maria cristina nascosi sandri
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lunedì 20 gennaio 2014
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nebraska o della pietas filiale rinnovata
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NEBRASKA o della pietas filiale rinnovata di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Presentato lo scorso maggio al Festival di Cannes, dove il protagonista Bruce Dern si è guadagnato il ‘tardo’premio – dopo eccellenti performances di una vita - per la migliore interpretazione maschile, Nebraska segna il ritorno del cinema di Payne nello stato americano in cui già erano ambientati La storia di Ruth, donna americana, Election e A proposito di Schmidt. Dramma on the road, il film descrive il viaggio di un anziano padre e di un figlio lungo le strade della provincia americana, dal Montana al Nebraska, loro terra d'origine, dove il vecchio è convinto d'aver vinto un consistente premio alla lotteria. Payne sceglie il cinemascope per esaltare bellezza e grandiosità degli scenari del Midwest, territorio a lui ben noto.
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NEBRASKA o della pietas filiale rinnovata di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Presentato lo scorso maggio al Festival di Cannes, dove il protagonista Bruce Dern si è guadagnato il ‘tardo’premio – dopo eccellenti performances di una vita - per la migliore interpretazione maschile, Nebraska segna il ritorno del cinema di Payne nello stato americano in cui già erano ambientati La storia di Ruth, donna americana, Election e A proposito di Schmidt. Dramma on the road, il film descrive il viaggio di un anziano padre e di un figlio lungo le strade della provincia americana, dal Montana al Nebraska, loro terra d'origine, dove il vecchio è convinto d'aver vinto un consistente premio alla lotteria. Payne sceglie il cinemascope per esaltare bellezza e grandiosità degli scenari del Midwest, territorio a lui ben noto.
Bella e adeguata la musica che fa sembrare Nebraska un’opera già vista, eppure, nonostante gli argomenti trattati siamo, per certi versi, non nuovi, presi da un fascino per la recitazione-interpretazione di un piccolo-grande quotidiano che diviene originale, nuovo, grazie al ‘porsi sulla scena della vita’ di un attore ‘consumato’ e bravo come Bruce Dern, interprete di tanti film che solo con questo, forse, ormai anziano, riuscirà a cogliere l’Oscar.
Da non dimenticare i suoi grandi esordi, nel 1964: fu al fianco di Bette Davis ed Olivia de Havilland in Piano piano, dolce Carlotta, di Aldrich e di Connery e di Tippy Hedren in Marnie, di Hitchcock.
Girato in un b/n che a tratti sembra sforare, pentendosi, in vaghe tinte acquarello in cui le locations paiono alludere a quelle periferie dell’anima, a quelle atmosfere che così ben san creare i quadri di E. Hopper, a colori certo, ma tali da sembrare, paradossalmente, un cupo b/n.
Ottimo alter ego a Bruce Dern il figlio Will Forte interprete di una pietas che avrebbe fatto felice Virgilio, un Enea che non solo porta sulle spalle il fardello del breve futuro che ha ancora davanti a sé il padre Anchise/Bruce Dern, ma la supera, ricreandogli un orgoglio che sa di gioventù, di un qualcosa di non goduto proprio da giovane in grado di restituirgli, contro tutti, fratello e madre compresi, una dignità forse mai posseduta nella vita vissuta fino ad ora.
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[+] brava! un road-movie ricco di malinconica poesia
(di antonio montefalcone)
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[+] una nota anche a june squibb
(di samn97)
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no_data
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venerdì 17 gennaio 2014
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fiaba sulle autostrade del nebraska
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Il Nebraska è incanto e disillusione per Woody Grant, in viaggio verso una terra straniera. Straniera di certo non per Alexander Payne, nativo di questo Stato, che è riuscito a coniugare le splendide distese incolte con una fotografia in bianco e nero, nitida ma crepuscolare. Woody Grant è un uomo anziano, ne ha viste tante nella vita, ha avuto problemi con l' alcol e i suoi figli ne hanno sofferto. Nonostante questo, arriva un giorno una lettera a casa, una semplice lettera pubblicitaria (del tipo "ti colleghi su Internet e, toh, sei il milionesimo visitatore") e lui crede di aver vinto un milione di dollari. Per questo si fa accompagnare dal figlio David, che con un sorriso amaro non riesce a non accontentare il padre e lo guida in questo viaggio assurdo, il tutto condito da una comicità dissacrante e moralmente scorretta, come nella scena in cui la moglie dell' anziano protagonista non si crea nessun problema a dissacrare e insultare in maniera volgare, goffa, ma nonostante ciò estremamente comica i suoi vecchi conoscenti defunti al cimitero (e questo ci ricorda molto il Clooney di Paradiso Amaro che si sfoga davanti al corpo della moglie).
