
Un coro di artisti riflette sulla città e la sua inesausta capacità di ispirare. In programma alle Giornate degli Autori. Online fino al 31 agosto.
GUARDA ORA IL FILM I SCOPRI MYMOVIES ONE.
di Raffaella Giancristofaro
Nel 1989 usciva per Einaudi “Dadapolis”, di Fabrizia Ramondino e Andreas Friedrich Müller: un coro di voci di artisti e intellettuali attorno a Napoli, reale e immaginata. A quel libro e a quel modello narrativo si ispira fin dal nome il film di Carlo Luglio.
Tutto è concepito come un continuo dialogo pubblico tra pari — i cui nomi, se non già noti, lo spettatore scoprirà solo sui titoli di coda — estemporaneamente ripreso in spazi aperti della città. Al netto di una forte autoreferenzialità e di ripetute riprese di droni che planano su acque e scogli, Dadapolis si offre come un prezioso censimento, una mappatura intergenerazionale e multidisciplinare, da leggere e decifrare, della comunità artistica cittadina e delle sue rinnovate modalità espressive, che si dibatte tra un’eredità cospicua e pulsante (mai nominata direttamente, ma evocata), un passato che inorgoglisce ma al tempo stesso vincola, un immaginario sempre più stereotipato e fallace e l’esigenza di interpretare il presente e il futuro di Napoli nel quadro più ampio di cambiamenti globali.
Inevitabilmente episodico, sincopato, irregolare come un ritmo jazz, va letto come una chiamata alle armi alla città, perché si ricordi di essere se stessa e di non smettere di immaginare e creare.