lbavassano
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domenica 15 gennaio 2017
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un ottimo michael keaton, ma non solo
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Non si regge unicamente su un ottimo Michael Keaton il bel film di John Lee Hancock, anche se Michael Keaton ci mette molto del suo nel rendere credibile e convincente la spietata determinazione e la mancanza di scrupoli, la "cattiveria" e l'energia di un personaggio politicamente assai scorretto. Gran parte del merito va anche alla sceneggiatura, che riesce sempre a mantenere la giusta distanza rifuggendo così dall'agiografia come dalla dannazione, ma anche evitando i rischi della parodizzazione nel raccontare un personaggio per molti versi eccessivo, ancorandolo saldamente alla quotidianità di un commesso viaggiatore che non si arrende mai e che giunge a fondare un impero.
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Non si regge unicamente su un ottimo Michael Keaton il bel film di John Lee Hancock, anche se Michael Keaton ci mette molto del suo nel rendere credibile e convincente la spietata determinazione e la mancanza di scrupoli, la "cattiveria" e l'energia di un personaggio politicamente assai scorretto. Gran parte del merito va anche alla sceneggiatura, che riesce sempre a mantenere la giusta distanza rifuggendo così dall'agiografia come dalla dannazione, ma anche evitando i rischi della parodizzazione nel raccontare un personaggio per molti versi eccessivo, ancorandolo saldamente alla quotidianità di un commesso viaggiatore che non si arrende mai e che giunge a fondare un impero. Facendoci prendere atto di come una feroce determinazione ed una totale mancanza di scrupoli, piaccia o non piaccia, siano le motivazioni e gli strumenti necessari per giungere a ciò, senza bisogno di scomodare angeli e demoni.
E poi c'é un'eccellente fotografia, che unisce lo scrupolo della corretta ambientazione ad una capacità di far propri gli stilemi di quella grande arte americana che ha saputo educare il nostro sguardo all'apprezzamento della realtà sub-urbana statunitense delle periferie e dei non-luoghi. Ma è anche necessario menzionare l'ottima colonna sonora, che utilizza al meglio atmosfere e colori della tradizione novecentesca più alta.
Ma infine bisogna ritornare a Michael Keaton, perfetto nel riuscire a sintetizzare, nel dar corpo e volto, a tutto ciò, ai suoi straordinari monologhi che siglano un fim a mio parere ottimo.
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[+] la faccia oscura del sogno americano
(di antonio montefalcone)
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vanessa zarastro
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venerdì 27 gennaio 2017
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a lezione di capitalismo
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The founder è un film americano che narra la nascita dell’impero dei Mc Donald’s. Ray Croc (Michael Keaton), infaticabile piazzista di oggetti di nuova tecnologia, innovatore e progressista a tutti i costi e a qualsiasi prezzo, incontra quasi per caso i fratelli Dick e Mac Mc Donald che vendevano hamburger a San Bernardino in California, avendo brevettato un sistema veloce e un modo nuovo di mangiare per i giovani, per le famiglie, per tutti. Nick (Nick Offerman), in particolare, aveva studiato con cura maniacale tutti i movimenti in cucina di un certo numero di sguatteri, per ottimizzare gli spazi e il servizio. Ma, nonostante la loro idea sia stata geniale, i fratelli Mc Donald erano ancora legati al rispetto di una certa qualità del cibo e a un vecchio modo di stockaggio che era troppo costoso nel momento che Raymond Croc, affarista di bassa lega e neanche tanto di successo, prende in mano la gestione delle “affiliate” applicando il concetto di franchising.
