alberto maina
|
giovedì 12 settembre 2024
|
potente, devastante !
|
|
|
|
Finale Terribile, inaspettato, Agghiacciante. Anche gli attori non Professionisti hanno svolto un lavoro eccellente, Fotografia Magica,
Il film necessita (legittimamente) di sottotitoli, avrebbe certo perso fascino senza il dialetto stretto calabrese.
E' sempre triste constatare quanto le Forze dell'ordine, in questa fetta di Sud Italia (africo), siano viste come intrusi e nemici da Maledire: il gesto di sputare a terra da parte della madre della Vittima in risposta alla domanda diretta del Carabiniere incaricato delle indagini e' eloquente: "Lei Signora, non ha niente da dire?"...
Ancora sento un senso di inquietudine nel ricordare laa scena finale.
[+]
Finale Terribile, inaspettato, Agghiacciante. Anche gli attori non Professionisti hanno svolto un lavoro eccellente, Fotografia Magica,
Il film necessita (legittimamente) di sottotitoli, avrebbe certo perso fascino senza il dialetto stretto calabrese.
E' sempre triste constatare quanto le Forze dell'ordine, in questa fetta di Sud Italia (africo), siano viste come intrusi e nemici da Maledire: il gesto di sputare a terra da parte della madre della Vittima in risposta alla domanda diretta del Carabiniere incaricato delle indagini e' eloquente: "Lei Signora, non ha niente da dire?"...
Ancora sento un senso di inquietudine nel ricordare laa scena finale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alberto maina »
[ - ] lascia un commento a alberto maina »
|
|
d'accordo? |
|
|
giovedì 7 gennaio 2021
|
munzi ,una scoperta!
|
|
|
|
Attenta analisi, film egregio.
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
rescart
|
sabato 24 settembre 2016
|
a mali estremi...
|
|
|
|
Tre figli maschi e troppo poco tempo per crescerli come Dio comanda. Citazione cinematografica questa voluta o del tutto casuale? Chi può dirlo. D'altra parte nel cinema, come ci ricorda la frase che scorre alla fine della proiezione, ogni riferimento a fatti realmente accaduti, fosse anche solo nel mondo stesso del cinema, è puramente casuale. Non casuale è la trama tratta dall'omonimo romanzo di Criaco a cui il regista si attiene senza usare la mano pesante. Il film come il romanzo punta il dito sull'ipocrisia perbenista di chi nasconde le sue malefatte dietro un vittimismo che poi, purtroppo per lui, si auto avvera. Vissuti forse per troppo tempo al Nord i due fratelli minori, abbagliati dai soldi facili di una vita banditesca, continuano a immaginare la criminalità organizzata del loro paese d'origine, Africo in Calabria, come una qualcosa di primitivo, obsoleto, dotato di scarsa intelligenza.
[+]
Tre figli maschi e troppo poco tempo per crescerli come Dio comanda. Citazione cinematografica questa voluta o del tutto casuale? Chi può dirlo. D'altra parte nel cinema, come ci ricorda la frase che scorre alla fine della proiezione, ogni riferimento a fatti realmente accaduti, fosse anche solo nel mondo stesso del cinema, è puramente casuale. Non casuale è la trama tratta dall'omonimo romanzo di Criaco a cui il regista si attiene senza usare la mano pesante. Il film come il romanzo punta il dito sull'ipocrisia perbenista di chi nasconde le sue malefatte dietro un vittimismo che poi, purtroppo per lui, si auto avvera. Vissuti forse per troppo tempo al Nord i due fratelli minori, abbagliati dai soldi facili di una vita banditesca, continuano a immaginare la criminalità organizzata del loro paese d'origine, Africo in Calabria, come una qualcosa di primitivo, obsoleto, dotato di scarsa intelligenza. Fare i bulli al Nord è facile per loro, e gli sembra poi naturale che la gente in paese li consideri come i nuovi parvenu in grado di fare il bello e cattivo tempo. Ma ad Africo non ci sono giovani tossicodipendenti sfigurati più dal male di vivere esistenzialista che dalla cocaina. Ci sono pastori più o meno giovani che dal loro punto di osservazione riescono a rimanere coi piedi per terra e non diventare schiavi di nessuno. Rimane il mistero irrisolto di un prototipo di uomo del sud che sa convivere con le realtà violente della criminalità organizzata e le asseconda senza con ciò farne parte. Mistero probabilmente rappresentato dal fratello