Loveless

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Che freddo nella Russia indifferente e senza amore

di Roberto Nepoti La Repubblica

Vincitore del Leone d'oro nel 2003 col suo film d'esordio, II ritorno, il russo Andrey Zvyagintsev pare aver contratto il morbo del capolavoro. Tre anni fa ha diretto il sublime Leviathan, parabola di potenza biblica, e ora torna con Loveless, premio della giuria di Cannes: un film che s'installa nella mente e ci resta a lungo. Una coppia in fase di divorzio elabora il lutto dell'amore finito tra continui e violenti litigi. Sia Genia che Boris hanno già altri compagni e sono proiettati verso una nuova vita; dove non è previsto alcun posto per Alyosha, il loro figlio dodicenne. Finché, dopo un ennesimo diverbio, il ragazzo non sparisce. La madre se ne accorge dopo due giorni, il padre ne è soprattutto infastidito. Un'associazione di volontari si offre di supplire l'assenza della polizia, ma senza risultati. La sparizione delle persone attrae da sempre il pubblico, tanto da aver generato un programma tv ambiguo quanto popolare e una fiction a puntate, Scomparsa, attualmente trasmessa dalla Rai. Non ci si aspetti nulla del genere da Zvyagintsev, perché il suo film è un thriller senza altri colpevoli che l'indifferenza e il disamore. Anziché sulla soluzione dell'enigma (nessuna traccia, nessun testimone: Alyosha sembra evaporato), il regista si concentra sull'egoismo agghiacciante dei genitori: come se il figlio, per loro, non esistesse più da tempo. Però la cosa più efficace è che Andrey, pur sezionandone sul tavolo chirurgico l'atonia sentimentale, non intende giudicarli né additarceli come mostri da odiare (Genia appare il clone/vittima di sua madre, protagonista di una scena che ne rivela l'anafettività). Senza peraltro ricorrere a scorciatoie psicologiche per assolvere i personaggi, la cui cecità arriva a interpellare gli spettatori con figli sul loro stesso ruolo genitoriale. Zvyagintsev non è l'unico uomo di cultura a stigmatizzare l'egoismo e l'individualismo della Russia odierna; il suo film è però, nei lunghi piani sequenza freddi come il clima in cui si svolgono gli eventi, di un'aderenza alla materia rappresentata che non sapremmo paragonare a nessun altro. È anche un film aspro e perturbante, non roba per anime belle: ma è un prezzo che vale la pena pagare.
Da La Repubblica, 7 dicembre 2017


di Roberto Nepoti, 7 dicembre 2017

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