puncy
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lunedì 3 novembre 2014
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fantastico
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Sebbene certe immagini possano apparire crude, di fatto salgado ha saputo cogliere nei suoi scatti il "sale della terra", grazie a lui dovremmo essere più consapevoli circa quanto accade nel mondo, tralasciando le cose effimere e soffermandoci maggiormente sulle sofferenze, renderci conto che la razza umana è la peggiore specie del nostro pianeta, ma capace se vuole anche di mettere in atto i cambiamenti.
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writer58
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venerdì 31 ottobre 2014
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"i focus on the pain"
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Le foto di Salgado sono un evento, un'esperienza: dalle miniere a cielo aperto dove migliaia di persone seminude cercano l'oro in un ambiente dantesco che richiama fortemente "il giardino delle delizie" di Bosch o le opere di Peter Bruegel, alle cataste di morti trasportati da una ruspa e ammassati in una fossa comune ruandese, dalle popolazioni indigene che vivono da sempre in qualche remoto recesso dell'Amazzonia con una discrezione tale che l'intera umanità li aveva dati per estinti alle lande sterminate e orizzontali della Siberia artica, gli scatti di Salgado hanno la capacità di guardare la realtà con una pregnanza di significati e di sfumature da apparire quasi surreali, espressioniste e liriche, come se l'autore avesse la possibilità di mettere a fuoco, con il suo obiettivo, dimensioni inesplorate che arrichiscono l'immagine di una nuova verità.
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Le foto di Salgado sono un evento, un'esperienza: dalle miniere a cielo aperto dove migliaia di persone seminude cercano l'oro in un ambiente dantesco che richiama fortemente "il giardino delle delizie" di Bosch o le opere di Peter Bruegel, alle cataste di morti trasportati da una ruspa e ammassati in una fossa comune ruandese, dalle popolazioni indigene che vivono da sempre in qualche remoto recesso dell'Amazzonia con una discrezione tale che l'intera umanità li aveva dati per estinti alle lande sterminate e orizzontali della Siberia artica, gli scatti di Salgado hanno la capacità di guardare la realtà con una pregnanza di significati e di sfumature da apparire quasi surreali, espressioniste e liriche, come se l'autore avesse la possibilità di mettere a fuoco, con il suo obiettivo, dimensioni inesplorate che arrichiscono l'immagine di una nuova verità.
La vita di Salgado, narrata nel film "Il sale della terra" attraverso le sue composizioni fotografiche, si è tradotta in un continuo pregrinare, dal Brasile a Parigi, Da Parigi in Africa, dall'Africa alla Nuova Guinea, dall'Indonesia alla Siberia, all'Antartide, sempre alla ricerca della bellezza del pianeta piagata dalla ferocia degli umani, alla ricerca di un senso per un'umanità martoriata da guerre, povertà, fame e conflitti interetnici. L'opera di Wenders riesce a fondere in modo mirabile le testimonianze fotografiche di Salgado con gli spezzoni filmici che recuperano la stessa potenza evocativa degli scatti del fotografo brasiliano. Come Gandolfi scrive, Wenders da' il meglio di sé come documentarista quando affronta personaggi che ama (Lo straordinario film su Pina Bausch ne è un esempio). Su questo registro-insieme epico e lirico- il regista tedesco si muove alla perfezione e ci consegna un'opera potente, visionaria, esteticamente splendida, che contiene un messaggio finale di speranza e di vita.
Messaggio che va salvaguardato in questa epoca di spersonalizzazione, derive feticistiche e di follie ideologiche che appestano il pianeta.
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fabiofeli
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lunedì 27 ottobre 2014
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rispetto genera rispetto
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Il sale della terra di Wim Wenders e Juliano Ricardo Salgado
Si può fare un film interessante e coinvolgente alternando le fotografie di Sebastiấo Salgado e le interviste al grande fotografo e a suo padre, un uomo che sembra lo stesso Sebastiấo con trenta anni di più?
La risposta è sì, se le fotografie sono dense di significati al punto da raffigurare pensieri e riflessioni quasi fossero pagine di un romanzo.
L’opera resta comunque un film anche se sembra contraddire il principio che cinema e fotografia sono due mezzi di rappresentazione diversa, vale a dire l’uno utilizza l’immagine in movimento e l’altro l’immagine fissa? La risposta è ancora sì, sempre per il motivo che quasi tutte le foto di Salgado congelano un momento significativo nel quale sono racchiuse la storia precedente e quella successiva.
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Il sale della terra di Wim Wenders e Juliano Ricardo Salgado
Si può fare un film interessante e coinvolgente alternando le fotografie di Sebastiấo Salgado e le interviste al grande fotografo e a suo padre, un uomo che sembra lo stesso Sebastiấo con trenta anni di più?
