peer gynt
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sabato 25 gennaio 2020
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la vittoria del caos
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Agghiacciante film sull'assenza (non il silenzio) di Dio, sul trionfo del caos (il Leviatano del titolo) che schiaccia i giusti e dà ragione e successo agli arroganti, agli ipocriti, ai prevaricatori. E quale racconto ci può sembrare più attuale di questo? In una cittadina della Russia settentrionale, sulle rive del Mare di Barents, un sindaco corrotto e disonesto espropria la terra del vedovo Kolja per sue speculazioni edilizie. Kolja chiede aiuto all'amico Dimitri, avvocato di Mosca, che trova le prove della corruzione del sindaco. Potrebbe concludersi bene per il nostro Kolja, ma il tradimento della sua compagna (che lo tradisce proprio con Dimitri) e le trame sordide del sindaco in combutta con il pope della chiesa ortodossa, precipitano Kolja in una tragedia senza uscita.
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Agghiacciante film sull'assenza (non il silenzio) di Dio, sul trionfo del caos (il Leviatano del titolo) che schiaccia i giusti e dà ragione e successo agli arroganti, agli ipocriti, ai prevaricatori. E quale racconto ci può sembrare più attuale di questo? In una cittadina della Russia settentrionale, sulle rive del Mare di Barents, un sindaco corrotto e disonesto espropria la terra del vedovo Kolja per sue speculazioni edilizie. Kolja chiede aiuto all'amico Dimitri, avvocato di Mosca, che trova le prove della corruzione del sindaco. Potrebbe concludersi bene per il nostro Kolja, ma il tradimento della sua compagna (che lo tradisce proprio con Dimitri) e le trame sordide del sindaco in combutta con il pope della chiesa ortodossa, precipitano Kolja in una tragedia senza uscita. Novello Giobbe, Kolja non è messo alla prova da Satana con il consenso di Dio (come nel racconto biblico), ma dal caos che regna sovrano sulla nostra Terra, luogo bellissimo (come mostrano le splendide immagini del film) ma deserto, freddo, vuoto. Dove di Dio è rimasta solo la carcassa. Ottimo film, ma desolante.
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sellerone
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giovedì 8 febbraio 2018
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e’ peccato bruciare i gatti
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Ipocrisia, destino beffardo e decadenza del vecchio modo di vivere di un popolo. Film triste ma realistico, splendidi paesaggi e soprattutto atmosfere. Affiancare la carcassa di un cetaceo, simboleggiante probabilmente al vecchio modo di essere del popolo della cittadini dove si svolgono gli eventi ai personaggi di questa storia drammatica è poetico ed efficace.
Visto, ma dura troppo e non lo compro…
Da guardare con chi ama la critica al mondo sovietico, qui trova pane per i suoi denti. I Bambini no, qualche scena è troppo esplicita, non capirebbero le usanze russe.
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ninoraffa
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lunedì 9 ottobre 2017
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silenzio nel turbine
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Intorno al quinto secolo avanti Cristo, lo sconosciuto autore del Libro di Giobbe racconta che Satana dopo un giro per la Terra, va a visitare Dio proponendogli di mettere alla prova Giobbe. Secondo il diavolo, Giobbe è giusto e pio perché Dio lo gratifica di ogni ricchezza e felicità, ma se la sua sorte cambiasse sarebbe pronto a ribellarsi. Il Padre Eterno accetta la sfida, concedendo a Satana potere sul malcapitato, che in brevissimo tempo perde figli, casa, ricchezze e salute, ritrovandosi coperto di piaghe nella polvere. Giobbe, ignaro dei celesti conciliaboli, s’interroga sulla ragione delle sue disgrazie: secondo gli amici ha dei peccati nascosti da scontare, la moglie invece deride la sua fede malriposta spronandolo a maledire Dio; ma lui dal fondo del dolore continua a rivendicare la sua innocenza e insieme la fedeltà all’Eterno.
