petrossi
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venerdì 20 gennaio 2017
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il racconto originale e il film
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Il film "Arrival" si ispira fortemente al racconto "Storie della tua vita" di Ted Chang del 1998, pubblicato in Italia nel 2002. E' interessante vedere come alcuni elementi del racconto, trascurati nel film, avrebbero reso più scorrevole la narrazione.
Per prima cosa, per la linguista c'è la consapevolezza della diversità tra la lingua parlata e quella scritta degli alieni: la lingua parlata è per sua natura sequenziale, una parola viene detta dopo l'altra, la lingua scritta, meglio il testo scritto, può essere invece colta con immediatezza totale (come accade in certe calligrafie cinesi o giapponesi), quasi senza necessità di una sequenza costruttiva.
Per seconda cosa, nel racconto la Scienza ha un ruolo fondamentale.
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Il film "Arrival" si ispira fortemente al racconto "Storie della tua vita" di Ted Chang del 1998, pubblicato in Italia nel 2002. E' interessante vedere come alcuni elementi del racconto, trascurati nel film, avrebbero reso più scorrevole la narrazione.
Per prima cosa, per la linguista c'è la consapevolezza della diversità tra la lingua parlata e quella scritta degli alieni: la lingua parlata è per sua natura sequenziale, una parola viene detta dopo l'altra, la lingua scritta, meglio il testo scritto, può essere invece colta con immediatezza totale (come accade in certe calligrafie cinesi o giapponesi), quasi senza necessità di una sequenza costruttiva.
Per seconda cosa, nel racconto la Scienza ha un ruolo fondamentale. Gli alieni non capiscono termini quali accelerazione, ma capiscono benissimo i princìpi variazionali: se un raggio di luce - attraversando aria ed acqua - segue un percorso non rettilineo, ma "piegato", è perché minimizza il tempo impiegato nel percorso, ma questo fa pensare ad una luce che "sa" fin dall'inizio quale sarà il punto di arrivo ed il percorso da effettuare per arrivarci, una luce per cui futuro e presente coesistono fin dall'inizio, per cui ogni punto percorso è, in un certo senso, la "celebrazione" di un "unicum" atemporale.
Per terza cosa, la vita della protagonista e di sua figlia è più piena, meno solitaria: senza rivelare nulla direi più piena di minimi ma anche di massimi.
L'idea di una lingua che "ti cambia" è presente a più riprese nella fantascienza (La "neolingua" in "1984", "Babel5", "I linguaggi di Pao"...) e in un certo senso anche da alcuni "guru" della comunicazione (De Bono: il Greco come lingua del "Foro", avversativa, quindi degli avvocati e dei litigi, contrapposta a d una lingua che cerca di comprendere l'altro). Non si sa se nasca prima l'uovo o la gallina (la Cultura o la Lingua) ma l'ipotesi è certamente affascinante.
Alcune differenze sono molto interessanti e positive per la narrazione: il pericolo di guerra, la figura del generale cinese, una certa motivazione degli alieni che donano oggi per essere aiutati nel futuro, l'entrata nell'astronave e il contatto "diretto" con gli alieni, più umano (come afferma nella sua lavagnetta la linguista).
Il film è comunque coinvolgente ed emozionante, più "scuro" del racconto originale, che pur non mancava di emozionare, ma pur sempre un film di altissimo livello.
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g_andrini
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venerdì 20 gennaio 2017
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buon thriller psicologico
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Mi ricorda un po' Sfera, un vecchio film di ottima qualità da un punto di vista dell'analisi della mente umana. Trattare gli alieni è una scusa per addentrarsi in logiche tipicamente umane. Consigliato, ma non aspettatevi il solito film sugli alieni, soprattutto nelle conclusioni.
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elpanez
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venerdì 20 gennaio 2017
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una fantascienza paurosamente umana
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Arrival. Un film di fantascienza che va al di fuori degli standard tipici del genere. Una pellicola potente che fa riflettere sulle tematiche del tempo, e su quanto noi basiamo la nostra vita su di esso. Le nostre scelte vengono influenzate da quelle fatte in passato e vengono condizionate da quelle che faremo in futuro. La regia è gestita alla perfezione creando un film di fantascienza coinvolgente, che ti mette suspance per delle piccolissime cose, ma ciò che c'è dietro a quest'ultime è davvero qualcosa di potente e che ci tocca nell'animo umano.