La risposta è sì, se le fotografie sono dense di significati al punto da raffigurare pensieri e riflessioni quasi fossero pagine di un romanzo.
L’opera resta comunque un film anche se sembra contraddire il principio che cinema e fotografia sono due mezzi di rappresentazione diversa, vale a dire l’uno utilizza l’immagine in movimento e l’altro l’immagine fissa? La risposta è ancora sì, sempre per il motivo che quasi tutte le foto di Salgado congelano un momento significativo nel quale sono racchiuse la storia precedente e quella successiva. Sono un modo di narrare, spesso poetico e, oserei dire, letterario nel senso migliore, costruito pian piano attraverso la frequentazione di luoghi e persone, conquistando poco per volta la fiducia di chi apparirà nella foto in modo naturale e non “in posa”. Traspare così tutta l’umanità e la profondità delle immagini scattate.
Nel film di Wenders e del figlio del fotografo si compie la complessa operazione di trasformazione di molte immagini fisse in una sequenza, un racconto; Wenders è da sempre affascinato dalla dimensione tempo riprodotto nella sua durata reale attraverso la tecnica del piano-sequenza, cara a Sergio Leone, Abbas Kiarostami e Nuri Bilge Ceylan; una tecnica che dilata i tempi cinematografici alla loro durata reale (indimenticabile in tal senso “Nel corso del tempo” del regista tedesco). Le parole di Salgado spiegano le tematiche delle fotografie suddivise in periodi lavorativi ben definiti. La lunga intervista che ricorda il modo di filmare del Jean Luc Godard degli anni ’60 riprende in primo piano il volto invecchiato del fotografo, valorizzando l’umanità del suo sguardo: i suoi occhi attenti hanno colto la drammaticità delle migrazioni umane e scrutato l’orrore della guerra fratricida nella ex-Jugoslavia. Penetriamo nell’abisso della disumanità e dell’abiezione, sentendoci alieni disperati; ma l’ultimo lavoro di Salgado (Genesi) ci riporta sulla terra con immagini dell’ambiente naturale e della vita degli animali: ci ricorda che il mondo è nostro, ma anche delle creature che ci vivono assieme a noi. Ritrovare l’equilibrio e l’umanità attraverso il rispetto della natura è ancora possibile; rispetto genera rispetto e comprensione dei propri simili e di se stessi. Torniamo umani e restiamo umani: un messaggio di speranza e non solo una utopica fantasia. Uno splendido film-documentario da vedere e ri-vedere.
Valutazione ****
FabioFeli
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hidalgo
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sabato 25 ottobre 2014
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il mondo di salgado
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Il sale della terra è un viaggio incredibile per il mondo visto dagli occhi e dall'obiettivo di Sebastiao Salgado, raccontanto da lui stesso, da suo filgio e da Wim Wenders attraverso una serie di fotografie a dir poco magnifiche. Forse è anche riduttivo chiamarle solo "fotografie"; le immagini che Salgado ha immortalato nel corso del suo girovagare da una parte all'altra del pianeta, sono un ritratto della bellezza del mondo e una testimonianza del male che il genere umano ha fatto (e continua a fare) ai doni del Creato; Salgado ha visitato e immortalato sconfinati territori inesplorati, foreste che sembrano incantate e regioni sperdute in capo al mondo, ma lungo il suo cammino è stato anche testimone di genocidi, carestie e brutalità di ogni genere.
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Il sale della terra è un viaggio incredibile per il mondo visto dagli occhi e dall'obiettivo di Sebastiao Salgado, raccontanto da lui stesso, da suo filgio e da Wim Wenders attraverso una serie di fotografie a dir poco magnifiche. Forse è anche riduttivo chiamarle solo "fotografie"; le immagini che Salgado ha immortalato nel corso del suo girovagare da una parte all'altra del pianeta, sono un ritratto della bellezza del mondo e una testimonianza del male che il genere umano ha fatto (e continua a fare) ai doni del Creato; Salgado ha visitato e immortalato sconfinati territori inesplorati, foreste che sembrano incantate e regioni sperdute in capo al mondo, ma lungo il suo cammino è stato anche testimone di genocidi, carestie e brutalità di ogni genere. Wenders ne ha fatto un collage delle esperienze in fotogarfie di Salgado, scatenando nello spettaore emozioni e sentimenti forti e contrastanti. Grazie anche al supporto, fondamentale, della voce narrante del fotografo stesso, ci si commuove fino alle lacrime, si prova vergogna assistendo a quello che i nosti simili sono stati capaci di fare al mondo e agli esseri umani, si resta a bocca aperta davanti alla maestosità di certi paesaggi, si avvertono strette al cuore al passaggio di immagini esplicite ma mai gratuite e si finisce con il coraggio di nutrire ancora una speranza; se esistono uomini come Sebastiao Salgado e i suoi famigliari e collaboratori, non tutto è ancora perduto. Un documentario emozionante, poetico e scioccante. Un'opera che resta impressa nel cuore e nella testa.