con la sindrome di Down di colui che tradirà l'amico. Meglio un cane vivo che un leone morto, dice il proverbio. E stavolta è il caso di credere che non a caso Munzi decida di inserire tra le prime scene del suo film quella in cui il più giovane dei tre fratelli, insieme ai suoi compagni di Africo e con la complicità del secondo, uccide in una cascina del lecchese il cane posto dal padrone a guardia delle sue capre. Evidentemente il padre ammazzato dai Barreca aveva dato nell'educazione dei figli la priorità a capacità professionali come saper scuoiare un animale rispetto a quelle etiche e al rispetto delle cose altrui, cane compreso. Invece con il primogenito ebbe il tempo per educarlo anche a questo genere di competenza. E sarà lui ad accollarsi il compito di completare il lavoro del padre, anche se con estremi rimedi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rescart »
[ - ] lascia un commento a rescart »
|
|
d'accordo? |
|
great steven
|
domenica 21 agosto 2016
|
la scia di sangue delle faide che s'autoalimenta.
|
|
|
|
ANIME NERE (IT, 2014) diretto da FRANCESCO MUNZI. Interpretato da MARCO LEONARDI, PEPPINO MAZZOTTA, FABRIZIO FERRACANE, BARBORA BOBULOVA, AURORA QUATTROCCHI
Storia di tre fratelli calabresi: Luigi, Rocco e Luciano. Il primo è un narcotrafficante colluso con la ‘ndrangheta; il secondo un imprenditore stabilitosi a Milano che ha costruito un piccolo impero economico piuttosto fiorente grazie ai soldi sporchi guadagnati dal fratello con la droga; il terzo, restato in Calabria ad allevare capre, è estraneo agli affari malavitosi di famiglia. Un motivo per reincontrarsi tutti e tre lo hanno quando Leo, l’instabile e rancoroso figlio di Luciano, una notte mitraglia con un’arma da fuoco la saracinesca di un bar protetto da un boss locale, nemico storico della sua famiglia.
[+]
ANIME NERE (IT, 2014) diretto da FRANCESCO MUNZI. Interpretato da MARCO LEONARDI, PEPPINO MAZZOTTA, FABRIZIO FERRACANE, BARBORA BOBULOVA, AURORA QUATTROCCHI
Storia di tre fratelli calabresi: Luigi, Rocco e Luciano. Il primo è un narcotrafficante colluso con la ‘ndrangheta; il secondo un imprenditore stabilitosi a Milano che ha costruito un piccolo impero economico piuttosto fiorente grazie ai soldi sporchi guadagnati dal fratello con la droga; il terzo, restato in Calabria ad allevare capre, è estraneo agli affari malavitosi di famiglia. Un motivo per reincontrarsi tutti e tre lo hanno quando Leo, l’instabile e rancoroso figlio di Luciano, una notte mitraglia con un’arma da fuoco la saracinesca di un bar protetto da un boss locale, nemico storico della sua famiglia. L’evento suscita un clamore piuttosto preoccupante presso le cosche autoctone, che arriva alle orecchie di Nino Barreca, capoclan che da tempo ostenta amicizia nei confronti di Luigi e Rocco, ma in realtà trama alle loro spalle per tradirli e scatenare una guerra a lungo rimasta sopita. Il pretesto per riaccenderla è l’assassinio a sangue freddo di Luigi, ordito da Barreca. Celebrati i suoi funerali, Rocco prende in mano la gestione degli affari famigliari, ma Leo, assecondando il suo temperamento iracondo, vuole uccidere personalmente Barreca, ma fallisce e muore egli stesso per mano dei suoi sicari. Travolto e accecato dal dolore per la scomparsa violenta del figlio che pure aveva avvertito, Luciano fa piazza pulita di parenti e amici con una pistola. I film italiani di tema mafioso, ormai, non si contano più, e risulta sempre più complicato raccontare storie che non scadano nella banalità, o più precisamente quella famosa banalità del male di cui per la prima volta parlò la sociologa Hannah Arendt, e che si può applicare benissimo alle trame delle pellicole di denuncia che mettono a nudo il mondo del malaffare nostrano. Anime nere, diretto da uno sceneggiatore alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, ha una marcia in più, che riesce a conseguire relativamente alla disarmante sincerità con cui lavora alla sua storia: presenta tre protagonisti completamente negativi che però non vengono giustificati, ma bensì dipinti coi colori della vendetta come sentimento nobile, dell’amore fraterno che sa sia unire che dividere, del desiderio impellente di tener