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Il Nebraska è incanto e disillusione per Woody Grant, in viaggio verso una terra straniera. Straniera di certo non per Alexander Payne, nativo di questo Stato, che è riuscito a coniugare le splendide distese incolte con una fotografia in bianco e nero, nitida ma crepuscolare. Woody Grant è un uomo anziano, ne ha viste tante nella vita, ha avuto problemi con l' alcol e i suoi figli ne hanno sofferto. Nonostante questo, arriva un giorno una lettera a casa, una semplice lettera pubblicitaria (del tipo "ti colleghi su Internet e, toh, sei il milionesimo visitatore") e lui crede di aver vinto un milione di dollari. Per questo si fa accompagnare dal figlio David, che con un sorriso amaro non riesce a non accontentare il padre e lo guida in questo viaggio assurdo, il tutto condito da una comicità dissacrante e moralmente scorretta, come nella scena in cui la moglie dell' anziano protagonista non si crea nessun problema a dissacrare e insultare in maniera volgare, goffa, ma nonostante ciò estremamente comica i suoi vecchi conoscenti defunti al cimitero (e questo ci ricorda molto il Clooney di Paradiso Amaro che si sfoga davanti al corpo della moglie).
E' proprio questo il cinema di Payne, sbatterti in faccia la realtà, i problemi della gente comune, i sogni di un uomo d' altri tempi, preso in gira dall' America del Terzo Millennio, Woody vive una favola e il figlio fa di tutto per farle avere un lieto fine, fa in modo che agli occhi del padre tutto appaia diverso, perché è un uomo che ha sofferto tanto e come dice David "fa l' errore di credere a quello che dice la gente". E nei piccoli gesti della gente del pub vediamo le meschinità dei pregiudizi, nei cugini e negli zii dei protagonisti la smania per il denaro e allora non riusciamo a non commuoverci in una delle scena più dolci di Nebraska, in cui Woody sul furgone da lui tanto desirato torna alla fine nella cittadina e come su un trono, come una parata, si prende la sua rivincita.
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francysig
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giovedì 16 gennaio 2014
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bellissimo!
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Bruce Dern merita tutti i premi del caso. La sua interpretazione è magistrale. Bravissima anche June Squibb, che interpreta la moglie del protagonista.
Era tempo che non amavo così tanto i personaggi di un film.
Consigliatissimo!
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stefano minuto
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martedì 21 gennaio 2014
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film da vedere
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Woody Grant e' un vecchio padre di famiglia alcolizzato e malato di alzheimer (fa l'errore di credere a tutto quello che dice la gente) che crede di aver vinto un milione di dollari grazie ad un concorso proposto da una rivista con sede a Lincoln capitale dello stato del Nebraska. L'anziano decide cosi' di mettersi in viaggio dal Montana al Nebraska per ritirare la vincita e lasciare cosi' qualcosa ai figli ed essere ricordato dopo la morte. Il figlio sensibile David inizialmente contrario (come la madre e il fratello) pur sapendo del palese inganno mediatico della vincita (fatto dalla rivista per addescare nuovi abbonati) decide di accompagnare in macchina il padre per poter stare un po' solo con lui e conoscerlo meglio.
