Un manuale di gesti di sopravvivenza che coglie con grazia la persistenza di un'ideale: il ritorno alla terra radicale e utopico. Recensione di Marzia Gandolfi, legge Veronica Bitto.
di A cura della redazione
In fondo al bosco vivono un padre e una figlia. Will e Thomasin formano da soli una comunità con le sue regole e la sua filosofia. Esperto nell'arte della sopravvivenza, Will ha trasmesso a Tom solide conoscenze e adesso vive clandestinamente con lei. Ma un giorno vengono scoperti e costretti a rientrare in un ordine sociale ed economico più normativo. Il duo è fusionale.
Il loro equilibrio vacilla ma mai il loro amore in risonanza col minimalismo lirico della regia che accorda personaggi e paesaggi. La regista coglie con polso e grazia la persistenza di un'ideale: il ritorno alla terra radicale e utopico.
Il film è il racconto semplice e universale di una fanciulla cresciuta al ritmo delle stagioni e divenuta padre di suo padre; un manuale di gesti di sopravvivenza nella natura e nella vita.
In occasione dell'uscita al cinema di Senza lasciare traccia, Veronica Bitto interpreta la recensione di Marzia Gandolfi.