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The founder è un film americano che narra la nascita dell’impero dei Mc Donald’s. Ray Croc (Michael Keaton), infaticabile piazzista di oggetti di nuova tecnologia, innovatore e progressista a tutti i costi e a qualsiasi prezzo, incontra quasi per caso i fratelli Dick e Mac Mc Donald che vendevano hamburger a San Bernardino in California, avendo brevettato un sistema veloce e un modo nuovo di mangiare per i giovani, per le famiglie, per tutti. Nick (Nick Offerman), in particolare, aveva studiato con cura maniacale tutti i movimenti in cucina di un certo numero di sguatteri, per ottimizzare gli spazi e il servizio. Ma, nonostante la loro idea sia stata geniale, i fratelli Mc Donald erano ancora legati al rispetto di una certa qualità del cibo e a un vecchio modo di stockaggio che era troppo costoso nel momento che Raymond Croc, affarista di bassa lega e neanche tanto di successo, prende in mano la gestione delle “affiliate” applicando il concetto di franchising. Con perseveranza (come si ripete lui stesso) Croc supera tutte le avversità circondato da consulenti e affaristi che lo porteranno a espropriare ai fratelli la loro invenzione – al limite della legalità – e a fondare un impero. Complice del suo successo la bella bionda Joan, per la quale Ray divorzierà dalla sua non collaborativa prima moglie, anche lei ambiziosa e priva di scrupoli, interpretata da Linda Cardellini, l’affascinante infermiera Sam di ER – medici in prima linea.
Data il 1954 l’apertura del primo Mc Donald’s versione Crock e tutto il film si svolge lungo una decina di anni accuratamente documentati da scenografi e costumisti.
In questa rappresentazione del “sogno americano” è facile riscontrare le immagini delle copertine di “The Saturday Evenig Post” dipinte da Norman Rockwell, che tanto bene ha illustrato l’American way of life di quegli anni (di copertine ne ha dipinte più di trecento!!).
Un altro classico pittore statunitense preso spesso a modello nei film, è Edward Hopper e certe scene di The founder – ad esempio le ville suburbane in Shingle Style - potrebbero ricordare alcuni quadri che dipinti nel Maine o a Cape Code, Massachussets, che hanno come soggetto la casa unifamiliare. Ma di Hopper le immagini del film non hanno i silenzi, non hanno le luci, né lo sguardo.
The founder mi ha evocato un film di Francis Ford Coppola del 1988 Tucker – un uomo e il suo sogno con Jeff Bridges. Forse lo ricorda più per come è tratteggiato il protagonista, per la sua fiducia nel futuro e nell’America che non nella fattura del film né per una certa etica presente nel film di Coppola. The founder è un film fatto bene, i fratelli Mc Donald molto azzeccati e Michael Keaton perfetto nella descrizione di questo personaggio senza grandi qualità né scrupoli, ciononostante non riesce ad avvincere lo spettatore più di tanto.
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lucascialo
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lunedì 27 febbraio 2017
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la storia di una rivoluzione culinaria
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Se il Taylorismo ha rivoluzionato l'industria con la catena di montaggio, e il Fordismo e il Toyotismo più specificamente il Mondo dell'industria automobilistica, senza dubbio la catena di fast-food McDonald's ha rivoluzionato il mondo della ristorazione. E John Lee Hancock, regista al suo settimo film e dedito a storie vere, ce la racconta egregiamente. Senza enfatizzazioni eccessive nelle quali spesso scivola Hollywood quando deve raccontare fatti reali.
Ray Kroc è un rappresentante di frullatori, ultimo prodotto dopo una lunga serie, ormai 54enne ma ancora ambizioso. Un giorno si reca a San Bernardino per accertarsi di persona chi sia il folle che abbia prenotato ben 7 frullatori.
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Se il Taylorismo ha rivoluzionato l'industria con la catena di montaggio, e il Fordismo e il Toyotismo più specificamente il Mondo dell'industria automobilistica, senza dubbio la catena di fast-food McDonald's ha rivoluzionato il mondo della ristorazione. E John Lee Hancock, regista al suo settimo film e dedito a storie vere, ce la racconta egregiamente. Senza enfatizzazioni eccessive nelle quali spesso scivola Hollywood quando deve raccontare fatti reali.