separati il mestiere del malvivente dagli affetti amorosi e della necessità di non vivere nella paura, malgrado tutti gli agenti esterni concorrano per edificare un ambiente nel quale il terrore è l’unica regola vigente per sopravvivere. Infondere il terrore negli altri e manovrarlo a proprio totale piacimento, a seconda delle evenienze: un must, un monito, un credo che, da tempo immemorabile, le mafie di ogni terra ed epoca adottano per continuare a proliferare. Con una sceneggiatura destreggiata con abilità fra pathos e violenza, sarcasmo e risvolti amari, recitazione sotto le righe ed eventi tenebrosi sempre in agguato, il film di Munzi rivela la sua natura di racconto drammatico che, per quanto non appartenga alla categoria della non-fiction, utilizza la tensione a mo’ di eccezionale strumento narrativo, evitando con cura di non perdonare nessuno e di puntare il dito non contro i mascalzoni intesi come persone singole, ma contro le strutture da essi costruite che finiscono per sopraffarli e coinvolgerli in giochi estremamente più grandi di loro. Il senso del pericolo è sempre dietro l’angolo, ed è il primo motore immobile che guida lo svolgimento della trama, accompagnata da un’opportuna fotografia che privilegia nettamente i colori bigi e lugubri appunto per sottolineare l’atmosfera cupa e ombrosa che permea un piccolo capolavoro di nicchia e di genere, il quale, al Festival di Venezia 2014, ha riscosso un successo alquanto meritato. Un cast stupefacente, con attori preparatissimi che parlano in vernacolo calabrese e fanno riscoprire i fasti di una società criminalmente organizzata che ancora combatte sia contro nemici considerevoli (lo Stato soprattutto) sia fra i suoi stessi componenti, lacerando mediante faide interminabili la stabilità e il controllo che dovrebbero essere il punto intoccabile per l’ottimo funzionamento di qualunque organismo, criminale o meno. Bravissimo P. Mazzotta, il brigadiere Giuseppe Fazio del ciclo di Montalbano: l’avergli affidato un ruolo negativo disvela la sua versatilità di attore. Il suo flemmatico imprenditore è un carattere squisito e azzeccato. M. Leonardi intinge al vetriolo un trafficante di stupefacenti col sorriso sempre stampato sulla faccia e le idee ben chiare in testa su come gestire il denaro sporco e il suo riciclaggio. F. Ferracane gioca da voce della coscienza nei riguardi dei due fratelli, cercando, fin quando gli è possibile, di tenersi al di fuori dei giochi al massacro, ma entrandovi di petto quando vede minacciata la sicurezza del suo focolare. Nel sottotesto, il film disegna anche una sottile ma evidente misoginia, senza che però si sfoci nella cattiveria dichiarata: le donne, mogli, madri o sorelle dei mafiosi, assistono da testimoni involontarie, inconsapevoli e inattive ai delitti che i loro mariti, padri e figli commettono, confidando nell’oscurità della notte e nel collaborazionismo silenzioso delle forze dell’ordine e contando sulla muta complicità degli esseri umani di sesso opposto al loro. Ciò non toglie, cinematograficamente parlando, un tocco di deliziosa qualità alle interpretazioni femminili, fra cui spiccano un’inquieta Bobulova e la serena rassegnazione di A. Quattrocchi (già comparsa in Nuovomondo di E. Crialese, 2006). Da non perdere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a great steven »
[ - ] lascia un commento a great steven »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
venerdì 27 maggio 2016
|
i -parziali- progressi per il cinema di munzi
|
|
|
|
La prima parte segna sicuramente una crescita per il cinema di Munzi, e per quello Italiano in generale: rispetto all'ingenuità di "Samir" e alla debole ironia anti-borghese
col "Resto della notte", assistiamo ad un esempio di "morte al lavoro" vista solo in Cipri e Maresco e nel "Tano da morire" di Roberta Torre. A costo di apparire il
ghezziano della Domenica, è una realtà più che asfittica, forse già autocondannatasi alla dissolvenza, per ragioni che non sta a noi giudicare. Il passato di questi
personaggi, del resto, ci risulta oscuro, loro stessi sembrerebbero non tenerne conto più di tanto; e, soprattutto, le loro idee appaiono ancora più confuse quando si parla
di futuro.