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Intorno al quinto secolo avanti Cristo, lo sconosciuto autore del Libro di Giobbe racconta che Satana dopo un giro per la Terra, va a visitare Dio proponendogli di mettere alla prova Giobbe. Secondo il diavolo, Giobbe è giusto e pio perché Dio lo gratifica di ogni ricchezza e felicità, ma se la sua sorte cambiasse sarebbe pronto a ribellarsi. Il Padre Eterno accetta la sfida, concedendo a Satana potere sul malcapitato, che in brevissimo tempo perde figli, casa, ricchezze e salute, ritrovandosi coperto di piaghe nella polvere. Giobbe, ignaro dei celesti conciliaboli, s’interroga sulla ragione delle sue disgrazie: secondo gli amici ha dei peccati nascosti da scontare, la moglie invece deride la sua fede malriposta spronandolo a maledire Dio; ma lui dal fondo del dolore continua a rivendicare la sua innocenza e insieme la fedeltà all’Eterno. Alla fine è Dio stesso a troncare ogni discussione: appare nel turbine senza dare altra spiegazione che la sua ineffabile trascendenza; quindi premia Giobbe con la guarigione, il raddoppio delle sue originarie ricchezze e altri 140 anni di vita prospera circondato da una numerosa rinnovata discendenza.
E’ stato osservato che da millenni andiamo narrando varianti di poche storie fondamentali; e forse il senso di queste ripetizioni non è nelle trame ormai scontate, ma negli esiti e nelle condizioni di contorno che riflettono il mutare dei tempi. Dal Vecchio Testamento alla Russia post-sovietica, Andrei Zvyagintsev in “Leviathan” racconta il suo Giobbe senza scomodare le potenze celesti. Kolja, ex militare, con un debole per l’alcol e la mano pesante, vive a nord, sul mare di Barents, insieme al figlio e alla seconda moglie, Lilya, in una casa isolata costruita con le sue mani. Il corrotto sindaco del posto – diretto spiritualmente nei suoi crimini dall’amico vescovo e protetto dall’icona di Putin appesa in ufficio – mette gli occhi sulla proprietà di Kolja per una speculazione edilizia, avendo buon gioco ad espropriarla per pochi soldi con la complicità di magistratura e polizia. Kolja quindi si rivolge all’ex commilitone Dimitri, adesso avvocato a Mosca, che arriva dalla capitale confidando più in un dossier compromettente raccolto sul sindaco, che sulla giustizia.
Leviatano: per Giobbe (e Melville) mostruosa creatura degli abissi, incarnazione del caos primordiale, e per estensione, l’imperscrutabile potere di Dio di domare e ordinare le forze cosmiche; quindi per Hobbes il simbolo dello Stato Assoluto, concentrazione di ogni potere religioso e civile in nome dell’ordine sociale. Sulla stessa scia, il Leviatano di Zvyagintsev è in tutta evidenza lo Stato post sovietico, mostro tentacolare nutrito di mazzette e appalti, spogliato della sua antica grandezza metafisica, e per questo altrettanto temibile del suo arcano progenitore, ma insieme ignobile e meschino.
Leviatano: balena in ebraico moderno. L’ottima fotografia del film, ben accordata alla colonna sonora, torna sullo scheletro bianco di un cetaceo sulla spiaggia desolata; e poi relitti rugginosi di navi ed edifici; i denti della pala meccanica che alla fine divorano pezzo a pezzo la casa di Kolja; la luce livida che bagna un mare funebre; un paesaggio roccioso che mette a nudo le ossa della terra. Ma il mostro non sta solo fuori: serpeggia dentro i protagonisti nella vodka che ne accompagna la caduta, o nel doppio tradimento di Lilya e Dimitri, inconsapevoli autori tra le stesse lenzuola della rovina propria e di Kolja.
