Titolo originale | John Lennon: Murder Without a Trial |
Anno | 2023 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA, Gran Bretagna |
Regia di | Rob Coldstream, Nick Holt (II) |
Attori | Jack Douglas (II), Kiefer Sutherland . |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento martedì 12 dicembre 2023
Una docuserie in tre parti che offre uno sguardo più completo sulla verità del tragico omicidio dell'icona della musica e della cultura John Lennon e sull'indagine e la condanna di Mark David Chapman.
CONSIGLIATO NÌ
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L'omicidio di John Lennon per mano di Mark Chapman è rivissuto in una docuserie divisa in tre parti: "L'ultimo giorno", racconto del fatto, dei testimoni e dello choc successivo; "L'investigazione", con le ricerche dei detective e degli avvocati sul passato di Chapman; "Il processo", con la risoluzione del caso e il suo tragico lascito.
Riaprire le pagine di uno dei fatti che ha più dolorosamente inciso sullo spirito della collettività degli ultimi 50 anni è doloroso e la visione di John Lennon: Murder Without a Trial non è esente da queste sensazioni.
Nessuno vorrebbe più sentir parlare di Mark Chapman. Anche solo il suo nome provoca rabbia a distanza di decenni, per aver messo fine alla vita di uno degli uomini più amati al mondo e per averci privato di quel che ancora Lennon avrebbe potuto regalarci come artista. Il regista Nick Holt ne è consapevole e fa pronunciare meno volte possibile il nome di Chapman.
Ancora oggi la volontà di non regalare spazio e fama all'assassino prevale, quasi in un contrappasso eterno, visto che l'unico movente apparente dell'omicida fu quello di "sostituirsi" all'odiato Lennon, di cui invidiava fama e successo. Tra testimonianze accorate e talora rotte dalla commozione, Chapman risulta paradossalmente, nel suo perverso modo, il testimone più lucido. Nelle immagini dello speciale a lui dedicato dal giornalista Larry King a 12 anni di distanza da quanto avvenuto davanti al Dakota di New York, il killer spiega chiaramente e lucidamente il suo "progetto": uccidere una celebrità che riteneva falsa e vanesia - specie per aver paragonato i Beatles e Gesù Cristo - e diventare famoso al suo posto.
Questo forse spiega il comportamento apparentemente assurdo tenuto da Chapman la sera dell'omicidio, mentre attende l'arrivo della polizia leggendo pagine de "Il giovane Holden" di J.D. Salinger. Vedere due simboli della controcultura come Salinger e Lennon accomunati dalla mente di un folle svela il retrogusto più amaro di un'epoca, suggerisce quasi di inquadrare quanto avvenuto al Dakota l'8 dicembre 1980 come l'ultimo atto di una scia di sangue e disillusione inaugurata dalla strage di Bel Air e dal concerto di Altamont al tramonto degli anni 60. È lo specchio di un'epoca impreparata di fronte all'odio e ancora non ossessionata dalla sicurezza, come avverrà in seguito a eventi pubblici traumatici, tra cui la stessa morte di Lennon.
Holt collega invece i fatti del Dakota a quanto avvenuto di lì a poco, ossia l'attentato fallito al presidente Ronald Reagan, suggerendo teorie cospirazioniste e paralleli poco credibili (anche John Hinckley jr. possedeva "Il giovane Holden", ma trarre congetture da questo fatto è risibile). Questo timido tentativo di gettare il sasso per poi ritrarre la mano, accennando a come Lennon fosse nel mirino dell'FBI per il suo attivismo pacifista, è probabilmente il punto più debole di John Lennon: Murder without a Trial, che finisce per rivelare assai poco che non fosse già noto sulla morte dell'ex Beatle. Ha senso riaprire una ferita così profonda senza gli strumenti necessari per richiuderla nel migliore dei modi?
Per giustificare la sua operazione Holt si affida all'immagine choc che Yoko Ono pose in copertina a un suo album, con gli occhiali insanguinati di John in primo piano, quasi a forzare un'empatia nel pubblico in un invito a non dimenticare. Salvo poi rifugiarsi in un epilogo con cui è impossibile non empatizzare, dedicato al figlio Sean e al suo disarmante amore verso un papà speciale, sottrattogli troppo presto dall'odio. La schizofrenia di montaggio di Holt lascia molti dubbi, ma il documentario rimane la più completa testimonianza su una vicenda triste e insensata, tuttora difficile da rivivere.