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Woody Grant e' un vecchio padre di famiglia alcolizzato e malato di alzheimer (fa l'errore di credere a tutto quello che dice la gente) che crede di aver vinto un milione di dollari grazie ad un concorso proposto da una rivista con sede a Lincoln capitale dello stato del Nebraska. L'anziano decide cosi' di mettersi in viaggio dal Montana al Nebraska per ritirare la vincita e lasciare cosi' qualcosa ai figli ed essere ricordato dopo la morte. Il figlio sensibile David inizialmente contrario (come la madre e il fratello) pur sapendo del palese inganno mediatico della vincita (fatto dalla rivista per addescare nuovi abbonati) decide di accompagnare in macchina il padre per poter stare un po' solo con lui e conoscerlo meglio. David sostando nella cittadina natale dei genitori conoscera' cosi' il passato del padre e della sua famiglia . I due arrivati a destinazione non avranno la vincita ma saranno arrichiti interiormente rafforzando il loro rapporto.
Il film che tratta appunto la tematica del rapporto genitore-figlio, ha una lentezza che non risulta fastidiosa ma quasi godibile con un azzeccata e originale fotografia in bianco e nero. Notevole la prova recitativa di Bruce Dern (Woody) e' indovinati sono anche gli altri personaggi del film a partire dallla oppressiva moglie. Non male anche il finale a lieto fine che vede Woody guidare il tanto desiderato furgone davanti agli occhi dei suoi ex concittadini.
Il film che a tratti riesce ad emozionare non e' un capolavoro (e' comunque un bel film) ma va visto per poter cosi' trarre l'insegnamento di cercar di vivere e conoscere il piu' possibile i propri genitori prima che essi ci lascino per sempre e non avere cosi' rimpianti a riguardo.
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fabiofeli
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domenica 19 gennaio 2014
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nel paesaggio di woody grant e di woody guthrie
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Woody Grant (Bruce Dern), pieno di anni e di troppo bere, vuole recarsi da Billings (Montana) a Lincoln (Nebraska): 800 miglia. L’auto non parte? Va a piedi. Lo riportano indietro. Ma il figlio minore di Woody, David (Will Forte), nonostante capisca subito che il milione di dollari inseguito dal padre è un’esca per abbonarlo a una rivista, lo asseconda. Woody vorrebbe comperare un pick-up nuovo e un compressore per verniciare: desideri incomprensibili. David parte con Woody, perché sa che lungo la strada nella città natale di Woody vive il fratello maggiore del padre: sarà una occasione per rivedere la zia e i cugini. Sfila il paesaggio dell’America profonda, agricola e retrograda, gremita di isolate case di campagna e di centri cittadini con motel, pompe di benzina, bar gremiti di bevitori anziani; massimo divertimento serale un karaoke.
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Woody Grant (Bruce Dern), pieno di anni e di troppo bere, vuole recarsi da Billings (Montana) a Lincoln (Nebraska): 800 miglia. L’auto non parte? Va a piedi. Lo riportano indietro. Ma il figlio minore di Woody, David (Will Forte), nonostante capisca subito che il milione di dollari inseguito dal padre è un’esca per abbonarlo a una rivista, lo asseconda. Woody vorrebbe comperare un pick-up nuovo e un compressore per verniciare: desideri incomprensibili. David parte con Woody, perché sa che lungo la strada nella città natale di Woody vive il fratello maggiore del padre: sarà una occasione per rivedere la zia e i cugini. Sfila il paesaggio dell’America profonda, agricola e retrograda, gremita di isolate case di campagna e di centri cittadini con motel, pompe di benzina, bar gremiti di bevitori anziani; massimo divertimento serale un karaoke. David vorrebbe conoscere meglio la vita del padre, ma non riesce a farlo abbandonare al flusso dei ricordi. E quando per la rimpatriata di tutti i Grant col fratello Ross (Bob Odenkirk) arriva la madre, Kate (June Squibb), che vorrebbe mandare Woody in un ospizio, ottiene solo una visita al cimitero e un frammentario gossip su tutti i pretendenti di Kate, in particolare sull’ex-socio di Woody, Ed Pegram (Stacey Keach), che vuole indennizzi per prestiti forse mai fatti, ma che gli ha sottratto il famoso compressore. Nella cittadina natale Woody diventa un personaggio, quando sembra che diventerà milionario e la gazzetta locale vuole intervistarlo. Nella sede del giornale, David scopre che Woody è stato fidanzato con la donna che lo pubblica e ha combattuto la guerra in Corea: emerge un carattere generoso ed altruista. La visita nella casa paterna, ormai abbandonata, rivela poco di più. Ma un premio alla costanza di David ci sarà, nonostante la presenza di avvoltoi famelici attratti dal biglietto della presunta vincita …