“Siamo tutti innocenti, fino a prova contraria… ma chi darà mai questa prova? e a chi?“ chiede Dimitri a Lilya. Lei risponde: “Credi in Dio?” E lui: “Perché siete tutti fissati con Dio? Io sono avvocato, credo ai fatti.” Nel mondo di Zvyagintsev la nuova superstizione dei fatti sostituisce quella vecchia, ma insieme al peccato inevitabilmente scompare ogni possibile innocenza o redenzione. I fatti senza Dio, o anima, o spirito, o senso, o giudizio, in qualsiasi modo vogliamo chiamarlo, non consentono altro finale. I ragazzi vanno a bere e fumare tra i ruderi di una chiesa diroccata, sotto un San Giovanni Battista mezzo scrostato che già rassegna il collo alla spada; nella pompa liturgica della cattedrale, il Vescovo rimesta Chiesa e Patria arringando in nome di Cristo e Verità i suoi oligarchi. Dio nel film è una ricorrente comparsa – nei discorsi farisaici del prelato politicante, nelle domande attonite dei protagonisti, nelle parole accorate del povero Pope – ma è solo figura dipinta, ripetizione di qualcosa sentita dire di sfuggita, favola, riflesso, eredità perduta, forse ricordo di gente che un tempo ci aveva creduto. Neppure rimpianto, che sarebbe già qualcosa. Meno che mai speranza. Nella Russia del XXI secolo, come nella maggior parte dei nostri luoghi, nessuno attende una voce nel turbine che risollevi Giobbe dalla polvere.
Film consigliato. Ottima regia e interpretazione senza sbavature. Leggibile a più livelli: sul piano politico, efficace primo piano del volto ordinario e sinistro di certi modelli statali capitalistico-autoritari ai quali si guarda con sempre maggiore interesse dalle nostre parti. Inquietante, e abbastanza nota, rappresentazione di una realtà alternativa – e competitiva – rispetto alle nostre declinanti democrazie.
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lorifu
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lunedì 5 ottobre 2015
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leviathan...la legge del più forte
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Leviathan, stupenda pellicola del regista russo Zvyagintsev che nel gennaio di quest’anno ha vinto il Golden Globe per il miglior film straniero oltre che il premio per la sceneggiatura a Cannes nel 2014 e che va ricordato anche per il Leone d’Oro strappato a Venezia nel 2003.
Stupenda pellicola per i tanti spunti di riflessione, riferimenti biblici e gli infiniti interrogativi sul senso della vita.
Stupenda per i paesaggi di una bellezza mozzafiato in cui gli elementi naturali, l’acqua, la terra, la luce dominano e sgomentano per la preponderanza che assumono con tutti i loro significati simbolici.
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Leviathan, stupenda pellicola del regista russo Zvyagintsev che nel gennaio di quest’anno ha vinto il Golden Globe per il miglior film straniero oltre che il premio per la sceneggiatura a Cannes nel 2014 e che va ricordato anche per il Leone d’Oro strappato a Venezia nel 2003.
Stupenda pellicola per i tanti spunti di riflessione, riferimenti biblici e gli infiniti interrogativi sul senso della vita.
Stupenda per i paesaggi di una bellezza mozzafiato in cui gli elementi naturali, l’acqua, la terra, la luce dominano e sgomentano per la preponderanza che assumono con tutti i loro significati simbolici.
Stupenda perché lo sfondo è una Russia dei nostri giorni con tutte le sue contraddizioni, fatti e misfatti nascosti dietro un apparato burocratico apparentemente funzionante e trasparente ma che in realtà, attraverso lo scheletro di un’enorme balena, il leviatano del titolo, simboleggia il potere, quello occulto ed oppressivo che ben conosciamo.
Stupenda per il tratteggio dei personaggi, traditi, delusi, abbandonati non soltanto dalle Istituzioni che al servizio dei potenti e dei loro interessi economici li privano di ogni loro diritto ma soprattutto da coloro ai quali erano legati da sentimenti di amore ed amicizia.
