maria f.
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mercoledì 3 dicembre 2014
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evviva i buoni film!
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Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado hanno presentato con le foto realizzate da Sebastiano Salgano il mondo e i suoi abitanti: 100 minuti di pura poesia.
Ci hanno mostrato le parti più remote, più sconosciute della terra e le loro popolazioni con usi, costumi e afflizioni.
Ebbene, noi spettatori, non possiamo più sottrarci - dopo questo documentario – all’osservazione di quanto accade attorno a noi, siamo costretti a guardare non solo a vedere, ad ascoltare non solo a sentire.
Questo lavoro ci ha incastrato, nessun essere con un minimo di cuore potrà più dormire sonni tranquilli.
Se vogliamo salvarci, dobbiamo tutti agire, partecipare attivamente per recuperare il salvabile, per rendere giustizia alle moltitudini oppresse e affamate, per rendere questo pianeta vivibile, dove tutti possano avere il proprio minimo spazio vitale.
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Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado hanno presentato con le foto realizzate da Sebastiano Salgano il mondo e i suoi abitanti: 100 minuti di pura poesia.
Ci hanno mostrato le parti più remote, più sconosciute della terra e le loro popolazioni con usi, costumi e afflizioni.
Ebbene, noi spettatori, non possiamo più sottrarci - dopo questo documentario – all’osservazione di quanto accade attorno a noi, siamo costretti a guardare non solo a vedere, ad ascoltare non solo a sentire.
Questo lavoro ci ha incastrato, nessun essere con un minimo di cuore potrà più dormire sonni tranquilli.
Se vogliamo salvarci, dobbiamo tutti agire, partecipare attivamente per recuperare il salvabile, per rendere giustizia alle moltitudini oppresse e affamate, per rendere questo pianeta vivibile, dove tutti possano avere il proprio minimo spazio vitale.
Schieriamoci contro quei malviventi che stanno distruggendo l’ambiente, favoriamo la conoscenza, la cultura, anche se siamo in minoranza, non ci schermiamo quando capita l’opportunità di esprimere le nostre idee in difesa dei più deboli, il mondo è anche nostro come anche il mare, le strade, nel nostro piccolo, con garbo interveniamo, lottiamo, solo così si potrà debellare piano piano l’arroganza, la stupidità di quelli che stanno riducendo a degrado il creato .
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(di marcellodangelo1979)
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nicobo
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martedì 2 dicembre 2014
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deluso
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non è un film ma non è nemmeno un documentario, sembra piuttosto che Wenders accetti di filmare un'autobiografia che si avvicina a un'agiografia, a tratti noiosa, dove il fotografo è esaltato in ogni suo aspetto, professionale e umano. Delude la sponsorizzazione per la marca della macchina fotografica, esaltata nelle inquadrature. Delude l'esaltazione acritica della sensibilità umana del fotografo (nel suo ruolo di padre, marito, professionista, artista, filosofo, etc). Non convince il Salgado antropologo che immortala, con ritratti che esaltano aspetti primordiali, gli indio d'America, rappresentati con occhio 'da coloniasta'come l'etnia arretrata in estinzione.
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non è un film ma non è nemmeno un documentario, sembra piuttosto che Wenders accetti di filmare un'autobiografia che si avvicina a un'agiografia, a tratti noiosa, dove il fotografo è esaltato in ogni suo aspetto, professionale e umano. Delude la sponsorizzazione per la marca della macchina fotografica, esaltata nelle inquadrature. Delude l'esaltazione acritica della sensibilità umana del fotografo (nel suo ruolo di padre, marito, professionista, artista, filosofo, etc). Non convince il Salgado antropologo che immortala, con ritratti che esaltano aspetti primordiali, gli indio d'America, rappresentati con occhio 'da coloniasta'come l'etnia arretrata in estinzione. Poi il Salgado che denuncia le ingiustizie, non trova di meglio che commentare l'immagine cruda (e giornalisticamente banale) dell'infante morente. L'indiscutibilmente apprezzato e orignale fotografo, ne esce ridimensionato come artista e come intelettuale. Il Wenders regista mette una sull'altra le immagini e le parole senza aggiungere, come ci ha abituati, alcuna poesia e riflessione a quanto registrato dall'occhio.
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(di effepi)
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paride86
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domenica 30 novembre 2014
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esteticamente superbo
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Non c'è che dire: un film bellissimo, stimolante e affascinante.
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nerone bianchi
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giovedì 27 novembre 2014
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fascino, significato e bellezza
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E' un film? Un documentario? Un documento?
Sono tentativi di definizioni che ho letto prima di vedere quest'ultima opera che Wenders ha realizzato insieme a Juliano Ribeiro Salgado, figlio di Sebastiao Salgado, fotografo e viaggiatore. L'opera le contiene tutte , è certamente un film, anche un documentario ma soprattutto è un documento. La testimonianza di una vita intensa, spesa a seguire intenzioni profonde, nel tentativo di raccontare il senso della nostra presenza su questo mondo. E' uno sguardo totale quello che ci viene proposto, crudo e nudo nella sua immensa verità, quella di una specie irrequieta che in duemila anni è stata capace di modificare pesantemente gli equilibri millenari del posto in cui vive, della sua indole violenta e intollerante, come pure della sua capacità unica di avere un pensiero poetico, un senso infinito di solidarietà e di appartenenza, di pensiero libero, di forza smisurata.
