicati alla mafia, chiudendo con un finale amaro degno di Sciascia. Quell'ultimo tassello cosa significherà?....che i servizi manvrano la mafia per servirsene o che questi sono così infiltrati da "cosa nostra" da rendere inutile ogni distinzione?
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mauridal
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martedì 22 ottobre 2024
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iddu o''malamente
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IDDU Un film di Antonio Piazza, Fabio Grassadonia. Con Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova,Antonia Truppo, Tommaso Ragno.Quando ,narrare un tema scomodo come la mafia ,nel paese dove questo fenomeno, sociale e criminale è nato e si è sviluppato, comportava correre il rischio di ripetere cose ovvie , stereotipate sul tema, allora un film come questo riesce a oltrepassare gli stereotipi di ben altre opere cinematografiche, il Padrino, Scarface, il Siciliano, Corleone, il Traditore. questo perché i registi hanno una loro differente storia e cultura legata alla Sicilia e dunque hanno scelto di trattare del personaggio Matteo Messina Denaro non come il solito mafioso capoclan, efferato criminale, ma come un uomo in declino, chiuso non in galera ma latitante, chiuso in questa condizione per vent’anni .
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IDDU Un film di Antonio Piazza, Fabio Grassadonia. Con Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova,Antonia Truppo, Tommaso Ragno.Quando ,narrare un tema scomodo come la mafia ,nel paese dove questo fenomeno, sociale e criminale è nato e si è sviluppato, comportava correre il rischio di ripetere cose ovvie , stereotipate sul tema, allora un film come questo riesce a oltrepassare gli stereotipi di ben altre opere cinematografiche, il Padrino, Scarface, il Siciliano, Corleone, il Traditore. questo perché i registi hanno una loro differente storia e cultura legata alla Sicilia e dunque hanno scelto di trattare del personaggio Matteo Messina Denaro non come il solito mafioso capoclan, efferato criminale, ma come un uomo in declino, chiuso non in galera ma latitante, chiuso in questa condizione per vent’anni . Un punto di vista che può apparire ingiustificato, ma il film non vuole essere un processo al criminale ma restituisce tutti i lati umani dall’infanzia fino alla condizione di latitante di lusso nel suo territorio dove continua acomandare , con i pizzini che diventano l’unica triste comunicazione col mondo. Il film è volutamente lento e riflette i pensieri del latitante isolato più che le azioni , con pochi accenni al passato efferato da criminale. L’altro personaggio , intanto, Catello Palumbo, è un contraltare di Matteo amico d’infanzia , un uomo viscido che riesce a contattarlo con i pizzini per consentire ai servizi segreti militari di catturarlo. Qui la narrazione si dilunga sul rapporto tra i due dove Catello è in pratica un servo dei servizi segreti militari dello Stato , che in venti anni non riescono a catturare un latitante a casa sua. Matteo dunque cerca un rifugio mentale di pensieri di domande sull’esistenza , sulla sua morte e sui significati della propria vita scrivendo pizzini a Catello che risponde puntualmente anche con uscite filosofiche, visto che più istruito, lavorava come preside al suo paese. La questione è dunque una storia parallela tra un mafioso vero , un capo , come Messina Denaro , condannato e ricercato in latitanza , e un uomo mediocre pure nell’ambito mafioso che però libero di muoversi vuole per propri interessi collaborare con i carabinieri e i servizi ,alla cattura del mafioso. Dunque non un film sulla Mafia , intanto la Sicilia è solo evocata con citazioni di paesi e persone, ma una storia difficile , coraggiosa, su di un personaggio che ha segnato una parte della storia criminale italiana e di tanti personaggi coinvolti . Ottima l’interpretazione del poliedrico attore Elio Germano, come Matteo , senza enfasi, un film con tante buone interpretazioni pure Tony Servillo come Catello . Un film necessariamente da discutere.( mauridal) .
