the moon
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venerdì 2 ottobre 2015
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caramelle
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Doveva essere un film interessante,movimentato,tosto e adrenalinico,doveva essere stile non è un paese per vecchi con un che di spionaggio e intrigo internazionale,ma alla fine ti risvegli e non sai davvero cosa hai visto o se quello che hai visto è ciò che presenziavano trailer e critici con decorazioni e lustrini o se la sala non era quella giusta.Perche il primo tempo trascorre in silenzio a fare ginnastica preparandosi al bagno di emozioni nella ripresa ma: qualche petardo,una blunt capricciosa che piange per le caramelle,e una trama ridicola cosi sempliciotta da diventare difficile.BOCCIATO.
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filippo catani
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giovedì 1 ottobre 2015
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guerra di confine
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Un blitz dell'FBI svolto per sgominare un traffico di droga finisce in maniera inquietante. Dentro la casa vengono recuperati cadaveri mummificati da tempo. Si decide allora di organizzare una task force per indagare sul caso.
Tante volte il confine tra Messico e USA è stato protagonista di belle pellicole e anche in questo caso è così. Villeneuve, dopo il bellissimo Prisoners, torna con una storia forte che vede il ritmo innalzarsi man mano che ci avviciniamo all'esito finale. Questo per dare modo allo spettatore di cogliere la complessità di tutti i personaggi che entrano in gioco. Inoltre il discorso non si riduce a un semplice buoni contro cattivi perchè ci sono varie sfaccettature non solo personali ma anche di quella che è la lotta al traffico di stupefacenti.
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Un blitz dell'FBI svolto per sgominare un traffico di droga finisce in maniera inquietante. Dentro la casa vengono recuperati cadaveri mummificati da tempo. Si decide allora di organizzare una task force per indagare sul caso.
Tante volte il confine tra Messico e USA è stato protagonista di belle pellicole e anche in questo caso è così. Villeneuve, dopo il bellissimo Prisoners, torna con una storia forte che vede il ritmo innalzarsi man mano che ci avviciniamo all'esito finale. Questo per dare modo allo spettatore di cogliere la complessità di tutti i personaggi che entrano in gioco. Inoltre il discorso non si riduce a un semplice buoni contro cattivi perchè ci sono varie sfaccettature non solo personali ma anche di quella che è la lotta al traffico di stupefacenti. Forse l'unica pecca del film sta nella scelta della Blunt che non è proprio convincente nel ruolo che recita al contrario degli altri attori sui quali svetta Del Toro. Belle anche le fotografie con alcuni squarci di cielo e di lande desolate davvero mozzafiato. Un film diverso da Prisoners se vogliamo ma che ha alcuni punti in comune specialmente per quanto concerne il finale assolutamente inaspettato.
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pedu72
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mercoledì 30 settembre 2015
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deludente e superficiale
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Deludente, quanto meno, viste le presentazioni e le recensioni lette. Per la tematica, risaputa: la presunta 'necessità' di utilizzare mezzi violenti e illegali per sconfiggere la criminalità. Per l'assunto (criminogeno) implicitamente propugnato dal film: in effetti o si fa così o si è impotenti e sconfitti in partenza. Per l'ingenuità manichea e razzista: i buoni (anche se non del tutto...) sono comunque gli yankee (i messicani: brutti, cattivi e ovviamente corrotti...). Per la pessima definizione psicologica dei protagonisti: la detective carina e 'onesta' per definizione, ma che risulta ingenua e francamente antipatica; il 'torturatore' (per carità, non americano...) che insegue una vendetta poco credibile per non dire assurda.
