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Essere Leonardo Da Vinci - Incontro con il regista Massimiliano Finazzer Flory

L'autore del film racconta la genesi di questa intervista impossibile con il grande maestro italiano.
di Rossella Farinotti

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giovedì 1 agosto 2019 - Incontri

In Essere Leonardo Da Vinci a un certo punto uno dei protagonisti, il giornalista che vive a New York, incontra un giovane cinese che gli racconta una storia in cui un maestro pittore fa esercitare il suo allievo sulla figura dell'uovo. E lo forza a ripetere, fino alla noia, il disegno di quest'uovo. Perché? "Non esiste un uovo uguale all'altro", risponde il maestro. Si tratta di allenare l'occhio a guardare. Questo film allena lo spettatore su diversi livelli visivi e simbolici. Il racconto è semplice, lineare, non ha orpelli... questa è la sua forza intrinseca perché Leonardo non ha bisogno di sovrastrutture per essere narrato. I simboli però ci sono e ricorrenti, dalla figura dell' "Uomo vitruviano" che compare più volte, a quelle della natura, geografica e introspettiva, sin dall'inizio. Ha scelto di impostare la sceneggiatura su questi due livelli - il simbolico, ma reso dai dettagli contemporanei e quello della pura narrazione - nella sceneggiatura, o è stato un divenire durante le riprese?

Leonardo, la sua stessa immagine è ormai simbolo. L'etimo di simbolo parla chiaro: viene dal greco e significa "mettere insieme". Il film dunque ha un doppio passo la sua vera storia come se nulla fosse cambiato e il nostro tempo "ignorante". L'idea era quella di mettere insieme la vita di Leonardo attraverso forme tra loro diverse. La prima delle quali è il paragone delle arti che a mio avviso definisce cos'è e cosa deve ancora essere un film d'essai. Pochi sanno che Leonardo leggeva Dante. In particolare, il Purgatorio al Canto X si tratta del "visibile parlare". Dunque il film è simbolico su due livelli: quello del visibile e quello del parlare.

Sempre ritornando alla metafora dell' "uovo". Si è parlato tanto di Leonardo, soprattutto in questo 2019 in onore dei 500 anni dalla sua morte: film, pubblicazioni, documentari, mostre, fumetti, incontri... sotto ogni aspetto legato a questo pensatore, artista, scienziato, insomma una figura che ha toccato tanti - se non tutti - gli aspetti che circondano la vita dell'uomo. Ma, come insegna il maestro citato nel film, "ogni uovo è diverso". Qual è stata la spinta che l'ha portata a raccontare questa figura e che cosa ha di diverso questo film?

Leonardo profeta prevede discepoli che lo raccontino, che lo narrino. Su Leonardo c'era tutto dal punto di vista espositivo ma, nessuno si era cimentato sulla lingua di Leonardo, di fare di essa un'opera d'arte. Del resto, la lingua raccoglie e racchiude in sé elementi psicologici, psicanalitici, sociologici, storici e perfino politici... Per un attore che è anche autore la lingua quando la propria specializzazione è mettere in scena o proiettare biografie è la strada maestra che in compagnia di Stanislavskij ci conduce a un percorso opposto: dal personaggio noto all'uomo ignoto.

Già dal titolo - dalla citazione a Essere John Malkovich - si evince un racconto introspettivo. Che aspetti di Leonardo ha deciso di trattare in questo senso?

Essere o non essere, anche per Leonardo questo è il problema. Il genio del Rinascimento anticipa Shakespeare e nelle scene finali del film dove sono ritratto con clessidra e teschio si tratta del mito, della metamorfosi. Leonardo in questo film è un volto che ha più uomini dentro di sé. Ironico e autoironico ho voluto recitare "trattenuto" non solo dal personaggio che egli stesso si è cucito addosso ma da qualcosa di altro ovvero dal presagio della morte. L'intervista è impossibile ma probabile ed è proprio questa dialettica tra ciò che non è possibile e ciò che potrebbe esserlo ad offrire una sorta di "uomo senza qualità" che in realtà le ha tutte. Ma il senso di responsabilità che Leonardo incarna nel film si scioglie attraverso la "leggerezza" dei due giornalisti. Le parti di Rampini e Quillico sono il bilanciamento con lo stupore, l'ingenuità, la meraviglia, ma anche le ansie del nostro tempo.


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In foto una scena del film Essere Leonardo Da Vinci.
In foto una scena del film Essere Leonardo Da Vinci.