Ray Kroc è un rappresentante di frullatori, ultimo prodotto dopo una lunga serie, ormai 54enne ma ancora ambizioso. Un giorno si reca a San Bernardino per accertarsi di persona chi sia il folle che abbia prenotato ben 7 frullatori. Scoprirà un mondo incredibile: un chiosco dove i panini vengono serviti dopo pochi secondi, senza posate e mangiati dove meglio pare. E tante sono i clienti di quel posto magico. Affascinato, decide di conoscere chi lo ha realizzato: i fratelli McDonald's.
Dall'alto del suo intuito commerciale, li convince ad avviare un franchising e così nasce una lunga catena di attività, col loro cognome e con due archi dorati che sanno di trionfo. Ma Kroc si scontra con la dura realtà finanziaria e col fatto che avere l'1% non gli crei profitti concreti. E così, consigliato da un agente finanziario, scopre come fare davvero soldi con quell'idea. Ma deve anche sbarazzarsi dei fratelli McDonald's, i cui sani principi cominciano ad ostacolare la sua bramosia di guadagno e successo.
Dopo The Bird, altra ottima prova di Michael Keaton, la cui carriera è tornata a spiccare il volo proprio interpretando quell'eroe alato. Lì dove tutto era iniziato a volare, sempre nei panni di un super eroe ispirato a un volatile: Batman, del 1989.
La pellicola, oltre a raccontarci la storia di un luogo dove più o meno tutti almeno una volta abbiamo fatto uno strappo alla regola alle buone abitudini, offre anche una morale. E ci riporta a quell'America certo arrivista, ma dove se hai un buon progetto, puoi diventare qualcuno. Anche se a costo di fregare il prossimo...
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mauro.t
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martedì 11 luglio 2017
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costi umani della fondazone di un impero
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La storia del fondatore dell’impero McDonad. Ray Kroc, un piazzista di frullatori di scarso successo, viene folgorato dalla ristorazione del chiosco dei fratelli McDonalds, che vendono solo hamburger, patatine, bibite e frullati, con tanto studio sull’ergonomia, standardizzazione del prodotto e tempi rapidissimi di consegna. A Kroc viene l’idea di lanciare il metodo rivoluzionario dei McDonald in franchising in tutti gli USA. Ma ben presto inizia a scontarsi con i due fratelli, che hanno un’idea precisa dell’etica del loro lavoro. Quando diventa ricco buttandosi sugli immobili che ospitano l’attività di ristorazione, riesce a impadronirsi del logo, estromettendo i McDonald, i quali saranno costretti a chiudere.
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La storia del fondatore dell’impero McDonad. Ray Kroc, un piazzista di frullatori di scarso successo, viene folgorato dalla ristorazione del chiosco dei fratelli McDonalds, che vendono solo hamburger, patatine, bibite e frullati, con tanto studio sull’ergonomia, standardizzazione del prodotto e tempi rapidissimi di consegna. A Kroc viene l’idea di lanciare il metodo rivoluzionario dei McDonald in franchising in tutti gli USA. Ma ben presto inizia a scontarsi con i due fratelli, che hanno un’idea precisa dell’etica del loro lavoro. Quando diventa ricco buttandosi sugli immobili che ospitano l’attività di ristorazione, riesce a impadronirsi del logo, estromettendo i McDonald, i quali saranno costretti a chiudere. Ottima interpretazione di Michael Keaton ed eccellenti quelle di Lynch e Offerman, che mantengono la leggerezza dell’ironia imposta dal regista. Il film ha una tesi, che però rimane sullo sfondo e non toglie mai il primo piano al protagonista, il cui genio seduce lo spettatore. La parola d’ordine di Kroc è “perseveranza”. Dice infatti a proposito delle qualità per avere successo: “Niente al mondo può sostituire la perseveranza: non il talento, che c'è di più comune degli uomini di talento che non hanno successo? Non il genio, neanche l’istruzione: il mondo è pieno di cretini istruiti”. Ma la storia proietta lo spettatore con maggior forza verso la tesi. Il film è una rappresentazione critica del sogno americano. Il self-made man senza scrupoli travolge spesso quelli capaci e onesti. Kroc non ha scrupoli e ruba idee e mogli altrui, diffondendo il logo a due archi della McDonad come il nuovo tempio della ristorazione per le famiglie. Hancock dimostra quanto il capitalismo più selvaggio e amorale sia parte integrante della cultura americana.
