figliounico
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venerdì 22 dicembre 2023
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la russia vittima di sè stessa
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Un film di Andrej Zvjagincev zeppo di facili simbologie dal sapore adolescenziale ma stilisticamente ineccepibile e con una bella fotografia. Una storia drammatica di separazione e di abbandono scritta per lanciare in realtà e nemmeno troppo nascostamente un messaggio di critica feroce, che rasenta l’odio, contro la società russa contemporanea, colpevole di essere diventata oramai, secondo l’autore, come tutto l’Occidente, vittima del consumismo, amante della bella vita, con la gente ipnotizzata dai cellulari e la cui massima aspirazione è ottenere il benessere economico e l’arricchimento personale. Quindi, morale della favola è che era meglio quando si conduceva una vita di stenti e si pativa la fame.
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Un film di Andrej Zvjagincev zeppo di facili simbologie dal sapore adolescenziale ma stilisticamente ineccepibile e con una bella fotografia. Una storia drammatica di separazione e di abbandono scritta per lanciare in realtà e nemmeno troppo nascostamente un messaggio di critica feroce, che rasenta l’odio, contro la società russa contemporanea, colpevole di essere diventata oramai, secondo l’autore, come tutto l’Occidente, vittima del consumismo, amante della bella vita, con la gente ipnotizzata dai cellulari e la cui massima aspirazione è ottenere il benessere economico e l’arricchimento personale. Quindi, morale della favola è che era meglio quando si conduceva una vita di stenti e si pativa la fame. Nemmeno questo è vero a vedere la simpatica mammina della protagonista. La scomparsa del bambino dovrebbe smuovere le coscienze dei due protagonisti ed invece il cinismo rimane la loro regola di vita, ottusamente egoisti ed al contempo condannati all’insoddisfazione perenne, lui, Aleksey Rozin, vessato sul lavoro come un novello Fantozzi, ripone il bambino avuto dalla nuova compagna nel suo box con un gesto di stizza, lei, Mar'jana Spivak, lascia il letto caldo del suo amante maturo ma danaroso per correre sul tapis roulant al freddo e al gelo con il nome Russia stampato a caratteri cubitali sulla maglietta. Vorrà forse dire Zvjagincev che la sua Patria mentre immagina di correre illusoriamente verso un futuro radioso rimane sempre allo stesso posto ancorata al suo terribile passato di terra violenta ed oppressa vittima di sé stessa prima che del Potere?
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sandro64
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sabato 20 febbraio 2021
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nulla di originale
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Non capisco come si possano assegnare 4 stelle a un film come questo, sbattere sullo schermo il piattume di una famiglia arrivata alla frutta o il dolore di un figlio che suo malgrado ne vive le conseguenze sicuramente non bastano a confezionare un buon prodotto, soprattutto se risulta lento noioso senza brio e prevedibile, non mancano oltrettutto inutili forzature nel rendere la donna cinica fino alla cattiveria gratuita
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taniamarina
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domenica 25 novembre 2018
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"i hope the russians love their children too"
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Così cantava Sting nel pieno degli anni della guerra fredda. Cambiano gli scenari ma la domanda rimane la stessa: la Russia ama i suoi figli? Prova davvero amore per l'amore? Questo film è un viaggio lento, nervoso, dotato di una fotografia splendida e gelida. Il mondo fluisce con fare ipnotico, ghiacciato da una tensione disturbante ed una cupezza che si poggia arrogantemente sulle spalle. Un film nero e senza pietà, la fine di una relazione e l'inizio del baratro per un bambino che appare poche, pochissime volte ed al contempo troppe, in tutto il suo insopportabile strazio. Se il bambino sopravviverà o meno alla sua sparizione, se il suo corpo risulterà corrotto od integro al clima aggressivo della Russia, è un accadimento senza alcuna importanza.
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Così cantava Sting nel pieno degli anni della guerra fredda. Cambiano gli scenari ma la domanda rimane la stessa: la Russia ama i suoi figli? Prova davvero amore per l'amore? Questo film è un viaggio lento, nervoso, dotato di una fotografia splendida e gelida. Il mondo fluisce con fare ipnotico, ghiacciato da una tensione disturbante ed una cupezza che si poggia arrogantemente sulle spalle. Un film nero e senza pietà, la fine di una relazione e l'inizio del baratro per un bambino che appare poche, pochissime volte ed al contempo troppe, in tutto il suo insopportabile strazio. Se il bambino sopravviverà o meno alla sua sparizione, se il suo corpo risulterà corrotto od integro al clima aggressivo della Russia, è un accadimento senza alcuna importanza. La culla genitoriale lo ha già ucciso, relegato nell'inutilità e nel suo essere spaventosamente superfluo alla vita giornaliera di una coppia in crisi. E' un film convinto della sua altezza ideologica, nei suoi intenti non c'è una vera e propria dichiarazione d'amore nei confronti dello spettatore, ma la necessità biologica di dire la propria, di essere impietoso nella chiarezza allegorica delle sue intenzioni. Un film cattivo con attori odiosi e compressi da un sistema comprimente, la Russia, che alla fine corre verso una pericolosa ed agghiacciante meta. Film da rivedere.