[+]
La prima parte segna sicuramente una crescita per il cinema di Munzi, e per quello Italiano in generale: rispetto all'ingenuità di "Samir" e alla debole ironia anti-borghese
col "Resto della notte", assistiamo ad un esempio di "morte al lavoro" vista solo in Cipri e Maresco e nel "Tano da morire" di Roberta Torre. A costo di apparire il
ghezziano della Domenica, è una realtà più che asfittica, forse già autocondannatasi alla dissolvenza, per ragioni che non sta a noi giudicare. Il passato di questi
personaggi, del resto, ci risulta oscuro, loro stessi sembrerebbero non tenerne conto più di tanto; e, soprattutto, le loro idee appaiono ancora più confuse quando si parla
di futuro. Se questa ricostruzione è legittima, si rafforza ancora di più l'idea di creature dall'esistenza inerte, sospese in un eterno presente.
Ma, in occasione di un avvenimento eclatante, il film non coglie l'occasione per "crescere": anzi, spiace dirlo, marca l'enorme distanza con un capolavoro come "Fratelli" di
Ferrara (il cui titolo originale, non dimentichiamolo, è "The Funeral").E non ci dicano che sono solo problemi di budget. Molte, troppe cose hanno un che di rifatto, e tutto
si risolve in quella generosa "medietà" più caratteristica del -più dignitoso- cinema nostrano.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
ernandez74
|
giovedì 14 gennaio 2016
|
ottima ricerca
|
|
|
|
Ottimo film e devo dire anche piuttosto studiato non sicuramente improvvisato o stereotipato.
Un plauso alla dizione degli attori non autoctoni che nonostante la non appartenenza hanno molto ben
recitato con cadenza quasi ottima e costrutti lessicali tipici della zona, (non in tutti i film questo lavoro viene fatto).
Ipotizzo invece che diversi personaggi secondari fossero invece dei locali e che si sia fatta una buona ricerca perchè
sono rimasto favorevolmente colpito anche dalla cura dei particolari, sono di quelle zone non Africo
ma li vicino.
Un esempio (ma ce ne sono altri) la mamma che alla veglia del primo figlio morto dice al fratello
l'avete lasciato solo? e il fratello risponde no c'è .
[+]
Ottimo film e devo dire anche piuttosto studiato non sicuramente improvvisato o stereotipato.
Un plauso alla dizione degli attori non autoctoni che nonostante la non appartenenza hanno molto ben
recitato con cadenza quasi ottima e costrutti lessicali tipici della zona, (non in tutti i film questo lavoro viene fatto).
Ipotizzo invece che diversi personaggi secondari fossero invece dei locali e che si sia fatta una buona ricerca perchè
sono rimasto favorevolmente colpito anche dalla cura dei particolari, sono di quelle zone non Africo
ma li vicino.
