Cold War |
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Un film di Pawel Pawlikowski.
Con Joanna Kulig, Tomasz Kot, Borys Szyc, Agata Kulesza.
continua»
Titolo originale Zimna wojna.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
b/n
durata 85 min.
- Polonia 2018.
- Lucky Red
uscita giovedì 20 dicembre 2018.
MYMONETRO
Cold War
valutazione media:
3,77
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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"Andiamo di là!"di FabioFeliFeedback: 25659 | altri commenti e recensioni di FabioFeli |
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venerdì 4 gennaio 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In primo piano personaggi un po’ strambi, popolani e/o contadini, intonano nenie e canti tradizionali con l’accompagnamento di fisarmoniche ed organetti; sembra di assistere alla tradizionale “Pasquella di Natale” cantata, suonata e ballata tuttora nei paesi del centro-Italia. In secondo piano un bambino di famiglia borghese benestante, intabarrato in un caldo cappotto contro i rigori del gelo, li guarda di traverso e con sospetto. Viktor (Tomasz Kot) sta girando con la sua compagna per paesi e campagne nella Polonia del 1949 alla ricerca di talenti musicali: incide sul nastro di un registratore i canti citati sopra per fare una prima selezione per conto dei funzionari del POUP (il partito operaio unificato polacco) che dirigono quella che nel 1952 diventerà la Repubblica Popolare di Polonia, un paese satellite della Russia di Stalin. Non c’è molto di notevole dal punto di vista musicale, eccetto una canzone interpretata da due voci femminili : una delle due voci appartiene a Zula (Joanna Kulig), una bella ragazza piena di talento e di verve, che sta per scatenare uno tsunami nella vita di Viktor. Sprecare tempo ed energie per cori polacchi che santificano il “compagno” Stalin non se ne parla. C’è la soluzione emigrazione da Berlino est, ma Viktor rimane solo perché Zula non lo segue. Nelle “caves” di Parigi suona il piano in un trio jazz e si stordisce con l’alcool. Zula riappare, perché ha sposato un italiano per avere il passaporto verso l’ovest. Reinterpreta il suo pezzo forte, che è valido come canzone popolare antica, lied o romanza di lirica operistica, e perfino in chiave cool jazz: ne esce un disco formidabile. Ma tra i due ci sono altri fraintendimenti e diffidenze in altri episodi nella Jugoslavia (quella di Tito), a Parigi e ancora in Polonia: non sarà che l’una o l’altro, o tutti e due sono spie in campo avverso? … Pawlikowski descrivendo Viktor e Zula parla dei propri genitori: due grandi musicisti, ma una vera frana come padre e madre. Per gli anni del secondo dopoguerra non può che scegliere un rigoroso B/N, perché i colori in quella epoca – afferma il regista - erano verdi scuri, marroni e grigi come li raffigura Ermanno Olmi in “Torneranno a fiorire i prati”. Il formato di ripresa è strano e inconsueto; all’inizio sembra quasi un 36x36, una immagine quadrata come quella che scaturiva dalle macchine fotografiche a pozzetto, poi un 4:3. Le scene più importanti si svolgono in una chiesa abbandonata con il tetto scoperchiato, un luogo metafisico che sembra quello di Stalker di Tarkoski: “un labirinto di gallerie in disfacimento, invase dall’acqua” (così lo descrive il Dizionario dei Film Mereghetti del 2011). L’acqua qui non è allo stato liquido, ma condensato in ghiaccio e neve, e non c’è neanche “il premio della stanza segreta”; o forse sì, visto che i due finalmente sono d’accordo e scelgono insieme cosa fare e dove andare. L’ovest a lungo sognato ha svelato il suo bluff ricattatorio, e anche l’est ormai si copre di ridicolo scimmiottando l’ovest con un improbabile cha-cha-cha che neanche la peggiore Rai avrebbe potuto inventare. Alla fine Zula opta per l’est quando dice “Andiamo di là!” e Viktor è d’accordo: c’è il vantaggio che di là almeno – anche se per poco – si parla la propria lingua. E la musica è quella di casa. Pawlikowski spiazza tutti con il suo melò, palma d’oro a Cannes: da non mancare.
Valutazione *** e ½ FabioFeli
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