zarar
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lunedì 11 dicembre 2017
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non si può vivere senza amore
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Opera in nero, per così dire. Immaginate una storia gelida e senza speranza, su di uno sfondo gelido e senza speranza. A Mosca Boris e Zhenya, in procinto di divorziare, carichi di rancori, frustrazioni e insofferenza reciproca, già legati a partner diversi altrettanto improbabili quanto quello che si lasciano alle spalle, già impegnati a vendere la casa comune, non sanno letteralmente che farsene del figlio dodicenne, mai desiderato, poco amato e ora decisamente di troppo. Metterlo in un istituto? Purtroppo il piccolo Alyosha vede, sente, tocca il diapason della tensione e della sofferenza e senza dir nulla semplicemente sparisce, proprio mentre i genitori sono fuori casa con gli amanti rispettivi.
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Opera in nero, per così dire. Immaginate una storia gelida e senza speranza, su di uno sfondo gelido e senza speranza. A Mosca Boris e Zhenya, in procinto di divorziare, carichi di rancori, frustrazioni e insofferenza reciproca, già legati a partner diversi altrettanto improbabili quanto quello che si lasciano alle spalle, già impegnati a vendere la casa comune, non sanno letteralmente che farsene del figlio dodicenne, mai desiderato, poco amato e ora decisamente di troppo. Metterlo in un istituto? Purtroppo il piccolo Alyosha vede, sente, tocca il diapason della tensione e della sofferenza e senza dir nulla semplicemente sparisce, proprio mentre i genitori sono fuori casa con gli amanti rispettivi. Segue una lunga, lenta, drammatica ricerca all’insegna dell’insofferenza prima, dell’ angoscia poi, che non serve a niente, neppure a trasformare i protagonisti in esseri umani. Intorno un ambiente in cui ad antiche miserie, ottusità e inefficienze è subentrata una macchina sociale che non trasmette partecipazione e calore, solo ben calibrata efficienza. I nostri protagonisti non hanno problemi economici; i poliziotti soffrono la consueta lentezza della burocrazia sotto tutti i cieli, ma non sono assenti, la squadra dei volontari che lavora strenuamente alle ricerche è decisamente attiva e ben organizzata. In che senso allora questo film senza lieto fine appare dichiaratamente come una metafora di un contesto sociale disgregato? Perché i protagonisti, che si sono lasciati alle spalle, ormai lontana, ma ancora bruciante, una storia di presunta felicità “collettiva”, di feroce responsabilità individuale, hanno un solo rabbioso obiettivo: niente regole, niente responsabilità, quel che conta è il raggiungimento della propria individuale esclusiva felicità a spese di tutto e di tutti, anche di un figlio. Tragicamente, individuano la felicità nella difesa di un benessere materiale fatto di consumismo, smartphone, centri estetici e centri commerciali, in nuovi amori narcisistici che devono metterli al centro della scena senza chiedere loro niente. Dietro l’angolo il mondo brucia? (il film è ambientato nel periodo del conflitto russo-ucraino): news televisive, non realtà sofferta. E con tutto ciò alla fin fine li attende l’apatia, il vuoto, l’infelicità di prima. Di fronte a questa rabbia senza uscita la tesi del film è che “senza amore non si può vivere”, come recita un personaggio tanto per dire qualcosa (ma invece è troppo vero, suggerisce il regista). “Amore” – dobbiamo pensare - ha qui un’accezione molto larga e molto dostoevskiana, che quegli zombi nevrotici non sono minimamente in grado di capire e di vivere. Appello esplicito e senza speranza ad un mondo più umano, il film, di taglio piuttosto tradizionale, trabocca anche a livello visivo di simbologie, ahimé un po’ scontate: gelidi paesaggi invernali, nudo cemento, grigi cieli oppressivi, desolati campi lunghi in cui le persone si perdono. E che dire di una scena finale in cui Zhenya, con un ‘Russia’ in lettere di scatola stampato sulla felpa, corre senza fare un passo su di un tapis roulant, come un criceto intorno alla sua ruota? Eppure il film ha un suo perché e una sua forza, sostenuto com’è da un’ottima prova degli attori protagonisti e da un buon dialogo.
