rampante
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sabato 26 settembre 2015
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bobbio
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Ci voleva Bellocchio per capire tutto dell'Italia di oggi e di sempre
Una storia pensata per un esercizio estivo della scuola di cinema di Bobbio. Un piccolo mondo, il paese natale
Storia divisa in due parti nella prima parte Federico si reca al convento per riabilitare la memoria di Fabrizio, il fratello morto. Benedetta, una giovane suora è accusata di aver sedotto e condotto alla follia ed al suicidio un sant'uomo La strega non si pente e viene condannata e murata viva.
Il film racconta delle stregonerie nel Seicento e di una monaca accusata di essere posseduta. Benedetta viene graziata trent'anni dopo da Federico diventato cardinale.
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Ci voleva Bellocchio per capire tutto dell'Italia di oggi e di sempre
Una storia pensata per un esercizio estivo della scuola di cinema di Bobbio. Un piccolo mondo, il paese natale
Storia divisa in due parti nella prima parte Federico si reca al convento per riabilitare la memoria di Fabrizio, il fratello morto. Benedetta, una giovane suora è accusata di aver sedotto e condotto alla follia ed al suicidio un sant'uomo La strega non si pente e viene condannata e murata viva.
Il film racconta delle stregonerie nel Seicento e di una monaca accusata di essere posseduta. Benedetta viene graziata trent'anni dopo da Federico diventato cardinale.
Nella seconda parte Federico, ispetore del Ministero bussa al convento accompagnato da un miliardario russo che vuole comperarlo
Il convento è abitato da un conte che lascia la sua cella solo di notte e si trova con gli amici a parlare delle beghe del paesino. Gli abitanti evasori e falsi invalidi sono terrorizzati dall'arrivo di un ispettore del fisco e il vecchio conte vampiro si confronta con il funzionario.
I due episodi si ricollegano sulla fine di un mondo e di una classe con un'apertura alla vita.
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maramaldo
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lunedì 28 settembre 2015
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cinquanta sfumature di grigio.
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Di più se contiamo le tonalità plumbee e nerastre. Un film funereo, quindi? Può darsi, però è piaciuto. Il lungo applauso di Venezia deve pur aver avuto un motivo che non fosse la claque organica d'antan. Son tanti ad essersi goduto quello che è il principale, se non l'unico, pregio del film: l'exploit di un esercizio pittorico. Dicesi Pittura e non il giochino dei cromatismi fatti col filtro: Solo qualche esmpio. Ricordate Benedetta, in tunica bianca, sullo sperone di roccia, sporgente sull'acciaio liquido del fiume? Non è la Lorelei di una certa iconografia tardo-romantica? Quei luccichii nell'acqua, quelle trasparenze azzurrine.
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Di più se contiamo le tonalità plumbee e nerastre. Un film funereo, quindi? Può darsi, però è piaciuto. Il lungo applauso di Venezia deve pur aver avuto un motivo che non fosse la claque organica d'antan. Son tanti ad essersi goduto quello che è il principale, se non l'unico, pregio del film: l'exploit di un esercizio pittorico. Dicesi Pittura e non il giochino dei cromatismi fatti col filtro: Solo qualche esmpio. Ricordate Benedetta, in tunica bianca, sullo sperone di roccia, sporgente sull'acciaio liquido del fiume? Non è la Lorelei di una certa iconografia tardo-romantica? Quei luccichii nell'acqua, quelle trasparenze azzurrine... E la rivisitazione onirica di Bobbio? L'esercitazione impressionistica col borgo di notte. E, a parte le due vogliose sorelline, se vi concentrate sul livido drappeggio che punta al cinereo volto dormienta di Federico, scusate, non è... Mantegna?
Eppure quell'episodio (per me vale tutto il film) deve aver avuto un intento nel racconto, forse un significato. Ma l'Arte porta a volta per sentieri sconosciuti così ne è uscito un siparietto divertente, degno di Mel Brooks. Grazie, soprattutto, alla deliziosa Anna Rohrwach. Bravissima, con una sola occhiata narra desiderio, timore, invidia e ti regala perfino un sorriso.