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Deludente, quanto meno, viste le presentazioni e le recensioni lette. Per la tematica, risaputa: la presunta 'necessità' di utilizzare mezzi violenti e illegali per sconfiggere la criminalità. Per l'assunto (criminogeno) implicitamente propugnato dal film: in effetti o si fa così o si è impotenti e sconfitti in partenza. Per l'ingenuità manichea e razzista: i buoni (anche se non del tutto...) sono comunque gli yankee (i messicani: brutti, cattivi e ovviamente corrotti...). Per la pessima definizione psicologica dei protagonisti: la detective carina e 'onesta' per definizione, ma che risulta ingenua e francamente antipatica; il 'torturatore' (per carità, non americano...) che insegue una vendetta poco credibile per non dire assurda. Per la trama, che culmina in una carneficina finale da barzelletta (il vendicatore solitario che penetra nel covo-bunker del boss del cartello: scena dai risvolti comici, al confronto le avventure di Tex Willer sono un modello di realismo...). Per l'incapacità di coinvolgere né emotivamente né eticamente lo spettatore: francamente, che ce ne importa dei protagonisti? che muoiano o sopravvivano risulta alla fin fine indifferente. Per alcune oleografie da cartolina: le silhouettes degli incursori contro il cielo rosseggiante nel tramonto... E, ultimo ma non ultimo, per la (solita) menzogna soggiacente alla vicenda: esistono i criminali (della droga, delle armi o di quant'altro) e gli stati (gli Stati Uniti poi...) che li combattono (con metodi più o meno discutibili): ma quando mai? ops... mi sono sbagliato: ovviamente gli stati (e soprattutto gli USA) sono garanti di giustizia, pace e progresso, che (come noto) portano nel mondo con gli strumenti della democrazia e della civiltà. Gli altri, canaglie da annichilire! Amen.
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catcarlo
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mercoledì 30 settembre 2015
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sicario
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Forse a causa della distratta accoglienza ottenuta al festival di Cannes, il provino di ‘Sicario’ si concentra sull’azione e sui morti ammazzati presentando l’opera come un thriller spara-spara così che, quando si rivela il nome del regista, lo spettatore rimane spiazzato. La visione del film rimette le cose a posto: non che manchino le scene movimentate (perfetta la lunga sequenza dell’incursione a Juarez e ritorno) e il sangue sparso con poca parsimonia, ma l’interesse del regista va ben al dilà di questi aspetti esteriori, riprendendo molti dei temi che ne hanno già caratterizzato il lavoro. Pur passando dai freddi boschi della Pennsylvania al desertico confine tra gli Stati Uniti e il Messico, come in ‘Prisoners’ anche qui possiamo osservare dei personaggi dalle molteplici sfaccettature che devono affrontare un mondo in cui il confine fra bene e male è molto labile (o, forse, inesistente), mentre al centro della vicenda è posta una figura principale che vede via via incrinarsi le proprie certezze e alla fine non può far altro che ammettere la sconfitta.
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Forse a causa della distratta accoglienza ottenuta al festival di Cannes, il provino di ‘Sicario’ si concentra sull’azione e sui morti ammazzati presentando l’opera come un thriller spara-spara così che, quando si rivela il nome del regista, lo spettatore rimane spiazzato. La visione del film rimette le cose a posto: non che manchino le scene movimentate (perfetta la lunga sequenza dell’incursione a Juarez e ritorno) e il sangue sparso con poca parsimonia, ma l’interesse del regista va ben al dilà di questi aspetti esteriori, riprendendo molti dei temi che ne hanno già caratterizzato il lavoro. Pur passando dai freddi boschi della Pennsylvania al desertico confine tra gli Stati Uniti e il Messico, come in ‘Prisoners’ anche qui possiamo osservare dei personaggi dalle molteplici sfaccettature che devono affrontare un mondo in cui il confine fra bene e male è molto labile (o, forse, inesistente), mentre al centro della vicenda è posta una figura principale che vede via via incrinarsi le proprie certezze e alla fine non può far altro che ammettere la sconfitta. Ancor