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Arrival. Un film di fantascienza che va al di fuori degli standard tipici del genere. Una pellicola potente che fa riflettere sulle tematiche del tempo, e su quanto noi basiamo la nostra vita su di esso. Le nostre scelte vengono influenzate da quelle fatte in passato e vengono condizionate da quelle che faremo in futuro. La regia è gestita alla perfezione creando un film di fantascienza coinvolgente, che ti mette suspance per delle piccolissime cose, ma ciò che c'è dietro a quest'ultime è davvero qualcosa di potente e che ci tocca nell'animo umano. Le durate delle scene, la gestione della cinepresa è qualcosa di fenomenale. La sceneggiatura riesce a scavare nella profonda anima dei protagonisti creando fra di loro rapporti molto speciali e per nulla scontati. I dialoghi mettono in campo aforismi toccanti, riflessivi, geniali e molto d'impatto con delle scelte davvero azzeccate e coerenti a livello narrativo. La fotografia è un'opera d'arte, con delle luci in campo aperto mozzafiato per riprendere negli interni dei dettagli favolosi, ricreando il mondo degli extra-terrestri tetro, cupo e molto vago, esattamente come vorremmo vedere. La colonna sonora è perfetta, il primo e l'ultimo tema vi rimarranno impressi fin dopo i titoli di coda, ponendo in campo brani drammatici che fanno da contrasto e che anticipano che qualcosa di brutto sta per accadere, coinvolgente ai massimi livelli. L'interpretazione dei personaggi è ottima, nonostante non a tutti è stata data troppa importanza. La Adams spicca su tutto, portando sullo schermo un personaggio tridimensionale e dandogli una vita umana facendoci appassionare completamente a lei, a quello che prova, a quello che sente. Infine siamo davanti ad un Capolavoro, siamo davanti ad un film che vi intrappolerà nei pensieri per riuscire a venirne a capo, per riuscire a dare una soluzione ed una spiegazione alle ondate di emozioni che questa opera ci ha trasmesso. Uno dei film di fantascienza più belli di sempre che riesce a riprendere temi estremamente umani catapultandoci in un mondo fantastico.
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eugenio
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mercoledì 18 gennaio 2017
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fantascienza esistenziale
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Misto tra Malick e Spielberg, il nuovo film di Dennis Villenueve, apprezzato regista di thriller (come dimenticare Prisoners?) centra in pieno il filone della “fantascienza esistenziale”.
Un genere che consiste nel contaminare un filone, quello dell’ incontro con l’alieno, il diverso, con una vicenda profondamente personale che coinvolge lo spirito umano.
E in questo senso Arrival non fa eccezione. Si presenta come un prodotto valido con attori convincenti, Amy Adams su tutti, che in affascinanti flash back e flash forward si muove nell’intimità di un “incontro ravvicinato” dalle conseguenze decisive per l’umanità.
Dodici astronavi a forma di guscio atterrano in luoghi sparsi per la Terra, causando stupore e soprattutto timore nelle varie nazioni mondiali.
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Misto tra Malick e Spielberg, il nuovo film di Dennis Villenueve, apprezzato regista di thriller (come dimenticare Prisoners?) centra in pieno il filone della “fantascienza esistenziale”.
Un genere che consiste nel contaminare un filone, quello dell’ incontro con l’alieno, il diverso, con una vicenda profondamente personale che coinvolge lo spirito umano.
E in questo senso Arrival non fa eccezione. Si presenta come un prodotto valido con attori convincenti, Amy Adams su tutti, che in affascinanti flash back e flash forward si muove nell’intimità di un “incontro ravvicinato” dalle conseguenze decisive per l’umanità.
Dodici astronavi a forma di guscio atterrano in luoghi sparsi per la Terra, causando stupore e soprattutto timore nelle varie nazioni mondiali. Non si sa cosa vogliono, non si sa come sia possibile stabilire una conversazione con queste misteriose entità e perchè siano giunte proprio in quelle nazioni.
Viene reclutata Louise Banks (Amy Adams), linguista di fama mondiale, insieme al fisico Ian Donnelly (Jeremy Renners) per cercare di stabilire un contatto con gli alieni.
