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domenica 5 novembre 2017
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finalmente, spinta da tante critiche positive, sono andata a vedere "la ragazza nella nebbia".
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Questo è solo il mio modesto parere. Io l'ho trovato un film senza cedimenti, di una coerenza così perfetta da sembrare plastica, era infatti da tanto tempo che non vedevo un film che dall'inizio alla fine è tutto brutto. La recitazione di tutti gli attori, o quasi, è completamente sfasata e ridondante di enfasi fuori luogo. Anche il mio Servillo mi tradisce, decidendo di indossare una maschera da tragedia greca e non togliersela più, arricchendo il suo personaggio di gesti plateali senza senso, immagino imposti dal copione, e privandolo totalmente, quasi con cattiveria, di una qualunque parvenza di realtà. Ma tutti, e tutti proprio, i personaggi sono macchiette, che dire piatti non rende, sono schizzi o scarabocchi, voci che recitano, male, la parte assegnata, senza nessuna introspezione, nessuna realtà è ammessa.
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Questo è solo il mio modesto parere. Io l'ho trovato un film senza cedimenti, di una coerenza così perfetta da sembrare plastica, era infatti da tanto tempo che non vedevo un film che dall'inizio alla fine è tutto brutto. La recitazione di tutti gli attori, o quasi, è completamente sfasata e ridondante di enfasi fuori luogo. Anche il mio Servillo mi tradisce, decidendo di indossare una maschera da tragedia greca e non togliersela più, arricchendo il suo personaggio di gesti plateali senza senso, immagino imposti dal copione, e privandolo totalmente, quasi con cattiveria, di una qualunque parvenza di realtà. Ma tutti, e tutti proprio, i personaggi sono macchiette, che dire piatti non rende, sono schizzi o scarabocchi, voci che recitano, male, la parte assegnata, senza nessuna introspezione, nessuna realtà è ammessa. Immagino che li abbia aiutati la sceneggiatura che, per chi legge anche solo un libro al mese, è identificabile da subito come banale o piatta, a tratti ridicola: qualunque puntata di Broadchurch ha una sceneggiatura estremamente più realistica ed interessante di questo film. Ho provato a tenermi qualche battuta in mente per riferirla, come prova provata, ma è arduo trattenere in testa il nulla. "Quando sei circondato dalla morte, non pensi alla tua" Tadà! "La giustizia non fa ascolti, La giustizia non interessa a nessuno" Aritadààà...e poi se la prendono con Fabio Volo! La storia è ....boh: uno strano miscuglio tra stiracchiatissima e telefonata: per la parte più realistica non ci vuole molto, e per quella assurda, beh, ti chiedi solo perchè mai hai perso un'ora e mezza della tua vita a cercare di capirla. La musica è sempre sbagliata: semplicemente non adatta, eccessiva oppure banale, buttata a caso sul film come viene, riesce miracolosamente a non azzeccare una scena. Pure la fotografia è insipida a parte la primissima scena della casa immersa nella nebbia, ma è anche peggio perché dopo cotale inizio la delusione è atroce. Una cosa mai capirò perché con quella location, con tutte quelle montagne che ci avrebbero regalato un poco di ossigeno, la scelta della regia è di farci vedere un orribile plastico, tutto il tempo...lo sappiamo, è da Quinto Potere che se sa, l'avemo capitoooo, levalo quel cacchio de plastico che è solo ridicolo, e facce vede' le montagne armeno! No, niente, solo un pezzetto de roccia ma piccolo e per due secondi. Ho trovato la lancia da spezzare però... una morte niente male. Dunque, secondo il mio modesto parere, questo film ha meno vita di un polipo sfracasciato sulla roccia, ma dalla terza sbattitura in poi, me raccomando; meno profondità di una aforisma fasullo, di quelli scemi firmati Socrate perché fa figo; dei personaggi che ti stanno immediatamente sugli zebedei tutti, e se il film finisse in una strage scespiriana sarebbe bellissimo perché te li odi a quelli; una recitazione disadatta come di tanti piccoli Carmelo Bene persi in Porky's House e mai più ritrovati. Spero di non offendere nessuno, non sono un critico e neanche qualcuna che conta, però ho speso male dieci Euri ed un pomeriggio e con qualcuno me lo devo pijà. E' molto vero che è sempre meglio chiunque le cose le fa davvero, che quelli che le criticano e basta, però occhio ai vostri dieci euro.