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filippo catani
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martedì 17 gennaio 2017
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buon film ma con poco mordente
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1954. I fratelli McDonald hanno messo in piedi un chiosco di vendita di hamburger che potenzialmente può scrivere la storia. Uno spregiudicato venditore di mixer ne intuisce le potenzialità ed entra nell'affare.
La storia è esplosiva e mostra senza se e senza ma le due facce del capitalismo. Una faccia volta al commercio di qualità basandosi sul rispetto delle regole e una basata esclusivamente sull'accumulo di denaro costi quel che costi. Si potrebbe riassumere così in maniera un po' manichea questo film che ha l'indubbio merito di gettare uno sguardo sulle fondamenta di quello che è diventato un vero e proprio colosso fino ad essere uno degli emblemi del capitalismo globale.
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1954. I fratelli McDonald hanno messo in piedi un chiosco di vendita di hamburger che potenzialmente può scrivere la storia. Uno spregiudicato venditore di mixer ne intuisce le potenzialità ed entra nell'affare.
La storia è esplosiva e mostra senza se e senza ma le due facce del capitalismo. Una faccia volta al commercio di qualità basandosi sul rispetto delle regole e una basata esclusivamente sull'accumulo di denaro costi quel che costi. Si potrebbe riassumere così in maniera un po' manichea questo film che ha l'indubbio merito di gettare uno sguardo sulle fondamenta di quello che è diventato un vero e proprio colosso fino ad essere uno degli emblemi del capitalismo globale. Keaton è superbo nella parte del venditore senza scrupoli che ha però l'idea del secolo e cioè quella di esportare il modello McDonald ovunque. Dov'è che si arena il film? Un po' nell'eccessiva lunghezza e nella dilatazione di racconti non esattamente stringenti e coinvolgenti e un po' anche in una sceneggiatura che fa sì indignare ma non ti prende mai allo stomaco. Resta comunque un buon film sul quale riflettere.
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flyanto
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mercoledì 18 gennaio 2017
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il ritratto di un self-made man alquanto "rapace"
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Il fondatore del titolo del film si riferisce a colui che riuscì a scoprire la formula vincente, nel campo della ristorazione veloce ed a basso costo, per vendere gli hamburgers in abbinamento alle patatine fritte ed a bibite, quali la Coca Cola o dei frappè. In realtà, come si evince dal film, la formula fortunata fu trovata originariamente ed originalmente negli anni '50 a due fratelli statunitensi, di cognome Mc Donald, i quali aprirono nella località di San Bernardino nel Sud della California il primo ristorante in strada a basso costo per famiglie, vendendo panini con l'hamburger dentro veramente gustosi. Il protagonista e futuro "re del fast food" (Michael Keaton) intuì subito la portata ed il futuro successo che questa innovazione nel campo della ristorazione avrebbe ottenuto e, mettendosi in affari, convincendoli, con i due suddetti fratelli, riuscì ad ampliare notevolmente il numero dei fast foods e piano piano anche ad usurpare i diritti per l'uso del cognome ed a comprare i terreni dove questi venivano costruiti.