Loiuse con passione si interessa al caso. Entra nel monolite, opportunamente protetta da scafandro e tuta, cerca di trovare una lingua comune per capire cosa rappresentino quei simboli circolari, apparentemente uguali ma estremamente diversi per significato e man mano che si addentra nella comprensione di quella lingua sconosciuta, una specie di macchia di caffè, scagliata come fil nero dagli ectopodi (gli alieni hanno sette zampe retrattili e viene mostrata solo la parte terminale), inizia a percepire “visioni” di qualcosa che strettamente la riguardano: la sua famiglia e, in particolare, il rapporto con la figlia Hannah, prematuramente morta di cancro.
Nel frattempo, fuori dall’universo “ovattato” del monolite, il mondo impazzisce alla prima “traduzione” del messaggio alieno: “offrire armi” ed è pronto, Cina in testa, a dichiarare guerra a questi strani “gusci”senza attendere oltre.
Il concetto principale alla base di Arrival è la cosiddetta ipotesi di Sapir-Whorf". Conosciuta anche come "ipotesi della relatività linguistica", afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema sostiene che il modo di esprimersi determina il modo di pensare.
Ed in effetti Arrival ne è esempio eccellente. Come in Interstellar la pellicola nasconde un paradosso temporale, nella circolarità di una lingua in cui spazio e soprattutto tempo non assumono la dimensione lineare cui siamo abituati ma vengono continuamente ribaltati muovendo le acque di un genere che trova nell’immagine il suo effetto più affascinante.
Villeneuve gira con stile, padroneggia l’effetto visivo sul pubblico con grande efficacia. Metaforica risulta la scelta delle inquadrature, azzeccata quella del dialogo difficile tra Loiuse e gli eptodi,interessante il profondo significato nascosto con i continui rimandi alla maternità sofferta della linguista.
Come se, ci volesse dire Villenueve, quel qualcosa di ignoto proveniente dallo spazio buio, quel diverso di cui non è chiaro lo scopo del suo arrivo, non debba essere per forza inteso come minaccia ma al contrario, possa abbracciare un’ottica di comprensione reciproca e di un profondo significato cristiano, verso una lingua comune e profetica, il vero dono, che si chiama fratellanza e capacità di vedere ben oltre le “apparenze del tempo”.
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[+] fantascienza adulta, umana e del dialogo
(di antonio montefalcone)
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maurizio meres
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martedì 17 gennaio 2017
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l'arrivo,il comunicare e il sapere
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Film basato essenzialmente sul paradosso del tempo,attraverso una studiosa ed esperta nella traduzione delle lingue e sul significato universale dei simboli,inizia l'approccio di comunicare con il grande mistero della vita "che non siamo soli "Louise attraverso una sorta di comunicazione quasi spirituale con gli alieni viene beneficiata dal dono di vedere tutto il trascorrere della propria vita con flash che la portano nel futuro sia nel bene che nel male senza poterla modificare,ma accettare tutto in una sorta di grazia di Dio,sinceramente non so fino a che punto per noi umani si può essere accettare una situazione del genere,ma lei è una scienziata aperta e non influenzabile da credenze e pregiudizi.
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Film basato essenzialmente sul paradosso del tempo,attraverso una studiosa ed esperta nella traduzione delle lingue e sul significato universale dei simboli,inizia l'approccio di comunicare con il grande mistero della vita "che non siamo soli "Louise attraverso una sorta di comunicazione quasi spirituale con gli alieni viene beneficiata dal dono di vedere tutto il trascorrere della propria vita con flash che la portano nel futuro sia nel bene che nel male senza poterla modificare,ma accettare tutto in una sorta di grazia di Dio,sinceramente non so fino a che punto per noi umani si può essere accettare una situazione del genere,ma lei è una scienziata aperta e non influenzabile da credenze e pregiudizi.
Nel film ci sono i soliti conflitti tra popoli,il potere di ognuno che distrugge l'essenzialità di dialogo,ma che alla fine in una sorta di torre di babele al contrario,i popoli attraverso Louise si capiscono comprendo l'importanza del dialogo ma soprattutto apprezzano il grande dono del sapere.
Villeneuve estrapola questo film dai racconti noti come "storie della mia vita" di uno scrittore Americano Ted Chiang,autorevole personaggio della narrativa fantastica,gli riesce nel migliore dei modi entrando dell'intimo dei personaggi senza mai essere né patetico e soprattutto violento,gli alieni sono fragili non sono indistruttibili uno di loro muore,ma il loro concetto di vita non conosce violenza,la loro dissolvenza finale può intendersi come l'anima e il corpo siano indipendenti l'uno dall'altro.