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elgatoloco
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mercoledì 25 novembre 2020
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scrittore di thriller esordiente alla regia
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Donato Carrisi, autore, non ancora cinquantenne, di "gialli"di successo, passa alla regia(o meglio è passato alla regia"con questo"La ragazza nella nebbia"(2017, da lui scritto anche per lo schermo-sceneggiatura., da un suo omonimo romanzo, facendo quanto è stato fatto da vari scrittori nel passato(Pasolini, Bevilacqua in Italia, Dalton Trumbo negli States), dove l'ambientazione(in Su"dtirol/Alto Adige ma a livello di"fiction"siamo in una località montana imprecisata o meglio volutamente indeterminata, che, seguendo vari indizi, potrebbe far pensare piuttosto alla Val d'Aosta)è in qualche modo sintomo di un"dilslocamento"spaziotemporale non alieno da una volontà di "dislocare"la vicenda della ragazzina sedicenne, adepta come i genitori di una"confraternita"religiosa decisamente inquietante(come lo è ogni gruppo religioso integralista-.
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Donato Carrisi, autore, non ancora cinquantenne, di "gialli"di successo, passa alla regia(o meglio è passato alla regia"con questo"La ragazza nella nebbia"(2017, da lui scritto anche per lo schermo-sceneggiatura., da un suo omonimo romanzo, facendo quanto è stato fatto da vari scrittori nel passato(Pasolini, Bevilacqua in Italia, Dalton Trumbo negli States), dove l'ambientazione(in Su"dtirol/Alto Adige ma a livello di"fiction"siamo in una località montana imprecisata o meglio volutamente indeterminata, che, seguendo vari indizi, potrebbe far pensare piuttosto alla Val d'Aosta)è in qualche modo sintomo di un"dilslocamento"spaziotemporale non alieno da una volontà di "dislocare"la vicenda della ragazzina sedicenne, adepta come i genitori di una"confraternita"religiosa decisamente inquietante(come lo è ogni gruppo religioso integralista-.oltranzista)che sparisce nella nebbia di un 23 dicembre, dunque proprio a ridosso di Natale. Complice un brillante super-investigatore già famoso per altri"scoops", il tutto vede coinvolto il professore della locale scuola superiore, con meri indizi a suo carico, evidentemente "fabbricati", che però rendono ragione di una vicenda risalente a vari anni prima, decisamente diversa da quanto si potrebbe credere a prima vista, soprattutto pensando a quanto i mass-media vogliono far credere... Confesso di non aver letto il libro da cui il film è tratto, dunque mi manca il diretto"terminus comprationis", ma l'impressione di fondo è che il libro"guidi"decisamente il film(premio alla sceneggiatura a Carrisi come esordiente al Globo d'oro, candidatura al"David "di Donatello, oltre a un premio come regista esordiente allo stesso scrittore allo stesso"David"), dove regia e messa in scena rimangono , diremo così, fin troppo vicine-probabilmente, cfr.sopra-al romanzo, mentre le uniche vere invenzioni registiche sono l'insistenza sul ruolo dei mass-media e certi flash-backs che vedono lo psichiatra(non definito espressamente anche quale criminonologo)alle prese con i suoi amati pesci, ossia con certe trote particolari(chi scrive non ha alcuna competenza ittiologica), da pescatore incallite qual è. Per il resto, lunghi silenzi-dubbi incertezze dello zelante(?)investigatore, dei"vuoti"e poi le sorprese rispetto all'identigà del killer. Efficace Jean Reno(lo psichiatra)che, da buon "Francese del Sud", recita in italiano con la sua bella pronuncia italo-francese(nato a Casablanca, di origini spagnole, è però de facto un Marsigliese), in qualche modo anche Toni Servillo quale brillantissimo superdetective, brevo Alessio Boni , il prof(con e senza barba, qui), efficace la caratterizzazione di Greta Scacchi, convincente il commento sonoro di Vito Lo Re.. El Gato
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valterchiappa
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giovedì 2 novembre 2017
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donato carrisi e la fabbrica del delitto
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Il giallo piace. Il giallo funziona. Da sempre è il genere che tiene in piedi le sorti dell’editoria: offre una sfida intellettuale a chi vuole semplicemente cimentarsi nella soluzione di un enigma, apre le porte a chi vuole indagare fra i recessi più oscuri della mente, dà le ali a chi vuole planare in un ambiente suggestivo, che siano malinconiche periferie o brumose campagne. Ma piace soprattutto agli scrittori: l’inevitabile affezione che nasce verso i suoi personaggi fortemente caratterizzati è la premessa per una redditizia serialità; ma si può ambire a raggiungere chi non ama la pagina, se si immaginano da subito le parole traposte su uno schermo televisivo o cinematografico.