Ma c'è chi a Bellocchio chiede (non dico contenuti, concetti, oggi parole grosse) ma almeno riflessioni non edulcorate, denunce, malumori e -perchè no?- qualche nota di pessimismo. E' stato accontentato. L'Autore, frugando nel suo archivio ha rispolverato qualche suo vecchio tic. Mostrandone i pervertimenti indulge ad un astiosetto dileggio di una certa religiosità. Rigorosamente cattolica, s'intende. Un pò per l'intima conoscenza ma tanto perchè è l'unica oggigiorno a permettere anelitò alla laicità, spregiudicatezza critica, audacia intellettuale in sicurezza ed incolumità.
E si gira attorno alla morte, cosa si vuole di più. Ma senza molta convinzione. Il conte che si adagia stecchito nella scala è solo una cosa che si armonizza con la gradazione cromatica deglli scalini, bagnata da uno sprazzo biancastro di una luce malata alla Munch.
Il film finisce lì. Ma , come nelle composizioni che pur avendo espresso e concluso il pensiero musicale abbisognano di una cadenza, il Nostro in finale riprende l'antico per un ultimo tentativo di unviare un messaggio, immaginare una parabola. Con una trovata che è di gran moda: come una farfalla dalla crisalide, emerge la nudità di ina adolescente in un felice e consolatorio contrasto con il disfacimento che la circonda. Un esorcismo della decomposizione, attuale o prossima ventura (che altro promette la rugosa vecchiaia in quei volti insistiti?)
Comunque a Bellocchio ha fatto bene lavorare a stretto contatto con la prole naturale e acquisita (chi l'avrebbe mai detto che il dissacratore del piccolo mondo borghese teneva famiglia?). Non ha ringiovanito la tavolozza ma ha guadagnato in leggerezza e freschezza. Tanto da farlo finire a tarallucci e vino. Che altro è Torna a Surriento? Un espediente da animatore da villaggio turistico per fare allegria e aggregazoione. Funziona: io stesso mi sono mentalmente unito al giulivo coretto. Così come trempo fa, uscendo di sala, mi sorpresi a canticchiare Tornerai. Non c'è da vergognarsi.
I ragazzi hanno aiutato il Patriarca a cercare un se stesso che forse non conosceva.Si sarà smarrito ma smarrendosi ha forse trovato un suo essere autentico artista. Pittore.
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enrico danelli
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lunedì 5 ottobre 2015
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la conversione di bellocchio
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Il film si compone di due parti talmente differenti da sembrare frutto di due registi diversi. La cosa è talmente lampante, che in un primo momento disorienta, irrita e fa disprezzare il film come si disprezza una orchestra che suona senza direttore, ma poi, trovandone il perchè, lascia soddisfatti e appagati. La parte ambientata nel medioevo è grave e cupa (a parte la macchietta delle sorelle Perletti). La parte ambientata ai giorni nostri è ciarliera e colorata (a parte il conte dedito a vita notturna). I dialoghi profondi e trascendenti quelli mediovali, vacui e immanenti quelli attuali. Le scene compiute e perfette quelle mediovali, abbozzate e perfino approssimativamente sgangherate quelle ambientate ai giorni nostri.