Bellissimo finale un po' enigmatico ma logico,se si segue bene il film tutto torna,il tempo nella nostra dimensione ritorna ad essere il protagonista,dove Louise riesce nel dare la giusta dimensione esistenziale seppur drammatica,alla sua vita.
Fantastico si,ma essenziale per quello che ora non siamo (universalmente aperti).
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ashtray_bliss
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sabato 7 gennaio 2017
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comunicare, amare e comprendersi sono i veri doni.
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Spoiler-Alert:
Come spettatrice e amante del genere sci-fi premetto che sono rimasta un poco delusa dal encomiato Arrival di Villeneuve del quale mi aspettavo qualcosa di diverso, probabilmente di più magnetico e coinvolgente. Ma come linguista io stessa ho particolarmente apprezzato in questo film la tematica. Il modo in cui si approccia alla tematica del linguaggio e della comunicazione, ed infine del modo in cui per la prima volta nel corso di un film fantascientifico, il linguaggio vada interpretato come il dono e contemporaneamente l'arma per aprire e quindi dominare il Tempo. L'aspetto che mi ha intrigato di più è l'importanza che viene data alla comunicazione, che è l'aspetto più essenziale e basilare della nostra esperienza umana ma anche un bisogno innato.
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Spoiler-Alert:
Come spettatrice e amante del genere sci-fi premetto che sono rimasta un poco delusa dal encomiato Arrival di Villeneuve del quale mi aspettavo qualcosa di diverso, probabilmente di più magnetico e coinvolgente. Ma come linguista io stessa ho particolarmente apprezzato in questo film la tematica. Il modo in cui si approccia alla tematica del linguaggio e della comunicazione, ed infine del modo in cui per la prima volta nel corso di un film fantascientifico, il linguaggio vada interpretato come il dono e contemporaneamente l'arma per aprire e quindi dominare il Tempo. L'aspetto che mi ha intrigato di più è l'importanza che viene data alla comunicazione, che è l'aspetto più essenziale e basilare della nostra esperienza umana ma anche un bisogno innato. Comunichiamo i nostri sentimenti, i nostri pensieri e desideri, le nostre idee. Le società più evolute (umane ed aliene, come mostra il film) si basano sul concetto di comunicazione. Una comunicazione che si effettua attravverso il linguaggio, quel meraviglioso sistema di simboli arbitrariamente scelti per codificare messaggi complessi e astratti da comunicare al prossimo. Infatti, qualsivoglia forma di comunicazione prevede l'uso del linguaggio, sia che esso sia articolato e complesso come quello scritto, orale o ambedue delle nostre lingue oppure quello visuale, verbale, concettuale e simbolico come quello cinematografico al quale assistiamo.
In tale contesto, troviamo Louise Banks, linguista di fama mondiale che viene reclutata dall'esercito degli States per aiutarli a tradurre e comprendere i messaggi e le intenzioni degli alieni appena approdati nel Montana a bordo di un'astronave ovoidale, prontamente rinominata come "il guscio". Quelli del Montana però non sono gli unici alieni ad essere arrivati sul pianeta Terra; altre 11 navicelle infatti sono atterrate in punti diversi del pianeta e la domanda cruciale che interessa i governi di tutto il mondo e': "Cosa vogliono?" "Sono venuti in pace o vogliono dichiarare una guerra?" "Da dove vengono?". Ovviamente per rispondere a queste domande è indispensabile che esista un common ground sul quale avvenga la comunicazione, e quindi la reciproca comprensione. Questo è l'altro elemento interessante del film: l'altro, il diverso ed estraneo si cerca di comprenderlo, lo si avvicina e lo si approccia senza pregiudizi. O almeno ciò è quello che fa Louise e Ian, il fisico teorico del team a lei assegnato. La dottoressa ben presto capisce che i due alieni a bordo della peculiare navicella (all'interno del quale le leggi fisiche vengono a meno) comunicano attravverso una forma di linguaggio scritto che si basa su dei peculiari simboli circolari, dei logogrammi affascinanti ed enigmatici, che lei deve riuscire a tradurre per potersi mettere in contatto con loro nel minor tempo possibile.