Il bel film di Payne racconta l’America che non ti aspetti: un commovente viaggio del figlio alla scoperta del padre, accompagnato dalla melanconica musica country. Il bianco e nero è un’ottima scelta per fotografare un paesaggio urbano che sembra una sequela di quadri di Edward Hopper. La gelida laconicità e inerzia degli anziani, contrappuntata dalla praticità dei personaggi femminili e dallo sproloquiare sboccato di June Squibb, sono un segnale della rivalsa femminile nei confronti dei propri uomini, dediti al dialogo con la bottiglia, perché sembra non esserci altro di meglio da fare. Bruce Dern, dopo decine di film thriller, western e polizieschi, stavolta viene premiato con merito, a Cannes; ma spiccano anche le recitazioni di Will Forte, della Squibb e di Stacey Keach, protagonista in passato di un buon film di John Huston, Città amara - Fat City, e commentatore dei servizi di National Geographic: uno scampolo della bella voce di Keach si ascolta anche nella versione italiana durante il karaoke. Da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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meddows
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lunedì 20 gennaio 2014
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nebraska capovolge i rapporti padre-figlio
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Alexander Payne è regista discontinuo e spesso sopravvalutato, nonostante il largo credito guadagnatosi per aver regalato a Jack Nicholson uno dei ruoli più belli della sua vita nel migliore dei suoi film. Dopo il deludente e fastidioso "Paradiso amaro", riesce invece a riscattarsi portando nei cinema questo "Nebraska" che sembra recuperare molti dei temi cari al regista (la vecchiaia, la morte o meglio ancora l'indeterminatezza nell'essere fra la vita e la morte, un limbo che spesso si può rischiare in età avanzata) ma superandoli per andare oltre, non per girare il solito road movie americano ma per inondare di bianco e nero un breve viaggio in macchina con sosta forzata in una cittadina sull'orlo della bancarotta.
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Alexander Payne è regista discontinuo e spesso sopravvalutato, nonostante il largo credito guadagnatosi per aver regalato a Jack Nicholson uno dei ruoli più belli della sua vita nel migliore dei suoi film. Dopo il deludente e fastidioso "Paradiso amaro", riesce invece a riscattarsi portando nei cinema questo "Nebraska" che sembra recuperare molti dei temi cari al regista (la vecchiaia, la morte o meglio ancora l'indeterminatezza nell'essere fra la vita e la morte, un limbo che spesso si può rischiare in età avanzata) ma superandoli per andare oltre, non per girare il solito road movie americano ma per inondare di bianco e nero un breve viaggio in macchina con sosta forzata in una cittadina sull'orlo della bancarotta. Soprattutto il tema centrale del film appare un altro che potrebbe essere originalmente chiamato "rapporto figlio-padre", ovvero un sovvertimento della classica narrazione dove stavolta il rapporto è quasi univoco: il vecchio brontolone Woody, infatti, non ha proprio nulla di cui pentirsi e da rimpiangere o se ce l'ha non gliene frega niente perché ormai il passato è il passato; in realtà è suo figlio ad aver bisogno di rimettere in ordine la propria vita, i propri ideali e priorità e vede sé stesso riflesso nella parabola discendente di un padre condannato alla demenza senile. Ma ciò che muove il figlio interpretato da Will Forte è quell'atavico senso di colpa che tutti i figli provano nei confronti dei propri genitori, specie quando questi si avviano alla fase finale della vecchiaia; il senso di riscatto, il bisogno di compiacerli per renderli orgogliosi, il voler conoscere la loro storia pentendosi di non avergliela chiesta quando ancora la mente era lucida e i ricordi in ordine. Tutto questo Payne lo racconta con un equilibrio quasi inedito per il cinema contemporaneo, con un trasporto commovente ma senza mai scivolare nel melodramma ottuso e ruffiano del precedente film. Soprattutto lo fa avvalendosi della grandiosa interpretazione di Bruce Dern, coraggiosissimo nel mostrarsi vecchio, incazzato, annoiato come lo potrebbe essere un grande attore lasciato ai margini di Hollywood dopo avergli regalato tanto con i suoi ruoli da eterna spalla. Una catarsi perfetta che regala al film l'elemento fondamentale di cui necessitava.
