L'ombra di Caravaggio

Tornano tutte le ossessioni del Placido regista, il corpo innanzitutto, in una lettura febbricitante della vicenda umana e artistica del pittore, un'opera apertissima che contiene "infiniti mondi"

Dio crea infiniti universi, infiniti mondi, infiniti soli... ripete tra sé e sé il Giordano Bruno di Gianfranco Gallo nella vertiginosa sequenza in cui Caravaggio lo riconosce in cella, che è il nucleo (l'incontro sarebbe dovuto essere un testo teatrale, come ha raccontato il regista) intorno a cui si è costruito il progetto di questo film. E infiniti mondi sembra contenere il cinema di Placido, in un'opera apertissima che dialoga con mille suggestioni diverse, dalla rievocazione sognante sulla scia dell'ultimo Martone fino alle ossessioni della sua carriera registica - il corpo, innanzitutto: quello del protagonista Riccardo Scamarcio viene martoriato sin dalla prima sequenza, una spada gli trafigge la guancia, e subito dopo il pittore intuisce che è proprio quel volto sfregiato a dover diventare la faccia del suo Golia. [...]

di Sergio Sozzo, articolo completo (3924 caratteri spazi inclusi) su Sentieri Selvaggi 19 ottobre 2022