Lei ha portato, nel corso degli ultimi dieci anni, diversi spettacoli in scena. I soggetti, da lei diretti e rappresentati, erano sempre personaggi storici che hanno fatto la nostra cultura. Da Gustav Mahler a Beethoven, o da Alessandro Manzoni a Filippo Tommaso Marinetti. Personaggi speciali, ma non semplici da raccontare perché complessi. E' una sfida la sua per la cultura? O ricerca personale?

Ogni storia dà o dovrebbe dare voce e forme alla nostra esperienza di vita. La mia esistenza è "contro" la cultura, se per essa intendiamo un viaggio da cui nulla si può imparare. Un tragitto disseminato di trappole i cui nomi come anima, arte, bellezza sono privi o peggio sono stati privati della loro letteratura. L'intreccio tra quest'ultima e la biografia dei grandi uomini che l'hanno vissuta come esperienza costituisce la drammaturgia, oppure la sceneggiatura in nome della quale raccolgo una sfida per amore della complessità.

Ho un ricordo che risale al 2009. Ci trovavamo insieme a fare un giro nelle segrete del Castello Sforzesco di Milano. Il direttore ci fece salire alla Trivulziana e ci mostrò, con dei guantini in lattice, il Codice Trivulziano - di cui parla nel film, acquistato da Trivulzio per "16 giglie" -. È stato un momento speciale. Se lo ricorda? Lei ha tenuto in mano il Codice, può essere stato uno dei momenti che l'ha spinta a realizzare il film?

Non v'è dubbio e ho ancora la percezione tra le dita dell'incontro tra i guanti e il codice. Potrebbe essere il titolo di una nuova opera? Ma tutto era iniziato qualche mese prima nell'ottobre del 2008 quando mi ero trovato sotto le volte della Sala delle Asse dando avvio a un progetto di restauro ora felicemente fecondo. Sotto quella sala mi trovai successivamente a recitare 62 aggettivi di Leonardo dedicati alle forme dell'acqua avendo al mio fianco come coreografa e danzatrice Eleonora Abbagnato. Lì capii l'erotismo di Leonardo. Nel film nelle scene che riguardano i moti dell'animo ho voluto ripercorrere una sua frase: "ogni nostra cognizione prencipia da' sentimenti." Ma questo non vale solo per le persone, anche per le cose. La fotografia del film genere proprio da questo processo tenendo conto di quelle ombre proiettate dalle lanterne che ispirarono il regista Leonardo e i suoi spettacoli teatrali.

Il suo racconto su Leonardo ha preso vita prima dal vivo, a teatro o in luoghi speciali. Penso alle prime rappresentazioni, ad esempio, al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. Perché ha deciso di passare al cinema, a realizzare un film su Leonardo? È stato molto diverso interagire in questo ambito, giungendo dal teatro?

Nella sua domanda c'è già una risposta. Leonardo al cinema trova la scienza e la tecnologia tra camera a spalla e drone con lenti artistiche in grado di interpretarlo e rappresentarlo. Ma per fare un film sul genio bisognava essere fedeli al suo spirito ovvero contro qualsiasi genere assoluto. Non è un docu. Non è una spy story. Non è un biopic. Non è un film di finzione. Ma, è tutti questi generi attraversati dalla costante contaminazione tra le regole del cinema e quelle del teatro. Non v'è dubbio però che il cinema per me resta quel "luogo comune" dove il buio e il silenzio prevalgono tra gli spettatori e sul grande schermo le immagini sopraffanno perfino le parole.

Questo Leonardo è qui molto internazionale. Il film parte da New York, passa per Vigevano e Milano e Firenze, e giunge ad Amboise... perché ha voluto raccontare un Leonardo partendo dagli Stati Uniti?

Nel film si ascoltano insieme alla lingua rinascimentale che ricordo essere protagonista per la prima volta a livello internazionale anche lingue come l'inglese, francese, spagnolo, cinese e il nostro italiano contemporaneo. Il paesaggio quello toscano e quello della Loira ancora intatti dal punto di vista dell'estetica del tempo avevano bisogno di una città ideale che tenesse insieme immagine e immaginazione. New York sarebbe piaciuta a Leonardo: il fiume, i ponti, il mare, la verticalità, il movimento e soprattutto l'energia anche della Natura su cui si è costituita New York sono elementi del "da Vinci pensiero". Non si deve trascurare il fatto che il Rinascimento penso a Firenze e a Milano aveva un'idea di città moderna ed è stata questa la categoria su cui New York ma penso anche a Chicago nel '900 sono diventate esse stesse città d'arte.
In ultimo ho creduto negli Stati Uniti e i premi che ho ricevuto a Los Angeles, Las Vegas e New York dimostrano che c'è un'enorme fame di Italia e di film d'arte su cui mi cimenterò anche con il mio prossimo progetto dedicato all'Inferno di Dante.


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