Il linguaggio diventa di nuovo la chiave per aprire e aprirsi all'Altro. Comprenderlo e comprendere meglio noi stessi, dato che come direbbe Wittgenstein i limiti della nostra lingua sono i limiti del nostro mondo. E come dichiara l'ipotesi Sapir-Whorf, esplicitatamente citata nel film, la nostra lingua condiziona il nostro modo di pensare, vedere e approcciare il mondo.
Ma mentre Louise supera questi ostacoli linguistici, fisici e materiali per mettersi a contatto col diverso, inizia ad avere delle strane visioni che man mano si fanno sempre più intense e vivide. Quello che appare essere il passato, in realtà si rivela essere il futuro che aiuta Louise a cambiare il corso delle cose nel presente. Sotto tale aspetto il film rivela anche la sua vena più intima, umana e sentimentale, intrecciando la storia al presente di una scienziata dedita anima e corpo allo studio del linguaggio a quella del futuro che vede una madre amorevole e premurosa colpita da una tragedia terribile, indicibile: quella di perdere la propria figlia per un male precoce ed innarestabile. Ricalcando i passi e il linguaggio cinematografico lanciato dal visionario Christopher Nolan con Interstellar, Villeneuve torna a parlarci degli elementi del tempo e del amore che negli ultimi anni interessano la narrativa sci-fi dal polso intelletuale e dalle venature intrinsicamente antropocentriche e filosofiche.
L'amore anche qui assume la forma di linguaggio universale, l'elemento motivante che non impedisce a Louise di mettere al mondo sua figlia, nonostante sappia anticipatamente cose le succederà. Il tempo assume invece la forma di un dono (oppure di un'arma, a seconda del punto di vista) che gli alieni vogliono regalare all'Umanità, ma del quale infine solo Louise potrà usufruire. Il tempo, che secondo Nolan assume la forma di una quarta dimensione, qui resta un elemento al quale gli esseri umani potranno accedere attraverso la conoscenza della lingua aliena, quella lingua universale e circolare in grado di sbloccarlo. Quello che quindi costituisce il maggior nemico dell'uomo, a sua volta smette di essere lineare e dove passato presente e futuro si intrecciano, proprio come i logogrammi.
Se però il film si pone subito su un piano molto intelletuale e filosofico non è esente da alcune, talvolta grossolane, pecche che mi impediscono di assegnarli un punteggio maggiore e che mi hanno fatta uscire dal cinema molto perplessa (i famosi mixed feelings).
Primo, un linguista non conosce tutte le lingue del mondo come invece farebbe presumere il film. Quello è uno stereotipo alquanto ingenuo da proporre al pubblico. Un bravo linguista (dipende dalla specializzazione) potra conoscere la struttura morfo-sintattica delle lingue ma difficilmente potrà comprendere e produrre in esse, potendo scrivere, parlare e tradurre.
Secondo non ho apprezzato affatto la rappresentazione visiva degli alieni, come dei giganteschi polipi i quali sono perennemente avvolti da un banco di nebbia ma contemporaneamente si tengono a debita distanza dall'uomo dietro un vetro dalla luminosa ma asettica luce bianca che crea un notevole contrasto visivo col resto dell'interno. Ma aldilà della notevole estetica che il regista crea, la rappresentazione di esseri extraterrestri evoluti come degli eptapodi, l'ho trovata poco creativa e molto deludente.
La terza e ultima cosa che non ho apprezzato , è il fatto che il film non spiega niente sulla provenienza di queste creature, su chi siano e su quale sia la minaccia che entro 3000 anni avrebbero dovuto affrontare insieme all'uomo. Volendo poi esercitare in modo inverso l'abilità di pensiero, gli alieni essendo più evoluti e conoscendo il futuro (essendo per loro il tempo ciclico e non lineare) dovrebbero sapere in anticipo che gli Uomini non usufruiranno del loro dono e che solo Louise si farà portatrice di quest'abilità (conoscere ed imparare la loro lingua quindi sbloccare il tempo) rendendo vano il loro tentativo. Il film cade così in alcuni -inevitabili del resto- plot holes.
Benchè poi sia evidente che come tutti i film di fantascienza che si rispettino, Arrival utilizza un linguaggio scientifico (che qui è proprio quello linguistico) e la stessa simbologia sci-fi come metafora, per portare la narrazzione sul piano dei sentimenti umani, quelli che in fin dei conti sono i motori che ci permettono di vivere e di evolverci. Il film fa quindi leva sull'interiortà del'essere umano utilizzando una intensa Amy Adams per porre uno sguardo su quesiti filosofici che ci attanagliano, come appunto "cosa faremmo se potessimo vedere in anticipo il futuro?".