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E' un film? Un documentario? Un documento?
Sono tentativi di definizioni che ho letto prima di vedere quest'ultima opera che Wenders ha realizzato insieme a Juliano Ribeiro Salgado, figlio di Sebastiao Salgado, fotografo e viaggiatore. L'opera le contiene tutte , è certamente un film, anche un documentario ma soprattutto è un documento. La testimonianza di una vita intensa, spesa a seguire intenzioni profonde, nel tentativo di raccontare il senso della nostra presenza su questo mondo. E' uno sguardo totale quello che ci viene proposto, crudo e nudo nella sua immensa verità, quella di una specie irrequieta che in duemila anni è stata capace di modificare pesantemente gli equilibri millenari del posto in cui vive, della sua indole violenta e intollerante, come pure della sua capacità unica di avere un pensiero poetico, un senso infinito di solidarietà e di appartenenza, di pensiero libero, di forza smisurata. L'opera (così mi piace chiamarla) è un percorso nel labirinto della vita umana, un giro nel luna park dell'esistenza e della creazione. La riforestazione di casa Salgado in Brasile chiude con una bella finestra di speranza che ci voleva, perchè di questa abbiamo bisogno, di azioni che rinforzino la volontà di dimostrare che anche noi siamo capaci di vivere su questo pianeta come tutte le altre specie. L'opera scorre su un registro di puro fascino e bellezza, attraverso le foto di Salgado e del suo potente e delicato racconto. Merito di un regista che ha saputo trattare un materiale così fragile e apparentemente così poco cinematografico.
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gadman
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mercoledì 26 novembre 2014
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salgado e wenders un gran bell'incontro
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È' un film figlio di due grandi persone che s'incontrono in un momento importante della loro vita, le fotografie di Salgado e i film di Wenders risvegliano l'uomo spettatore del suo destino!
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davidino.k.b.
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domenica 23 novembre 2014
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salgado in film
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documentario bellissimo, foto spettacolari, ben girato, belle le musiche, cosa altro dire, dovrebbe essere divulgato nelle scuole per far capire ai giovani l'importanza della natura e la crudeltà dell'uomo.
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vincenzo ambriola
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domenica 23 novembre 2014
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un magistrale ossimoro
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Un film fatto di foto è una contraddizione in termini. Realizzarlo è stata un'impresa che ha visto l'impegno di due grandi maestri, Wenders come regista, Salgado come fotografo. Il risultato è notevole e stupisce per la dinamicità delle immagini, spesso mantenute staticamente sullo schermo per trenta lunghi secondi. Sono quei lunghi secondi che fanno riflettere, mentre la voce narrante fuori campo parla di ciò che Salgado aveva intenzione di fare, dei suoi stati d'animo, delle riflessioni profonde sull'umanità, troppo spesso disumana, che ha osservto, studiato, fotografato nel suo interminabile viaggio. La trama è semplice, la vita di un fotografo che decide deliberatamente di diventarlo, lasciando un lavoro sicuro e una famiglia che lo adorava, per andare dove nessuno osava avventurarsi, non solo per il pericolo ma per la paura di vedere ciò che non doveva essere visto.
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Un film fatto di foto è una contraddizione in termini. Realizzarlo è stata un'impresa che ha visto l'impegno di due grandi maestri, Wenders come regista, Salgado come fotografo. Il risultato è notevole e stupisce per la dinamicità delle immagini, spesso mantenute staticamente sullo schermo per trenta lunghi secondi. Sono quei lunghi secondi che fanno riflettere, mentre la voce narrante fuori campo parla di ciò che Salgado aveva intenzione di fare, dei suoi stati d'animo, delle riflessioni profonde sull'umanità, troppo spesso disumana, che ha osservto, studiato, fotografato nel suo interminabile viaggio. La trama è semplice, la vita di un fotografo che decide deliberatamente di diventarlo, lasciando un lavoro sicuro e una famiglia che lo adorava, per andare dove nessuno osava avventurarsi, non solo per il pericolo ma per la paura di vedere ciò che non doveva essere visto. Una vita che passa attraverso drammi di cui si è sentito parlare ma che in pochi hanno veramente conosciuto. Le due ore trascorrono lente, cadenzate da immagini che rapiscono e incatenano, immagini che per fortuna sono state catturate per sempre a memoria futura.
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donzellia
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domenica 23 novembre 2014
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documentario? film!
