In effetti il salesaman americano (a partire da quello raffigurato più da un Dustin Hoffman quasi indispoonente tanto è bravo in "Morte di un commesso viaggiatore", che precedentemente da Frederick March),
è certamente anche questo di Michail Keaton sebbene 'dressed up for the movie' e di storia epica quasi, visto il successo del 'Big Mac' e delle 'french fries' (ma il Mac che si mangia in Italia non ha nulla a che vedere con quello che trovavi per dire a Chicago o Tucson e altrove -insomma in America, come del resto la 'salsiccia' di un qualsiasi 'hot dog vendor' di strada).
Il salesman americano:
non tutti hanno fondato un impero, ma tutti hanno divorato chilometri, in auto sprattutto ma anche a piedi:
tipiche le loro scarpe a suola perenne nero-lucide Allen Edmonds, e l'abito blu o grigio capo unico al seguito lavabile e stirabile senza problemi, così come la camicia ovviamente bianca, non ancora Brooks Brothers per i non Area Manager che guadagnavano di più e se la potevano permettere: il salesman-on- the road al massimo indossava una Arrow anche maniche corte e a volte pure gialla per i più 'coraggios', e con taschino sinistro contenente una plastichina ripara -penne così la camicia non si sporcava.
La valigia era minima, del tipo Monday-thru-Friday (negli anni' 50 il trolley non c'era ancora, e quella 'suitable' anche per gli aerei la sdoganò decenni dopo George Clooney in 'Up in the Air'); e le soste nei motel sperduti lungo le highway del tipo 'Bagdad Café' ma senza Jack Palance, erano un lampo:
dormivano poco quei personaggi sempre alle prese col target del giorno, e per il breakfast -solite uove scrambled o over easy con acqua ghiacciata che chissà come facevano a reggerla così a digiuno insieme a ettolitri di caffè, ché la giornata si presentava sempre tosta a partire dalle 6 di mattina ci fosse il sole o nevicasse.
Per il lunch hamburger, birra 'on tap', il dinner la sera più consistente se la nota spese lo permetteva -e magari allora anche la 't-bone' steak' di solito 'medium rare'...vino? Mai, troppo costoso, semmai un cockail (o due) prima.
Il salesman americano: quello del Michigan, o dell'Alabama, di Seattle o di Corpus Christi, uno diverso dall'altro ma con le stesse scarpe, che dovevano durare. Rigorosamente nere. L'auto? Enorme, anche se i litri per miglio erano infiniti: sempre al distributore -'fill-it-up', i galloni non si contavano anche se il prezzo non era quello italiano-loro il petrolio ce l'avevano, noi no.
Fino a Amazon (1995) il salesman americano (molti i film al riguardo tutti tristissimi, perché la vita di quegli esseri era tristissima)
lo trovavi dappertutto, distinguibile a colpo d'occhio, sempre pronto alla conversazione, solitario, spesso stanchissimo, mai sgarbato...come quei 'long haul truck -drivers' (niente a che vedere però con 'Convoy' di Peckinpah) che partivano magari dal Maine per San Diego -California e da lì poi magari verso la Florida il giorno dopo, una vita in camion sempre soli, gas station dopo gas station, ma che se li incontravi in qualche motel e rivolgevi loro solo un cenno di disponibilità ti offrivano da bere raccontandoti grati la loro vita con foto finale della famiglia e del figlio al college "se il camion no mi tradisce".
Michael Keaton? Bravo come sempre. La storia ? Vera in parte, ma molto filmata.
Prima o poi però il cinema dovrebbe pensare al 'vero' salesman on the road. Quello che ha avuto (fatto) meno fortuna, ma che ha tenuto in piedi il suo Paese (quanti 'no solicitors' sulle porte di casa ha dovuto affrontare in tutta la sua vita, nemmeno fosse un testimone di Geova, per dire) e senza poi aver il successo del nostro del film?
Avessi i soldi lo produrrei io un film così. E certamente a sale piene.
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