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Il fondatore del titolo del film si riferisce a colui che riuscì a scoprire la formula vincente, nel campo della ristorazione veloce ed a basso costo, per vendere gli hamburgers in abbinamento alle patatine fritte ed a bibite, quali la Coca Cola o dei frappè. In realtà, come si evince dal film, la formula fortunata fu trovata originariamente ed originalmente negli anni '50 a due fratelli statunitensi, di cognome Mc Donald, i quali aprirono nella località di San Bernardino nel Sud della California il primo ristorante in strada a basso costo per famiglie, vendendo panini con l'hamburger dentro veramente gustosi. Il protagonista e futuro "re del fast food" (Michael Keaton) intuì subito la portata ed il futuro successo che questa innovazione nel campo della ristorazione avrebbe ottenuto e, mettendosi in affari, convincendoli, con i due suddetti fratelli, riuscì ad ampliare notevolmente il numero dei fast foods e piano piano anche ad usurpare i diritti per l'uso del cognome ed a comprare i terreni dove questi venivano costruiti. Il successo nel corso degli anni portò il protagonista a divenire uno degli uomini più potenti dal punti di vista economico del mondo e ad ampliare anche la fortunata catena in tutte le parti, anche le più sperdute, del mondo riportando un successo che ancora ai nostri giorni continua a rivelarsi come una vera e propria formula vincente.
Dopo quella di Walt Disney, il regista John Hancock ritorna nuovamente al genere biopic raccontando, cioè, la vita di un altro famoso personaggio: il fondatore di Mac Donald, appunto. E come nella sua precedente, vi riesce appieno presentando una storia interessante, ben girata e ben interpretata da Michael Keaton, il quale riesce a dare un ritratto credibile ed esauriente di un uomo senza alcuna spiccata dote personale per creare e diffondere progetti, ma con un'intuizione fuori del comune nel riconoscere le idee "vincenti", e soprattutto a promuoverle, da riuscire ad emergere su tutti arrivando a costruire così un impero economico di notevole consistenza. Vi è anche da aggiungere che il ritratto che ne viene fuori del personaggio in questione non è del tutto positivo: alle doti elencate sopra, si constata in maniera quanto mai evidente la spietatezza della natura del suo carattere che lo ha porta a non fermarsi di fronte a nulla, agendo con destrezza, tempestività e con minimi sensi di colpa pur di raggiunger ciò che si è prefissato. Efficace,appunto, nella sua interpretazione Michael Keaton ed avvincente come storia nel complesso di un self-made man.
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liuk!
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domenica 7 maggio 2017
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fatti veri
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Un grandissimo Michael Keaton ci racconta com'è (presumibilmente) andata la storia della nascita della nota catena McDonald's.
Di per sè la storia è agghiacciante, tipico esempio di come lo squalo mangia il povero pesciolino rosso, e di certo non invoglierà lo spettatore a recarsi in un punto vendita a mangiare (per chi ancora ci andasse), ma quello che fa la differenza è la prestazione del nostro ex BatMan che è come il vino buono, più invecchia e più migliora.
Film da vedere assolutamente.
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florentin
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lunedì 16 gennaio 2017
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il 'salesman'yankee o altro,un personaggio mitico
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In effetti il salesaman americano (a partire da quello raffigurato più da un Dustin Hoffman quasi indispoonente tanto è bravo in "Morte di un commesso viaggiatore", che precedentemente da Frederick March),
è certamente anche questo di Michail Keaton sebbene 'dressed up for the movie' e di storia epica quasi, visto il successo del 'Big Mac' e delle 'french fries' (ma il Mac che si mangia in Italia non ha nulla a che vedere con quello che trovavi per dire a Chicago o Tucson e altrove -insomma in America, come del resto la 'salsiccia' di un qualsiasi 'hot dog vendor' di strada).
Il salesman americano:
non tutti hanno fondato un impero, ma tutti hanno divorato chilometri, in auto sprattutto ma anche a piedi:
tipiche le loro scarpe a suola perenne nero-lucide Allen Edmonds, e l'abito blu o grigio capo unico al seguito lavabile e stirabile senza problemi, così come la camicia ovviamente bianca, non ancora Brooks Brothers per i non Area Manager che guadagnavano di più e se la potevano permettere: il salesman-on- the road al massimo indossava una Arrow anche maniche corte e a volte pure gialla per i più 'coraggios', e con taschino sinistro contenente una plastichina ripara -penne così la camicia non si sporcava.