Stupenda per i tanti riferimenti alla Chiesa, una chiesa al servizio del più forte e che mai fornisce risposte convincenti, neppure alla fine attraverso le parole del Pope che non riesce a confortare Kolya lasciandolo solo nella sua profonda disperazione.
È un finale senza speranza quello che vede Kolya scontare una pena per un crimine che non ha commesso rafforzando il concetto che nella vita esiste unicamente la legge del più forte.
La storia di Kolya, un moderno Giobbe che vive in un paesino sulla costa livida e spettacolare del mare di Barents insieme alla compagna e al figlio adolescente avuto dalla prima moglie è la storia di un uomo normale che vive una normale vita fatta di piccole cose, memorie, ricordi,costretto ad abbandonare il suo personale “paradiso” per l’ingordigia del sindaco della città che appoggiato dalla malavita e dalla Chiesa, vuole espropiarlo dalle sue proprietà.
A nulla servirà l’aiuto di un suo amico avvocato che, oltre a insidiargli la moglie lo abbandonerà in seguito al suo destino.
È la lotta personale di un qualsiasi signor nessuno impotente davanti alla forza e l’impenetrabilità di un Potere che come un mostro gigantesco si abbatte sulla vita dell’uomo annientandolo.
Sono tanti i riferimenti a Kafka, Camus, Hobbes che si possono cogliere nelle pieghe della vicenda ma l’attenzione del regista è tutta rivolta al Potere ed alla Chiesa...che poi... se togliamo i riferimenti paesaggistici e i fiumi di vodka, che nel film scorre a fiumi sia come collante sociale che come antidoto alla solitudine ed alla disperazione, il film per le tematiche trattate, a detta del regista stesso, assume carattere di universalità.
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ennas
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martedì 22 settembre 2015
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il mondo di kolya
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Uno degli elementi caratterizzanti “ Leviathan” è l’ambiente in cui si svolge il film. .L’ apertura prolungata sul paesaggio ci trasmette una vertigine di solitudine e di vuoto, metafora di una condizione umana che travalica i confini di spazio e tempo Siamo all’estremo nord e una strepitosa fotografia ce lo mostra, nella luce e nei colori ma, ci rivela anche il volto di una natura primordiale e arcigna, indifferente al destino degli umani: relitti di vario genere sono sparsi su un terreno arido e roccioso. Kolja vive qui, con la giovane seconda moglie e con Roma, il figlio avuto dal matrimonio precedente, in una casa in riva a questo mare, qui è nato, qui vi lavora nella sua officina.
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Uno degli elementi caratterizzanti “ Leviathan” è l’ambiente in cui si svolge il film. .L’ apertura prolungata sul paesaggio ci trasmette una vertigine di solitudine e di vuoto, metafora di una condizione umana che travalica i confini di spazio e tempo Siamo all’estremo nord e una strepitosa fotografia ce lo mostra, nella luce e nei colori ma, ci rivela anche il volto di una natura primordiale e arcigna, indifferente al destino degli umani: relitti di vario genere sono sparsi su un terreno arido e roccioso. Kolja vive qui, con la giovane seconda moglie e con Roma, il figlio avuto dal matrimonio precedente, in una casa in riva a questo mare, qui è nato, qui vi lavora nella sua officina. Il sindaco del paese vuole requisire la sua proprietà per lucrosi progetti edilizi e Kolja vive questa ingiunzione come un attentato alla propria vita, al proprio mondo. In questa lotta sempre impari, tra il cittadino Kolja che si sente colpire ingiustamente e un potere avido e corrotto,il regista e un cast formidabile di attori, ci inchiodano alla poltrona per due ore e venti di visione che volano. Questi personaggi sono perennemente attaccati ai cellulari, cittadini del pianeta, interconnessi, dai poli ai deserti. Il potere ingiusto e