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jonnylogan
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domenica 20 ottobre 2024
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la forza del sorriso
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Pellicola costruita con largo anticipo rispetto all'arresto di Iddu, pronome con il quale viene nominato il boss latitante a capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. E ad accompagnarci in questa commedia (nera) dell'arte nella quale l'unica cosa certa è che ci si trovi di fronte a una serie di criminali di vecchissima data, figli della primissima Repubblica, la figura grottesca e combattiva del solito (splendido) Toni Servillo, che su richiesta della coppia di registi siciliani, autori anche di soggetto e sceneggiatura, ci sa offrire un punto di vista diverso rispetto a quella serietà della quale s’imbevono spesso le vicende tristi del nostro paese.
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Pellicola costruita con largo anticipo rispetto all'arresto di Iddu, pronome con il quale viene nominato il boss latitante a capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. E ad accompagnarci in questa commedia (nera) dell'arte nella quale l'unica cosa certa è che ci si trovi di fronte a una serie di criminali di vecchissima data, figli della primissima Repubblica, la figura grottesca e combattiva del solito (splendido) Toni Servillo, che su richiesta della coppia di registi siciliani, autori anche di soggetto e sceneggiatura, ci sa offrire un punto di vista diverso rispetto a quella serietà della quale s’imbevono spesso le vicende tristi del nostro paese. Perchè Servillo - Catello è un uomo che ha fatto del suo potere e della sua incredibile intelligenza strategica, le proprie armi migliori, grazie alle quali costruire una carriera rispettabile, ma di semplice facciata. Una carriera della quale a distanza di sei anni, e dopo un arresto con evidenti implicazioni mafiose, non è rimasta la benchè minima traccia. Attorno a lui si muovono una serie di personaggi manipolabili, comici, paradossali, grotteschi. I due fratelli del boss latitante, impersonati da Daniela Marra e Filippo Luna, un perimetro famigliare degno di una commedia di De Filippo e il gruppo di agenti dei servizi segreti, anche loro non immuni dalla derisione più o meno velata che non risparmia nessuno. Il solo a rimanere ammantato di un’aurea di mistero e terrore è il boss, Elio Germano, come sempre abile nel tratteggiare il proprio personaggio ma meno sovraesposto del solito, ospitato da una vedova (Barbara Bobulova) decisamente poco incline a fare domande, ma veloce a battere a macchina i ‘pizzini’ da consegnare settimanalmente, per perpetuare il proprio dominio sull’isola.
Vicende che spesso sono state portate sul grande schermo, ma che per via di una scelta narrativa che come detto non è di certo ovvia, riporta alla mente il recente successo televisivo di The Bad Guy (id.; 2022 – in produzione). Grassadonia e Piazza riescono quindi, grazie alla scelta di affidare al grottesco la cifra stilistica della loro sceneggiatura, a privare il boss della propria aurea. Spingendo l’accelleratore verso l’assurdo. Narrando, per una volta, una storia che seppur liberamente ispirata a fatti reali, perché basati sul rapporto epistolare fra Denaro e l’ex sindaco di Castelvetrano: Antonio Vaccarino, non fa altro che delegittimarne la figura, il potere e il terrore che comunque trasuda in ogni sua decisione e flashback al quale si assiste.
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maramaldo
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venerdì 18 ottobre 2024
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"vivo come un topo...
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... e tu, papà, sei morto fra le pecore". Da commiserare. Vittime, retaggio di un passato di arretratezza, il risultato di una inadeguatezza sociale, di una meleducazione nel costume e nella cultura. Senza ironie, oggi si ragiona così, non solo al cinema. Sfiorata nebulosamente una considerazione di etica che non interessa che strumentalmente coloro che vivono di cinema. La questione morale presa di striscio come l'orecchia di Trump e con gli stessi effetti: deplorazione del crimine nella più bella ipocrisia, inconsistente il richiamo all'impegno, all' eroismo del dovere, il tutto in modalità farsesche nella politicheggiante fisionomia dell'ispettrice Mancuso (Daniela Marra).