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In effetti il salesaman americano (a partire da quello raffigurato più da un Dustin Hoffman quasi indispoonente tanto è bravo in "Morte di un commesso viaggiatore", che precedentemente da Frederick March),
è certamente anche questo di Michail Keaton sebbene 'dressed up for the movie' e di storia epica quasi, visto il successo del 'Big Mac' e delle 'french fries' (ma il Mac che si mangia in Italia non ha nulla a che vedere con quello che trovavi per dire a Chicago o Tucson e altrove -insomma in America, come del resto la 'salsiccia' di un qualsiasi 'hot dog vendor' di strada).
Il salesman americano:
non tutti hanno fondato un impero, ma tutti hanno divorato chilometri, in auto sprattutto ma anche a piedi:
tipiche le loro scarpe a suola perenne nero-lucide Allen Edmonds, e l'abito blu o grigio capo unico al seguito lavabile e stirabile senza problemi, così come la camicia ovviamente bianca, non ancora Brooks Brothers per i non Area Manager che guadagnavano di più e se la potevano permettere: il salesman-on- the road al massimo indossava una Arrow anche maniche corte e a volte pure gialla per i più 'coraggios', e con taschino sinistro contenente una plastichina ripara -penne così la camicia non si sporcava.
La valigia era minima, del tipo Monday-thru-Friday (negli anni' 50 il trolley non c'era ancora, e quella 'suitable' anche per gli aerei la sdoganò decenni dopo George Clooney in 'Up in the Air'); e le soste nei motel sperduti lungo le highway del tipo 'Bagdad Café' ma senza Jack Palance, erano un lampo:
dormivano poco quei personaggi sempre alle prese col target del giorno, e per il breakfast -solite uove scrambled o over easy con acqua ghiacciata che chissà come facevano a reggerla così a digiuno insieme a ettolitri di caffè, ché la giornata si presentava sempre tosta a partire dalle 6 di mattina ci fosse il sole o nevicasse.
Per il lunch hamburger, birra 'on tap', il dinner la sera più consistente se la nota spese lo permetteva -e magari allora anche la 't-bone' steak' di solito 'medium rare'...vino? Mai, troppo costoso, semmai un cockail (o due) prima.
Il salesman americano: quello del Michigan, o dell'Alabama, di Seattle o di Corpus Christi, uno diverso dall'altro ma con le stesse scarpe, che dovevano durare. Rigorosamente nere. L'auto? Enorme, anche se i litri per miglio erano infiniti: sempre al distributore -'fill-it-up', i galloni non si contavano anche se il prezzo non era quello italiano-loro il petrolio ce l'avevano, noi no.
Fino a Amazon (1995) il salesman americano (molti i film al riguardo tutti tristissimi, perché la vita di quegli esseri era tristissima)
lo trovavi dappertutto, distinguibile a colpo d'occhio, sempre pronto alla conversazione, solitario, spesso stanchissimo, mai sgarbato...come quei 'long haul truck -drivers' (niente a che vedere però con 'Convoy' di Peckinpah) che partivano magari dal Maine per San Diego -California e da lì poi magari verso la Florida il giorno dopo, una vita in camion sempre soli, gas station dopo gas station, ma che se li incontravi in qualche motel e rivolgevi loro solo un cenno di disponibilità ti offrivano da bere raccontandoti grati la loro vita con foto finale della famiglia e del figlio al college "se il camion no mi tradisce".
Michael Keaton? Bravo come sempre. La storia ? Vera in parte, ma molto filmata.
Prima o poi però il cinema dovrebbe pensare al 'vero' salesman on the road. Quello che ha avuto (fatto) meno fortuna, ma che ha tenuto in piedi il suo Paese (quanti 'no solicitors' sulle porte di casa ha dovuto affrontare in tutta la sua vita, nemmeno fosse un testimone di Geova, per dire) e senza poi aver il successo del nostro del film?