prevaricante, evocato dal titolo, è una somma di poteri: legislativo-giudiziario-religioso-locale, con reciproche omertose complicità e sostegni. L’individuo comune, Kolja,è impotente nella sua lotta contro il sopruso, i suoi rifugi estremi, la casa, l’officina, sono merce obsoleta, da demolire. In questa storia scorrono fiumi di alcool (vodka), ad offuscare l’impotenza e la cattiva coscienza. Si possono impallinare tracannando, i potenti del passato, si può brindare alla propria tracotanza, dimenticando che gli imperi vanno in crisi e crollano. Ma un vecchio serpente, striscia per la trama dell’intero film, nominato solo qua e la di straforo: il denaro, simbolo e strumento di potere. La mercificazione è infatti, secondo me, la cifra simbolica che fa da sottofondo allo svolgersi degli eventi. Dimitri, l’amico ex commilitone di Kolja, arrivato da Mosca per prendere le sue difese, combatterà il nemico con le sue stesse armi: non la rivendicazione del diritto ma il ricatto di rivelazioni scandalose. Così, come la contropartita che chiederà al sindaco rapace sarà monetaria :un risarcimento ritenuto più congruo alla perdita di Kolja del proprio mondo. La logica mercantile non determinerà soltanto la violenza e la sopraffazione del debole Kolia e del suo difensore Dimitri ma serpeggerà ovunque, inquinando i rapporti umani esistenti nel film. Si assiste allo sfilacciarsi progressivo dei legami fra i personaggi, in un crescendo, fino al tragico epilogo. Viene in mente la società liquida, teorizzata da un famoso sociologo. L’ambiguità palese nei rapporti di amicizia, amore, solidarietà diventa norma, tutto si fa aleatorio. Gli amici che si prenderanno cura di Roma, durante l’assenza del padre, hanno contribuito, forse senza rendersene conto fino in fondo, alla condanna di Kolja. E’ uno sguardo severo e pessimista che il regista Zvyaginstev ci consegna con questo film e non può essere altrimenti,date le premesse. Rendiamo omaggio alla sua bravura , a quella del suo cast e dei suoi collaboratori, per averci così magistralmente filmato il mondo di Kolja, il nostro mondo, da vedere e meditare.
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maria cristina nascosi sandri
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giovedì 4 giugno 2015
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homo homini lupus....
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LEVIATHAN, ultimo film di Andrey Zvyagintsev - Commento di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Non è un titolo casuale, come nulla è casuale nel cinema di Andrey Zvyagintsev, ad iniziare dalla splendida opera prima di 12 anni fa, IL RITORNO, che vinse a Venezia il Leone d’oro.
Homo homini lupus - ammoniva il secentesco filosofo inglese Thomas Hobbes, autore dell’opera il LEVIATANO, che, peraltro, culturalmente, religiosamente e profondamente, fa riferimento all’omonimo libro di Giobbe.
Ed anche qui il potere del potere, il mèta-potere, quello che rende l’uomo più simile alla bestia che a quel Dio cui vorrebbe ispirarsi ed aspirare, la fa da padrone.
Nulla cambia mai sotto il sole, o, gattopardianamente, tutto cambia perché alla fine nulla, in realtà, cambi.
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LEVIATHAN, ultimo film di Andrey Zvyagintsev - Commento di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Non è un titolo casuale, come nulla è casuale nel cinema di Andrey Zvyagintsev, ad iniziare dalla splendida opera prima di 12 anni fa, IL RITORNO, che vinse a Venezia il Leone d’oro.
Homo homini lupus - ammoniva il secentesco filosofo inglese Thomas Hobbes, autore dell’opera il LEVIATANO, che, peraltro, culturalmente, religiosamente e profondamente, fa riferimento all’omonimo libro di Giobbe.
Ed anche qui il potere del potere, il mèta-potere, quello che rende l’uomo più simile alla bestia che a quel Dio cui vorrebbe ispirarsi ed aspirare, la fa da padrone.