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Il film si compone di due parti talmente differenti da sembrare frutto di due registi diversi. La cosa è talmente lampante, che in un primo momento disorienta, irrita e fa disprezzare il film come si disprezza una orchestra che suona senza direttore, ma poi, trovandone il perchè, lascia soddisfatti e appagati. La parte ambientata nel medioevo è grave e cupa (a parte la macchietta delle sorelle Perletti). La parte ambientata ai giorni nostri è ciarliera e colorata (a parte il conte dedito a vita notturna). I dialoghi profondi e trascendenti quelli mediovali, vacui e immanenti quelli attuali. Le scene compiute e perfette quelle mediovali, abbozzate e perfino approssimativamente sgangherate quelle ambientate ai giorni nostri. Nel Medioevo gli errori umani e gli orrori della storia (semprechè sia stato un errore o un orrore la reclusione di una strega veramente dedita a patti con il diavolo, come si capirà solo alla fine del film) sono oggettivamente esecrabili, ma riconduono ad una religiosità che pervadeva tutta l'epoca mediovale e che aveva come fine la salvezza dell'anima (sul tema vedasi altro film stupendo come Magnificat di Avati). gli errori e le bassezze della nostra attualità sono comprensibili e tutto sommato perdonabili (trucchi e raggiri per tirare a campare con pensioni di invalidità non spettanti, preoccupazioni per figli disoccupati o dediti solo al tennis, espedienti vari con millantato credito e truffe ben al di là del lecito, impossibilità di non pagare le tasse visto che adesso anche i contadini chiedono la fattura, etc), ma risultano esclusivamente fini a se stessi e per se stessi, dettati da un egoistico istinto godereccio che appaga il corpo (forse) ma non certo l'anima. Insomma meglio l'uomo medievale per la grandezza delle sue aspirazioni che l'uomo moderno con la bassezza delle sue richieste. Herliztka da oscar. Riflessione finale su Bellocchio: vista la desolazione spirituale di oggi, forse si è reso conto che si stava meglio quando si stava peggio ?
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emanuelemarchetto
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sabato 18 marzo 2017
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il potere attraverso i secoli
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Il film nasce da un'idea per un cortometraggio da girare a Bobbio, piccola località amata dal regista e già palcoscenico di diversi film del regista. Il soggetto del corto doveva essere una variazione sul tema della Monaca di Monza(a detta del regista unica parte intrigante dei Promessi Sposi). Bellocchio racconta la vicenda di una giovane monaca martoriata dall'inquisizione in quanto creduta strega, colpevole di aver fatto innamorare un uomo considerato puro,per poi averlo spinto al suicidio.
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Il film nasce da un'idea per un cortometraggio da girare a Bobbio, piccola località amata dal regista e già palcoscenico di diversi film del regista. Il soggetto del corto doveva essere una variazione sul tema della Monaca di Monza(a detta del regista unica parte intrigante dei Promessi Sposi). Bellocchio racconta la vicenda di una giovane monaca martoriata dall'inquisizione in quanto creduta strega, colpevole di aver fatto innamorare un uomo considerato puro,per poi averlo spinto al suicidio. La giovane donna ha il solo peccato di essere bella e questo la porta inevitabilmente a sedurre anche il fratello del defunto, giunto nelle carceri di Bobbio per farla confessare al fine di assicurare al fratello una sepoltura in terra consacrata(non prevista per i suicidi). Qui il regista ribadisce la sua antipatia contro l'istituzione della chiesa e il potere; tale potere non accetta compromessi, lasciando la donna a scegliere tra una confessione falsa o la morte.
La vicenda s'interrompe bruscamente: ci troviamo sempre nelle carceri di Bobbio, ma in epoca contemporanea. Un sedicente esattore delle tasse si presenta alla porta dell'edificio e da qui il paese entra nel caos; scopriamo che nelle carceri abbandonate vive un uomo, creduto morto da 8 anni, il quale, assime ad un ristretto gruppo di persone, comanda sulla cittadina, distribuendo indennità ai cittadini per tenerli buoni e creando subdolamente uno stato di benessere apparente per tutti gli abitanti che ingenuamente accettano la situazione.
Marco Bellocchio gira un film a basso budget e attorniandosi di attori che già hanno lavorato con lui, oltre che da svariati membri della sua famiglia(bravissimo come sempre il figlio Pier Giorgio); questo ha permesso una certa libertà sia narrativa che espressiva al regista il quale, ormai settantacinquenne, non si stanca di ribadire il suo punto di vista sul potere. Il potere della chiesa, che in passato è stato cruento e repressivo si trasforma negli anni in un potere più nascosto, strisciante, dove un gruppo ristretto di persone muove i fili dell'intera comunità. Il questo modo Bobbio si trasforma in un microcosmo rappresentativo dell'Italia intera("Bobbio è il mondo intero" dice Roberto Herlitzka) fatta di inciuci tra i potenti, visti metaforicamente come dei vampiri, e falsi invalidi che sperano non cambi nulla. Il potere nei secoli sopravvive; non cambia, ma si nasconde, diventa più sofisticato e accomodante, convinto di sapere cosa è meglio per il cittadino. Non è difficile coglere i riferimenti alla Democrazia Cristiana, vista anche la presenza di Roberto Herlitzka che nel film Buongiorno, notte, sempre di Bellocchio interpretava Aldo Moro(coincidenze?), così come non è difficile cogliere innumerevoli riferimenti a film precedenti del regista: a partire da I pugni in tasca fino a L'ora di religione, il film è un sunto forse imperfetto, ma affascinante della poetica di un autore che dopo cinquant'anni ancora fa discutere.