più che sul Loki di Gyllenhall nel lavoro precedente, un tale destino incombe su Kate, giovane agente FBI dai molti ideali che viene assegnata a un’operazione sporca con un piede di qui e uno di là dal confine messicano. A guidarla sono due agenti di una qualche agenzia governativa non ben specificata, il ruvido Matt e Alejandro, sudamericano dal passato misterioso: ben presto, Kate scopre che qualsiasi mezzo è lecito per arrivare allo scopo, non importa quanto brutale o inumano. Assieme allo sceneggiatore Taylor Sheridan, Villeneuve fa muovere i tre in uno dei luoghi più pericolosi del pianeta raccontato come una terra di lupi in cui la civiltà è solo una patina per un deserto dello spirito che ben si riflette in quello che assedia i centri abitati: l’occhio si perde nelle estensioni fotografate con maestria da Roger Deakins mentre si accentua lo smarrimento dell’anima di Kate (quando quella del suo Paese, se c’era, se n’è gia andata da parecchio, vista la fondamentale identità di comportamento tra cacciatori e cacciati). Il direttore della fotografia rappresenta un altro legame con ‘Prisoners’ – pure in qualche modo ricordato all’inizio dalla casa degli orrori con relativa botola – ma in ‘Sicario’ il pessimismo è ancora più accentuato perché là si indagava un male magari ipocritamente obliato ma comunque in sonno fino al suo esplodere, mentre qui tutto è pianificato senza guardare in faccia nessuno, nemici o amici. A inasprire la cupezza collaborano le eco metalliche della colonna sonora firmata dall’islandese Jóhann Jóhannsson, ma tutto ciò non va mai a scapito del ritmo che tiene l’attenzione incollata allo svolgersi della storia fino al suo inevitabile scioglimento. L’incastro degli eventi e delle immagini coinvolge al punto da far passar sopra con agilità ad alcune pecche che fanno sì che la scrittura non sia all’altezza degli aspetti lodati fino a ora: lo scomparire e il riapparire del personaggio di Reggie, collega di Kate, è poco giustificato mentre la figura del poliziotto messicano male si armonizza nello svolgimento complessivo. Imperfetto è, in fondo, anche il disegno di una Kate non del tutto a fuoco nei comportamenti, ma si tratta di un difetto minore compensato dall’interpretazione di Emily Blunt, sentita e dolorante al punto giusto – anche per le conseguenze della vendetta di Montezuma – a conferma di un cast di notevole spessore e davvero indovinato: Bernthal veste per l’ennesima volta i panni di un figuro spigoloso, mentre col passare dei minuti rubano la scena i pochi scrupoli del Matt di Brolin e, in modo davvero incisivo, di quell’Alejandro i cui tormenti si intuiscono sotto il cipiglio di Del Toro. ‘Sicario’ mostra perciò qualche mancanza che lo rende meno compiuto di ‘Prisoners’, ma conferma in Villeneuve le qualità dell’ottimo regista che sa esprimere un proprio punto di vista forte e definito.
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claudiofedele93
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martedì 29 settembre 2015
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"ora conoscerai l'inferno degli yankee"
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Districarsi in un ginepraio come può essere quello dei film ambientati tra il confine Statunitense e quello Messicano è roba tutt'altro che semplice. Autori di nota fama e di grande maestria hanno cercato, negli ultimi vent’anni, di realizzare lungometraggi degni di essere ricordati, scadendo più e più volte in una ripetitività eccessiva capace di non far decollare la storia, portando il loro prodotto nell'oblio più nero.
Era un rischio davvero non da poco, quello di cui si è fatto carico Denis Villenueve, che nel 2013 aveva dato alla luce lo struggente, ma straordinario Prisoners con protagonista Hugh Jackman, nel ruolo di un padre a cui viene rapita la figlia, intenzionato di farsi giustizia da solo e deciso a non fidarsi della polizia di stato, nella più rurale America conservatrice; l'impianto del primo film sul suolo americano aveva messo in risalto le capacità tecniche del regista canadese, il quale, negli anni precedenti, si era preso a cuore il conflitto religioso fondamentalista con il lavoro La Donna che Canta, grazie al quale può vantare una nomination ai premi Oscar nella propria carriera.
