dario
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domenica 15 maggio 2016
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tradizionale
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Alla fin fine è la solita vendetta. Pasticciata, confusa, pretenziosa, sovraesposta. Non male la dolenza di Benicio del Toro, anche se convenzionale. Regia robusta, fotografia eccellente, ma sceneggiatura povera. Tanto bum bum con silenziatore. tanta violenza accettata, spettacolare, per nulla affrontata con serietà. Buoni e cattivi come nelle favole per bambini piccoli piccoli.
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onufrio
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lunedì 14 marzo 2016
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scavare oltre la superficie
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Gran bel film, un ottimo cast ed una storia ricca di suspance che si evolve passo dopo passo, in grado di creare tensione allo spettatore, in un viaggio verso un qualcosa che non si sa, ma che una volta scoperto crea maggior dramma in questa vicenda che ha per protagonista Emily Blunt, agente dell'FBI che indaga su loschi affari di omicidi e droga e che si ritrova, per sua scelta, in un giro molto più grande di quel che potesse immaginare.
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bntc7
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giovedì 3 marzo 2016
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film da vedere
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Un film crudo, vero, sempre in bilico tra giusto e sbagliato, senza dare una netta risposta, neanche alla fine, ma lasciandoti domande, tante.. Una dura realtà che purtroppo rappresenta la quotidianità di tante persone, uomini e donne, anziani e bambini.. Benicio Del Toro è incredibile e cast protagonista ottimo! Bellissima fotografia! Da vedere, e rivedere!
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cinestabe
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venerdì 12 febbraio 2016
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sicario _ villeneuve colpisce ancora.
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Denis Villeneuve, regista dell'acclamatissimo LA DONNA
CHE CANTA e del thriller Capolavoro PRISONERS, oltre
che dell'inedito (in Italia) ENEMY, torna al Cinema
Internazionale con un Thriller intitolato SICARIO.
Sinceramente, non sapevo cosa aspettarmi da questa
Pellicola. Tra i film di questo regista, mi manca solamente
ENEMY, ma ho potuto ugualmente notare la versatilità di
questo grandissimo, giovane, cineasta. Ogni suo film è
riuscito a sorprendermi profondamente. Proprio per
questo, per evitare di rovinarmi una possibile sorpresa, ho
preferito evitare di leggere ciò che potesse riguardare la
trama del suo (momentaneamente) ultimo film.
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Denis Villeneuve, regista dell'acclamatissimo LA DONNA
CHE CANTA e del thriller Capolavoro PRISONERS, oltre
che dell'inedito (in Italia) ENEMY, torna al Cinema
Internazionale con un Thriller intitolato SICARIO.
Sinceramente, non sapevo cosa aspettarmi da questa
Pellicola. Tra i film di questo regista, mi manca solamente
ENEMY, ma ho potuto ugualmente notare la versatilità di
questo grandissimo, giovane, cineasta. Ogni suo film è
riuscito a sorprendermi profondamente. Proprio per
questo, per evitare di rovinarmi una possibile sorpresa, ho
preferito evitare di leggere ciò che potesse riguardare la
trama del suo (momentaneamente) ultimo film. Direi di
aver fatto la scelta giusta: mi aspettavo e pretendevo- qualcosa
che fosse almeno buono, ma mai mi sarei aspettato di
ritrovarmi davanti agli occhi una simile meraviglia.
La storia, vede come protagonista la bellissima e tostissima
Kate Macer (Emily Blunt), agente dell'FBI che viene trasferita
in una task force capitanata dall'ambiguo Matt Graver (Josh Brolin)
e dall'ancora più ambiguo Alejandro (Benicio Del Toro), con l'obiettivo
di far terminare il narcotraffico al confine tra gli USA e il Messico.
La regia di Villeneuve risulta sublime per l'intera durata della Pellicola.