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Inizialmente ho pensato ad un documentario e mi sono subito messo di traverso. Poi il documentario mi ha conquistato, quelel foto...ma soprattutto quelle esperienze tutte condensate in un uomo solo. Poi ho cominciato a capire, non era un uomo solo, era una coppia, poi diventata una famiglia. Ho cominciato a capire il film nel documentario e sono rimasto abbagliato di quello che il vero amore degli esseri umani è capace di generare, dalle foto fantastiche, alla salvezza di un uomo perduto, alla realizzazione di una forseta di 600 ettari su un terreno diventato desertico. Sono uscito dalla sala consapevole che dovrò rivedere il film quando sarà finito il vortice interno che mi ha procurato la prima visione, ed avrò occhi diversi ed un cuore più aperto pronto ad accogliere quanto più possibile di tutti i poderosi messaggi di cui è intriso questo capolavoro.
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antonietta dambrosio
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venerdì 21 novembre 2014
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salgado come ulisse
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Il sale della terra - recensione
Se la parola ha in sé la magia di dar forma a stati d'animo e sentimenti, il potere di catturare il tempo e dilatarlo, di rendere eterno un momento, il Cinema che si esprime in gran parte attraverso le immagini, per mano di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, con Il sale della terra compie il miracolo, e rendendo omaggio a chi ha saputo scrivere sulla luce, ci offre il ritratto artistico ed umano di Sebastião Salgado, il fotografo brasiliano che ha saputo trasformare l'immagine in poesia.
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Il sale della terra - recensione
Se la parola ha in sé la magia di dar forma a stati d'animo e sentimenti, il potere di catturare il tempo e dilatarlo, di rendere eterno un momento, il Cinema che si esprime in gran parte attraverso le immagini, per mano di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, con Il sale della terra compie il miracolo, e rendendo omaggio a chi ha saputo scrivere sulla luce, ci offre il ritratto artistico ed umano di Sebastião Salgado, il fotografo brasiliano che ha saputo trasformare l'immagine in poesia. La forza della sua fotografia è tale che ogni parola potrebbe essere un insulto al cospetto dell'immensità; scrivere di questo film è come profanare qualcosa di sacro, perché viverlo è un'esperienza quasi mistica, è un percorso attraverso il dolore, è guardare con un occhio cosmico la vita e la morte in una dimensione che va oltre la prospettiva di ognuno di noi, è saper vedere attraverso lo sguardo di un bambino adagiato in una bara, spento ma ancora vibrante, cosa c'è al di là di quel limite oscuro, è l'attimo di felicità nel sorriso e nella complicità di due amici su un barcone tra l'orrore di una migrazione di massa, è l'uomo nella realtà di ogni continente che si misura con il suo ambiente e col tempo, che accelera il passo o lo ferma. Wim Wenders come Omero e Juliano Ribeiro Salgado come Telemaco, attraverso la sua arte ed ascoltando la sua stessa voce, sono testimoni dell'infinito viaggio di Sebastião Salgado, di cui ne seguono la partenza dalla terra di origine, e spingendosi verso le foreste tropicali dell'Amazzonia, passano dall'Indonesia alla Nuova Guinea, dal Congo, dalla Jugoslavia al Kuwait, attraversano i ghiacciai dell'Antartide, indugiano in Rwanda di cui ogni fotografia è il nero sul bianco dell'orrore del genere umano sull'uomo, è lo spettacolo di come l'uomo operi alla distruzione del suo stesso genere, si fermano su guerre e schiavitù, sono occhi nei suoi occhi perché "una foto non parla solo di chi è ritratto, ma anche di chi ritrae". Ed attraverso i suoi occhi ci fermiamo tutti sull'evoluzione di ogni specie animale scoprendo che siamo cellule di una stessa cellula, ospiti di una meravigliosa terra che non sempre siamo in grado di amare e l'orrore ci scava l'anima fino a consumarla ed un magone di impotenza e sfiducia nel nostro genere ci pervade finché Salgado stesso ci conduce verso la cura con il suo ritorno alle origini, dove la vita irrompe e ci circonda. La circolarità del suo viaggio fino al recupero dei valori di origine ci regalano conoscenza, consapevolezza, nuova fiducia, e la riconquista definitiva di ogni valore che ci lega alla vita. L'impegno nella riforestazione di una terra resa brulla dalla siccità è la sfida della luce dell'esistenza sulle tenebre della morte, è il senso dell'eternità. Sebastião Salgado come Ulisse torna dal suo Telemaco, nella sua terra e dalla sua donna che ha sostenuto il suo viaggio tessendo la tela della sua rinascita. L'umanità è Il sale della terra ed è anche un'opera grandiosa, è arte che si concede all'arte, e scava l'anima fino a levigarla e renderla migliore.
Antonietta D'Ambrosio
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capolise
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mercoledì 19 novembre 2014
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bellissimo, anche e soprattutto per non fotografi!
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Il docu-film non mostra solo il fotografo e la fotografia di Salgado, ma ci fa conoscere un uomo, la sua voglia di raccontare il mondo, anche nelle parti che meno ci piacciono, attraverso la sua sensibilità, e lo fa in maniera eccellente.
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