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toni mais
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lunedì 14 settembre 2015
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assolutamente coerente ma nell'insieme sgradevole
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il filo conduttore tra i due episodi sta nella segregazione: involontaria per la monaca, volontaria per il Conte Dracula.
La monaca viene murata viva ma il suo spirito è salvo. Subisce una violenza dal sistema,reagisce e vince. Il conte dracula
erge a sistema parassitario,vampiresco la propria volontaria segregazione e soccombe.Una società asfittica la seconda contrapposta
ad una libertà ideologica per la quale si è disposti a pagarne il prezzo la prima.
La vita reale ci ha consegnato numerosi esempi di questa contrapposizione e non ci stupisce più.
Stilisticamente sorpassato dunque.
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antonh
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venerdì 13 novembre 2015
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thriller? commedia? fantasy? un misto di generi!
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Thriller? Commedia? Fantasy? Tutto tranne che Drammatico.
Il film si presenta molto fresco dal punto di vista della regia, visto che parliamo di un film ''Made in Italy'', ma delude moltissimo in alcuni punti, punti che penalizzano moltissimo il film.
IL TEMPO: Il film ''sembra'' volersi ambientare in un era a cavallo tra il XV - XVI secolo, ma non è così.
Difatti in un secondo momento il film ci presenta un era molto diversa da quella presentata all'inizio. Forse un salto spazio-temporale? Forse no, visto che molti personaggi non subiscono in alcun modo l'invecchiamento.
PERSONAGGI: I personaggi all'interno del Film sono davvero tanti, e nessuno di questi viene caratterizzato minimamente, e la cosa non mi sorprende visto che il film punta solamente nel comunicare qualcosa, ma alla fine si perde in un bicchiere d'acqua.
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Thriller? Commedia? Fantasy? Tutto tranne che Drammatico.
Il film si presenta molto fresco dal punto di vista della regia, visto che parliamo di un film ''Made in Italy'', ma delude moltissimo in alcuni punti, punti che penalizzano moltissimo il film.
IL TEMPO: Il film ''sembra'' volersi ambientare in un era a cavallo tra il XV - XVI secolo, ma non è così.
Difatti in un secondo momento il film ci presenta un era molto diversa da quella presentata all'inizio. Forse un salto spazio-temporale? Forse no, visto che molti personaggi non subiscono in alcun modo l'invecchiamento.
PERSONAGGI: I personaggi all'interno del Film sono davvero tanti, e nessuno di questi viene caratterizzato minimamente, e la cosa non mi sorprende visto che il film punta solamente nel comunicare qualcosa, ma alla fine si perde in un bicchiere d'acqua.
SVOLGIMENTO DELLA STORIA: Tralasciando ormai il fattore TEMPO, la storia sembra svolgersi in maniera abbastanza fluida, prima della metà del film.
Dopo, però, ci troveremo di fronte ad un cambiamento radicale all'interno del film.
Sembra che il regista abbia ripensato all'ultimo che un film che tratta questi avvenimenti, in determinate date, non avrebbe attirato l'attenzione del pubblico, e così, in preda ad un ripensamento in extremis, ha deciso di dare una ritoccatina alla pellicola aggiungendo elementi più freschi ed ambientando il tutto in un era più recente, e ciò porta il pubblico in uno stato di confusione.
Gente che invecchia, gente che non subisce variazioni. Personaggi inutili inseriti all'interno della pellicola. Dialoghi che non vengono in nessun modo annessi al filo logico del film, o almeno, non vengono chiariti.
