The King’s Man – Le origini è un film a tratti masochista, che vuole essere ciò che non sarà mai e disperde alcuni ottimi spunti per l’ansia di riscatto del suo regista. E alla fine dello spirito della saga non rimane più nulla.
Mentre la regia affoga dunque nei riferimenti eruditi, sottotraccia si intravedono infatti i contorni di un prodotto dal potenziale straordinario, che con piglio teorico riflette sul potere trasformativo del cinema. Matthew Vaughn infiltra la Storia con lucidità, porta in scena fatti reali riattraversati però dal suo sguardo sornione, trasforma i prodromi del conflitto in una pantomima di bambini, trasforma Rasputin in un assassino tanto grottesco quanto affascinante e lascia che a tirare i fili del complotto sia un impossibile gruppo di nemesi della Storia, come in un supremo incubo complottista.
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The King’s Man – Le origini è un film a tratti masochista, che vuole essere ciò che non sarà mai e disperde alcuni ottimi spunti per l’ansia di riscatto del suo regista. E alla fine dello spirito della saga non rimane più nulla.
Mentre la regia affoga dunque nei riferimenti eruditi, sottotraccia si intravedono infatti i contorni di un prodotto dal potenziale straordinario, che con piglio teorico riflette sul potere trasformativo del cinema. Matthew Vaughn infiltra la Storia con lucidità, porta in scena fatti reali riattraversati però dal suo sguardo sornione, trasforma i prodromi del conflitto in una pantomima di bambini, trasforma Rasputin in un assassino tanto grottesco quanto affascinante e lascia che a tirare i fili del complotto sia un impossibile gruppo di nemesi della Storia, come in un supremo incubo complottista.
È forse questo il Kingsman che sarebbe dovuto essere fin dall’inizio, eppure tutti questi spunti finiscono per smorzarsi, come se lo stesso Vaughn volesse forzare il film a tornare in spazi che in realtà non gli appartengono davvero.
Alla fine il passo non può che cedere. Ormai consapevole di quanto il suo film manchi di personalità Matthew Vaughn, corre ai ripari, con una sequenza che vorrebbe aggressivamente ripensare i punti di riferimento del film. Cerca un disperato twist ma quello che trova è un capriccio, un disperato grido d’aiuto, che distrugge tutto ciò che era stato costruito fino a quel momento. Da quel momento il film naufraga per rinascere in una nuova, inattesa forma. L’ultimo atto di The King’s Man è una sorta di Bond movie apocrifo. È il momento in cui Vaughn respira a pieni polmoni, ottenendo forse quella legittimazione che cercava dall’inizio. Ma questo non è più Kingsman, è una fantasia del suo regista.
Riesce ad assestare qualche buon colpo, The King’s Man – Le origini, che tuttavia rimane un film asfissiante, dominato dall’ansia programmatica di Matthew Vaughn, a cui ormai il mondo che ha creato sta stretto. Un film pop che tuttavia esiste solo in funzione del suo creatore, involuto, che più o meno apertamente rifiuta la sua stessa appartenenza al franchise.
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