Con la sua ultima opera Cani randagi, l’amico e concittadino francavillese Alessandro Zizzo supera se stesso, raggiunge, possiamo dirlo senza se e senza ma, l’apice, ovviamente fino a questo momento, della sua produzione.
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“Noi siamo cani randagi, vaghiamo senza meta, alla ricerca di briciole perché abbiamo smesso di sognare.”
Con la sua ultima opera Cani randagi, l’amico e concittadino francavillese Alessandro Zizzo supera se stesso, raggiunge, possiamo dirlo senza se e senza ma, l’apice, ovviamente fino a questo momento, della sua produzione. Il salto di qualità, lo step in più, la consacrazione definitiva, potremmo dire. Lo fa con una storia sporca, come lui stesso la definisce, senza sconti a linguaggio, scene e situazioni. Senza retorica e senza edulcorare una realtà, quella della malavita salentina, che di dolce e buono ha ben poco. Una realtà che Andrea, giornalista emigrato a Milano, prova a raccontare in un libro tornando nella sua terra natia e partendo dalla storia della giovane Silvia, di cui lui stesso è stato partecipe da ragazzino. Una storia nella storia, perché mentre Andrea, dalle pagine in fieri del suo libro, ci narra di Silvia, si sviluppa contemporaneamente la propria vicenda narrativa che lo porta, all’inizio inconsapevolmente, ad attingere in prima persona quel mondo di cui vuol raccontare.
Forse sono proprio Silvia e Andrea gli unici personaggi positivi, in qualche modo, e a loro modo, buoni di tutta la vicenda. Gli unici a sognare che le cose possano cambiare, e ci credono realmente. Ma “loro non cambiano, loro non vogliono cambiare”, come disse la vedova dell’agente Vito Schifani nel famoso discorso durante il funerale delle vittime della strage di Capaci.
Zizzo, autore della sceneggiatura insieme a Barabba Marlin, analizza e porta in scena relazioni ed equilibri delicati all’interno di tale mondo, fatte di accordi, tradimenti, doppi giochi, dove non sempre si è quello che si appare ed anzi magari, alla fine, chi si riteneva un mero cagnaccio mostra un briciolo di umanità e viceversa. In gran forma il cast, l’intero cast, preferisco non nominare nessuno per non trascurare gli altri, perché hanno fornito davvero tutti una prova ottima e generosa. Ovvio che i tre protagonisti principali (un'Altea Chionna da premio, Giuseppe Ciciriello ed il fedelissimo Giorgio Consoli) hanno avuto maggior modo di mettersi in evidenza, ma bravi tutti tutti.
Posso solo aggiungere che nel finale mi si è smosso qualcosa fisicamente tra petto e stomaco che assomigliava molto a emozione, commozione e coinvolgimento. Quando un film, giungendo alla conclusione, ti fa pensare “no, già finito?!”, vuol dire che ha colto pienamente nel segno. In un momento decisamente positivo per il cinema italiano, come ho ringraziato con l’immaginazione la Cortellesi, come ho ringraziato di persona Michele Riondino, voglio dire grazie anche ad Alessandro per averci donato questa perla. Un talento purissimo, un’eccellenza della nostra Francavilla Fontana, che dopo tanta gavetta merita successi e traguardi sempre maggiori. Vedete Cani randagi, al cinema se riuscite, o su Amazon Prime Video quando uscirà (ebbene sì, vetrina importantissima), non ve ne pentirete.
La dedica finale è sicuramente arrivata lassù, caro Alessandro, e da lassù avranno apprezzato, puoi starne certo.
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