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[+] l’abisso di un paese colto in un bisogno d’amore
(di antoniomontefalcone)
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nanni
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lunedì 11 dicembre 2017
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loveless
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Loveless o la disgregazione della famiglia tradizionale nel primo mondo all'inzio del terzo millennio. La famiglia è storicamente e strutturalmente un soggetto economico fondato su una rigida divisione dei ruoli uomo/donna la cui stabilità e solidità dipende esclusivamente dalla subalternità femminile e mai dall'affettività che semmai è accessoria. E' bastato liberare, giustamente, la donna da quel ricatto, aprendola al mondo del lavoro e la priorità per tutti è diventata la realizzazione della propria libertà individuale.........ed i figli....???...Andrej Zvjagincev con una scrittura asciutta, scarna, essenziale e nelle mani di attori perfetti, narrandoci i litiggi, i conflitti che precedeno il divorzio di Zhenya e Boris, affonda il coltello nella carne viva di queste problematiche e senza la pretesa di dare risposte prova ad indagarle ed in maniera incisiva a svelarne origini e dinamiche.
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Loveless o la disgregazione della famiglia tradizionale nel primo mondo all'inzio del terzo millennio. La famiglia è storicamente e strutturalmente un soggetto economico fondato su una rigida divisione dei ruoli uomo/donna la cui stabilità e solidità dipende esclusivamente dalla subalternità femminile e mai dall'affettività che semmai è accessoria. E' bastato liberare, giustamente, la donna da quel ricatto, aprendola al mondo del lavoro e la priorità per tutti è diventata la realizzazione della propria libertà individuale.........ed i figli....???...Andrej Zvjagincev con una scrittura asciutta, scarna, essenziale e nelle mani di attori perfetti, narrandoci i litiggi, i conflitti che precedeno il divorzio di Zhenya e Boris, affonda il coltello nella carne viva di queste problematiche e senza la pretesa di dare risposte prova ad indagarle ed in maniera incisiva a svelarne origini e dinamiche. Interessanti anche i sottotesti conseguenti; la coazione a ripetere, il sesso, l'ingenuo e fallimentare ricorso a forme di integralismo religioso come argine al disfacimento....etc....etc....il film, anche se soprattutto nella parte finale, ha qualche lungagine di troppo che ne depotenzia e ridimansiona l'estetica, rimane efficace. Tema ineludibile. da vedere. Ciao Nanni
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[+] in sintesi
(di dandeber)
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vanessa zarastro
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venerdì 8 dicembre 2017
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“si stava meglio quando si stava peggio”
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La borghesia dei paesi nordici è spesso rappresentata in un modo spietato. Così in molti film di Susanne Bier (Dopo il matrimonio del 2006) in tanti di Bergman (Scene da un matrimonio del 1973) e in quelli Thomas Vinterberg (Festen - Festa in famiglia del 1998). Siamo a Mosca nel 2012. Genia e Boris sono una coppia sull’orlo del divorzio. Hanno un unico figlio dodicenne Alyosha, la cui nascita è stata il motivo principale del loro matrimonio. Un matrimonio senza amore così come ce ne sono stati tanti nelle generazioni precedenti ma come, sembra, continuino a esserci a tutt’oggi. All’epoca Genia voleva andar via dalla madre arcigna che non sopportava mentre Boris aveva bisogno di “metter su” famiglia.