Ritrae alla perfezione ogni singolo personaggio, riuscendo a delinearne
l'aspetto psicologico anche con un solo piano sequenza o una singola
battuta. Le riprese dall'alto degli ambienti, sono indiscutibilmente da
da Antologia, per la desolazione che trasmettono allo spettatore, in
quanto ritratti di una natura maledetta dall'Uomo, corrotto
e violento, che ha reso il rumore degli spari una realtà
quotidiana a cui anche gli innocenti si sono ormai abituati.
La fotografia è sensazionale, come è sempre stata nella
filmografia del regista Canadese. La recitazione dei tre protagonisti è
indubbiamente magistrale: la Blunt è spettacolare, bellissima ma allo
stesso tempo trascurata, tostissima ma comunque fragile, sempre e
comunque dalla parte del Bene, sia esso proprio o del proprio Paese;
Brolin è eccezionale, sempre sopra le righe, con un personaggio particolare
ed ambiguo, non sempre simpaticissimo; ma la vera star di SICARIO
è proprio Del Toro, nei panni di un personaggio che potrebbe veramente
rimanere nella Storia del Cinema Moderno, per quella sua pacatezza
che nasconde un'anima davvero spietata. La Colonna Sonora, che ha
ricevuto una nomination agli Oscar 2016, è fenomenale, tetra ed
estremamente evocativa, capace di rendere emozionanti anche
le scene (altrimenti) più “tranquille”. La sceneggiatura è magistrale nella sua
semplicità di superficie, perché non parla soltanto di una storia di droga
e di vendetta, ma va ben oltre, andando a parlare di un non-luogo, di un
confine, quello tra USA e Messico, in cui la violenza è inevitabile, in cui
l'illegalità è all'ordine del giorno e in cui non si è mai al sicuro.
SICARIO è un film incredibile, che trova la sua
potenza nella “lentezza”, nei silenzi, negli sguardi.
Consigliato a chi apprezza il vero Cinema.
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gianleo67
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domenica 24 gennaio 2016
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bring me the head of..fausto alarcon
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Arruolata in una task force impegnata nel contrasto ad un importante cartello messicano della droga attivo al confine Tex-Mex, la giovane ed idealista agente FBI Kate Macer dovra fare i conti non soltanto con la devastante potenza militare del nemico esterno ma anche con i discutibili metodi di un insidioso e temibile nemico interno, disposto a tutto pur di raggiungere uno scopo personale che solo in parte sembra coincidere con quelli dei suoi ignari compagni di viaggio.
Impegnato sin dai suoi esordi nello scandagliare il confine etico e psicologico che sembra separare l'aspirazione ad un mondo perfetto dalle sue innumerevoli declinazioni di degenerazione ed ambiguità, il canadese Denis Villeneuve si trasferisce dalle raggelate periferie di anonime e grigie cittadine del Nord America alle assolate e brulle asperità di una terra di frontiera dove si gioca la sporca partita di una malintesa legalità che confonde il fine con i mezzi e dove la battaglia del tuo nemico di ieri può essere quella del tuo amico di oggi; nell'apparente confusione di ruoli che pare inscritta nel cinico pragmatismo di una Nazione Americana da sempre impegnata nel combattere le minacce alla propria libertà e indipendenza con tutti i mezzi a disposizione.
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Arruolata in una task force impegnata nel contrasto ad un importante cartello messicano della droga attivo al confine Tex-Mex, la giovane ed idealista agente FBI Kate Macer dovra fare i conti non soltanto con la devastante potenza militare del nemico esterno ma anche con i discutibili metodi di un insidioso e temibile nemico interno, disposto a tutto pur di raggiungere uno scopo personale che solo in parte sembra coincidere con quelli dei suoi ignari compagni di viaggio.