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jaylee
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sabato 25 gennaio 2014
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sembra proprio un paese per vecchi
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Alexander Payne è un regista che ha sempre avuto come tematica quello della maturità (maschile) e cosa questo comporti, il passaggio generazionale ed i rapporti con i propri padri in particolare è sempre stato un tema che emerge spesso. In effetti, Nebraska, stavolta con la novità assoluta di un bianco e nero polveroso come il Midwest Americano che ci immaginiamo noi europei, sembra prendere in prestito molti dei temi affrontati nelle sue opere precedenti e che hanno proprio in comune questo senso dello scorrere dell'esistenza e di come certi eventi finiscano con l'imprimere un'inevitabile accelerazione nella nostra vita, quasi che fosse impossibile per noi non rincorrere il tempo perduto.
Woody (B.
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Alexander Payne è un regista che ha sempre avuto come tematica quello della maturità (maschile) e cosa questo comporti, il passaggio generazionale ed i rapporti con i propri padri in particolare è sempre stato un tema che emerge spesso. In effetti, Nebraska, stavolta con la novità assoluta di un bianco e nero polveroso come il Midwest Americano che ci immaginiamo noi europei, sembra prendere in prestito molti dei temi affrontati nelle sue opere precedenti e che hanno proprio in comune questo senso dello scorrere dell'esistenza e di come certi eventi finiscano con l'imprimere un'inevitabile accelerazione nella nostra vita, quasi che fosse impossibile per noi non rincorrere il tempo perduto.
Woody (B. Dern) è un anziano meccanico in pensione, un pò sordo, un pò affetto da Alzheimer, e un pò semplicemente e volutamente indifferente a ciò che lo circonda. Suo figlio David (W. Forte) decide di accompagnarlo nel suo natio Nebraska per riscuotere un (famigerato) premio; qui ritroverá amici e parenti che non vedeva da vent'anni. Si sparge la voce che sta per diventare milionario e, naturalmente, arrivano molti avvoltoi nella speranza di ottenerne qualcosa.
Commedia amarognola, come è nella cifra stilistica di Payne, e fatta sostanzialmente di dialoghi asciutti ed immagini scarne ma efficaci, dove il territorio del Midwest, dagli spazi ampi piatti e con un cielo perennemente nuvoloso, Nebraska rende bene l'idea di una monotonia di fondo, di definitivamente provvisorio in mancanza di meglio.
Cosi come è ricorrente in Payne (e se vogliamo in tutta la tradizione letteraria e cinematografica USA on-the-road) l'idea di un viaggio fatto per scoprire l'altro e attraverso questi, se stessi. Qui sono padre e figlio, baby boomer reduce dalla Corea l'uno, Generazione X tipicamente indefinito lavorativamente e sentimentalmente l'altro; emergono bene i valori contrastanti tra i due, con il figlio che interroga il padre (ma in definitiva se stesso) delle sue scelte, consapevoli o meno. Quando gli viene chiesto se avesse mai voluto una fattoria come suo padre, Woody risponde "non ricordo, comunque non era importante". Quante volte ci troviamo a chiedere ai nostri padri del perchè facciano quello che facciano senza una risposta che ci suoni aliena?
Belli i volti scelti dal regista per rappresentare quest'angolo di un Paese, questo sì per vecchi con buona pace di Cormac McCarthy, dagli occhi grandi, i solchi nel viso; e i maglioni sformati, le donne che sembrano uomini, i ritrovi davanti alla televisone... Bravissimo Bruce Dern, con i suoi occhi guizzanti ed il suo passato irrisolto quasi fosse stato vissuto da qualcun altro, e fantastico il personaggio di mamma Kate(Julia Squibb, che aveva già interpretato la moglie del protagonista in A Proposito di Schmidt), cattolica che maligna su tutti, salvo ovviamente pensare che siano delle buone persone, che Dio le abbia in gloria.