Avessi i soldi lo produrrei io un film così. E certamente a sale piene.
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ralphscott
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sabato 25 febbraio 2017
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il mito americano
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Parabola sull'arrivismo o sul sogno americano? In fondo sono due aspetti strettamente legati,ed il film è proprio sull'incredibile ascesa di Ray che punta l'obbiettivo;a questa fa da contraltare la sconfitta,o meglio il superamento dei fratelli Mack e Dic. La vita sa essere crudele,ingiusta,ma i due goffi provincialotti capitolano a favore del progresso (?) e dell'avvenire. La scelta di J.L.Hancock,il regista,è di enfatizzare questa corsa all'oro trascurando le vicende parallele,affetti inariditi e nuove prospettive del cuore,che forse potrebbero rendere la vicenda più intrigante ed empatica.
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iuriv
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martedì 7 marzo 2017
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non male. non bene.
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Come è nato l'impero McDonalds? Prova a spiegarcelo questo The Founder, narrandoci come Ray Kroc sia stato capace di sfruttare l'idea originale di due onesti lavoratori per farne un marchio riconosciuto in tutto il globo. Un bio pic, in buona sostanza, con tutti i pregi e i difetti del genere.
Hancock ci racconta questa vicenda mantenendo una certa distanza emotiva dal protagonista, preferendo lasciare le chiavi della pellicola nelle mani di Michael Keaton. L'attore conferma di vivere una seconda giovinezza, sfoderando una prova istrionica che relega in secondo piano tutti i comprimari. Kroc è eternamente sullo schermo a giganteggiare al di sopra di una moglie sempre in ritardo rispetto alle intuizioni del marito e contro i due fratelli McDonald, prima sedotti e poi travolti dall'ambizione e dall'ego ipertrofico di questo imprenditore.
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Come è nato l'impero McDonalds? Prova a spiegarcelo questo The Founder, narrandoci come Ray Kroc sia stato capace di sfruttare l'idea originale di due onesti lavoratori per farne un marchio riconosciuto in tutto il globo. Un bio pic, in buona sostanza, con tutti i pregi e i difetti del genere.
Hancock ci racconta questa vicenda mantenendo una certa distanza emotiva dal protagonista, preferendo lasciare le chiavi della pellicola nelle mani di Michael Keaton. L'attore conferma di vivere una seconda giovinezza, sfoderando una prova istrionica che relega in secondo piano tutti i comprimari. Kroc è eternamente sullo schermo a giganteggiare al di sopra di una moglie sempre in ritardo rispetto alle intuizioni del marito e contro i due fratelli McDonald, prima sedotti e poi travolti dall'ambizione e dall'ego ipertrofico di questo imprenditore.
Se questa impostazione neutrale fa bene a Keaton e consente allo spettatore di crearsi un'idea autonoma sulla vicenda, è inevitabile che mostri il fianco a una serie di problemi tipici del genere biografico.
Con una regia poco personale, priva di guizzi o sequenze forti da ricordare, la narrazione diventa piatta, al punto che, circa a metà della visione, la trama pare imprigionata in una ragnatela dalla quale fatica parecchio a districarsi.
La vicenda qui raccontata è davvero interessante, ma il distacco imposto dal regista me l'ha resa distante. E il film, in definitiva, non mi è piaciuto gran che.
Va detto che, in questo tipo di pellicola, è davvero difficile trovare l'equilibrio tra la realtà dei personaggi e la finzione scenica utile a far scorrere bene la storia. Il rischio è sempre quello di coprire la realtà con l'opinione e quindi di attirarsi gli strali delle personalità coinvolte.
Quindi ecco: credo che il bio pic,inteso come genere, abbia un suo pubblico di riferimento. E credo anche di non farne parte.
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