Nulla cambia mai sotto il sole, o, gattopardianamente, tutto cambia perché alla fine nulla, in realtà, cambi.
Il male, la menzogna prevalgono sempre nei poteri, sia laici che clericali, spesso, troppo spesso, conniventi da che mondo e mondo, sotto tutti i cieli, orientali ed occidentali, del nostro martoriato eppur ancora meraviglioso pianeta.
E nemmeno qui esiste eccezione.
Un film amaro, senza consolazione, né, tantomeno, un lieto fine – e come potrebbe esserci?
Anche la splendida natura del freddo e glaciale Mare di Barents che fa da murmure corollario al plot, come la musica di Philip Glass, è partecipe della fatale tragedia che da sempre si perpetua: il potere che malefico, anti-esistenza, anti-vita, qualsiasi forma di vita e di evoluzione, cresce su se stesso e ‘sembra’ non aver mai fine...
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filippo catani
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sabato 23 maggio 2015
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un giobbe moderno alla deriva
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In una cittadina russa un uomo è deciso a tutto pur di non farsi espropriare la casa dal sindaco che per quel terreno avrebbe altri progetti. Quando l'uomo, tramite il fratello che è avvocato, minaccia il sindaco di svelare le trame corruttive di cui è al centro, si apriranno le porte dell'abisso.
Il regista gioca su vari piani in questa intensa e livida pellicola ma senza dubbio i registri preferiti sono quelli politico-religiosi. Questo un po' per la connivenza tra il patriarca ortodosso e il sindaco e un po' per il protagonista che si troverà a perdere tutto e tutti e finirà con l'interrogarsi sui terribili disegni divini. Inutile nascondere anche le pesanti critiche che il regista muove alla società russa attuale mostrando come nella piccola cittadina in questione il sindaco manovra a suo piacimento sia gli organi di polizia che quelli giudiziari e ha poi a disposizione personaggi perlomeno discutibili per svolgere il lavoro sporco.
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In una cittadina russa un uomo è deciso a tutto pur di non farsi espropriare la casa dal sindaco che per quel terreno avrebbe altri progetti. Quando l'uomo, tramite il fratello che è avvocato, minaccia il sindaco di svelare le trame corruttive di cui è al centro, si apriranno le porte dell'abisso.
Il regista gioca su vari piani in questa intensa e livida pellicola ma senza dubbio i registri preferiti sono quelli politico-religiosi. Questo un po' per la connivenza tra il patriarca ortodosso e il sindaco e un po' per il protagonista che si troverà a perdere tutto e tutti e finirà con l'interrogarsi sui terribili disegni divini. Inutile nascondere anche le pesanti critiche che il regista muove alla società russa attuale mostrando come nella piccola cittadina in questione il sindaco manovra a suo piacimento sia gli organi di polizia che quelli giudiziari e ha poi a disposizione personaggi perlomeno discutibili per svolgere il lavoro sporco. A margine di questo vi è anche una riflessione dolente sulla società e sul ruolo delle donne che assisstono più o meno impotenti alle incredibili bevute e violenze che subiscono praticamente impotenti e senza che nessuno si preoccupi minimamente dei loro sentimenti o degli alienanti lavori che devono svolgere per portare qualche soldo a casa. Se però dopo la prova per il Giobbe bibblico arrivò la ricompensa, per il nostro protagonista resta solo da bere un amarissimo calice fatto di delusione e disillusione che portano ad una estrema solitudine. Ottimo il cast, colonna sonora ridotta all'osso e meravigliosa fotografia che ci restituisce le lande desolate ma anche questo senso di vuoto in cui tutti i protagonisti si muovono.