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Il giallo piace. Il giallo funziona. Da sempre è il genere che tiene in piedi le sorti dell’editoria: offre una sfida intellettuale a chi vuole semplicemente cimentarsi nella soluzione di un enigma, apre le porte a chi vuole indagare fra i recessi più oscuri della mente, dà le ali a chi vuole planare in un ambiente suggestivo, che siano malinconiche periferie o brumose campagne. Ma piace soprattutto agli scrittori: l’inevitabile affezione che nasce verso i suoi personaggi fortemente caratterizzati è la premessa per una redditizia serialità; ma si può ambire a raggiungere chi non ama la pagina, se si immaginano da subito le parole traposte su uno schermo televisivo o cinematografico.
Donato Carrisi, uno dei giallisti di maggior successo del nostro panorama letterario (il suo romanzo d’esordio, “Il suggeritore”, ha superato il milione di copie) non si è fatto pregare e, forte della sua esperienza di sceneggiatore, si è messo personalmente dietro alla macchina da presa, portando nelle sale il suo “La ragazza nella nebbia”.
I produttori hanno intravisto il business e gli hanno messo a disposizione un cast di altissimo livello: dal “Divo” nostrano, Toni Servillo ad uno d’oltralpe, Jean Reno; da una signora del palcoscenico come Galatea Ranzi, ad attrici di consolidato mestiere come Michela Cescon e Lucrezia Guidone; per concludere in bellezza con i magnetici Alessio Boni e Lorenzo Richelmy.
Così Carrisi è partito a dirigere il suo film così come scrive i suoi libri: assemblando gli ingredienti di una ricetta di sicura riuscita. La location, come in molti classici del genere, è un non-luogo, un immaginario paesino isolato fra le montagne; a completare la scenografia, oltre la nebbia del titolo, una spruzzata di neve che, come insegnano gli scandinavi, funziona sempre. L’ambientazione, coerentemente, è in un non-tempo, dove i pregiudizi dei sospettosi abitanti ristagnano immutabili.
Nel classico presepe ha collocato le classiche statuine: una vittima candida ed innocente fra personaggi dalla mente contorta e dal passato pieno di ombre, disegnati per attirare sospetti. E poi i naturali protagonisti di questo mondo manicheo: da una parte il Male, che agisce secondo le sue perverse dinamiche (sempre le stesse in verità), ben note al regista grazie agli studi di criminologia; a combatterlo (o forse no) il poliziotto.
Non è vero, come dice una battuta del film, che “la storia la fa il cattivo”: il giallo lo fa l’investigatore; è lui, con la sua forte caratterizzazione, a rimanere nella mente o nel cuore del pubblico. In questo caso Carrisi costruisce un personaggio ambiguo, infrangendo uno dei dogmi del giallo: il suo detective non cerca necessariamente la verità, bensì una soluzione che possa appagare l’opinione pubblica. Perché la verità non è importante, fosse anche il nome di un assassino, in un mondo dove tutto è finzione (nella ricetta d’altronde non poteva mancare la spezia di un messaggio di critica ai mali del nostro tempo).
Alla fine la confezione del prodotto, diretto ad una fascia media, è accurata. Tutti fanno bene il loro lavoro e i valori tecnici sono elevati, in particolar modo la fotografia. Ma tutto sa di mestiere, di confezione appunto. Gli attori, comunque bravi, non sono da meno: Toni Servillo ripropone per il suo pubblico l’usuale repertorio di espressioni impassibili, alzate di sopracciglia, movimenti della bocca, che ormai costituiscono il marchio di fabbrica di un interprete sempre più monocorde. Galatea Ranzi, gravata da un personaggio posticcio nella sua letterarietà, è quanto mai impostata. Il solo Alessio Boni riesce a dare vibrazioni alle tortuosità del suo ruolo.