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La borghesia dei paesi nordici è spesso rappresentata in un modo spietato. Così in molti film di Susanne Bier (Dopo il matrimonio del 2006) in tanti di Bergman (Scene da un matrimonio del 1973) e in quelli Thomas Vinterberg (Festen - Festa in famiglia del 1998). Siamo a Mosca nel 2012. Genia e Boris sono una coppia sull’orlo del divorzio. Hanno un unico figlio dodicenne Alyosha, la cui nascita è stata il motivo principale del loro matrimonio. Un matrimonio senza amore così come ce ne sono stati tanti nelle generazioni precedenti ma come, sembra, continuino a esserci a tutt’oggi. All’epoca Genia voleva andar via dalla madre arcigna che non sopportava mentre Boris aveva bisogno di “metter su” famiglia. Una sera durante un’ennesima discussione animata – entrambi hanno già i nuovi partner - i due litigano su chi deve prendersi il figlio perché in verità nessuno dei due lo vuole. Genia, in caso Boris non lo volesse con sé, tira fuori la soluzione dell’Istituto; lei vuole rifarsi una vita e non ci pensa affatto a portarsi dietro Alyosha, dichiarando che del resto è meglio che si abitui fin da subito alla disciplina dell’orfanotrofio, perché poi farà il servizio militare. Purtroppo Alyosha ha sentito tutto e piange disperatamente. Il giorno dopo scompare e per due giorni la madre neanche se ne accorge perché essendo tornata a casa la sera molto tardi, non ha neanche controllato se il figlio dormiva nella sua stanza. Quindi, tutto il film è la ricerca del ragazzo: la polizia inerme e burocratica non fa quasi nulla, anzi consiglia di rivolgersi ai volontari. Questi ben organizzati impostano un’accurata ricerca porta a porta, alla scuola interrogano il suo amichetto, frugano nel suo computer e nei social-network in cerca di un indizio. Appendono manifestini dappertutto: al centro commerciale, nelle stazioni, sui pali alle fermate degli autobus, nelle metropolitane. Mentre Boris cerca con loro, Genia prende contatto con tutti gli ospedali e va anche a controllare i bambini trovati in cattive condizioni oppure morti. Genia e Boris, consigliato dal coordinatore dei volontari, andranno insieme perfino dalla madre di lei, che vive fuori Mosca a due ore di auto, con la speranza che il figlio si sia rifugiato lì, ma senza esito.
Loveless fornisce un’occasione per guardare gli interni delle le case: quella della famiglia piccolo-medio borghese – lui è impiegato in un’azienda lei fa la contabile in un Salone di bellezza - che abita in un appartamento di un casermone, costruito forse con una prefabbricazione pesante, e quella di Anton, il ricco amante di Genia che ha sicuramente interpellato un architetto per l’arredamento. Ciò che mi ha colpito è che nonostante il clima rigido e la neve fuori in tutte queste case c’è un riscaldamento efficientissimo che permette i vari protagonisti – i due con i rispettivi amanti – a girare nudi e scalzi per tutta la casa.
In questo film non è solo la mancanza di amore - come recita il titolo - a far paura, ma è specialmente la fiera degli egoismi. Oltretutto Andrey Zvyagintsev, il regista, credo sia un po’ misogino perché le donne del film sono tutti personaggi tremendi, superficiali quando non anaffettivi. La maternità è raffigurata come una disgrazia (anche per i padri) e le mamme delle dure rompiscatole specialmente nei confronti delle figlie femmine, anche quella di che non approva la sua scelta.
Durezza, astio, anaffettività sono tutti gli elementi messi in scena, sbattuti in faccia allo spettatore, in modo quasi aggressivo. Per fortuna ci sono i volontari che mitigano questa visione negativa della società russa. Dal film si evince che il post-comunismo ha lasciato spazio a un individualismo esasperato e al consumismo – che non è neanche troppo sottolineato nel film. I ragazzi vanno a bighellonare ai centri commerciali come in tanti altri paesi occidentali.
Il film Loveless ha vinto, a mio avviso, meritatamente il premio della giuria di Cannes 2017.
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angeloumana
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martedì 19 dicembre 2017
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l'abbandono
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Loveless, ovvero ciò che non si dovrebbe mai dire e fare nei confronti dei bambini. Si provi a chiedere a un bambino come è sentirsi rifiutato o senza importanza. Due genitori nel fiore degli anni, che ancora sentono forti i sintomi di innamoramenti facili per altri partner, presi dalle loro rispettive storie segrete ma “poveri” di sentimenti, vite modeste: l'una con gli occhi sempre sul suo smartphone – quegli aggeggi che fanno sentire moderni ai giorni nostri, moderni e forse anaffettivi – l'altro è un anonimo impiegato di una grande azienda, vite di scarsa comunicazione e di ancor meno calore. L'appartamento che si vende perché ci si separa, Alyosha 12enne che sente i litigi dei genitori, parlano di un istituto a cui affidarlo, le sue spalle ancora piccole scosse dai pianti terribili la notte.