Sembra che il film dia per scontato che il pubblico conosca alcuni elementi senza doverli indicare nel film, quando invece non è così.
Ho amato la recitazione di Herlitzka in questo film, devo dire che mi venivano i brividi a sentirlo parlare, veramente eccezionale.
Per me questo film è stata una delusione, ma non per la recitazione o altro, ma perché sembrava un film che voleva comunicare qualcosa di interessante, con una trama molto curata, con delle riprese che sono difficili da ritrovare in un film Italiano. Tutto rovinato da un andamento non idoneo della trama, da dialoghi fuorvianti e personaggi di vaga entità ed utilità.
Tutt'ora sono confuso e ancora non ho compreso bene il genere del film. Ho notato sfumature di scene ''Thriller'' - ''Fantasy'' - ''Romantico'' - e un pizzico di ''Commedia'' mischiato a scene di ''Erotismo Easy'', mentre invece la pellicola si spaccia per un genere ''Drammatico''.
Spero di poter assistere, al più presto ad un altra pellicola di Bellocchio, per osservare i suoi miglioramenti, e sperare che la prossima volta si concentri un pochino di più sulla Trama e sulla caratterizzazione dei personaggi che sembrano essere solamente delle sagome vuote.
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dario
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domenica 1 gennaio 2017
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vacuo
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Non si può pretendere di fare un film solo con la fotografza, nella quale Bellocchio è maestro. Qui manca un filo di logica, tutto è messo sotto un cappuccio di fdantasia euforica e presuntuosa, Quella di Bellocchio è una presunzione da maestrino sveglio quanto inconcludente (a differenza del ciknema d Moreti, cha ha una morale scontata e ancora più presunzione). Ogni tanto ha un momento felice, con osservazioni maniera enucleate dal resto. .Film sovrabbondante, affastellato, irrisolto. Intrerpretato anche da Alba Rohrwacher, un mistero della cinematografia italiana (la sorella, come regista, per dire, è ancora peggio).
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yeoman
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martedì 22 settembre 2015
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meraviglioso
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Bellocchio non ha certo bisogno di ulteriori conferme, e anche questo film si segnala come un, ahimè sempre più raro, esempio di maestria nel gestire la tecnica narrativa cinematografica per raccontare una storia pungente e poetica allo stesso tempo. Bobbio piccolo mondo, gestito ieri come oggi da poteri oscurantisti e retrogradi, è l'immagine di un paese che ancora si muove senza neanche accorgersi di essere già morto. Solo l'integrità del sentimento e della purezza resistono al degrado generale, anche se non sembrano più in grado di salvare il mondo. Un film meraviglioso, che fa ridere amaramente e piangere di commozione. Bellocchio usa tutti i soliti trucchi del mestiere, ma con tanta abilità da farci cascare puntualmente nelle trappole di una narrazione avvincente ed emozionante.
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Bellocchio non ha certo bisogno di ulteriori conferme, e anche questo film si segnala come un, ahimè sempre più raro, esempio di maestria nel gestire la tecnica narrativa cinematografica per raccontare una storia pungente e poetica allo stesso tempo. Bobbio piccolo mondo, gestito ieri come oggi da poteri oscurantisti e retrogradi, è l'immagine di un paese che ancora si muove senza neanche accorgersi di essere già morto. Solo l'integrità del sentimento e della purezza resistono al degrado generale, anche se non sembrano più in grado di salvare il mondo. Un film meraviglioso, che fa ridere amaramente e piangere di commozione. Bellocchio usa tutti i soliti trucchi del mestiere, ma con tanta abilità da farci cascare puntualmente nelle trappole di una narrazione avvincente ed emozionante. Purtroppo il prodotto finale, essendo di altissima qualità, non rincorre i facili schemi e non si presenta fruibile da un pubblico internazionale, che non può capire i profondi riferimenti alla società italiana. Un grandissimo film!