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mattiabertaina
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martedì 19 maggio 2015
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senso di incompiuto
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Rabbia, vendetta, violenza, corruzione, tradimenti, nessuna speranza. Il lavoro del cineasta russo Zvyagintsev, Golden Globes come Miglior film straniero miscela in un’opera ambiziosa politica e società, sacro e profano, passato e contemporaneo. Kolia, un uomo che da sempre vive su di un promontorio che si affaccia sul Mar di Barents, ha un figlio ed una seconda moglie. Il suo lavoro di meccanico gli ha sempre garantito la sussistenza e la sua officina è tutto ciò che gli serve per portare a casa il necessario da vivere. Sulla strada di Kolia c’è però il sindaco della piccola cittadina, un viscido e corrotto affarista, abituato a gestire i suoi traffici con denaro ed intimidazioni. Il Leviathan di Zvyagintsev strizza l’occhio ai grandi classici della letteratura, con un deciso balzo alle scritture bibliche e alla storia di quel Giobbe che trovò sulla sua strada Satana.
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Rabbia, vendetta, violenza, corruzione, tradimenti, nessuna speranza. Il lavoro del cineasta russo Zvyagintsev, Golden Globes come Miglior film straniero miscela in un’opera ambiziosa politica e società, sacro e profano, passato e contemporaneo. Kolia, un uomo che da sempre vive su di un promontorio che si affaccia sul Mar di Barents, ha un figlio ed una seconda moglie. Il suo lavoro di meccanico gli ha sempre garantito la sussistenza e la sua officina è tutto ciò che gli serve per portare a casa il necessario da vivere. Sulla strada di Kolia c’è però il sindaco della piccola cittadina, un viscido e corrotto affarista, abituato a gestire i suoi traffici con denaro ed intimidazioni. Il Leviathan di Zvyagintsev strizza l’occhio ai grandi classici della letteratura, con un deciso balzo alle scritture bibliche e alla storia di quel Giobbe che trovò sulla sua strada Satana. Qui persiste una assenza totale di trascendenza, nessun diavolo, ancor più rarefatta la possibilità di appellarsi alla chiesa, impersonata da uno scaltro e smaliziato padre spirituale ortodosso, più attento ai beni materiali che alla cura delle anime. La testardaggine con la quale Kolia si oppone ai poteri forti andando incontro al Sindaco (che impersonifica il Leviatano di Hobbesiana memoria) e agli uomini in divisa (soggiogati da superiori e uomini di politica) è il preludio di una sconfitta già scritta, un pronostico prevedibile di una disfatta. La regia, asciutta e senza esasperazioni, si muove lucida, dirigendo un cast di qualità, facendo affiorare da una storia apparentemente circoscritta ai freddi mari russi del nord, una attualità ed una universalità non comuni. Il riferimento a Putin ed alla sua continua propaganda emerge con dirompenza ma il Leviathan si presta ad una lettura su più livelli; assenza di punti di riferimento, una visione pessimistica del presente e nessuna garanzia per ciò che sarà il futuro. Leviathan è una storia di relitti, relitti animali (l’enorme scheletro di balena che giganteggia sulla locandina) e relitti umani, dalla moglie malinconica e dal senso mortifero, all’avvocato di Mosca, deciso e sicuro nella professione, inconsistente nella vita privata, lo stesso protagonista è un relitto, così come la sua casa, entrata nei piani di esproprio dell’Amministrazione comunale. Leviatano letto forse come simbolismo allegorico, come caos primordiale dove non esiste un ordine e tutto è in balia del caso e del disordine. Questo è l’oggi di Zvyagintsev, raccontato con realismo e tinte fosche. Ciò che il Leviathan tocca soltanto tangenzialmente è lo sviluppo dei personaggi nello svolgersi del plot, ingabbiati nelle loro situazioni sì, ma senza nessun sostanziale cambiamento. Anche l’approfondimento e la chiusura di alcuni situazioni sono state relegate al fuori campo, facendo perdere forza e rigore alla struttura stessa che sorregge il film.