Un esempio (ma ce ne sono altri) la mamma che alla veglia del primo figlio morto dice al fratello
l'avete lasciato solo? e il fratello risponde no c'è .....
questo passo che apparentemente che non ha significato è invece è derivante dalla tradizione
che i morti in veglia mai devono essere lasciati soli.
Il finale bello d'effetto molto crudo ma poco credibile , detto cio' è un film ci sta tutto
Lo consiglio assolutamente specie a chi conosce le ambientazioni.
Una piccola precisazione Africo Nuovo e non Africo è il paese dove abitano i personaggi e non si trova in aspromonte.
Africo Nuovo è relativamente vicino al mare e non in montagna dove invece ci sono i resti del vecchio paese di Africo che venne abbandonato molti anni fa,
Probabilmente invece di Africo vecchio e casilinuovo appartengono le immagini del posto in dove si fa la festa e si tengono le capre del fratello maggiore.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ernandez74 »
[ - ] lascia un commento a ernandez74 »
|
|
d'accordo? |
|
gianleo67
|
venerdì 25 dicembre 2015
|
cupa parabola d'ineluttabilità verghiana
|
|
|
|
Lo sgarro fatto dal nipote ed il rancore mai sopito per un'antica faida familiare, conducono i due fratelli più giovani di una n'drina calabrese da tempo emigrati al nord, a ritornare al paese natio per ricongiungersi con il maggiore di loro e vendicare finalmente l'assassinio del padre avvenuto anni addietro. Qualcuno però ha pensato bene di anticiparli nei loro sciagurati propositi di morte.
Se il cinema migliore che l'Italia ha saputo produrre nell'ultimo decennio è da ascrivere alla forza ed all'appeal di soggetti letterari fortemente legati alla cronaca più recente di un paese ancora avvinto da mali antichi quanto inestirpabili (L'imbalsamatore - Le conseguenze dell'amore - Gomorra - Una vita tranquilla), quello che sembra contraddistinguere l'originalità e la forza di queste produzioni è piuttosto la capacità dei suoi autori di calare queste realtà nella dimensione intimistica di una tragedia umana che assurge al carattere universale di antichi miti di violenza e cupidigia, una originalità di temi e di stili cioè in grado di elevare il dramma di fatti ordinari al rango di ineluttabili tragedie della classicità.
[+]
Lo sgarro fatto dal nipote ed il rancore mai sopito per un'antica faida familiare, conducono i due fratelli più giovani di una n'drina calabrese da tempo emigrati al nord, a ritornare al paese natio per ricongiungersi con il maggiore di loro e vendicare finalmente l'assassinio del padre avvenuto anni addietro. Qualcuno però ha pensato bene di anticiparli nei loro sciagurati propositi di morte.
Se il cinema migliore che l'Italia ha saputo produrre nell'ultimo decennio è da ascrivere alla forza ed all'appeal di soggetti letterari fortemente legati alla cronaca più recente di un paese ancora avvinto da mali antichi quanto inestirpabili (L'imbalsamatore - Le conseguenze dell'amore - Gomorra - Una vita tranquilla), quello che sembra contraddistinguere l'originalità e la forza di queste produzioni è piuttosto la capacità dei suoi autori di calare queste realtà nella dimensione intimistica di una tragedia umana che assurge al carattere universale di antichi miti di violenza e cupidigia, una originalità di temi e di stili cioè in grado di elevare il dramma di fatti ordinari al rango di ineluttabili tragedie della classicità.
Questa tendenza del cinema d'autore più recente quindi sembra attagliarsi perfettamente anche al dramma naturalista di Francesco Munzi che, rifacendosi liberamente al libro di Gioacchino Criaco, imbastisce la cupa parabola di un'ineluttabilità verghiana dove il richiamo di radici e tradizioni ancestrali (il fratello mezzano) è più forte di qualunque spinta progressita (il fratello più giovane) come di una naturale remissività del carattere personale (il fratello maggiore), spostando inesorabilmente l'equilibrio drammaturgico verso le naturali conseguenze di un destino infausto.
