stefanocapasso
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giovedì 29 novembre 2018
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l'importanza di essere importanti per qualcuno
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Alessandro ha seri problemi con l’alcool, e questo gli causa la rottura con il gruppo musicale con cui canta da 20 anni. L’ennesimo sfogo distruttivo in casa lo porta all’ospedale dove sosterà qualche giorno, e dove incontrerà una donna con problemi di tossicodipendenza alla quale è stato sottratto il figlio dai servizi sociali. Insieme decidono di darsi una possibilità e di andare a vedere il bambino e poi con lui partire per la Spagna. Ma per prendere il bambino l’unico modo è che scappi con loro.
Un film tutto sardo questo di Bonifacio Angius, dalle emozioni forti e che lavora sul disagio esistenziale dei due protagonisti che sfogano in sostanze diverse la loro inquietudine.
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Alessandro ha seri problemi con l’alcool, e questo gli causa la rottura con il gruppo musicale con cui canta da 20 anni. L’ennesimo sfogo distruttivo in casa lo porta all’ospedale dove sosterà qualche giorno, e dove incontrerà una donna con problemi di tossicodipendenza alla quale è stato sottratto il figlio dai servizi sociali. Insieme decidono di darsi una possibilità e di andare a vedere il bambino e poi con lui partire per la Spagna. Ma per prendere il bambino l’unico modo è che scappi con loro.
Un film tutto sardo questo di Bonifacio Angius, dalle emozioni forti e che lavora sul disagio esistenziale dei due protagonisti che sfogano in sostanze diverse la loro inquietudine. E’ l’incontro di due persone che hanno quasi totalmente perso le speranze di farcela, lui ha perso tutto, lei ha ancora l’istinto che la porta verso il figlio. Ed è proprio questo desiderio che tiene in vita lei e che finisce per diventare una motivazione per lui nel tentativo di aiutarla, tentativo che diventerà occasione per riscattarsi dal tragico declino che sta vivendo. Essere importanti per qualcuno, lei per il figlio, lui per lei può diventare quella spinta trasformatrice che intuiamo i due potranno cogliere.
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venerdì 7 dicembre 2018
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si parla di vita
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Si parla di vita nel nuovo film di Bonifacio Angius, di un uomo, di una donna, di un bambino e di tutta l’umanità variamente assortita che incontrano nel loro cammino. Un cammino fatto di sofferenze, cadute, riprese ma anche di gioia e felicità, vite insomma, vere, umane, combattute giorno dopo giorno. Definirle marginali sarebbe sbagliato, dato che i margini li definisce sempre qualcun altro per i suoi comodi, vite e basta, vite vissute, di uomini e di donne. Un film che parte dalla Sardegna verso il mondo, come sempre vorremmo gli artisti sardi, potente nella storia e nelle interpretazioni di Alessandro Gazale e Francesca Niedda, e che non dovete assolutamente perdervi per aiutare le produzioni Made in Sardinia ma soprattutto per regalarvi un film pieno di vita ed emozioni che vi esplode
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Si parla di vita nel nuovo film di Bonifacio Angius, di un uomo, di una donna, di un bambino e di tutta l’umanità variamente assortita che incontrano nel loro cammino. Un cammino fatto di sofferenze, cadute, riprese ma anche di gioia e felicità, vite insomma, vere, umane, combattute giorno dopo giorno. Definirle marginali sarebbe sbagliato, dato che i margini li definisce sempre qualcun altro per i suoi comodi, vite e basta, vite vissute, di uomini e di donne. Un film che parte dalla Sardegna verso il mondo, come sempre vorremmo gli artisti sardi, potente nella storia e nelle interpretazioni di Alessandro Gazale e Francesca Niedda, e che non dovete assolutamente perdervi per aiutare le produzioni Made in Sardinia ma soprattutto per regalarvi un film pieno di vita ed emozioni che vi esploderà dentro
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sergiopintore
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venerdì 7 dicembre 2018
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elegia degli emarginati
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OVUNQUE PROTEGGIMI è uno dei film italiani più americani che abbia visto nell'ultimo anno. Un film carico di rabbia, una rabbia caustica, viscerale, che è molto più di quello che si vede sullo schermo, è letteralmente il ruggito del cuore della "bestia umana", tormentata dal peso dell'esistenza. Nell'anno di "Un affare di famiglia" di Hirokazu Kore'eda, Bonifacio ci propone un film con una tematica simile, estremamente controversa e sulla quale è difficile prendere posizione, soprattutto quando ci sono di mezzo dei bambini. A proposito di bambini, Antonio Angius è uno di quei visi che bucano lo schermo: come parla, come sorride, come strizza gli occhi, come è testimone della sua tragedia familiare.