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Districarsi in un ginepraio come può essere quello dei film ambientati tra il confine Statunitense e quello Messicano è roba tutt'altro che semplice. Autori di nota fama e di grande maestria hanno cercato, negli ultimi vent’anni, di realizzare lungometraggi degni di essere ricordati, scadendo più e più volte in una ripetitività eccessiva capace di non far decollare la storia, portando il loro prodotto nell'oblio più nero.
Era un rischio davvero non da poco, quello di cui si è fatto carico Denis Villenueve, che nel 2013 aveva dato alla luce lo struggente, ma straordinario Prisoners con protagonista Hugh Jackman, nel ruolo di un padre a cui viene rapita la figlia, intenzionato di farsi giustizia da solo e deciso a non fidarsi della polizia di stato, nella più rurale America conservatrice; l'impianto del primo film sul suolo americano aveva messo in risalto le capacità tecniche del regista canadese, il quale, negli anni precedenti, si era preso a cuore il conflitto religioso fondamentalista con il lavoro La Donna che Canta, grazie al quale può vantare una nomination ai premi Oscar nella propria carriera.
Sicario, tuttavia, rappresentava una vera e propria scommessa, una puntata rischiosa ad un tavolo da poker velenoso dove molte volte chi partecipa perde, per poi lasciare esclamare al banco, del cinico mondo cinematografico, una morale spietata ed un "te l'avevo detto" capace di stroncare intere carriere. L'ultima fatica di Villenueve si mostra ai nostri occhi come una vera e propria sfida, a cui spetta il compito di fornire un prodotto originale, compatto, in linea con la produzione dell'autore, ma al contempo intrigante, che sappia intrattenere e colpire, denunciare e affascinare. A colui che si cela dietro la macchina da presa, a questo giro, è semplicemente chiesto quasi un miracolo.
Tra Messico e Stati Uniti non corre buon sangue, ed i tempi son diventati durissimi, la droga viene spacciata in ogni dove, e al di là del confine, nelle città messicane, i corpi dei nemici dei boss dei cartelli vengono mostrati in pubblico decapitati e mutilati. Durante un'imboscata, come tante, dell'FBI, la giovane ed idealista poliziotta Kate Macer scopre accidentalmente un deposito di cadaveri all'interno di una casa appartenente ad un malavitoso. L'intera abitazione ne risulterà piena, e nel cortile di essa, di lì a poco, un ordigno verrà innescato causando ben due morti tra le fila delle forze speciali. Decisa a fare chiarezza, Kate, considerata idonea dai suoi superiori, per lavorare al confine, si offre volontaria e prende parte ad una task force il cui compito è quello di mettere fine una volta per tutte alle nefaste azioni di guerriglia del cartello messicano. Con il passare del tempo, tuttavia, questa si renderà conto che non tutto è come vuole sembrare e persino tra le unità della polizia ci sono persone e situazione di cui è bene non sapere nulla, decisioni prese senza morale ed etica, che rendono assai sottile il confine tra bene e male.
Sicario è un film notevole, una pellicola come poche e forse una delle migliori mai viste in quest'annata cinematografica. Lo è grazie a tutta una serie di elementi, ma sopratutto, tale merito, va riscontrato in due particolari non da poco: la regia e la straordinaria prova di Benicio Del Toro.
Villenueve continua ininterrottamente la sua personale critica verso gli U.S.A., rivestendo l'America non solo di un ruolo scomodo, ma conferendole quasi una valenza guerrafondaia insita in essa quasi quanto in coloro che cercano di combattere in nome della pace e della giustizia. Se, infatti, altre pellicole sottolineavano come gli Stati Uniti fossero nati attraverso le guerre ed il sangue, con Sicario si torna a parlare di come tutt'ora, il paese etichettato per eccellenza come quello della libertà e delle possibilità, offra all'interno di se stesso tutto un campionario di comportamenti lontani anni luce da una qualsiasi forma di moralità e come particolari territori si dimostrino alienati dal mondo interno, risultando solo lande desolate sulle quali continua a sgorgare sangue innocente.