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Loveless, ovvero ciò che non si dovrebbe mai dire e fare nei confronti dei bambini. Si provi a chiedere a un bambino come è sentirsi rifiutato o senza importanza. Due genitori nel fiore degli anni, che ancora sentono forti i sintomi di innamoramenti facili per altri partner, presi dalle loro rispettive storie segrete ma “poveri” di sentimenti, vite modeste: l'una con gli occhi sempre sul suo smartphone – quegli aggeggi che fanno sentire moderni ai giorni nostri, moderni e forse anaffettivi – l'altro è un anonimo impiegato di una grande azienda, vite di scarsa comunicazione e di ancor meno calore. L'appartamento che si vende perché ci si separa, Alyosha 12enne che sente i litigi dei genitori, parlano di un istituto a cui affidarlo, le sue spalle ancora piccole scosse dai pianti terribili la notte. Già quando usciva da scuola all'inizio del film appariva differente dai compagni che uscivano in gruppo, saltellanti e allegri e lui con nessuna fretta di arrivare a casa, attraversava il bosco come unico ambiente amico. Non si può trattar così, come un oggetto qualsiasi da piazzare in qualche luogo, un bambino anche nato per sbaglio, quando i due ancora amoreggiavano. La loro vita è davvero modesta, breve come sono brevi gli amplessi clandestini che praticano con i rispettivi nuovi amanti: che contrasto con la grandezza del far crescere un figlio, quanto sono di breve durata la cura per il bel corpo levigato della giovane moglie Zhenya e la smania di conquiste del marito Boris .
Resteranno soli perché Alyosha, indesiderato, se ne va, sparisce e, assente, diventa l'assoluto protagonista del film, quando in tanti lo ricercano. La sua assenza ha lasciato vuoti i due, le loro vite ancora più vuote e insignificanti, con una mancanza infinitamente più grande dei loro miseri litigi e voglie di evasione. Un regista, il 53enne russo Andrey Zvyagintsev, che non si lascia passare inosservato, i suoi precedenti non furono per caso: Il ritorno (Leone d'oro a Venezia 2003) e Leviathan (migliore sceneggiatura a Cannes 2014). Esemplificativi i giudizi di Gabriele Niola su questo secondo film, giudizi che accomunano tutti e tre i film: “uno sguardo sul popolo russo … la solitudine umana … percorsi di sofferenza dei protagonisti … mancanza di senso superiore nelle vite individuali … vuotezza di anime”. Piccola nota: in ambedue i film c'è il conducente dell'auto che lascia a piedi un familiare, il padre lascia per strada il figlio ne Il ritorno, e il marito lascia a piedi la moglie in Loveless, piccole gentilezze familiari, o russe.
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rickyantolini
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mercoledì 20 dicembre 2017
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per non perdere il futuro
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Il film è un aspra e amara critica alla società moderna persa nella superficialità dell'amore delle relazioni, della fede, accecata dal banale, che pone la domanda -che cosa cerchiamo? Ma è soprattutto una società che rischia di perdere un futuro (o forse lo ha già perso) - tema centrale secondo me - dove la speranza è affidata a pochi baluardi coraggiosi (anche se spinti da un moto quasi asettico e clinico). Una mancanza di amore appunto (come dal titolo). Forse il messaggio diventa anche troppo calcato alla fine, e sembra quasi che il regista non voglia perdere del tutto la speranza su come andranno le cose, e non riuscendo a sbilanciarsi fatica a non lasciare la chiusura sospesa. Belle le scene dove la macchina da presa esita a lasciare l'azione ed indugia oltre la scena ad aspettare un dopo, sconsolata, quasi annoiata ed in cerca di qualcos'altro, in cerca come i personaggi di qualcosa oltre al vetro, un desiderio e nostalgia di natura.
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Il film è un aspra e amara critica alla società moderna persa nella superficialità dell'amore delle relazioni, della fede, accecata dal banale, che pone la domanda -che cosa cerchiamo? Ma è soprattutto una società che rischia di perdere un futuro (o forse lo ha già perso) - tema centrale secondo me - dove la speranza è affidata a pochi baluardi coraggiosi (anche se spinti da un moto quasi asettico e clinico). Una mancanza di amore appunto (come dal titolo). Forse il messaggio diventa anche troppo calcato alla fine, e sembra quasi che il regista non voglia perdere del tutto la speranza su come andranno le cose, e non riuscendo a sbilanciarsi fatica a non lasciare la chiusura sospesa. Belle le scene dove la macchina da presa esita a lasciare l'azione ed indugia oltre la scena ad aspettare un dopo, sconsolata, quasi annoiata ed in cerca di qualcos'altro, in cerca come i personaggi di qualcosa oltre al vetro, un desiderio e nostalgia di natura. Bella la fotografia e molto bravi gli attori. Il triste pessimismo si spera che serva a svegliare una coscienza collettiva, anche se non dispiacerebbe piacerebbe vedere un po più poesia sognante, come le prime scene della fiume e degli alberi.