Impegnato sin dai suoi esordi nello scandagliare il confine etico e psicologico che sembra separare l'aspirazione ad un mondo perfetto dalle sue innumerevoli declinazioni di degenerazione ed ambiguità, il canadese Denis Villeneuve si trasferisce dalle raggelate periferie di anonime e grigie cittadine del Nord America alle assolate e brulle asperità di una terra di frontiera dove si gioca la sporca partita di una malintesa legalità che confonde il fine con i mezzi e dove la battaglia del tuo nemico di ieri può essere quella del tuo amico di oggi; nell'apparente confusione di ruoli che pare inscritta nel cinico pragmatismo di una Nazione Americana da sempre impegnata nel combattere le minacce alla propria libertà e indipendenza con tutti i mezzi a disposizione. La tambureggiante dialettica da rullo compressore di questa progressione cinematografica di straordinaria potenza visiva si traduce in un film teso e ambiguo che sembra assecondare con impietosa lucidità le istanze di un cinema antiretorico e spettacolare che rimanda dritto dritto al malinconico disincanto del cinema di Peckinpah (Bring me the head of Alfredo Garcia) piuttosto che alla desolazione umana del paesaggio di confine tratteggiato dai fratelli Coen (No Country for Old Men), dove le relazioni umane sembrano fondate sull'indicibile accordo di una reciproca ed ineffabile volontà manipolatoria e dove l'ingordigia ed il desiderio di vendetta sono il motore di un'azione drammatica senza speranza e senza via di scampo. Il tempo degli eroi insomma sembra tramontato per sempre e conviene adattarsi in fretta (o perire) in un mondo dove la disperazione degli uomini è solo merce di scambio tra eserciti silenziosi pronti a scontrarsi nella terra di nessuno visitata solo dall'occhio di un satellite spia e che deflagra nell'inevitabile bagno di sangue tra gli angusti cunicoli di un dedalo di gallerie scavate nel deserto, un labirinto da cui uscirne vivi è ancora possibile ma non tenendo indenne la propria coscienza ed approdando ad una nuova consapevolezza su come i compromessi del potere si esercitino contro e malgrado gli ideali da cui dovrebbero essere mossi (Spartan). Noir d'azione sicuramente più esplicito e meno grottesco degli esiti surreali cui approda il cinema di Jaramush (The Limits of Control), ma che ne conserva intatto il disincanto nichilista, il film di Villeneuve è un piccolo apologo sull'ambiguità del potere e delle relazioni umane (il misterioso contractor in cerca di vendetta, l'agente sedotta dal nemico in un momento di debolezza, le incursioni negli affetti domestici di un poliziotto corrotto, il libero arbitrio finale affidato alle benevole concessioni di un'affinità sentimentale) e dove il bene ed il male si confondono nel tremolante baluginare di una Fatamorgana che ne distorce le forme e ne stravolge i confini. Messa in scena di notevoli suggestioni paesaggistiche (bellissima la fotografia di Roger Deakins) e dal rutilante commento sonoro (Jóhann Jóhannsson), raggiunge momenti di inarrivabile straniamento visivo (l'avanzare delle truppe anti-narcos nella policroma iridescenza del crepuscolo quali sperduti cosmonauti inghiottiti dalle tenebre di un mondo alieno) e di un efficace compendio del montaggio. Notevole la presenza scenica di una dolente ed emaciata Emily Blunt e straordinaria invece quella carismatica e magnetica di un insuperabile Benicio del Toro che non fa rimpiangere la spietata indolenza di Warren Oates nella parte di un memorabile Sicario che fu. Candidato alla Palma d'oro al Festival di Cannes 2015 ed a tre Premi Oscar 2016, tutti per contributi tecnici.
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il critico 89
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sabato 16 gennaio 2016
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crudo e violento ma poco originale
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Villeneuve è un ottimo regista e anche in questo Sicario conferma la sua bravura.
Molto belle le ambientazioni,le musiche e gli attori recitano alla grande soprattutto Del Toro e la Blunt.
Il film è crudo,violento ma purtroppo poco originale,sà di già visto.
Comunque un film da vedere.
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manuel_detto_bobo
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giovedì 14 gennaio 2016
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azione e tensione, con un benicio da 9!!! ma....