Esattamente come in Prisoners, dove si denunciava quel tipo di giustizia privata, fatta dall'uomo comune, inevitabilmente destinata a tramutarsi in vendetta, accostandola ad un altro tipo di giustizia, quella legata alla legge pura e semplice, Villenueve anche stavolta coglie tematiche che puntano sull'effimero e superficiale controllo che una nazione pensa di avere sul proprio nemico (molte intestino, che esteriore), dimostrando, al contrario, la propria debolezza e annientamento, in un mondo cinico e spietato dove non esistono regole ed a regnare è solo ed unicamente il caos.
Il confine, che ricorda a tratti il bellissimo Non è un Paese per Vecchi dei fratelli Coen, aiutato, nella estetica e messa in scena, dalla fotografia a dir poco indimenticabile di Roger Deakins, segna un passaggio non solo fisico, ma anche psicologico, che punta nel rendere meno umani tutti coloro che lo affrontano. Così, nel cercare di debellare il male, i protagonisti Sicario diventano se non il male stesso, un'estensione di esso, un riflesso di quest’ultimo sorretto da moduli e pratiche ufficiali capaci di offuscare procedimenti al limite della legalità.
In tutto questo, è Kate, interpretata da una convincente Emily Blunt, che dopo anni di pellicole che l'hanno messa in ombra, finalmente si ritaglia un ruolo forte e incisivo dimostrando il suo talento, a pagarne le spese, a non capire, proprio a causa dei suoi ideali, della sua visione del mondo, della sua purezza, tutti quegli aspetti di un universo che neanche lei stessa credeva fosse possibile. La giovane agente diventa così testimone di un massacro forsennato, realizzato in nome di una Pace che troppo facilmente viene accostata alla parola "ordine", dove gli interessi economici e politici la fanno da padrone, affinché il tutto si riduca ad essere una spietata sparatoria, uno stallo infinito, dove ad avere la meglio sono solo coloro che piazzano, sulla scacchiera della frontiera, i loro pezzi migliori al momento giusto.
Sicario, al di là della padronanza tecnica di Villeneuve, che supera se stesso con questa pellicola, arrivando a toccare (sopratutto nella seconda parte della storia) un linguaggio visivo pressoché perfetto, è anche il film di Benicio del Toro, a cui vengono dati in toto gli ultimi minuti del lungometraggio, momenti nei quali il suo Alejandro esplode sullo schermo rivelando non solo la sua natura, ma il fascino e l'ambiguità nascosta all'interno di questi. Grazie alla prova di Del Toro, sempre composto, mai sopra le righe, eppur in un eccellente stato di grazia, il comprimario dimostra un carisma capace di attrarre l'attenzione del pubblico ogni volta che questi si presenta, senza troppe cerimonie, sulle schermo, sempre sul bordo tra l'essere un uomo distinto ed un assassino a sangue freddo. Nel saper donare l'enfasi giusta ai momenti finali, carichi di tensione, Alejandro sembra quasi rivendicare il ruolo di protagonista, o se non altro di simbolo di questo lungometraggio, che con una messa in scena curata e su cui bisogna solo tessere lodi, non nasconde la voglia di denuncia e critica verso una verità troppe volte celata ai nostri occhi o trasformata per dare coerenza ad un mondo fatto di bugie e inganni.