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guglielmo colombero
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lunedì 28 settembre 2015
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la bellezza e il desiderio sconfiggono il male
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Come sempre, Bellocchio non dirige i suoi interpreti: li plasma, li trasfigura. Suo figlio Pier Giorgio è un Federico traboccante di desiderio represso, di furore impotente, di masochismo narcisista. Padre Cacciapuoti, il viscido inquisitore impersonato con subdolo sadismo dall’impeccabile Fausto Russo Alesi, spaccia Federico come il fratello redivivo, sperando di ingannare Benedetta e di indurla così a confessare: ma sarà lei a beffare entrambi, con una falsa confessione che, nel momento in cui viene murata viva, la trasforma in una sortad’Antigone refrattaria all’arroganza del potere, cattolico e oscurantista nel Seicento, laico e reazionario ai giorni nostri.
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Come sempre, Bellocchio non dirige i suoi interpreti: li plasma, li trasfigura. Suo figlio Pier Giorgio è un Federico traboccante di desiderio represso, di furore impotente, di masochismo narcisista. Padre Cacciapuoti, il viscido inquisitore impersonato con subdolo sadismo dall’impeccabile Fausto Russo Alesi, spaccia Federico come il fratello redivivo, sperando di ingannare Benedetta e di indurla così a confessare: ma sarà lei a beffare entrambi, con una falsa confessione che, nel momento in cui viene murata viva, la trasforma in una sortad’Antigone refrattaria all’arroganza del potere, cattolico e oscurantista nel Seicento, laico e reazionario ai giorni nostri. La giovane attrice ucraina Lidiya Liberman, che raccoglie il testimone lasciato dalla francese Beatrice Dalle ne La visione del sabba(anche lei strega ipnotica e seduttrice che attraversa il tempo e lo spazio, eterna e incorruttibile come l’essenza stessa della tentazione), tratteggia una Benedetta sottilmente indecifrabile e perturbante, dal sorriso enigmatico come quello della Gioconda. Incatenata e immersa nell’acqua, oppure circondata da un crocchio di frati salmodianti («Non soffocatela!», esclama in un impeto di gelida collera padre Cacciapuoti), angelo demoniaco o demonio angelico, a seconda dell’angolatura scelta, Benedetta è una Jeanne d’Arc riflessa da uno specchio deformante, una Maddalena impenitente che ribolle d’intrepida femminilità.
Roberto Herlitzka, l’indimenticabile Aldo Moro di Buongiorno notte, ricompare nel ruolo altrettanto simulacrale del conte Basta: nel grottesco colloquio con il proprio dentista (Toni Bertorelli, il forcaiolo conte Bulla de L’ora di religione, ancora più caustico nei panni di un nostalgico dei bei tempi in cui, invece di chiedere la fattura, i contadini pagavano le cure mediche con polli, uova e salami) infarcisce con sofismi filosofici tutto il suo aristocratico disprezzo per il genere umano. Un cinismo squisitamente teatrale, da godere in ogni parola, in ogni sfumatura della mimica facciale, in ogni variazione del tono di voce. Incastonati alla perfezione nella trama anche il fratello maggiore del regista, il poeta Alberto Bellocchio, nei panni ieratici del maturo cardinale Federico, e la figlia Elena, la ragazza solare che finisce per far implodere il presunto vampiro. Infine, le due sorelle invaghite del bel Federico, Alba Rohrwacher e Federica Fracassi, che stemperano nell’ironia il sapore quasi boccaccesco della situazione.
In Sangue del mio sangueMarco Bellocchio chiude il cerchio e ritorna alle origini: «Bobbio è il mondo», afferma sarcastico il conte Basta, e così è per l’autore, dato che il microcosmo letargico del paese finisce per coincidere idealmente con il suo labirintico universo interiore. L’occhio cinematografico, non certo reso opaco, anzi, affinato dall’età non più verde ma vitale come un crepuscolo infuocato, riesce a infondere ad ogni singola inquadratura gli echi abissali di una psiche rivelata e svelata dall’immagine filmica (esemplare in questo senso il montaggio, curato da Francesca Calvelli, compagna del regista). Lo sfondo cromatico su cui agiscono i personaggi è denso di impasti pittorici, grazie alla maestria di Daniele Ciprì che combina chiaroscuri quasi caravaggeschi (l’alcova claustrofobica del conte Basta; l’altare barocco davanti al quale Benedetta affronta l’atroce prova del fuoco) con eruzioni sensuali di colore (il roseto del convento) e con tonalità livide e quasi espressioniste (la nuda cella di Benedetta; le acque torbide in cui sprofonda il prete suicida). Il simbolismo affiora nel tema del doppio: Federico e suo fratello gemello Fabrizio, il coro delle novizie parodiato dal gruppo di ragazzine che intona canzonette al ristorante, le sorelle che ospitano Federico, le due chiavi del portone della clausura in possesso di Benedetta. Da notare anche come alcuni nomi siano volutamente emblematici: Basta, Mai, Quantunque.