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... e tu, papà, sei morto fra le pecore". Da commiserare. Vittime, retaggio di un passato di arretratezza, il risultato di una inadeguatezza sociale, di una meleducazione nel costume e nella cultura. Senza ironie, oggi si ragiona così, non solo al cinema. Sfiorata nebulosamente una considerazione di etica che non interessa che strumentalmente coloro che vivono di cinema. La questione morale presa di striscio come l'orecchia di Trump e con gli stessi effetti: deplorazione del crimine nella più bella ipocrisia, inconsistente il richiamo all'impegno, all' eroismo del dovere, il tutto in modalità farsesche nella politicheggiante fisionomia dell'ispettrice Mancuso (Daniela Marra).
Sicilia, però. Viscerale, intima e pervasiva ad un tempo. Aria, colore, intercalare tipico, rictus riconoscibili, la mùtria inconfondibile delle donne, le più vere, brave. I palermitani Piazza e Grassadonia sentono, soffrono la loro Isola che qui non è solatia ma notturna, claustrofobica, nondimeno autentica e attuale.Solo che per riuscire convincenti, come il loro concittadino Andò, avrebbero dovuto lasciare il racconto al sarcasmo giulivo di Ficarra e Picone, a poterselo permettere.
Germano e Servillo impegnano la critica ma non divertono il che nuoce al gradimento del pubblico che di denunce, svergognamenti, allusioni a collusioni e quant'altri misfatti dei poteri occulti nel segreto di Pulcinella si è stancato e rigetta con tedio e disprezzo. Eppure la prestazione di questi eccellenti e amati attori è il buon motivo per vedere il film. Maschere perfette davvero, manifestazione di un'arte pura, asettica, superiore.
Pretestuoso e opinabile, invece, il riferimento a fatti accaduti, a persone esistite. Ad occuparsene anche di striscio e con il solo intento di tener allegri (è la faccenda una cosa seria?) non si va lontano.
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maramaldo
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venerdì 18 ottobre 2024
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"vivo come un topo...
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... e tu, papà, sei morto fra le pecore". Da commiserare. Il risultato di un'arretratezza sociale, di una maleducazione nel costume e nella cultura. Si richiede indulgenza verso una condizione umana abietta ma penosa, sofferente, a cui sono stati negati riscatto e speranza. Senza ironia, oggi si ragiona così, non solo al cinema. Una questione morale si prende di striscio come l'orecchia di Trump e con le stesse conseguenze: deplorazione del crimine nella più bella ipocrisia, vago e inconsistente il richiamo all'impegno, all'eroismo del dovere, il tutto con modalità farsesche e nella politicheggiante fisionomia dell'ispettrice Mancuso (Daniela Marra).
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... e tu, papà, sei morto fra le pecore". Da commiserare. Il risultato di un'arretratezza sociale, di una maleducazione nel costume e nella cultura. Si richiede indulgenza verso una condizione umana abietta ma penosa, sofferente, a cui sono stati negati riscatto e speranza. Senza ironia, oggi si ragiona così, non solo al cinema. Una questione morale si prende di striscio come l'orecchia di Trump e con le stesse conseguenze: deplorazione del crimine nella più bella ipocrisia, vago e inconsistente il richiamo all'impegno, all'eroismo del dovere, il tutto con modalità farsesche e nella politicheggiante fisionomia dell'ispettrice Mancuso (Daniela Marra).
Sicilia, però. Viscerale, intima e pervasiva ad un tempo. Aria, colore, intercalare tipico, rictus riconoscibili, la mùtria inconfondibile delle donne, le più vere, brave. I palermitani Piazza e Grassadonia sentono, soffrono la loro Isola che qui non è solatia ma notturna, claustrofobica nondimeno autentica e attuale. Solo che per riuscire convincenti, come il loro concittadino Andò, avrebbero dovuto lasciare il racconto al sarcasmo giulivo di Ficarra e Picone. Germano e Servillo impegnano la critica ma non divertono e ciò nuoce al gradimento del pubblico che di denunce, svergognamenti, allusioni a collusioni e quant'altri misfatti dei poteri occulti nel segreto di Pulcinella è stanco e rigetta con tedio e disprezzo. Eppure la prestazione di questi eccellenti e amati attori è il buon motivo per vedere il film. Maschere perfette davvero, manifestazione di un'arte pura, asettica, superiore.
