Dove eravamo rimasti |
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Un film di Jonathan Demme.
Con Meryl Streep, Mamie Gummer, Rick Springfield, Kevin Kline.
continua»
Titolo originale Ricki and the Flash.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 100 min.
- USA 2015.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 10 settembre 2015.
MYMONETRO
Dove eravamo rimasti
valutazione media:
2,98
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Più determinato e incisivo di quel che sembra.di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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venerdì 11 settembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
DOVE ERAVAMO RIMASTI (USA, 2015) diretto da JONATHAN DEMME. Interpretato da MERYL STREEP, KEVIN KLINE, MAMIE GUMMER, RICK SPRINGFIELD, AUDRA MCDONALD, SEBASTIAN STAN, BEN PLATT, CHARLOTTE RAE, LISA JOYCE
Ricky Randazzo (vero nome: Linda Brummel) è una cassiera di supermercato con un’enorme passione per la musica rock, tanto da aver fondato un complesso, chiamato The Flash, col quale suona cover di artisti musicali statunitensi in un affollato locale della California. Ma Linda, dietro le apparenze di una chitarrista rock energica e spregiudicata, nasconde anche una storia famigliare molto complessa e travagliata: ha avuto tre figli, due maschi e una femmina, dal marito Pete, con cui ha successivamente divorziato, e si è sempre mostrata una madre inconcludente e irresponsabile. Intenzionata a recuperare l’affetto dei figli e, inconsapevolmente, se non l’amore, almeno la stima di Pete, decide di ricomparire per una settimana nella vita della sua famiglia per fare un disperato tentativo nel quale nemmeno lei crede poi fino in fondo. Scopre che la complessata e sciatta figlia Julie, preda degli psicofarmaci e aspirante suicida, ha appena concluso un devastante matrimonio con un ragazzo ben poco raccomandabile, che il figlio maggiore Joshua sta a sua volta per convolare a nozze con una bella e simpatica fidanzata e che l’ultimogenito Adam è omosessuale. È troppo: Linda preferisce la vita disinteressata della rockstar, lontano dagli impegni sentimentali e immersa in quell’alone impenetrabile di divertimento fine a sé stesso e successo a portata di mano. Ma non per questo rinuncerà a mostrare ai famigliari la sua tenacia nel volersi ritagliare un posto all’interno di un gruppo che l’ha sempre screditata per il suo consueto comportamento scriteriato: e lo farà esibendosi con la sua band (della quale fa parte anche il fascinoso chitarrista Greg, suo attuale compagno) al matrimonio di Joshua, regalando a tutti quanti il miglior dono che potevano sperare da lei. J. Demme non aveva certo l’intenzione di replicare, col suo primo film realizzato negli anni 2010, il successo di critica e pubblico conquistato in contropiede con Il silenzio degli innocenti, e certamente, con uno storyboard che propone una vicenda vista già innumerevoli volte, l’esperimento non era nemmeno concepibile col più roseo degli ottimismi. Eppure riesce ugualmente ad infondere a questa commedia dai risvolti agrodolci un’iniezione di simpatica originalità, dovuta soprattutto all’abituale e infallibile bravura della Streep, la quale lascia perdere i suoi sessantasei anni e sa vestire con una giovialità che non invecchia mai i panni di una cantante a cui sembra interessare soltanto la musica e i suoi aspetti meno impegnativi, ma che in verità, se si scava più in profondità nel suo contraddittorio personaggio, cerca costantemente un appiglio per aggrapparsi alle speranze di un’esistenza normale, in cui la normalità va di pari passo con la serenità e, possibilmente, la contentezza delle persone che ha messo al mondo. Accanto a lei c’è un K. Kline che sa tenerle testa con una mistura, ormai efficacemente collaudata e quindi scevra da ogni probabilità di errore, di pathos autoironico e ottimismo che tenta di alienare ogni forma di misantropia. Da non dimenticare le origini di questa storia: la sceneggiatrice Diablo Cody si è ispirata alla propria suocera, che nell’esistenza reale era la front woman di un complesso che faceva serate nei country club californiani. È sempre un segno vincente il fatto di trarre narrazioni avvincenti e intense da eventi che sono accaduti effettivamente, ferma restando la distanza volontaria dai confini fortemente limitanti del bio-pic e l’applicazione di una logica che dia il più possibile risalto alle doti recitative di interpreti navigati e motivati. Non particolarmente costruito e curato per quanto concerne la dimensione della traduzione in immagini della musica, però una morale tutt’altro che favolistica veicola un significato che sa colpire al cuore un problema millenario (la crescita dei figli da parte di genitori che vedono nel compito paterno o materno un ostacolo quasi inaffrontabile) e soprattutto abbinabile agli ambiti più svariati.
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