Forte della riconoscibilità dello spaccato sociale e del rigore di un linguaggio parlato che ricalca una identità culturale che condiziona pensiero e azioni, il film di Munzi rivela tuttavia qualche ingenuità nelle situazioni romanzesche, muovendosi nei territori di un possibile reale che rimanda ai meccanismi preordinati del dramma, puntando ad una esemplarità degli eventi e ad una spigolosità dei caratteri che preludono all'inevitabilità della tragedia finale, laddove le molteplici possibilità della storia sembrano sacrificati sull'altare di un'oscura volontà di morte che comprime lo sviluppo e precipita i personaggi lungo la discesa agli inferi di un prevedibile itinerario geografico. Messi in secondo piano quindi gli orizzonti di un'espansione economica che si sposta dai rituali arcaici di un borgo rurale alla modernità di un contesto urbano di traffici illeciti e riclicaggio immobiliare, come pure della interessante analisi di una segmentazione sociale che conduce dalle radici contadine di chi lavora ancora con la terra e con le capre alle soglie di un trasformismo borghese che abita nell'ovattata comodidità di un perbenismo di facciata, il film di Munzi ci riprecipita nel medioevo risorgimentale di feudi che si inerpicano per gli scoscesi pendii dell'Aspromonte con i suoi taciti rituali sociali fatti di una tregua che vorrebbe mescolare il sangue col sangue, del parossismo di una pizzica che ricorda il banjo di un Boorman d'annata, di uno Stabat Mater dolorosa di tristi gramaglie imploranti e soprattutto dell'annientamento di una generazione senza futuro cui rispondere con l'inesorabile nemesi di una ferocia fratricida. Fotografia ed effetti sonori di notevole impatto espressivo per un film che punta soprattutto sulla qualità dei tre interpreti principali e su di una messa in scena che ci faccia finalmente (ri)credere nella profonda ed inesauribile vocazione cinematografica della nostra terra.
Incetta di David e Nastri d'Argento nell'edizione 2015 e giusti riconoscimenti di critica alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 2014.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
marcodossi
|
sabato 24 ottobre 2015
|
pessimo
|
|
|
|
Se un film così ha raccolta quasi la totalità dei premi, allora siamo messi male. Munzi ripete la stanca litania della tragedia greca: fratelli contro fratelli. Noioso e pieno di tempi morti. Sceneggiatura piatta e piena di buchi nella storia. Inguardabile.
[+] tragedia greca...al gusto di 'nduja
(di gianleo67)
[ - ] tragedia greca...al gusto di 'nduja
|
|
[+] lascia un commento a marcodossi »
[ - ] lascia un commento a marcodossi »
|
|
d'accordo? |
|
no_data
|
martedì 13 ottobre 2015
|
storia di un sud senza speranza
|
|
|
|
Anime Nere è un film che colpisce per il suo tema e per il modo in cui lo affronta. Si incentra sul rapporto di tre fratelli con il mondo della criminalità e con la cultura mafiosa. Ala luce delle loro esperienze adolescenziali e giovanili, che lo spettatore può solo immaginare e che il film non rievoca, Luciano Luigi e Rocco hanno elaborato ciascuno un proprio modo di intendere la loro appartenenza al mondo della 'ngrangheta. Segnati da un grave lutto, il senso dell'ingiustizia e il germe della vendetta da esso instillati hanno indotto Luciano a cercare paradossalmente una via di emancipazione nello stesso paesino di appartenenza, attraverso la cura della terra e degli animali, prescindendo da una discontinuità spaziale; Luigi e Rocco si sono invece aperti ai traffici internazionali e vivono a Milano, l'uno avendo adottato uno stile di vita palesemente criminale, l'altro essendosi costruito un profilo di maggiore rispettabilità medio-borghese.