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OVUNQUE PROTEGGIMI è uno dei film italiani più americani che abbia visto nell'ultimo anno. Un film carico di rabbia, una rabbia caustica, viscerale, che è molto più di quello che si vede sullo schermo, è letteralmente il ruggito del cuore della "bestia umana", tormentata dal peso dell'esistenza. Nell'anno di "Un affare di famiglia" di Hirokazu Kore'eda, Bonifacio ci propone un film con una tematica simile, estremamente controversa e sulla quale è difficile prendere posizione, soprattutto quando ci sono di mezzo dei bambini. A proposito di bambini, Antonio Angius è uno di quei visi che bucano lo schermo: come parla, come sorride, come strizza gli occhi, come è testimone della sua tragedia familiare. Bravo. Ovunque Proteggimi è un film di outsider, di loosers, di emarginati, è un film di anime che lottano nel fango e gridano al mondo che non ci stanno ad affogare. Due anime spezzate affrontano un viaggio on the road attraverso una Sardegna bellissima e durissima, fatta di campi di erba secca, che ci raccontano l'aridità della vita, una vita da cui i protagonisti cercano disperatamente di scappare. Ma per farlo, devono prima fare avanti e indietro su una SS 131 dall'asfalto bollente, che sa molto di camminata sui carboni ardenti. Sassari è raccontata con gli occhi di chi la conosce, di chi l'ha vissuta e di chi riesce a catturarne, ancora una volta, lo spirito, senza renderlo una caricatura. Di questo film si trovano in giro diverse clip, ma io credo che l'immagine migliore per raccontarlo, sia questa che ho condiviso. I due protagonisti, Alessandro e Francesca, salgono a bordo di un autobus e si trovano l'uno di fronte all'altro. I due appaiono come due sagome tratteggiate dal contrasto con la luce del sole che filtra dal finestrino. Lei guarda fuori dal finestrino, assorta nei suoi pensieri, lui guarda lei, che è il motivo per cui è salito sull'autobus, mentre il mondo scorre velocissimo fuori dal finestrino, un mondo che si lascia indietro tutto e tutti, un mondo da cui i due protagonisti si sentono rifiutati. I due non sanno dove stanno andando, ma Alessandro è lì perché sente che può fare qualcosa per Francesca: può aiutarla a scalare le pareti dell'inferno, mentre cerca di tenere a bada i suoi demoni interiori. Alessandro Gazale ci regala un performance di livello, esplorando gli antri più cupi del suo animo. A me è piaciuto molto nella scena in discoteca, quando si aggira per la pista da ballo come un lupo famelico e i suoi occhi scrutano tra la folla una cappuccetto rosso che è tutt'altro che indifesa. Alessandro il lupo, Alessandro il cantante, Alessandro l'ubriacone, Alessandro il bugiardo, Alessandro il violento, Alessandro l'eroe, che trova in Francesca la sua occasione di redenzione. Brava anche Francesca Niedda, divertente e dolce/amara, con un modo di parlare condito di spot pubblicitari e battute spesso fuori luogo. La sua rabbia è tutta negli occhi, nei suoi contrasti, nei suoi conflitti e nella sua coerente incoerenza. Ovunque proteggimi ci insegna che abbiamo tutti bisogno di qualcuno e di quanto sia vera la frase: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre” Ovunque Proteggimi è ancora in programmazione al Cityplex Moderno e se non l'avete ancora visto, andate a guardarlo il prima possibile. Gran bel film, davvero. Questo è il segno che siamo sulla strada giusta e che stiamo seguendo quella filosofia di cui ha parlato spesso Matteo Rovere, con la volontà di cambiare il cinema italiano, rinfrescandolo e rinnovandolo.