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ralphscott
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mercoledì 8 agosto 2018
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tanti premi. e quello x chi resiste sino in fondo?
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Dò due stelle perchè si vede che dietro la cinepresa c'è un professionista,ma la noia e la rabbia per l'ennesimo prodotto pretenzioso e sopravvalutato mi farebbero scendere col voto. Ma è possibile girare due ore abbondanti di prodotto insipido,piatto e squilibrato per trasmettere la solita crisi coniugale,lo squasso familiare,rancori,figlio travolto dagli eventi,ecc.? Tema trito e ritrito - e non sarebbe un reato riprenderlo avendo qualcosa da aggiungere - eseguito mille volte,in certi casi sfornando capolavori (penso a Bergman e a Rossellini),ma nel nostro caso annacquando la sensibile descrizione della sofferenza del minore - il suo pianto dietro la porta è,con la scena dell'obitorio,una delle poche cose che salverei - con tante,troppe sequenze di tedio e scene di sesso gratuite (Zvyaginstev non va proprio per il sottile).
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Dò due stelle perchè si vede che dietro la cinepresa c'è un professionista,ma la noia e la rabbia per l'ennesimo prodotto pretenzioso e sopravvalutato mi farebbero scendere col voto. Ma è possibile girare due ore abbondanti di prodotto insipido,piatto e squilibrato per trasmettere la solita crisi coniugale,lo squasso familiare,rancori,figlio travolto dagli eventi,ecc.? Tema trito e ritrito - e non sarebbe un reato riprenderlo avendo qualcosa da aggiungere - eseguito mille volte,in certi casi sfornando capolavori (penso a Bergman e a Rossellini),ma nel nostro caso annacquando la sensibile descrizione della sofferenza del minore - il suo pianto dietro la porta è,con la scena dell'obitorio,una delle poche cose che salverei - con tante,troppe sequenze di tedio e scene di sesso gratuite (Zvyaginstev non va proprio per il sottile). La scelta che però risulta decisiva nel dare la mazzata ferale allo spettatore è quella di portarlo in giro,in lungo ed in largo,col comitato di volontari per la ricerca dello scomparso;questa diventa,di fatto,la parte preponderante della pellicola,tirata per le lunghe ben oltre il lecito. Loveless...per il povero spettatore (neutrale).
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mareincrespato70
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giovedì 31 maggio 2018
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perla di zvyagintsev: scene da un matrimonio 2.0
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Loveless è un film che mi ha entusiasmato, da non perdere, una perla cinematografica che, grazie ad una solida sceneggiatura e un’indimenticabile perfezione formale, ci parla della Russia contemporanea, ma anche di umanità universale, attraverso le peripezie (eufemismo) familiari di una coppia borghese, alle prese con una crisi personale ed esistenziale ingestibile ed ineludibile.
Rotture, recriminazioni, ed insostenibile odio reciproco con il figlio dodicenne Alyosha drammaticamente trasformato in strumento di ripicche.
Zhenya e Boris cercano di rifarsi una vita, ma la loro anaffettività, metafora di una Russia attuale che ha visto sgretolarsi vecchi valori senza trovarne nuovi, rappresenta lo spirito dei tempi, dove in Occidente e non solo, il turbo-capitalismo dei beni diventati bisogni ha prosciugato lo spirito comunitario-identitario, ma soprattutto le singole individualità emotive.
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Loveless è un film che mi ha entusiasmato, da non perdere, una perla cinematografica che, grazie ad una solida sceneggiatura e un’indimenticabile perfezione formale, ci parla della Russia contemporanea, ma anche di umanità universale, attraverso le peripezie (eufemismo) familiari di una coppia borghese, alle prese con una crisi personale ed esistenziale ingestibile ed ineludibile.
Rotture, recriminazioni, ed insostenibile odio reciproco con il figlio dodicenne Alyosha drammaticamente trasformato in strumento di ripicche.
Zhenya e Boris cercano di rifarsi una vita, ma la loro anaffettività, metafora di una Russia attuale che ha visto sgretolarsi vecchi valori senza trovarne nuovi, rappresenta lo spirito dei tempi, dove in Occidente e non solo, il turbo-capitalismo dei beni diventati bisogni ha prosciugato lo spirito comunitario-identitario, ma soprattutto le singole individualità emotive. Paradigmatica la figura di Zhenya (una straordinaria Maryana Spivak!), la cui compulsività da smartphone è inquietante parabola esistenziale.
Un grande film, straordinaria opera, non un semplice “Scene da un matrimonio” dei giorni nostri.
Eccezionale la prova d’attore dei due protagonisti.