Pretestuoso e opinabile, invece, il riferimento a fatti accaduti, a persone esistite. Per quello che ho capito, questo Matteo (chiameranno ancora così i bambini?) poteva "latitare" per altri 30 anni. Eppure, forse campava di più se si faceva arrestare prima. Penso che non fu "riconosciuto" ma si consegnò volontariamente per farsi curare meglio nel patetico tentatico del terminale che spera di prolungare un giorno, un'ora.
Non proseguo su un terreno minato, non ce n'è di bisogno, ognuno di voi ha gia elaborato proprie riflessioni. Ricordo soltanto che, passando anni fa per caso da Castelvetrano , un paesone agricolo che produce un olio cha difficilmente assaggerete (va quasi tutto in America), mi apparve come un suburb di Los Angeles.
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mercoledì 16 ottobre 2024
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lento
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un film che non mette in luce i talenti degli attori e non descrive nemmeno le complesse personalità dei personaggi.. un'agonia in chiave farsesca
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marinaaquinorc
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martedì 15 ottobre 2024
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un film che mostra la verità dello stato italiano
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Bhe che dire un film che mostra come lo stato italiano abbia fatto di tutto per non trovarlo, non mostra tutta la vera storia di questo boss, a mio parere però il film è stato costruito bene, si doveva mostrare tutto di una vita della malavita. Consiglio vivamente dì fare vedere un film del genere ai giovani solo dopo avergli fatto conoscere la vera storia, così sembra facile. Il film ti da una parte di quella vita che se compresa male può dare il cattivo esempio. Una cosa vera della mafia è che se ti penti subisci la pena che il boss decide, come abbiamo visto nel film. Il mio voto è un 4 soprattutto per la struttura delle scene e la recitazione, per la storia direi 3.
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athos
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lunedì 14 ottobre 2024
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farraginoso
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Film farraginoso e claustrofobico molto probabilmente per una storia che non è per nulla leggendaria. Elio Germano, bravissimo, è compresso in un ruolo ripetitivo e minimale, mentre Toni Servillo gigioneggia un po' troppo. Rimpiango l'attore visto anni fa, ora i registi lo utilizzano in interpretazioni teatrali per tenere alto il ritmo di film che non decollano.
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nino pellino
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domenica 13 ottobre 2024
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ottima interpretazione per un film controverso
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Più che scrivere una recensione vera e propria, vado a sintetizzare le mie principali impressioni su questa pellicola: innanzitutto film piuttosto lungo nel quale accanto al racconto principale della trama si sviluppano una serie di situazioni secondarie che se da un lato servono a focalizzare la nostra attenzione su alcuni episodi del passato del boss Messina Denaro, per un altro verso contribuiscono in maniera eccessiva ad allungare una storia che avrebbe funzionato benissimo anche con una durata poco superiore ad una ora e 30 minuti. L'aspetto positivo e solido del film è rappresentato dall'ottima interpretazione dei due attori protagonisti i quali confermano di essere qualitativamente ineccepibili, appunto Toni Servillo e Elio Germano.
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Più che scrivere una recensione vera e propria, vado a sintetizzare le mie principali impressioni su questa pellicola: innanzitutto film piuttosto lungo nel quale accanto al racconto principale della trama si sviluppano una serie di situazioni secondarie che se da un lato servono a focalizzare la nostra attenzione su alcuni episodi del passato del boss Messina Denaro, per un altro verso contribuiscono in maniera eccessiva ad allungare una storia che avrebbe funzionato benissimo anche con una durata poco superiore ad una ora e 30 minuti. L'aspetto positivo e solido del film è rappresentato dall'ottima interpretazione dei due attori protagonisti i quali confermano di essere qualitativamente ineccepibili, appunto Toni Servillo e Elio Germano. Anche la scenografia e le inquadrature dallo stile non proprio nitido e in chiaroscuro hanno senza dubbio il loro fascino visivo. Infine il finale che spiazza lo spettatore e che riserva sicuramente delle perplessità in merito all'effettiva efficienza dei servizi segreti.
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