Film che, dopo che ci ha fatto ridere di questi Americani di campagna, ci lascia qualcosa di amaro in bocca alla fine. E la domanda finale, che forse a tutti sovviene prima o poi: cosa lascerò di me a chi verrà dopo di me? Passare il tempo a capire cosa rimarrà dopo che di tempo non ce ne sarà più. Sarà David a risolvere la questione, regalando qualcosa al padre. Perchè, In fin dei conti, come dice un proverbio dei Nativi Americani, spesso ignorato dai loro conquistatori bianchi: "non ereditiamo niente dai nostri padri, ma prendiamo in prestito dai nostri figli" (www.versionekowalski.it)
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maurizio meres
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domenica 19 gennaio 2014
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la semplicità della vita
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La bellezza di questo film e' la grande semplicità nei dialoghi nei gesti e negli sguardi ,ambientati in un paese dove la noia e la desolazione iniziano e chiudono la giornata come il Nebraska e il Montana da dove inizia il film, attraverso uno splendido bianco e nero stile country folk in una realtà Americana che non vive soltanto di puro consumismo ,arricchito da interpretazioni intense in una simbiosi di malinconia e di comicità curati in ogni dettaglio con eleganza e delicatezza.Lui vittima di un inganno mediatico "il sogno di aver vinto " e di una vecchiaia inesorabile che lo rende ancora di più perché già lo era schiavo dell'alcol e la mente che non ragiona più ,il figlio alla ricerca ancora di se stesso ,la moglie severa e autoritaria .
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La bellezza di questo film e' la grande semplicità nei dialoghi nei gesti e negli sguardi ,ambientati in un paese dove la noia e la desolazione iniziano e chiudono la giornata come il Nebraska e il Montana da dove inizia il film, attraverso uno splendido bianco e nero stile country folk in una realtà Americana che non vive soltanto di puro consumismo ,arricchito da interpretazioni intense in una simbiosi di malinconia e di comicità curati in ogni dettaglio con eleganza e delicatezza.Lui vittima di un inganno mediatico "il sogno di aver vinto " e di una vecchiaia inesorabile che lo rende ancora di più perché già lo era schiavo dell'alcol e la mente che non ragiona più ,il figlio alla ricerca ancora di se stesso ,la moglie severa e autoritaria . La tematica di questo film il rapporto mai esistito tra padre e figlio ,la figura dell'altro figlio diventa marginale e' il filo conduttore del film affrontato con naturalezza e un grande senso di rispetto della vita ,un viaggio verso un sogno finto ma una realtà che vale la pena di vivere.Grande regia grandi attori ,ottima fotografia gli oscar e tutti gli altri premi per questo film sono solo un dettaglio.
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sebastian13
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martedì 21 gennaio 2014
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le parole tra noi leggere
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Il film rimanda al capolavoro di Linch "Una storia vera" per la presenza del vecchio come simbolo della memoria e della coscienza. Li dove la solitudine del viaggio per scelta espiativa, rappresenta, al fine, il raggiungimento dello scopo (la riconciliazione con il fratello) qui la scelta del viaggio con il figlio, come trasmissione di emozioni e scoperte, ma come meta la stessa: la riconciliazione. Film di una bellezza struggente, suggellata dalla fotografia in bianco e nero, che illustra i paesaggi del mid west nella loro essenza naturalistica, senza inutili ornamenti, essenziale nella scelta delle inquadrature, asciutto nei dialoghi tra i personaggi, belli e autentici. Come nel film di Linchi vecchi parlano poco, ma qui il fatto fi avere una coppia padre figlio, esime il vecchio padre alla necessità di un rapporto parlato, intimamente profuso dal silenzio, per cui, le poche parole pronunciate, sono essenziali per muovere la macchina dell'esistenza verso il lieto fine suggellato dalla scoperta del figlio.