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francescoizzo
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domenica 7 gennaio 2018
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dramma e tragedia senza fronzoli
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Già nelle stupende inquadrature iniziali, il freddo e il silenzio in riva al fiume russo esprimono bene ciò che poi il film ci racconterà: fondamentalmente chiusura egoistica ,freddezza di rapporti e indifferenza verso il bambino dodicenne, frutto innocente di una relazione finita nel risentimento e nell'odio reciproci.il dramma è nei fatti: nella rabbia continua che Zhenya scarica addosso al marito Boris,da cui si sta separando. Nell'ignavia colpevole e pilatesca di lui, nella stupidità della sua nuova compagna, e nello sfogo furibondo della suocera, quando la vanno a trovare.
Unica figura perlomeno "non negativa" sembra essere il nuovo compagno di lei,che semplicemente sta al di fuori dai loro problemi.
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Già nelle stupende inquadrature iniziali, il freddo e il silenzio in riva al fiume russo esprimono bene ciò che poi il film ci racconterà: fondamentalmente chiusura egoistica ,freddezza di rapporti e indifferenza verso il bambino dodicenne, frutto innocente di una relazione finita nel risentimento e nell'odio reciproci.il dramma è nei fatti: nella rabbia continua che Zhenya scarica addosso al marito Boris,da cui si sta separando. Nell'ignavia colpevole e pilatesca di lui, nella stupidità della sua nuova compagna, e nello sfogo furibondo della suocera, quando la vanno a trovare.
Unica figura perlomeno "non negativa" sembra essere il nuovo compagno di lei,che semplicemente sta al di fuori dai loro problemi.
E - sorpresa delle sorprese - è invece del tutto positiva la associazione di volontari che li aiuta nella ricerca del bambino, efficentissima, preparata e competente.
Le cronache dall'Ucraina orientale devastata completano il quadro tragico.
E quel legnetto col nastro plasticato, lanciato verso la sommità dell'albero in riva al fiume dal bambino all'inizio del film, che rivediamo nell'inquadratura finale, ci riporta all'innocenza ed ai sogni di un'infanzia che non sopravviverà alla totale mancanza di affetto ricevuta in sorte.
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mareincrespato70
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giovedì 31 maggio 2018
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perla di zvyagintsev: scene da un matrimonio 2.0
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Loveless è un film che mi ha entusiasmato, da non perdere, una perla cinematografica che, grazie ad una solida sceneggiatura e un’indimenticabile perfezione formale, ci parla della Russia contemporanea, ma anche di umanità universale, attraverso le peripezie (eufemismo) familiari di una coppia borghese, alle prese con una crisi personale ed esistenziale ingestibile ed ineludibile.
Rotture, recriminazioni, ed insostenibile odio reciproco con il figlio dodicenne Alyosha drammaticamente trasformato in strumento di ripicche.
Zhenya e Boris cercano di rifarsi una vita, ma la loro anaffettività, metafora di una Russia attuale che ha visto sgretolarsi vecchi valori senza trovarne nuovi, rappresenta lo spirito dei tempi, dove in Occidente e non solo, il turbo-capitalismo dei beni diventati bisogni ha prosciugato lo spirito comunitario-identitario, ma soprattutto le singole individualità emotive.
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Loveless è un film che mi ha entusiasmato, da non perdere, una perla cinematografica che, grazie ad una solida sceneggiatura e un’indimenticabile perfezione formale, ci parla della Russia contemporanea, ma anche di umanità universale, attraverso le peripezie (eufemismo) familiari di una coppia borghese, alle prese con una crisi personale ed esistenziale ingestibile ed ineludibile.