In tanta levigatezza nella trasposizione filmica è paradossalmente la trama a risultare sfilacciata. Il flusso che porta alla rivelazione finale si perde in mille rivoli ciechi, gli eventi si succedono senza solidità d’impianto; i processi mentali del colpevole sono nebulosi; i colpi di scena non sono poi tali. Insomma tutti gli ingredienti di un piatto che dovrebbe farsi apprezzare per i sapori forti sono diluiti in un brodo di cottura troppo lasco.
“La ragazza nella nebbia” risulta alla fine proprio come un romanzo giallo: capace di vendere molte copie, buono per trascorrere un po’ di tempo in maniera piacevole. Ma inadatto a figurare sugli scaffali di una biblioteca.
Voto: 6
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matteo colombo
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martedì 24 dicembre 2019
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mi aspettavo di più
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Nel complesso un film abbastanza gradevole nonostante l'impostazione molto lenta; sulla digressione in stile "i soliti sospetti" non ci siamo, risulta abbastanza forzata. Il finale però troppo complicato, si è forse ecceduto con colpi di scena che hanno contribuito a far percepire il tutto come irreale. Toni servillo resta comunque una garanzia, senza di lui sarebbe stato un film per nulla accattivante.
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flaw54
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sabato 28 ottobre 2017
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una buona trasposizione
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Un film di atmosfere recitato ottimamente da tutti gli interpreti. Carrisi è riuscito a trasportare sullo schermo il suo romanzo migliore in modo accattivante, anche se in certi passaggi come nel finale un po' caotico. Non c'è violenza, non c'è sangue, ma la tensione rimane altissima e lo spettacolo é godibile. Molto migliore de L'uomo di neve.
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elpiezo
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sabato 4 novembre 2017
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pregevole esordio di carrisi!!!
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In uno sperduto paese di montagna, una sedicenne scompare nel nulla. Un borioso agente di polizia trasforma l'episodio in un fenomeno mediatico.
Donato Carrisi attinge al suo omonimo e fortunato romanzo e confeziona un suggestivo ed ispirato thriller dove ogni inquadratura rappresenta un piccolo tassello di un mosaico che si ricompone magistralmente nelle agoniate scene conclusive.
Come tra le pagine dei suoi fortunati romanzi, Carrisi rimarca indole e natura dei suoi personaggi, allacciandoli tra loro al fine di una contorta indagine psicologica, essenza assoluta di un noir di tutto rispetto.
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In uno sperduto paese di montagna, una sedicenne scompare nel nulla. Un borioso agente di polizia trasforma l'episodio in un fenomeno mediatico.
Donato Carrisi attinge al suo omonimo e fortunato romanzo e confeziona un suggestivo ed ispirato thriller dove ogni inquadratura rappresenta un piccolo tassello di un mosaico che si ricompone magistralmente nelle agoniate scene conclusive.
Come tra le pagine dei suoi fortunati romanzi, Carrisi rimarca indole e natura dei suoi personaggi, allacciandoli tra loro al fine di una contorta indagine psicologica, essenza assoluta di un noir di tutto rispetto.
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il_caravaggio
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martedì 31 ottobre 2017
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noioso e con una recitazione scadente.
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Di Donato Carrisi avevo letto il sussurratore e non ne ero rimasto favorevolmente colpito. La ragazza nella nebbia confermato imiei dubbi sulla capacità dello scrittore di scrivere storia credibili, ben strutturate e con protagonisti che non siano macchiette.
IL film scorre lento, noioso, i colpi di scena non ci sono o quantomeno sono prevedibili. Ma quello che ho meno apprezzato è la qualità della recitazione, a cominciare da toni Servillo che ho trovato piuttosto spaesato nelle vesti di Vogel
, o Galatea ranzi nelruolo della cronista d'assalto in tacco 12anche al cimitero e dei dialoghi, a volte imbarazzanti. Salvo Jean reno, vederlo recitare in italiano non doppiato ha dato un tocco di classe.