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Prima considerazione: film girato benissimo! La scena con scorta della polizia messicana è perfetta. La scena al rientro del confine messicano è stupenda! Seconda considerazione: Benicio Del Toro strepitoso! Freddo e concentrato...misterioso fino alla fine e determinato come uno schiacciasassi che avrebbe calpestato chiunque senza nessuna remora!!! Terza considerazione: ambientazioni molto suggestive! si percepisce il caldo del Texas e la situazione di tensione che si vive a Ciudad Juarez anche solo da alcune inquadrature dei bambini che giocano a pallone.
Per tante altre considerazioni specifiche sul film potrei dire: STREPITOSO! Invece... c'è qualcosa che non va... (ed ecco il motivo delle 3 stelle).
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Prima considerazione: film girato benissimo! La scena con scorta della polizia messicana è perfetta. La scena al rientro del confine messicano è stupenda! Seconda considerazione: Benicio Del Toro strepitoso! Freddo e concentrato...misterioso fino alla fine e determinato come uno schiacciasassi che avrebbe calpestato chiunque senza nessuna remora!!! Terza considerazione: ambientazioni molto suggestive! si percepisce il caldo del Texas e la situazione di tensione che si vive a Ciudad Juarez anche solo da alcune inquadrature dei bambini che giocano a pallone.
Per tante altre considerazioni specifiche sul film potrei dire: STREPITOSO! Invece... c'è qualcosa che non va... (ed ecco il motivo delle 3 stelle). Il ruolo di Josh Brolin un pò esasperato...troppo forzate alcune sue situazioni...sempre con la battuta un pò da duro/buffoncello che a mio avviso è esageratamente cercata in quasi ogni dialogo. Eppure lui è bravo ed anzi secondo me ha recitato molto bene...ma il suo ruolo penalizza un pò la tensione che invece potrebbe essere più alta. Il ruolo di Emily Blunt è troppo bacchettone...in ogni situazione cerca di ragionare nella piena legalità in azioni che oggettivamente non possono essere nella piena legalità...lo capisce subito...si adegua...poi invece fa marcia indietro e non le accetta...poi si riadegua...poi rifà marcia indietro ed alla fine viene "obbligata" ad adeguarsi da una pistola...mi sembra un ruolo un pò "confuso" con atteggiamenti troppo mutevoli... Uffa...il suo atteggiamento è troppo mutevole e poi la trasandatezza esasperata peggiora l'idea che lo spettatore si è fatto di Lei. In generale sia come storia che come riprese che come interpretazioni poteva veramente essere un FILMONE... un quasi capolavoro! Ci ricordiamo di TRAFFIC no???? Oppure nel piccolo di TRAINING DAY??? Insomma il soggetto era OTTIMO, invece mi sembra che abbiano preso un pezzo da uno un pezzo da un altro ed abbiano buttato giù la sceneggiatura che nella caratterizzazione di due dei tre personaggi principali ha un pò rovinato il risultato complessivo del film. PECCATO perché, ripeto, poteva veramente essere unn FILMONE! Invece è solo un film più che discreto...a mio modesto avviso. Buon Cinema!
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slowfilm
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domenica 25 ottobre 2015
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distante e desaturato, villeneuve ricorda mann
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Per definire la mia idea di Sicario è stato utile l’ascolto, qualche giorno dopo, della colonna sonora di Jóhann Jóhannsson. Dalla visione di Enemy, cui sono seguiti Prisoners e Incendies, mi sembra che Denis Villeneuve sia uno dei registi più interessanti in circolazione; la sua filmografia fatta di titoli di una sola parola si compone di opere dense, oscure, complesse eppure dotate di un’essenzialità e un’attenzione al focus tali da renderli dei film a tesi. Dove i personaggi, seppure saldamente al centro delle loro vicende, ricoprono un ruolo soprattutto dimostrativo, quasi delle cavie nella mani del regista, che sperimenta su di loro la desolante percezione che ha della natura umana.
Sicario è, per molti versi, più semplice dei suoi predecessori.