Andrey Zvyagintsev, autore di film pluripremiati (da “Il Ritorno” a The Banishment” passando per il monumentale “Leviathan”) è un regista straordinario, dal talento sopraffino, dall’eleganza formale smisurata: ogni inquadratura sembra un dipinto d’autore, gli spazi e le geometrie sono in simbiosi con le vicende umane, con la natura e i paesaggi esterni, così come gli interni, che parlano come e più dei personaggi.
La bellezza della fotografia è quasi insostenibile. Difficile nel cinema contemporaneo, a mio parere, ricordarsi di un regista più talentuoso, con uno stile così potente e riconoscibile.
Un piacere per gli occhi, arricchito da sceneggiature all’altezza: per gli amanti del cinema il maestro russo è un’icona indimenticabile.
Zvyagintsev è ambizioso, vola alto. E incanta, per sempre, lo spettatore.
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marton
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martedì 8 maggio 2018
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evitabile
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Un insieme di condanna, commiserazione, resa, a volte quasi elogio all’egoismo, file rouge comune a tutti i personaggi. Film crudo, lento, triste, costruito su un neorealismo dei giorni nostri, a tratti ovvio. Da cineforum. Avendo altro da fare si può anche evitare di andare a vederlo, specie se avete già il morale basso.
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ennio
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mercoledì 25 aprile 2018
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il male che viene da lontano
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Mentre sullo schermo scorrono le vite normalmente problematiche dei protagonisti, il vero protagonista è lui, il bambino assente, il bambino non amato, il frutto ultimo degli errori, dell'anaffettività, dell'indifferenza di chi lo doveva amare e sostenere. A partire da lontano, da una nonna acida e arcigna, che per una volta si sente assurdamente, e ingiustamente, accusata di qualcosa quando vanno a cercare il bambino scomparso nella sua lontana isba.
Una bella, e amara, produzione russa che ci mostra anche quanto la società russa metropolitana non sia poi così differente, nei valori nuovi e perduti, da quelle occidentali.
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lbavassano
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martedì 27 febbraio 2018
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il coltello nella piaga
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Affonda il coltello nella piaga, Andrey Zvyagintsev, dell'egoismo e del rancore, e ne estrae tutta la materia sgradevole che preferiremmo non vedere, ma di cui per gran parte siamo fatti. Ce la sbatte in faccia, narrando una storia di scomparsa, di vuoto, quotidiana eppur fortemente simbolica. Senza alcuna forma di retorica, ma come su di un tavolo autoptico, facendo parlare soprattutto i corpi, ed i luoghi, quei giganteschi condomini di una periferia non degradata, eppur fredda e disumana.
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mafalda59
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giovedì 8 febbraio 2018
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la russia che corre stando ferma
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nessuno è riuscito a rappresentare l'infelicità come in questo film!
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francescoizzo
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domenica 7 gennaio 2018
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dramma e tragedia senza fronzoli
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Già nelle stupende inquadrature iniziali, il freddo e il silenzio in riva al fiume russo esprimono bene ciò che poi il film ci racconterà: fondamentalmente chiusura egoistica ,freddezza di rapporti e indifferenza verso il bambino dodicenne, frutto innocente di una relazione finita nel risentimento e nell'odio reciproci.il dramma è nei fatti: nella rabbia continua che Zhenya scarica addosso al marito Boris,da cui si sta separando. Nell'ignavia colpevole e pilatesca di lui, nella stupidità della sua nuova compagna, e nello sfogo furibondo della suocera, quando la vanno a trovare.
Unica figura perlomeno "non negativa" sembra essere il nuovo compagno di lei,che semplicemente sta al di fuori dai loro problemi.
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Già nelle stupende inquadrature iniziali, il freddo e il silenzio in riva al fiume russo esprimono bene ciò che poi il film ci racconterà: fondamentalmente chiusura egoistica ,freddezza di rapporti e indifferenza verso il bambino dodicenne, frutto innocente di una relazione finita nel risentimento e nell'odio reciproci.il dramma è nei fatti: nella rabbia continua che Zhenya scarica addosso al marito Boris,da cui si sta separando. Nell'ignavia colpevole e pilatesca di lui, nella stupidità della sua nuova compagna, e nello sfogo furibondo della suocera, quando la vanno a trovare.
Unica figura perlomeno "non negativa" sembra essere il nuovo compagno di lei,che semplicemente sta al di fuori dai loro problemi.
E - sorpresa delle sorprese - è invece del tutto positiva la associazione di volontari che li aiuta nella ricerca del bambino, efficentissima, preparata e competente.
Le cronache dall'Ucraina orientale devastata completano il quadro tragico.
E quel legnetto col nastro plasticato, lanciato verso la sommità dell'albero in riva al fiume dal bambino all'inizio del film, che rivediamo nell'inquadratura finale, ci riporta all'innocenza ed ai sogni di un'infanzia che non sopravviverà alla totale mancanza di affetto ricevuta in sorte.
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