Sicario è un'assaggio indelebile di grande cinema, un'opera degna di chi l'ha realizzata, figlia di un autore che con Prisoners, Enemy e quest'ultimo lavoro, si qualifica come uno dei migliori cineasti canadesi degli ultimi decenni. E' una parabola schietta e cruda su una realtà che a volte fatichiamo a mandare giù e Villenueve è bravissimo ad abbattere la barriera del Cinema e della finzione per conferire alla sua storia quel qualcosa di realistico riscontrabile solo in lavori come i documentari. Crudo, realistico, freddo e letale, Sicario è una pellicola da non perdere, una delle migliori su cui sarà possibile posare gli occhi durante la fine di quest'anno cinematografico, uno dei momenti più alti del 2015, un attestato di settima arte coinvolgente, sorretto da un ritmo serrato con il quale Denis Villenueve, ancora una volta, mostra di non aver pudore nell'aver voglia di raccontare la realtà dei fatti, senza retorica e distorsione, priva di enfasi o artifici. Un po' come quando, per cogliere il drammatico senso della realtà che ci circonda, dei bambini che giocano a pallone la domenica e sentono arrivare dal nulla degli spari, consci che per loro, quelli, rappresentano la normalità quotidiana.
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rufus t.scutari
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martedì 29 settembre 2015
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è uno di quei film che sai che ti piaceranno
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È uno di quei film che sai che ti piaceranno, lo sai già dai primi minuti che ti siedi sulla poltrona, il montaggio, il susseguirsi delle azioni, non ti lasciano scampo; il film ti piacerà!
Praticamente privo di colonna sonora se non di un unico pezzo suonato di poche note a mò di preludio al pathos che crea ed allo svolgersi dell'azione.
Il destino della guerra al narcotraffico è così come si dimostra, "un mondo di lupi dove se non sei lupo anche tu non puoi sopravvivere".
Non c'è tempo per sofismi sul metodo........."Guillermo Alarcon -el verduco-trovarlo sarà quasi come scoprire un vaccino".
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È uno di quei film che sai che ti piaceranno, lo sai già dai primi minuti che ti siedi sulla poltrona, il montaggio, il susseguirsi delle azioni, non ti lasciano scampo; il film ti piacerà!
Praticamente privo di colonna sonora se non di un unico pezzo suonato di poche note a mò di preludio al pathos che crea ed allo svolgersi dell'azione.
Il destino della guerra al narcotraffico è così come si dimostra, "un mondo di lupi dove se non sei lupo anche tu non puoi sopravvivere".
Non c'è tempo per sofismi sul metodo........."Guillermo Alarcon -el verduco-trovarlo sarà quasi come scoprire un vaccino". Dennis Villeneuve è un regista di "manico" ed una piacevolissima conferma.
Bravo.
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elpiezo
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lunedì 28 settembre 2015
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pregevole!!!
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PIZZI MOVIE RECENSIONI: “SICARIO”.
Teso ed intenso in ogni singola inquadratura, Sicario narra l'eterna lotta ai letali cartelli messicani della droga. Un'equipe di agenti scelti (CIA ed FBI) in una vera propria guerra dentro e fuori ai confini di una terra infuocata e corrotta che trasuda corruzione da qualsiasi angolo la si guardi.
Un team di bravi attori ben assemblati tra loro (Del Toro, Blunt, Brolin) per una feroce battaglia dove il male alloggia incondizionato da entrambe le parti ed a pagarne le conseguenze, il letale confine messicano, un lembo di arida terra che ignora qualsiasi forma di redenzione.
PREGEVOLE!!!
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alex2044
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lunedì 28 settembre 2015
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un film ben fatto ma che non coinvolge
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Un film molto ben fatto . Diretto in modo magistrale , la scena del convoglio di automobili è da cineteca . Interpretato benissimo dai tre protagonisti ma anche i comprimari sono tutti molto professionali e credibili . Le musiche azzeccate , i paesaggi spettacolari sono un contributo in più per raccontare la desolazione non solo fisica ma prima di tutto umana di quei luoghi . A questo punto il mio giudizio sul film dovrebbe essere uno solo : bellissimo ! Ma non è stato così . Alla fine quando sono iniziati i titolo di coda mi sono reso che il film non mi aveva coinvolto completamente. Tutto bene si , ma un po' di noia ogni tanto mi aveva preso . Tutto eccessivo , tutto sopra le righe , si tutto di maniera .