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vanessa zarastro
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sabato 19 settembre 2015
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film in famiglia
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Non sono sicura di aver capito del tutto il rapporto tra due storie diverse ambientate nello stesso luogo a distanza di 600 anni, ma probabilmente il nesso non c’è. Ci sono comunque delle analogie sul senso di enclave, sulla detenzione del potere, sulla chiusura al mondo esterno, sulle superstizioni.
Mentre la parte seicentesca è molto ben girata con una bella luce caravaggesca sui volti scavati, con gli abiti dell’epoca e nelle ambientazioni - perfino con un’ottima musica - quella contemporanea è frazionata, goffamente felliniana, più comica che ironica, con dialoghi sull’attualità un po’ generici un po’ banali: le fatture del medico, gli scontrini, la guardia di finanza, la navigazione in internet sono tutti segni della contemporaneità.
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Non sono sicura di aver capito del tutto il rapporto tra due storie diverse ambientate nello stesso luogo a distanza di 600 anni, ma probabilmente il nesso non c’è. Ci sono comunque delle analogie sul senso di enclave, sulla detenzione del potere, sulla chiusura al mondo esterno, sulle superstizioni.
Mentre la parte seicentesca è molto ben girata con una bella luce caravaggesca sui volti scavati, con gli abiti dell’epoca e nelle ambientazioni - perfino con un’ottima musica - quella contemporanea è frazionata, goffamente felliniana, più comica che ironica, con dialoghi sull’attualità un po’ generici un po’ banali: le fatture del medico, gli scontrini, la guardia di finanza, la navigazione in internet sono tutti segni della contemporaneità.
Le storie: in un convento di suore di clausura sul fiume Trebbia a Bobbio, bussa Federico (Piergiorgio Bellocchio figlio del regista), un uomo d'arme con lo scopo di riabilitare la memoria del fratello gemello sacerdote morto suicida. L’Inquisizione accusa una giovane suora (Lydia Liberman è la Monaca di Monza)di averlo sedotto e fatto impazzire. Una strega? Un patto con Satana? Tuttavia Federico invece di vendicarsi si sente morbosamente attratto dalla giovane donna che non ha nulla di cui pentirsi e viene pertanto condannata a essere murata viva in una cella. La colpa naturalmente ricade più sulla suora che sul sacerdote perché c’è sempre l’idea della donna quale potenza demoniaca.
Nello stesso convento ai tempi d’oggi sempre Federico, piccolo truffatore, si finge ispettore regionale e vuole far comprare il degradato ex convento - diventato ex carcere - a un suo amico sedicente miliardario russo.
Lì tutta una serie di intrighi e intrallazzi: una sorta di conte Dracula (Roberto Herlitzka) vive nascosto nel Convento ma partecipa a un Comitato polito e di affari del paese con i cui membri gestisce la sorte della piccola cittadina con la nostalgia di un periodo passato e di una giovinezza sfiorita. Un potere connivente al sistema mafioso che distribuisce “favori” equamente tra gli abitanti come le invalidità fisiche presunte per le quali si ottengono fondi regionali o comunque sovvenzioni pubbliche.
Il finale del film (o meglio i finali delle storie) sembrerebbe gratificare il femminile perché la suora viene graziata da Federico diventato nel frattempo cardinale (Alberto Bellocchio fratello del regista) e se ne va nuda e libera mentre sia Federico nella prima storia che il Conte nella seconda, soccombono e nulla possono rispetto al simbolo femminile di libertà. E così, con un po’ di fatica, le storie sono ricucite.
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