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Il film rimanda al capolavoro di Linch "Una storia vera" per la presenza del vecchio come simbolo della memoria e della coscienza. Li dove la solitudine del viaggio per scelta espiativa, rappresenta, al fine, il raggiungimento dello scopo (la riconciliazione con il fratello) qui la scelta del viaggio con il figlio, come trasmissione di emozioni e scoperte, ma come meta la stessa: la riconciliazione. Film di una bellezza struggente, suggellata dalla fotografia in bianco e nero, che illustra i paesaggi del mid west nella loro essenza naturalistica, senza inutili ornamenti, essenziale nella scelta delle inquadrature, asciutto nei dialoghi tra i personaggi, belli e autentici. Come nel film di Linchi vecchi parlano poco, ma qui il fatto fi avere una coppia padre figlio, esime il vecchio padre alla necessità di un rapporto parlato, intimamente profuso dal silenzio, per cui, le poche parole pronunciate, sono essenziali per muovere la macchina dell'esistenza verso il lieto fine suggellato dalla scoperta del figlio. Film intimista quindi privo di dialoghi ridondanti ((molto bello l'incontro tra i fratelli che non si vedono da anni) per stabilire i rapporti che si affermano con la sola presenza del corpo. Riflessione su questi nostri tempi in cui la esaltazione delle parole ci ha portato fuori strada: pensiamo veramente che parlare addosso agli altri sia il solo modo per affermarsi, mentre gridano di solitudine?
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filippo catani
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domenica 16 febbraio 2014
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un autentico capolavoro
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Un uomo anziano riceve la comunicazione di essere diventato milionario tramite una lotteria. L'uomo dovrà recarsi a Lincoln in Nebraska per ritirare la vincita. Il figlio minore, pur conscio della truffa, decide comunque di esaudire il desiderio del padre e i due avranno modo di intraprendere un viaggio che li porterà fino alla città natale del padre.
Questo film diretto da Payne si iscrive a pieno titolo alla categoria capolavoro. Questo perchè il regista riesce a ritrarre con maestria una storia semplice di un qualsiasi uomo di provincia ormai anziano e malato che decide però di voler vivere il suo ultimo sogno cioè quello di comprarsi un furgone nuovo (pur non potendo più guidare da tempo) e un compressore.
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Un uomo anziano riceve la comunicazione di essere diventato milionario tramite una lotteria. L'uomo dovrà recarsi a Lincoln in Nebraska per ritirare la vincita. Il figlio minore, pur conscio della truffa, decide comunque di esaudire il desiderio del padre e i due avranno modo di intraprendere un viaggio che li porterà fino alla città natale del padre.
Questo film diretto da Payne si iscrive a pieno titolo alla categoria capolavoro. Questo perchè il regista riesce a ritrarre con maestria una storia semplice di un qualsiasi uomo di provincia ormai anziano e malato che decide però di voler vivere il suo ultimo sogno cioè quello di comprarsi un furgone nuovo (pur non potendo più guidare da tempo) e un compressore. Il figlio minore, distrutto dal fatto di essere stato abbandonato dalla sua fidanzata in cerca di matrimonio, decide allora di accompagnare il padre per cercare anche lui di rimettere un po' in ordine la sua vita. Ecco allora entrare in scena un altro personaggio principale: i paesaggi dell'America rurale distanti anni luce dalle affollate metropoli. Quì si passa attraverso grandi distese di campi coltivati, fattorie e bestiame e la vita scorre lenta. Il massimo del divertimento è il football domenicale sul divano e i gossip di paese. Ecco allora che il figlio avrà modo di gettare uno sguardo sulla dura vita del padre tra un'infanzia infelice, i problemi legati all'alcol, il lavoro da meccanico e qualche debito in giro. Su tutto però vigila attenta la mamma del protagonista un'autentica forza della natura bisbetica e pettegola che ha però avuto il grande merito di tenere unita la famiglia e sopportare i vizi e le scappatelle del padre. Alcune delle sue battute sono letteralmente memorabili. Tutto questo è impreziosito dalla scelta del regista di girare in bianco e nero quasi come a sottolineare una sorta di distacco tra il mondo della provincia e il nostro. Film, regia e Dern meriterebbero senza dubbio l'Oscar ma visto che nelle loro categorie il pronostico sembra chiuso, speriamo almeno che l'Accademy voglia premiare almeno la bravissima Squibb.
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