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Per definire la mia idea di Sicario è stato utile l’ascolto, qualche giorno dopo, della colonna sonora di Jóhann Jóhannsson. Dalla visione di Enemy, cui sono seguiti Prisoners e Incendies, mi sembra che Denis Villeneuve sia uno dei registi più interessanti in circolazione; la sua filmografia fatta di titoli di una sola parola si compone di opere dense, oscure, complesse eppure dotate di un’essenzialità e un’attenzione al focus tali da renderli dei film a tesi. Dove i personaggi, seppure saldamente al centro delle loro vicende, ricoprono un ruolo soprattutto dimostrativo, quasi delle cavie nella mani del regista, che sperimenta su di loro la desolante percezione che ha della natura umana.
Sicario è, per molti versi, più semplice dei suoi predecessori. Specialmente la scrittura, opera di Taylor Sheridan, mostra una lineare superficialità che non fa sostanzialmente nulla per evitare i cliché del genere. Eppure riascoltare i suoni bassi e tribali di Jóhannsson, il fiume sonoro che attraversa praticamente tutto il film, mi ha convinto, una volta di più, di come la ricercata complessità al cinema sia molto spesso inutile, e come, ormai, una delle cose più interessanti che si possa chiedere sia dare per scontate le possibilità di un intreccio, per mettere in evidenza il tono, l’atmosfera, il timbro unico e riconoscibile dell’opera. Fra episodi che ricordano il violoncello di Ernst Reijseger per Herzog, altri le ripetizioni meccaniche, ossessive e incalzanti del Jonny Greenwood de Il Petroliere – cinema con cui condividere una certa esasperazione documentarista -, la colonna sonora ha un ruolo fondamentale nel sottolineare e accentuare le scelte stranianti della regia. L’azione è spesso seguita dall’alto, in carrellate aeree parallele al terreno che osservano e oggettualizzano i protagonisti e le loro iniziative, mentre la musica contribuisce a sprofondare lo sguardo, l’ambiente e i soggetti osservati in una dimensione comune che non ha niente di rassicurante. Nella sua semplicità, la narrazione riduce tutto alla messa in scena di rapporti di forza innati, primordiali, naturali, umani, conservando un tono teso e uniforme, fatto di diffusa inquietudine, dove viene comunque negata un’esplicita e consueta spettacolarizzazione che per lo spettatore rischierebbe di essere catartica e addirittura salvifica.
Il distacco non è solo spaziale, risuona nella protagonista, Emily Blunt, costantemente lontana dagli scontri, un’osservatrice tutt’altro che privilegiata che, impotente, guida il pubblico nella discesa all’inferno. L’altra figura principale, incarnata da un Benicio Del Toro impegnato nella più adamantina delle vendette, dal canto suo ribadisce la linearità del soggetto, ricordando un Ghost Dog posto in totale distonia dall’assoluta mancanza di ironia. Caratteristica comune a tutto il cinema di Villeneuve, che anche in un film come Enemy (al momento il suo miglior lavoro) cancella completamente lo spirito che nel romanzo di Saramago, L’uomo Duplicato, è invece presente. Più di un punto di contatto con Blackhat, con cui Sicario condivide la diffusione della tensione all’interno di un flusso filmico uniformemente corposo, e un’adesione profonda ad alcune abitudini del genere thriller poliziesco che consente di operare più in superficie, per un Villeneuve che in questo caso può ricordare Michael Mann con l’equalizzatore settato sui toni bassi.
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pier delmonte
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giovedì 15 ottobre 2015
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il piacere di sedere al cinema
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Il solito Villeneuve, sempre convincente ( vedi “prisoners” ), giusti tempi e movimenti, le scene e nessun esagerato scontro a fuoco che ti indispone, la maschera azzeccata sia di Del Toro sia di Brolin, forse sappiamo gia’ del narcotraffico, dell’inferno del messico, della frontiera stati uniti e messico e gli sporchi giochi della Cia, ma con questi film vale la pena tornarci sopra.
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davidino.k.b.
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domenica 11 ottobre 2015
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narcos e dea
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Film non coinvolgente, belli gli effetti come sempre. Storia Americanata come sempre
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