Rotture, recriminazioni, ed insostenibile odio reciproco con il figlio dodicenne Alyosha drammaticamente trasformato in strumento di ripicche.
Zhenya e Boris cercano di rifarsi una vita, ma la loro anaffettività, metafora di una Russia attuale che ha visto sgretolarsi vecchi valori senza trovarne nuovi, rappresenta lo spirito dei tempi, dove in Occidente e non solo, il turbo-capitalismo dei beni diventati bisogni ha prosciugato lo spirito comunitario-identitario, ma soprattutto le singole individualità emotive. Paradigmatica la figura di Zhenya (una straordinaria Maryana Spivak!), la cui compulsività da smartphone è inquietante parabola esistenziale.
Un grande film, straordinaria opera, non un semplice “Scene da un matrimonio” dei giorni nostri.
Eccezionale la prova d’attore dei due protagonisti.
Andrey Zvyagintsev, autore di film pluripremiati (da “Il Ritorno” a The Banishment” passando per il monumentale “Leviathan”) è un regista straordinario, dal talento sopraffino, dall’eleganza formale smisurata: ogni inquadratura sembra un dipinto d’autore, gli spazi e le geometrie sono in simbiosi con le vicende umane, con la natura e i paesaggi esterni, così come gli interni, che parlano come e più dei personaggi.
La bellezza della fotografia è quasi insostenibile. Difficile nel cinema contemporaneo, a mio parere, ricordarsi di un regista più talentuoso, con uno stile così potente e riconoscibile.
Un piacere per gli occhi, arricchito da sceneggiature all’altezza: per gli amanti del cinema il maestro russo è un’icona indimenticabile.
Zvyagintsev è ambizioso, vola alto. E incanta, per sempre, lo spettatore.
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iconologo
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mercoledì 3 gennaio 2018
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quando z. esce dal simbolo pasticcia
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Quando Z. esce dalla simbologia che gli era riiuscita potente in leviathan pasticcia. A parte lentezze e calligrafismo di alberi piegati dalla neve e falansteri, ci vuole un pò di grammatica ( e di montaggio) per fare il noir. alla russa Se tutti i personaggi sono egoisti e aggressivi (e neppure il nuovo fidanzato di lei mostra delle qualità, se lei va fuori casa a fare cyclette al freddo con la maglia "Russia"), se perfino le ragazze in strada o al ristorante si mostrano ubriache, self-iose o disponibili,se neppure capiamo se il bambino è morto o ritrovato in ospedale quando lo continuano a cercare, se anni dopo continuano a restare affissi i volantini che lo danno per disperso, parleremo di nichilismo, dunque come giustificare a elogio del volontariato il pistolotto su come fare una efficace ricerca dei dispersi che il regista ci ammannisce? Non capisco come a Berlinio abbia avuto l'Orso d'oro, se non per dare una botta a Putin; certo non è una esplorazione dei traumi dei bambini.
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Quando Z. esce dalla simbologia che gli era riiuscita potente in leviathan pasticcia. A parte lentezze e calligrafismo di alberi piegati dalla neve e falansteri, ci vuole un pò di grammatica ( e di montaggio) per fare il noir. alla russa Se tutti i personaggi sono egoisti e aggressivi (e neppure il nuovo fidanzato di lei mostra delle qualità, se lei va fuori casa a fare cyclette al freddo con la maglia "Russia"), se perfino le ragazze in strada o al ristorante si mostrano ubriache, self-iose o disponibili,se neppure capiamo se il bambino è morto o ritrovato in ospedale quando lo continuano a cercare, se anni dopo continuano a restare affissi i volantini che lo danno per disperso, parleremo di nichilismo, dunque come giustificare a elogio del volontariato il pistolotto su come fare una efficace ricerca dei dispersi che il regista ci ammannisce? Non capisco come a Berlinio abbia avuto l'Orso d'oro, se non per dare una botta a Putin; certo non è una esplorazione dei traumi dei bambini. Stop
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ralphscott
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mercoledì 8 agosto 2018
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tanti premi. e quello x chi resiste sino in fondo?