[+]
Anime Nere è un film che colpisce per il suo tema e per il modo in cui lo affronta. Si incentra sul rapporto di tre fratelli con il mondo della criminalità e con la cultura mafiosa. Ala luce delle loro esperienze adolescenziali e giovanili, che lo spettatore può solo immaginare e che il film non rievoca, Luciano Luigi e Rocco hanno elaborato ciascuno un proprio modo di intendere la loro appartenenza al mondo della 'ngrangheta. Segnati da un grave lutto, il senso dell'ingiustizia e il germe della vendetta da esso instillati hanno indotto Luciano a cercare paradossalmente una via di emancipazione nello stesso paesino di appartenenza, attraverso la cura della terra e degli animali, prescindendo da una discontinuità spaziale; Luigi e Rocco si sono invece aperti ai traffici internazionali e vivono a Milano, l'uno avendo adottato uno stile di vita palesemente criminale, l'altro essendosi costruito un profilo di maggiore rispettabilità medio-borghese. L'equilibrio instabile di questo composito quadro di famiglia viene perturbato dall'irrequietezza di Leo, figlio di Luciano, la cui legittima ansia di crescere e trovare una collocazione nel mondo adulto si traduce in una smania di diventare parte attiva del mondo criminale degli 'zii milanesi'. Leo biasima il padre, identificandolo come un debole, incapace di alzare la testa e farsi rispettare, mentre è affascinato in particolare da Luigi che, con la sua spregiudicatezza e disinvoltura, sembra preannunciare una definitiva possibilità di riscatto e di vendetta per la sua famiglia.
Il film si sviluppa narrativamente attorno a una serie di errori di valutazione dei protagonisti, che segnano il declino inarrestabile della loro famiglia. Il rifiuto di Luciano di esercitare una funzione di presidio del territorio, la megalomania di Luigi, l'irruenza di Leo, fanno sì che la situazione precipiti inesorabilmente. E sarà lo stesso Luciano, per nulla estraneo alle dinamiche 'ndranghetiste ma al contrario profondamente conoscitore - suo malgrado - di quel mondo, ad avere, nella sua follia, lo sguardo più lucido sull'inevitabile annientamento della sua famiglia.
Quello descritto da Munzi è un mondo che lascia sgomenti perché mostra il trionfo del crimine su tutto, sui sentimenti, sugli affetti, sui rapporti tra le persone. E a questo proposito è emblematico il tradimento del giovane pastore amico di Leo, che chiude il cerchio e sancisce l'impossibilità di pensare a una qualsiasi rinascita.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a no_data »
[ - ] lascia un commento a no_data »
|
|
d'accordo? |
|
mauridal
|
lunedì 12 ottobre 2015
|
le anime nere volte al sacrificio
|
|
|
|
DI RITI SACRIFICALI, NE E' PIENA LA TRAGEDIA GRECA, E QUI, NEL FILM ANIME NERE IN FONDO, SI TRATTA PROPRIO DELLA MAGNA GRECIA, DI QUEL TERRITORIO CHE FU CONQUISTA DEI GUERRIERI COLONI DELL'ANTICA GRECIA, E CHE E' DIVENTATO DOPO MILLENNI, UN TERRITORIO COME LA SICILIA, LA CALABRIA, LA CAMPANIA, UNA TERRA ABITATA DA UN POPOLO CHE ABITUATO AI SACRIFICI RITUALI, NON HA SMESSO DI PRATICARLI.TALVOLTA COME NEL FILM, UNA CAPRA SGOZZATA NON E' BASTATA A PLACARE GLI SPIRITI MALIGNI DEI PERSONAGGI CHE HANNO CONTINUATO AD OPERARE, INFLUENZANDO COSI' LE ANIME DI UOMINI E DONNE CHE RIUNITI IN FAMIGLIE, IN CLAN, CON DIETRO UN SENSO DI MORTE CHE ALLA FINE HANNO RIVOLTO CONTRO SE STESSI. QUEL SENSO DI MORTE , SI AVVERTE IN TUTTO IL FILM DALLE AMBIENTAZIONI AL COLORE MA SOPRATTUTTO SIA NELLE FACCE DEI TRE FRATELLI PROTAGONISTI DEL FILM , CHE DELLE DONNE , MOGLI E MADRI .