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Di Donato Carrisi avevo letto il sussurratore e non ne ero rimasto favorevolmente colpito. La ragazza nella nebbia confermato imiei dubbi sulla capacità dello scrittore di scrivere storia credibili, ben strutturate e con protagonisti che non siano macchiette.
IL film scorre lento, noioso, i colpi di scena non ci sono o quantomeno sono prevedibili. Ma quello che ho meno apprezzato è la qualità della recitazione, a cominciare da toni Servillo che ho trovato piuttosto spaesato nelle vesti di Vogel
, o Galatea ranzi nelruolo della cronista d'assalto in tacco 12anche al cimitero e dei dialoghi, a volte imbarazzanti. Salvo Jean reno, vederlo recitare in italiano non doppiato ha dato un tocco di classe.
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francesco
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mercoledì 1 novembre 2017
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film di genere molto riuscito
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Incentrato attorno alla scomparsa di una giovane ragazza in un paesino di montagna, il film sviluppa il tema della costruzione di un romanzo, letterario così come televisivo, e dei meccanismi che servono per farlo risultare convincente al pubblico. In questo c'è da una parte la presa in giro della tv che vuole utilizzare le disgrazie altrui per raggiungere picchi di share, dall'altra c'è la rappresentazione dello scrittore che costruisce il proprio romanzo nero. In entrambi i casi si tratta di creare e caratterizzare la figura del cattivo, del male. Il film è quindi anche una riflessione sulla sottile linea che separa il bene dal male, il lecito da l'illecito, la fiducia dal dubbio, la vanità dalla follia.
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Incentrato attorno alla scomparsa di una giovane ragazza in un paesino di montagna, il film sviluppa il tema della costruzione di un romanzo, letterario così come televisivo, e dei meccanismi che servono per farlo risultare convincente al pubblico. In questo c'è da una parte la presa in giro della tv che vuole utilizzare le disgrazie altrui per raggiungere picchi di share, dall'altra c'è la rappresentazione dello scrittore che costruisce il proprio romanzo nero. In entrambi i casi si tratta di creare e caratterizzare la figura del cattivo, del male. Il film è quindi anche una riflessione sulla sottile linea che separa il bene dal male, il lecito da l'illecito, la fiducia dal dubbio, la vanità dalla follia. Con una narrazione in crescendo il regista avvolge nella nebbia tutti i personaggi e riesce a mischiare il ruolo della vittima a quello del carnefice. La violenza non si vede ma si percepisce in maniera sempre più forte. Il tutto è reso convincente anche dalla prova fornita dai tre attori principali, che sviluppano i propri personaggi secondo uno stile di recitazione molto diverso, quello sopra le righe e teatrale di Toni Servillo, il cui ruolo da protagonista è stato fortemente voluto dal regista, quello minimale e carismatico di Jean Reno, e quello ambiguo di Alessio Boni che regge e forse supera il confronto con i suoi due importanti colleghi. Infine il film è pieno di citazioni o spunti cinematografici, ad esempio il ragazzo che riprende con la telecamera rimanda ad American Beauty, i poliziotti molto locali ricordano quelli di Fargo, e molte altre. Il film è stato una piacevole sorpresa perché non è un genere dove di solito il cinema italiano eccelle. Invece risulta essere convincente, ben scritto e ben diretto.
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paolo tn
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giovedì 9 novembre 2017
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non ci siamo. carrisi alla regia sciupa un buon testo.
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Un Discreto Scrittore non è scontato che sia anche un buon regista: infatti questo film ne è la conferma. Un’occasione sprecata. Peccato perchè in questo film non si ritrova nulla del buon potenziale narrativo dello script da cui e tratto, che se sapientemente sviluppato avrebbe consentito un bel flusso avvincente, teso e sorprendente. Non è una questione di ritmo o di velocità della narrazione, ma proprio di dinamica della tensione espositiva che qui è del tutto latente, piatta, monocorde, a tratti ingenua e quasi banale. Ne risulta una film che si trascina stanco a metà tre una brutta copia di Twin Peaks per l’ambientazione montana e l’atmosfera di mistero rarefatta, ed un pessimo rifacimento della (splendida!) digressione de i Soliti Sospetti.