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cardclau
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lunedì 10 dicembre 2018
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una riflessione sulla devianza
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Il film di Bonifacio Angius, Ovunque proteggimi, è un bel film, complesso, amaro e nel contempo assai inquietante, un tipo di road story, con dei bravi attori. Tratta una storia di devianza, che trova un fertile humus sulla povertà sfociata nella miseria, un tema caro non solo a me, e sul ruolo contenitivo della società che li circonda, e che a volte può sembrare un pochino persecutoria. Miseria che riconosciamo per la grave e irreversibile frattura delle relazioni intrafamiliari, quindi estese all’esterno, in una assoluta incapacità a prendersi la responsabilità del proprio vivere. Cominciamo a conoscere Alessandro (un bravo e convincente Alessandro Gazale). Alessandro ricorda che suo padre per il compleanno gli aveva regalato una camicia e una chitarra, e che in breve tempo gli aveva insegnato a suonare una canzone, e conclude che suo padre era stato l’unico vero amico della sua vita. Ovviamente un padre è solo un padre, buono o cattivo che sia, non può essere un amico o un fratello, se no entriamo in una profonda confusione di ruolo. Alessandro canta con un gruppetto, ma è uno spiantato, è un po’ picchiato (ma lo capiremo dopo), vive con la madre perché non sa dove andare, non ha la ragazza, è un alcolista riconosciuto e conosciuto dal suo ambiente, che ha dovuto operare dei TSO (trattamento sanitario obbligatorio) perché a volte dopo aver bevuto si poteva permettere un atteggiamento un po’ violento se contrariato (l’abbiamo visto solo con sua madre per 200 euro). Durante uno di questi episodi conosce, durante il ricovero coatto, una ragazza, Francesca (una brava e convincente Francesca Niedda), diciamo strana, sicuramente psicotica, che sta come sospesa fra mondi diversi, e dice e non dice. Pur nella assoluta stranezza ed estraneità Francesca e Alessandro, nell’oscurità della notte di ospedalizzazione, complice la scarsità del controllo sanitario, fanno sesso. Non posso dire che fanno all’amore perché solo nel secondo caso vengono messi in opera il desiderio, le emozioni, i sentimenti, la relazione, che qui mancano. Siamo ad un livello istintuale, pericolosamente senza pensiero, un agito totale. E qui giustamente cominciamo ad agitarci perché potrebbe finire male. Alessandro per quel fatto si sentirà sorprendentemente responsabile e cercherà di proteggere e di aiutare Francesca. Nel frattempo veniamo messi al corrente che Francesca è anche una tossico dipendente, che ha un figlio che le è stato allontanato dal giudice, che vuole scappare per rifarsi una vita. Francesca appare anaffettiva, e sembra di non avere un barlume di cosa vuol dire essere madre. Il figlio, probabilmente di quattro anni, a parte le smancerie solo di facciata, per un contentino sentimentale, è già un grave dipendente dei tablet, cosa che ha divertito sonoramente, alcuni degli spettatori. A me ha fatto invece gelare.
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antonio canu
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venerdì 21 dicembre 2018
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la disperazione al potere
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Potrei parlare dei difetti che ho riscontrato durante la visione ma se un film ti fa ridere, emozionare e piangere che gli si può chiedere di più? Forse di lasciare Sassari e la Sardegna ma è ancora presto per Bonifacio visto che parliamo del suo secondo lungometraggio e allora non posso che dire che questo film mi ha riempito il cuore. Quella fitta che ti accompagna da quando ti siedi in sala, continua anche nei giorni seguenti fino a deflagrare fra le confortanti mura della vita di tutti i giorni. Perché è di vita che si parla, del sentire estremo di due disadattati che graffiano ad ogni fotogrammi. La vera protagonista del film è la disperazione desolante di Alessandro che si arrende all'amore, alla speranza, ad un sentimento che eleva anche solo per un momento chi dalla vita ha preso solo calci.
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Potrei parlare dei difetti che ho riscontrato durante la visione ma se un film ti fa ridere, emozionare e piangere che gli si può chiedere di più? Forse di lasciare Sassari e la Sardegna ma è ancora presto per Bonifacio visto che parliamo del suo secondo lungometraggio e allora non posso che dire che questo film mi ha riempito il cuore. Quella fitta che ti accompagna da quando ti siedi in sala, continua anche nei giorni seguenti fino a deflagrare fra le confortanti mura della vita di tutti i giorni. Perché è di vita che si parla, del sentire estremo di due disadattati che graffiano ad ogni fotogrammi. La vera protagonista del film è la disperazione desolante di Alessandro che si arrende all'amore, alla speranza, ad un sentimento che eleva anche solo per un momento chi dalla vita ha preso solo calci. La sua pazzia, la loro disperata pazzia cerca una rivalsa, cerca il modo di "fregarli", di sfuggire ad una società dove gli ultimi devono rimanere tali, devono sentirsi inadeguati e sporchi. Ma quell'angelo nero e sballato, rozzo e ignorante ha un super potere nascosto, un raggio di luce talmente puro da farti dimenticare chi sia, da farti scordare la sua storia, fino a farti desiderare di esser come lui solo per avere almeno per un attimo il suo super potere.
