Il sale della terra |
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Un film di Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado.
Con Sebastião Salgado, Wim Wenders, Lélia Wanick Salgado, Juliano Ribeiro Salgado.
continua»
Titolo originale The Salt of the Earth.
Documentario,
durata 100 min.
- Brasile, Italia, Francia 2014.
- Officine Ubu
uscita giovedì 23 ottobre 2014.
MYMONETRO
Il sale della terra ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Un affresco messianico
di ZararFeedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar |
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martedì 4 novembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E’ un film specchio dei tempi difficili che stiamo vivendo per almeno due motivi: il messianismo eco-sociale da una parte, dall’altra la ricerca strenua di nuovi linguaggi (in questo caso filmici) anche attraverso la contaminazione di linguaggi plurisperimentati ormai e quasi consunti per il lungo uso. Una premessa: si recensisce qui il film o docu-film che dir si voglia di Wenders, dunque non la splendida, formalmente perfetta fino al manierismo fotografia di Salgado (cinque stelle), non l’appassionante viaggio nella vita e nella professione del fotografo (cinque stelle), non la testimonianza morale di fotografo e regista (cinque stelle), ma il modo in cui questi contenuti convergono a creare un film (tre stelle). Perché questo film richiede a mio parere, al di là dell’universale consenso, un paio di riflessioni critiche. Appena ci si entra dentro, il docu-film dichiara la sua struttura, creando un senso di straniamento che nasce dal mescolarsi di più linguaggi e più temi: il tema è almeno triplice: la biografia di Salgado, l’umanità sofferente e le vie d’uscita che le restano [e abbiamo detto poco], la funzione dell’artista che rappresenta questa umanità. Si alternano e giustappongono una voce narrante/commentante, Salgado in primissimo piano che parla in prima persona, intervistato dal regista; le fotografie di Salgado raggruppate per grandi temi e tappe di viaggio; i filmati di una troupe che a suo tempo ha filmato Salgado stesso mentre fotografava o gli ambienti in cui operava. Ebbene, il lodatissimo impatto del mix immagine fissa e immagine in movimento mi è sembrato a volte più disorientante che stimolante. Vedi le immagini fisse delle foto combinate con quelle in movimento dei filmati della miniera d’oro della Sierra Pelada: si disturbano a vicenda, piuttosto che integrarsi, e senti che sarebbe meglio se una delle due diverse rappresentazioni occupasse liberamente tutto lo spazio. Gli indigeni fotografati in gruppo riproducendo consapevolmente la foto-tipo dell’esploratore di fine Ottocento che hanno a che fare con il filmato che li vede muoversi liberamente nel loro ambiente? Niente. Il secondo elemento non del tutto risolto è la sequenza del docu-film, priva di pathos, malgrado i contenuti scioccanti per bellezza o terribilità. Non basta l'evangelico filo rosso espresso dal titolo e distribuito nei commenti (questa povera e/o innocente umanità qui rappresentata è “il sale della terra” e i suoi apostoli saranno quelli che salveranno il mondo) ad evitare un ‘effetto catalogo’ e un tono piuttosto sonnolento dell’insieme. Il terzo elemento un po’ sconcertante è la domanda che ti fai anche senza volere: ma chi ha filmato Salgado fotografo? Non il regista, che ovviamente non era lì quando quelle foto erano fatte. Pensare che Salgado si sia portato dietro spesso e volentieri qualcuno che lo filmava mentre fotografava fa pensare ad un tot di narcisismo che disturba un po’ nel nobile contesto. E veniamo al nobile contesto: nonostante le ambiziose intenzioni, l’accompagnamento narrativo attraverso commenti e frammenti di intervista non dice molto: è banale, minimalista e predicatorio insieme. Tutto l’insieme converge in un percorso rutilante di immagini bellissime e diversamente raccontate e rappresentate, ma inserite in un racconto molto prevedibile, piuttosto monocorde, che culmina nella conclusione eco-messianica. Amen.
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