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Un Discreto Scrittore non è scontato che sia anche un buon regista: infatti questo film ne è la conferma. Un’occasione sprecata. Peccato perchè in questo film non si ritrova nulla del buon potenziale narrativo dello script da cui e tratto, che se sapientemente sviluppato avrebbe consentito un bel flusso avvincente, teso e sorprendente. Non è una questione di ritmo o di velocità della narrazione, ma proprio di dinamica della tensione espositiva che qui è del tutto latente, piatta, monocorde, a tratti ingenua e quasi banale. Ne risulta una film che si trascina stanco a metà tre una brutta copia di Twin Peaks per l’ambientazione montana e l’atmosfera di mistero rarefatta, ed un pessimo rifacimento della (splendida!) digressione de i Soliti Sospetti. Decisamente Carrisi non è Lynch o Singer, nè Brian de Palma, e ha fatto il salto più lungo della gamba. A ognuno il suo mestiere, che ritorni a fare il Discreto Scrittore.
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udiego
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venerdì 27 ottobre 2017
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la sceneggiatura nella nebbia
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Esordio come regista al cinema per lo scrittore e sceneggiatore Donato Carrisi. Lo fa portando sul grande schermo la trasposizione cinematografica del suo sesto romanzo, "La ragazza nella nebbia" del 2015. La vicenda si sviluppa in un piccolo e quieto paesello di montagna, dove le vite dei suoi pacifici e chiusi abitanti verranno un giorno sconvolte da un efferato fatto di cronaca. La scomparsa di una ragazzina di 16 anni. Carrisi non riesce a fare con il cinema quello che gli riesce con i suoi romanzi. La ragazza nella nebbia risulta essere un giallo che parte con delle buone potenzialità ma che va poi a sgonfiarsi durante lo svolgimento della vicenda. Nella costruzione della sua opera il regista non si discosta mai dai classici clichè che contraddistinguono più un lavoro televisivo che un prodotto cinematografico.
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Esordio come regista al cinema per lo scrittore e sceneggiatore Donato Carrisi. Lo fa portando sul grande schermo la trasposizione cinematografica del suo sesto romanzo, "La ragazza nella nebbia" del 2015. La vicenda si sviluppa in un piccolo e quieto paesello di montagna, dove le vite dei suoi pacifici e chiusi abitanti verranno un giorno sconvolte da un efferato fatto di cronaca. La scomparsa di una ragazzina di 16 anni. Carrisi non riesce a fare con il cinema quello che gli riesce con i suoi romanzi. La ragazza nella nebbia risulta essere un giallo che parte con delle buone potenzialità ma che va poi a sgonfiarsi durante lo svolgimento della vicenda. Nella costruzione della sua opera il regista non si discosta mai dai classici clichè che contraddistinguono più un lavoro televisivo che un prodotto cinematografico. Montaggio, fotografia e colonna sonora faticano ad integrarsi con la storia del film. Ma se dal punto di vista dell'impianto cinematografico qualche lacuna la possiamo anche accettare, quello che proprio non ci aspettavamo sono le carenze nella sceneggiatura palesate per tutta la durata della visione. Il tutto parte in maniera semplice ma interessante, una location da film giallo, alcuni personaggi inseriti per depistare e creare dubbi nello spettatore, ed un detective che si deve riabilitare professionalmente che ha un pò troppo il vizio di abusare dei media per risolvere i suoi casi. Peccato che tutti questi ingredienti non riusciranno mai ad amalgamarsi nello sviluppo della storia. La trama si perde e si contorce su se stessa in un intreccio di personaggi e situazioni poco lineari e per certi versi grotteschi, gli attori, tutti, faticano ad entrare nelle loro parti per colpa di una caratterizzazione dei vari personaggi alquanto discutibile. Dallo psichiatra (Jean Reno) trattato superficialmente pre tutto il film, al detective che segue il caso (Toni Servillo) che fatica ad empatizzare con il pubblico. Per concludere "La ragazza nella nebbia" è un lavoro che non porta nulla di nuovo ad un genere fin troppo farcito di clichè e luoghi comuni, che in questo caso sono stati tutti utilizzati. Voto 2,5/5
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