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Un film molto ben fatto . Diretto in modo magistrale , la scena del convoglio di automobili è da cineteca . Interpretato benissimo dai tre protagonisti ma anche i comprimari sono tutti molto professionali e credibili . Le musiche azzeccate , i paesaggi spettacolari sono un contributo in più per raccontare la desolazione non solo fisica ma prima di tutto umana di quei luoghi . A questo punto il mio giudizio sul film dovrebbe essere uno solo : bellissimo ! Ma non è stato così . Alla fine quando sono iniziati i titolo di coda mi sono reso che il film non mi aveva coinvolto completamente. Tutto bene si , ma un po' di noia ogni tanto mi aveva preso . Tutto eccessivo , tutto sopra le righe , si tutto di maniera . Il regista sembra aver detto con la scena dell'uccisione dei bambini : vedi caro spettatore io non mi fermo davanti a nulla . La realtà fa schifo ma io te la sbatto in faccia senza alcuna remora . Insomma grandissima professionalità ma il cinema non è solo industria e professione . Il cinema è anche vedere al di là di quello che viene raccontato normalmente in tv per fare ascolti spesso facili ma superficiali .La violenza non deve essere negata ma va spiegata se no diventa solo un fatto meccanico e ripetitivo ed uno dopo un po' si stufa e pensa : va beh quale sarà la prossima bestialità che dovremo sorbirci ? Provocando quel po' di disattenzione nella visione del film con il suo seguito di noia . Il film è da vedere ma forse è anche un po' sopravvalutato .
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fullmetaltizio
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domenica 27 settembre 2015
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notevole
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Denis Villanevue dirige brillantemente questo thriller teso ambientato nella tristemente nota frontiera tra Stati Uniti e Messico. La bravura degli attori (azzeccate le scelte di Emily Blunt, una delle poche attrici a non risultare ridicola in un ruolo "militaresco", e quella di Benicio Del Toro, il cui cipiglio pigro contrasta l'efferratezza delle sue azioni) e l'ottima fotografia fanno il resto. Oltretutto, il film fornisce spunti di riflessione interessanti.
Purtroppo, la gestione approssimativa dei personaggi (la Blunt ci viene presentata come protagonista, ma nella seconda parte viene totalmente oscurata per dar spazio dalle vicende di Del Toro; per non parlare di Brolin, totalmente tagliato fuori dal finale) e uno svolgimento nebuloso delle vicende (tuttavia pur sempre preferibile ai temibili "spiegoni" che infestano la narrativa moderna) impediscono al film un ulteriore salto di qualità.
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Denis Villanevue dirige brillantemente questo thriller teso ambientato nella tristemente nota frontiera tra Stati Uniti e Messico. La bravura degli attori (azzeccate le scelte di Emily Blunt, una delle poche attrici a non risultare ridicola in un ruolo "militaresco", e quella di Benicio Del Toro, il cui cipiglio pigro contrasta l'efferratezza delle sue azioni) e l'ottima fotografia fanno il resto. Oltretutto, il film fornisce spunti di riflessione interessanti.
Purtroppo, la gestione approssimativa dei personaggi (la Blunt ci viene presentata come protagonista, ma nella seconda parte viene totalmente oscurata per dar spazio dalle vicende di Del Toro; per non parlare di Brolin, totalmente tagliato fuori dal finale) e uno svolgimento nebuloso delle vicende (tuttavia pur sempre preferibile ai temibili "spiegoni" che infestano la narrativa moderna) impediscono al film un ulteriore salto di qualità. Notevole, comunque...
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alecarid
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domenica 27 settembre 2015
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carino .. consigliato si
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Ben fatto seppur con qualche forzatura, alla fine si fa vedere ... sopra la media ma non eccezionale
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