Ma eccetto i contenuti dei quali il film abbonda, non offre qualcosa di più originale, innovativo o visionario nè in termini di tematica nè in termini di spettacolarità, eccezione fatta per la resa della navicella. Non è facile ricreare un immaginario fantascientifico nuovo come osò fare Nolan nel 2014 (unendo i tasselli della fisica teorica, del tempo, dei sentimenti umani in un potentissimo action-drama fantascientifico). Arrival in tal senso appare piuttosto statico come film, monocorde e a tratti monocromatico. La suspense e il mistero, elementi fondamentali nel genere sci-fi, qui sono appena percepibili. Anche la mancanza di colpi di scena eclatanti e la staticità della location dove si svolge l'azione (all'interno della navicella e all'interno della base militare) potrebbero far venir meno l'attenzione degli spettatori e talvolta annoiare.
Sulla recitazione di Amy Adams invece c'è poco da dire: è perfetta, fragile, intelligente, umana ed empatica anche col ignoto che la circonda. Praticamente da sola la Adams regge il peso della pellicola impegnativa e complessa. Jeremy Renner e Forest Whitaker risultano poco più che comparse al suo cospetto.
In definitiva, Arrival è un film di stile e di maniera che rievoca alcuni classici del cinema come Odissea 2001, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e più recentemente si ritrovano elementi di Interstellar. Niente fraintendimenti: Arrival è un film letterario e intelletuale ma non si rivolge ad un pubblico d'elite. Ciononostante non riesce mai pienamente a coinvolgere ed emozionare, non ti trasporta nel suo viaggio alla conoscenza dell'Altro ed infine fatica ad entusiasmare ed estasiare come ci si aspetta da uno sci-fi firmato dal regista pluri-elogiato come Villeneuve. Essenziale, misurato ed estraniato da pomposità visive purtroppo non mi ha convinto pienamente. 3/5.
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peer gynt
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giovedì 1 settembre 2016
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apprendere il linguaggio e i paradossi del tempo
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Un'ottima fantascienza, quella dell'ultimo film del canadese Denis Villeneuve, che si ispira ad un racconto dell'americano Ted Chiang (coetaneo del regista) per raccontare ben più di una storia di invasione aliena della Terra. Siamo nel cinema di genere, ma gli ascendenti di questo film non vanno cercati nei blockbuster tematicamente simili, ma nello spirito di film come "Incontri ravvicinati del terzo tipo" di Spielberg e ancor più "Contact" di Zemeckis (con, perché no, un'ombra di Kubrick che aleggia comunque sul film). L'incontro degli alieni con gli umani è, anzi dev'essere, malgrado tutto e tutti, un confronto di culture, una comprensione della struttura mentale dell'altro attraverso la comprensione del suo linguaggio.
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Un'ottima fantascienza, quella dell'ultimo film del canadese Denis Villeneuve, che si ispira ad un racconto dell'americano Ted Chiang (coetaneo del regista) per raccontare ben più di una storia di invasione aliena della Terra. Siamo nel cinema di genere, ma gli ascendenti di questo film non vanno cercati nei blockbuster tematicamente simili, ma nello spirito di film come "Incontri ravvicinati del terzo tipo" di Spielberg e ancor più "Contact" di Zemeckis (con, perché no, un'ombra di Kubrick che aleggia comunque sul film). L'incontro degli alieni con gli umani è, anzi dev'essere, malgrado tutto e tutti, un confronto di culture, una comprensione della struttura mentale dell'altro attraverso la comprensione del suo linguaggio. In questo approccio teorico e nelle sfumature psicologiche ed emotive del personaggio protagonista, la linguista Louise Banks (una convincente Amy Adams), il film trova le sue migliori motivazioni, oltre ad annoverare una musica ottimamente funzionale alla suspense e un accorto uso delle anacronie narrative, la cui apparente banalità trova una spiegazione sorprendente nel finale. Con il gusto di giocare anche con i paradossi temporali, e in modo non banale, Villeneuve filma una fantascienza matura che (con l'eccezione di Nolan) mancava da un po' dagli schermi.
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