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gigrob
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lunedì 18 maggio 2015
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sopravalutato
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Sipravalutato dalla critica essendo uno dei pochi film russi usciti in sala, sono corso a vederlo, ma e' stata una delusione troppo lungo, troppo prevedibile e tutti i personaggi negativi. Capisco che possa essere una critica al sistema politico russo, ma troppo prevedibile ed alcune cose fuori da ogni logica.
Speriamo meglio il prossimo film russo.
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miguel angel tarditti
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domenica 17 maggio 2015
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“el miedo y yo nacimos gemelos”, hobbes
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“LEVIATHAN”, dirección de Andrei Zvyagintsev, (Rusia)
El poder absoluto es un sistema enfermo, nefasto de gobierno, es el reino de la oscuridad, donde las libertades individuales no cuentan.
El filósofo ingles Thomas Hobbes escribió en 1651 su mas notable obra llamada “El Leviatan”, donde con su filosofía absolutista define a un sistema de gobierno donde el poder del estado se ubica en la cúspide de una pirámide dictatorial que reina inclusive por encima de la misma iglesia.
Es el filósofo político del absolutismo.
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“LEVIATHAN”, dirección de Andrei Zvyagintsev, (Rusia)
El poder absoluto es un sistema enfermo, nefasto de gobierno, es el reino de la oscuridad, donde las libertades individuales no cuentan.
El filósofo ingles Thomas Hobbes escribió en 1651 su mas notable obra llamada “El Leviatan”, donde con su filosofía absolutista define a un sistema de gobierno donde el poder del estado se ubica en la cúspide de una pirámide dictatorial que reina inclusive por encima de la misma iglesia.
Es el filósofo político del absolutismo.
Suya es la expresión: “El miedo y yo nacimos gemelos”, y no la expresó porque hubiera adivinado que su teoría de gobierno sería una negra bandera de miedo, de terror, de prepotencia del estado, sino porque su nacimiento fue prematuro a raíz del terror que experimentó su madre al aproximarse a las costas británicas la invencible Armada Española.
Por suerte la gran mayoría de los pueblos desautorizó su teoría política, y adoptó la Democracia, que si bien es imperfecta y degenera en algunas enfermedades, es el mejor sistema que tenemos, y donde podemos sentirnos personas con derechos y con deberes que nos da lo que llamamos libertad o libre albedrío.
El film, es una metáfora sobre la Rusia de Putin, donde la corrupción, la mafia del poder, la injusticia social, el no respeto de los derechos individuales, rige, como en el reino del absolutismo hobbesiano, como reino de las tinieblas.
La metáfora se puede por supuesto aplicar a todo régimen dictatorial, repudiable y enfermo de poder hegemónico, y ejemplos en nuestro universo occidental y oriental, tenemos a granel.
El film ruso es de una narrativa lineal, simple, pero de un efecto paralizador. Diría angustiante. No existe en él la Justicia, ni existe un Dios protector del hombre. Existe solo la panacea del vodka. Vodka que funciona como un dios, que “distrae” a sus protagonistas, sacándolos de la pesadilla que les toca vivir.
Excelentes los actores, más aún si consideramos que la mayoría de las escenas son jugadas en estado de permanente embriaguez. Todos!
Al finalizar la proyección quedé algunos minutos sepultado en la butaca, sin fuerzas para pararme y afrontar la vida que corría afuera, que por suerte estaba lejos de las imágenes finales del filme: un paisaje helado, aislado de todo, de una soledad abrumadora, de muerte, que transmite claramente lo que el hombre puede sentir cuando la injusticia de la sociedad, degenerada en un cáncer ramificado, quita al ciudadano hasta el oxigeno vital.
Sali a la calle, respiré profundo y me sentí libre.
Festejemos nuestra Democracia, que aunque imperfecta, nos permite gritar, respirar, amar, exigir, votar, cambiar, denunciar, elegir!
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[+] un collasso antropologico
(di giank51)
[ - ] un collasso antropologico
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