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[+] un altro grande documentario di wenders
(di antonio montefalcone)
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giank51
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sabato 25 ottobre 2014
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un maestro in azione
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Conoscevo Salgado come grande fotografo dalle sue mostre (l'ultima "Genesis" si è tenuta a Venenzia) e lo cosidero un maestro.
Questo documentario ne completa la conoscenza. Non so quanti che lo vedranno si occupano di fotografia ma in ogni caso la tecnica raffianata di Salgado è sicuramente evidente.
In mano sua le pose in bianco e nero dimostrano tutta la forza evocativa che possiede questa modo di fotografare. Se devo esprimere una preferenza, trovo superiore l'ultima fase della sua produzione (per esempio "Genesis") rispetto alla prima molto imperniata su tematiche sociali o belliche. Forse vi è troppa insistenza sulla crudeltà e la violenza.
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Conoscevo Salgado come grande fotografo dalle sue mostre (l'ultima "Genesis" si è tenuta a Venenzia) e lo cosidero un maestro.
Questo documentario ne completa la conoscenza. Non so quanti che lo vedranno si occupano di fotografia ma in ogni caso la tecnica raffianata di Salgado è sicuramente evidente.
In mano sua le pose in bianco e nero dimostrano tutta la forza evocativa che possiede questa modo di fotografare. Se devo esprimere una preferenza, trovo superiore l'ultima fase della sua produzione (per esempio "Genesis") rispetto alla prima molto imperniata su tematiche sociali o belliche. Forse vi è troppa insistenza sulla crudeltà e la violenza. Penso che Saramago alla fine avesse bisogno di recuperare poesia e serenità immergendosi nella natura. Qui diventa veramente insuperabile.
C'è molto da imparare da questo "Sale della terra".
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[+] evviva i buoni film!
(di maria f.)
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no_data
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venerdì 24 ottobre 2014
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"il controcampo"
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Il documentario che realizza Wim Wenders è straordinario per il montaggio delle fotografie di Salgado. La Pelanda, l'immagine con la quale si apre il film, è descritta con tale profondità dal fotografo che passa interamente attraverso lo schermo e entra nello spettatore con tutta la forza dei chiaroscuri che ne raccontano la storia. Così le immagini della siccità e della carestia, del genocidio in Rwanda e della Yugoslavia, in un crescendo di potenza comunicativa attraverso variazioni dell'inquadratura dal basso o dall'alto. Vedendo e ascoltando il racconto di queste immagini se ne coglie l'importanza e la denuncia e l'emozione che si riceve è per la consapevolezza dell'imbarazzo di quello che, per un puro privilegio geografico, non si ha e non si è vissuto.
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Il documentario che realizza Wim Wenders è straordinario per il montaggio delle fotografie di Salgado. La Pelanda, l'immagine con la quale si apre il film, è descritta con tale profondità dal fotografo che passa interamente attraverso lo schermo e entra nello spettatore con tutta la forza dei chiaroscuri che ne raccontano la storia. Così le immagini della siccità e della carestia, del genocidio in Rwanda e della Yugoslavia, in un crescendo di potenza comunicativa attraverso variazioni dell'inquadratura dal basso o dall'alto. Vedendo e ascoltando il racconto di queste immagini se ne coglie l'importanza e la denuncia e l'emozione che si riceve è per la consapevolezza dell'imbarazzo di quello che, per un puro privilegio geografico, non si ha e non si è vissuto. Davanti ad un paesaggio, dice Salgado, ognuno di noi realizzerà una fotografia diversa perchè ognuno di noi ha una storia diversa. Wim Wenders permette a Salgado di parlare di tutta la sua carriera ma anche della sua vita privata: il padre, i due figli, la forte personalità della donna che lo accompagna da una vita, la sua terra che ha trasformato in un progetto l'"Istituto Terra". Per Salgado, l'uomo oltre alla sua cattiveria e alla ferocia spietata è capace di produrre idee forti e contagiose ed è in grado di ricominciare da capo e ricostruire tutto ciò che ha distrutto.
Un film da vedere e da 'sentire' lasciandosi attraversare come una membrana dalle immagini che si susseguono.
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