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Dò due stelle perchè si vede che dietro la cinepresa c'è un professionista,ma la noia e la rabbia per l'ennesimo prodotto pretenzioso e sopravvalutato mi farebbero scendere col voto. Ma è possibile girare due ore abbondanti di prodotto insipido,piatto e squilibrato per trasmettere la solita crisi coniugale,lo squasso familiare,rancori,figlio travolto dagli eventi,ecc.? Tema trito e ritrito - e non sarebbe un reato riprenderlo avendo qualcosa da aggiungere - eseguito mille volte,in certi casi sfornando capolavori (penso a Bergman e a Rossellini),ma nel nostro caso annacquando la sensibile descrizione della sofferenza del minore - il suo pianto dietro la porta è,con la scena dell'obitorio,una delle poche cose che salverei - con tante,troppe sequenze di tedio e scene di sesso gratuite (Zvyaginstev non va proprio per il sottile).
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Dò due stelle perchè si vede che dietro la cinepresa c'è un professionista,ma la noia e la rabbia per l'ennesimo prodotto pretenzioso e sopravvalutato mi farebbero scendere col voto. Ma è possibile girare due ore abbondanti di prodotto insipido,piatto e squilibrato per trasmettere la solita crisi coniugale,lo squasso familiare,rancori,figlio travolto dagli eventi,ecc.? Tema trito e ritrito - e non sarebbe un reato riprenderlo avendo qualcosa da aggiungere - eseguito mille volte,in certi casi sfornando capolavori (penso a Bergman e a Rossellini),ma nel nostro caso annacquando la sensibile descrizione della sofferenza del minore - il suo pianto dietro la porta è,con la scena dell'obitorio,una delle poche cose che salverei - con tante,troppe sequenze di tedio e scene di sesso gratuite (Zvyaginstev non va proprio per il sottile). La scelta che però risulta decisiva nel dare la mazzata ferale allo spettatore è quella di portarlo in giro,in lungo ed in largo,col comitato di volontari per la ricerca dello scomparso;questa diventa,di fatto,la parte preponderante della pellicola,tirata per le lunghe ben oltre il lecito. Loveless...per il povero spettatore (neutrale).
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taniamarina
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domenica 25 novembre 2018
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"i hope the russians love their children too"
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Così cantava Sting nel pieno degli anni della guerra fredda. Cambiano gli scenari ma la domanda rimane la stessa: la Russia ama i suoi figli? Prova davvero amore per l'amore? Questo film è un viaggio lento, nervoso, dotato di una fotografia splendida e gelida. Il mondo fluisce con fare ipnotico, ghiacciato da una tensione disturbante ed una cupezza che si poggia arrogantemente sulle spalle. Un film nero e senza pietà, la fine di una relazione e l'inizio del baratro per un bambino che appare poche, pochissime volte ed al contempo troppe, in tutto il suo insopportabile strazio. Se il bambino sopravviverà o meno alla sua sparizione, se il suo corpo risulterà corrotto od integro al clima aggressivo della Russia, è un accadimento senza alcuna importanza.
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Così cantava Sting nel pieno degli anni della guerra fredda. Cambiano gli scenari ma la domanda rimane la stessa: la Russia ama i suoi figli? Prova davvero amore per l'amore? Questo film è un viaggio lento, nervoso, dotato di una fotografia splendida e gelida. Il mondo fluisce con fare ipnotico, ghiacciato da una tensione disturbante ed una cupezza che si poggia arrogantemente sulle spalle. Un film nero e senza pietà, la fine di una relazione e l'inizio del baratro per un bambino che appare poche, pochissime volte ed al contempo troppe, in tutto il suo insopportabile strazio. Se il bambino sopravviverà o meno alla sua sparizione, se il suo corpo risulterà corrotto od integro al clima aggressivo della Russia, è un accadimento senza alcuna importanza. La culla genitoriale lo ha già ucciso, relegato nell'inutilità e nel suo essere spaventosamente superfluo alla vita giornaliera di una coppia in crisi. E' un film convinto della sua altezza ideologica, nei suoi intenti non c'è una vera e propria dichiarazione d'amore nei confronti dello spettatore, ma la necessità biologica di dire la propria, di essere impietoso nella chiarezza allegorica delle sue intenzioni. Un film cattivo con attori odiosi e compressi da un sistema comprimente, la Russia, che alla fine corre verso una pericolosa ed agghiacciante meta. Film da rivedere.
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