[+]
DI RITI SACRIFICALI, NE E' PIENA LA TRAGEDIA GRECA, E QUI, NEL FILM ANIME NERE IN FONDO, SI TRATTA PROPRIO DELLA MAGNA GRECIA, DI QUEL TERRITORIO CHE FU CONQUISTA DEI GUERRIERI COLONI DELL'ANTICA GRECIA, E CHE E' DIVENTATO DOPO MILLENNI, UN TERRITORIO COME LA SICILIA, LA CALABRIA, LA CAMPANIA, UNA TERRA ABITATA DA UN POPOLO CHE ABITUATO AI SACRIFICI RITUALI, NON HA SMESSO DI PRATICARLI.TALVOLTA COME NEL FILM, UNA CAPRA SGOZZATA NON E' BASTATA A PLACARE GLI SPIRITI MALIGNI DEI PERSONAGGI CHE HANNO CONTINUATO AD OPERARE, INFLUENZANDO COSI' LE ANIME DI UOMINI E DONNE CHE RIUNITI IN FAMIGLIE, IN CLAN, CON DIETRO UN SENSO DI MORTE CHE ALLA FINE HANNO RIVOLTO CONTRO SE STESSI. QUEL SENSO DI MORTE , SI AVVERTE IN TUTTO IL FILM DALLE AMBIENTAZIONI AL COLORE MA SOPRATTUTTO SIA NELLE FACCE DEI TRE FRATELLI PROTAGONISTI DEL FILM , CHE DELLE DONNE , MOGLI E MADRI .DUNQUE LA MORTE, LA VENDETTA , COME UN SACRIFICIO NECESSARIO, PORTERÀ' GLI ABITANTI DI AFRICO, IL PAESE DELLA CALABRIA RACCONTATO NEL FILM , AD AVVOLGERSI IN UNA SPIRALE DI MORTE E DI ASSASSINIO PER MANO DI FRATELLI, DI FIGLI, DI PADRI . DUNQUE UNA MORTE CHE VINCE ANCHE SULLE ANIME INNOCENTI DEI GIOVANI CHE, DA ANIME BELLE NATURALMENTE ATTACCATE ALLA VITA DIVERRANNO, PER CULTURA FAMILIARE E , PER L'INEVITABILE ESISTENZA DEL MALE, LE ANIME NERE CIOÈ' SENZA SPERANZA, CHE IL FILM RACCONTA BENE. LA SCELTA DEL LINGUAGGIO DIALETTALE E DELLA INTERPRETAZIONI DI ALCUNI ATTORI PRESI DALLA REALTÀ'LOCALE NE FANNO UN FILM VERISTA ALL'ALTEZZA DEI CAPOLAVORI DI VISCONTI, DI ROSI. IL FILM LUNGI DALL'ESSERE UN TRATTATO DI ANTROPOLOGIA , TUTTAVIA CENTRA ALCUNI ASPETTI FONDAMENTALI DELLA CULTURA UMANA DELLE POPOLAZIONI MERIDIONALI , IL FAMILISMO L'APPARTENENZA A VALORI ARCAICI TRA RELIGIONE E MAGIA, E LA MORTE COME UNICA VIA DI SALVEZZA PERSONALE E COLLETTIVA. IL FILM E' AMBIENTATO TRA TERRITORI NATURALI DEL SUD ITALIA , MONTAGNE E VILLAGGIO PAESE, MA PER CONTRASTO ANCHE IN METROPOLI DEL NORD EUROPA COME MILANO E AMBURGO,TUTTAVIA NON INTACCANDO IL MODO E LE MOTIVAZIONI DEL VIVERE PER I PERSONAGGI CHE OVUNQUE SI TROVINO, TRASPORTANO IL LORO FARDELLO CULTURALE DI APPARTENENZA. OTTIMA L'INTERPRETAZIONE DEI TRE FRATELLI DA PARTE DEGLI ATTORI TRA CUI IL BRAVO FERRACANE IN UN RUOLO CHIAVE PER LA SVOLTA FINALE DEL FILM.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mauridal »
[ - ] lascia un commento a mauridal »
|
|
d'accordo? |
|
|