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maxdembo
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giovedì 27 dicembre 2018
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gente dell'abisso
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Quando qualche anno fa mi chiesero di scrivere la recensione di "Perfidia" di Bonifacio Angius per un magazine online, affrontai il compito con qualche pregiudizio a riguardo. Mi chiedevo se questo prodotto potesse essere all'altezza di un Cinema nazionale e internazionale di livello. Avevo paura, infatti, di ritrovarmi davanti ad un imbroglio amatoriale da due soldi. Ma quel pregiudizio, nel corso della visione della pellicola, svanì del tutto, lasciandomi alla fine un'emozione profonda addosso. Uscendo dalla sala ricordo chiaramente che affermai: "Il Cinema in Sardegna si può fare. E pure bene. " Perfidia non era esente da difetti ma era, a modo suo, un'opera completa, ricca di senso e frutto di un ottimo lavoro in fase di scrittura.
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Quando qualche anno fa mi chiesero di scrivere la recensione di "Perfidia" di Bonifacio Angius per un magazine online, affrontai il compito con qualche pregiudizio a riguardo. Mi chiedevo se questo prodotto potesse essere all'altezza di un Cinema nazionale e internazionale di livello. Avevo paura, infatti, di ritrovarmi davanti ad un imbroglio amatoriale da due soldi. Ma quel pregiudizio, nel corso della visione della pellicola, svanì del tutto, lasciandomi alla fine un'emozione profonda addosso. Uscendo dalla sala ricordo chiaramente che affermai: "Il Cinema in Sardegna si può fare. E pure bene. " Perfidia non era esente da difetti ma era, a modo suo, un'opera completa, ricca di senso e frutto di un ottimo lavoro in fase di scrittura. Tutto il cast (ricordo ancora l'interpretazione maiuscola di Mario Olivieri) era perfettamente calato nell'ingrato compito di dipingere un'umanità senza scampo, drammaticamente votata a soccombere sotto i colpi di una normalità avvilente. In "Ovunque proteggimi" il discorso riprende esattamente da dove lo avevamo lasciato. Non ci sono eroi in questa storia, non ci sono eroi come almeno un altro tipo di Cinema, distante anni luce da questo, ci ha insegnato a riconoscere. In questo film, invece, si agitano delle ombre umane, patetiche figure che si trascinano di situazione in situazione, senza però dare un senso compiuto alle loro azioni. Attenzione però. Su questo punto tornerò alla fine. Angius, stavolta, ricorre ad una regia più asciutta, equilibrata che, senza manierismi, punta il suo occhio impietoso sui volti dei personaggi, sulle maschere solcate e consumate dalla fatica di esistere. Alessandro è un uomo sconfitto (Alessandro Gazale è bravissimo nel dargli non solo il nome ma anche un volto), un cantante folk fallito, ormai nella fase discendente della propria esistenza. Collerico e alcolizzato si muove su un confine liminale, più orientato ad una realtà distopica, alienata, arenata sui blocchi di partenza, distante dalla normalità e dalle regole del gioco che una società nella quale integrarsi impone, pena l'esclusione. Primitivo, grezzo, agisce mosso da una foga sconclusionata, un odio cieco e uniforme, esattamente come bambino che vuole ostinatamente qualcosa, ma non sa neppure cosa con precisione. Questo finché non incontra un'altra anima nera che è quella di Francesca. Non a caso l'incontro avviene in un Istituto di Igiene Mentale, un luogo di esclusione, etichetta istituzionalizzata di una società che emargina le persone non conformi. Il meccanismo che sembrava irrimediabilmente rotto, si rimette in moto. Da questo momento a seguire in Alessandro comincerà ad agitarsi qualcosa che è altro da lui. La sua autoreferenziale esistenza andrà progressivamente smaterializzandosi, in modo del tutto inconsapevole è chiaro, per seguire ora uno scopo, un obiettivo che lo porterà a compiere infine un inaspettato gesto di altruismo. Il processo che si compie è esattamente l'opposto di quello che abbiamo osservato in Perfidia. E nonostante questo, è apprezzabile l'ossimorica frequenza con la quale vengono mostrati gli enormi spazi vuoti della Sardegna, dal Nord al Sud, e la soffocante oppressione che stringe i personaggi come un nodo alla gola. Il film soffre forse nei ritmi, come già accadeva in Perfidia, ma l'incedere stanco, pesante, rende bene l'idea della fatica del protagonista nel trascinarsi in avanti in un mondo che non riconosce e che non lo riconosce. "Ovunque proteggimi" è, concludendo, un'opera matura, potente, che schiaffeggia il pubblico e lo ponte di fronte a quella "gente dell'abisso" che vorremmo relegare nei più lontani recessi del nostro mondo fatto di tante piccole sciocchezze . Un faro puntato su quelle vite interrotte, su quelle vite sulle quali misuriamo la nostra fortuna. Angius ci sussurra un monito fra le sequenze del suo film: ingiusto punirle, ingiusto giudicarle.
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